L’U.E. quale sistema chiuso “Fortezza Europa”, aspettando i tartari?

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Il fenomeno di massa a cui assistiamo attualmente della migrazione verso l’Europa, evidenzia i limiti propri dell’U.E. nell’affrontare le varie problematiche che emergono, sia la burocrazia di Bruxelles che i vari Governi dei singoli stati hanno affrontato e impostano i problemi in termini di sistemi chiusi, a cui si affiancano dei sub-sistemi a loro volta chiusi, tanto che si parla di “fortezza Europa”, ma una fortezza è indifendibile se non è collegata al territorio esterno e da questo in qualche modo alimentato, sia il Celeste Impero della Cina, con la sua Grande Muraglia, ed ancor più l’Impero Romano con il sistema dei limes, hanno retto nella loro ricerca di sicurezza fino a che si sono proiettati all’esterno, controllando attraverso un sistema di alleanze, sovvenzioni e scambi sempre rinnovato una fascia cuscinetto tra l’imponderabile e la certezza dei confini, dove avamposti presidiavano il territorio circostante davanti al limes (E. N. Luttwark, La grande strategia dell’Impero romano, L’apparato militare come forza di dissuasione, RCS, 1997).

Il prevalere del sentimento di un sistema chiuso autoproducentesi su una intelaiatura giuridica richiusa su se stessa, si manifesta caoticamente ai vari livelli di sistemi e sub-sistemi, l’U.E. nel disciplinare i rapporti tra Stati tende ad agire in senso autoreferente e individualista, con un’ottica tesa prevalentemente agli interessi dell’area germanica verso Est, viene meno la capacità di inserire il sistema europeo nei più ampi collegati esterni, considerandolo parte di un insieme ben più ampio che si espande verso Sud e Medio Oriente fino al sub-continente indiano (AA.VV., Chi bussa alla nostra porta, Limes – Rivista Italiana di Geopolitica, 6/2015).

            La stessa ottica da geopolitica si traduce nel giuridico quotidiano in una mancanza di valutazione degli effetti su un ambito più allargato del territorio dell’U.E., la V.I.A. non può ridursi alla “fortezza Europa” ma deve considerare le onde lunghe che si espandono sui sistemi ad essa appoggiati, ogni introduzione di nuove discipline ed istituti comporta dei riflessi in ambiente esterno, si creano nuovi mercati quali nuove possibilità ma anche nuovi costi e necessità di programmazioni, risulta insufficiente affermare diritti astratti in realtà non adeguatamente sostenibili, pensando che qualcuno provvederà, bisogna considerare che gli obiettivi formano una gerarchia dal livello strategico a quello operativo o tecnico in cui si forma una catena obiettivi-mezzi, dove i mezzi a livello gerarchico inferiore si possono considerare come obiettivi che richiedono a loro volta mezzi con i relativi costi (Alberti – Gandolfi – Larghi, La pratica del problem solving,  Franco Angeli 2004).

Anche se vi