Efficienza inefficace

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Le strutture burocratiche come qualsiasi altra organizzazione lavorativa sono al contempo sistemi parzialmente chiusi e aperti verso l’esterno, se non altro perché i suoi membri vivono l’ambiente di cui il sistema è un sub-sistema, essi realizzano o almeno cercano di realizzare accanto ai propri bisogni primari anche i bisogni secondari, solo che la piramide tende a restringersi verso l’alto con i relativi effetti sulla famosa piramide di Maslow, su queste semplici basi si tendono ad inserire le famose tre E ( efficienza, efficacia, economicità), tuttavia i risultati sono a macchia di leopardo nell’insieme dei sistemi quale risultato del coacervo di interessi politici e personali interni ai sistemi in rapporto ai gruppi affaristici esterni, inglobati di fatto nell’insieme dei sub-sistemi.

I finanziamenti, gli appalti, le forniture e i servizi vari, nonché i relativi controlli sono oggetto di forti appetiti, scatta l’inefficienza frutto e premessa dell’intreccio di organizzazione e cultura, sotto le pressioni esterne comunitarie, finanziarie e socio-economiche si introduce il monitoraggio alla ricerca delle mitiche tre E, ma gli individui con le loro relazioni permangono, così pure gli interessi di cui sono portatori, la sintesi fra queste opposte tensioni è una distinzione fra efficienza, fine a se stessa, ed efficacia che può non esservi.

L’organizzazione burocratica funziona per la “necessità” dell’individuo di risolvere i problemi di sicurezza e risorse ma anche a seguito degli “incentivi” dati dai premi materiali e per alcuni morali, occorre comunque raggiungere la massa critica necessaria per ottenere i risultati richiesti, vi è quindi un combinarsi di tecnologia e risorse umane per cui vi è la necessità della messa a disposizione di adeguate risorse finanziarie, tre leve attraverso cui pilotare l’organizzazione, l’incisività della ritualità o ripetitività dell’azione è tanto maggiore quanto sono proporzionali le risorse impiegate in una affinità culturale interna al sub-sistema e alla società in generale.

Si è già osservato che vi è una difficoltà nell’attribuire il medesimo valore per ciascun individuo alla stessa quantità di beni pubblici consumati, né la valutazione dell’efficienza marginale dell’investimento che implica la realizzazione dei  progetti con un valore attuale (VA) positivo fornisce una guida sicura per riunire l’efficienza all’efficacia, la pianificazione di fatto si può risolvere nella creazione di nuove strutture autoreferenti, tese a realizzare fini inespressi sotto un diluvio di strumenti pianificatori in cui l’informatica accelera ma diventa anche un elemento per ottenere una dispersione di dati, tali da determinare un rumore di fondo che tutto impasta.

Il passaggio dall’efficienza all’efficacia è un passaggio politico-amministrativo, si deve chiarire quello che si vuole ottenere in termini sociali, il motore acceso deve condurre su una delle possibili vie oppure rimanere attivo ma fermo, la mancanza di questa chiara distinzione permette di formulare annunci trionfalistici mascherando la realtà degli interessi in opera, è come ottenere vittorie tattiche senza indicare la vera strategia che si persegue e le finalità politiche che si intendono conseguire, d’altronde la qualità come può salire in un feedback positivo può anche scendere in uno negativo, nel quale lo scadere della qualità è il risultato di un progressivo immettere elementi sempre più scadenti a partire dai vertici, in funzione di favori e manipolazione.

Già nel 2007 si parlava di passare dalle discussioni sulla corporate governante e sui patti di sindacato alla questione della produttività (G. Soda, Fannulloni o disorganizzati. Viaggio nella produttività che non c’è, 5-15, E & M., Etas, 3/2007), invocando e proponendo modelli organizzativi che agissero sugli sprechi, investissero sull’automazione delle attività di routine, individuando i colli di bottiglia ed investendo solo sulle attività ad elevato valore aggiunto, sfruttando le economie di scala e di specializzazione, passando da controlli puntuali a controlli globali basati su parametri legati alla qualità e all’efficienza, connettendo le attività all’interno dei principali processi, investendo su comunicazione e informazione, nonché raggruppassero le varie attività e processi sotto il controllo e la responsabilità di singole unità organizzative, creando condizioni operative adatte a creare valore senza iniziare e finire con la semplice esigenza della riduzione dei costi legata agli esuberi e quindi al “prepensionamento” o alla mobilità.

La stessa creazione di un controllo strategico (strategy execution) che superi i limiti di un sistema di controlli basati su soli dati economico-finanziari tale da supportare la qualità di un pensiero strategico altrimenti di per sé non sufficiente, come la performance pyramid o la balanced scorecard (G. Invernizzi, Strategie Management. Una ricerca sui sistemi di supporto alla gestione strategica, Egea, 2005), presenta nel settore pubblico dei limiti derivanti dallo stesso pensiero strategico dove in molti casi l’efficienza deve ridursi a se stessa, un motore che giri dando spinte su percorsi non bene identificati, o comunque che debbano venire successivamente impantanati in un sistema più ampio, dove in realtà vi sono interessi contrastanti, l’efficienza può diventare efficacia solo in determinati settori di volta in volta individuati, con la possibilità che diventi inefficacia fino a diventare inefficienza per altri settori essendo espressione di strategie del tutto settoriali.

Nella semiotica-generativa l’organizzazione è considerata un sistema semisimbolico il quale contiene in sé gli elementi necessari alla sua lettura, in esse si possono leggere segni pertinenti in quanto essenziali alla sua architettura e segni rilevanti necessari all’identificazione del tema principale dell’organizzazione, il piano della manifestazione è dato dalle varie forme di comunicazione mentre sul piano dell’immanenza vi sono le scelte organizzative che devono realizzare il discorso (Greims, Floch), si vengono a creare due identità una ideale ed un’altra reale, l’identità e la percezione che se ne ha poggiano su una parte sommersa data dalle relazioni sociali, istituzionali e interorganizzative costituite dal sovrapporsi del bacino dei valori ( modelli comportamentali, assunti taciti ed etica), del livello della narratività (ruoli, trasformazioni e percorsi storici), e del livello della discorsività (spazio, tempi, attori, temi e figure), la parte che emerge nell’ambiente esterno costituita dai codici comportamentali crea l’immagine (Modello Scandagli), si devono mettere in relazione le due organizzazioni quella formale visibile con quella informale, non codificata, che emerge dalla narrazione dei fatti e delle storie interne (A. J. Greimas, Del senso II. Narratività, modalità, passioni, Bompiani, 1998 e P. Castelli, M. Merlino, Identità, immagine e generazione del senso: un modello semiotico per le imprese, 69-90, E & M. SDA Bocconi, Etas, 2/2007).

La crescente potenza della tecnologia informatica dovrebbe a sua volta permettere una elaborazione sempre più veloce ed ampia di una massa crescente di dati, le informazioni sempre più precise e su spettri sempre più ampi dovrebbero in teoria permettere una maggiore programmazione ed analisi dell’evoluzione in atto più rapida e circostanziata, nella realtà si crea un circolo vizioso dove la potenza del mezzo diventa fine a se stessa, in cui il fluire continuo di informazioni sviluppa nei tecnocrati l’ansia della rincorsa nell’instaurarsi di una gara dell’ultimo secondo, una crisi tra necessità e ricerca di potenza che sfugge all’utilità operativa ma permette di ripiegare su se stesso il sistema, aprendo spazi ad ulteriori discorsi manipolativi, svuotando il sistema di significati che diventano autoreferenti, si esalta il conflitto quello che Sartre definisce come l’essenza dei rapporti tra le coscienze, nella svalutazione sul piano simbolico e degli atteggiamenti di una qualsiasi etica del sacrificio e dell’impegno (V. Perrone, La quinta stagione del lavoro, 4, E & M., SDA Bocconi, Etas, 5/2007).

 

Bibliografia

  • J. P. Kotter, D. S. Cohen, Al cuore del cambiamento. Come le persone cambiano le organizzazioni, Etas, 2003;
  • A. Mucchi Faina, L’influenza sociale, Il Mulino, 1996.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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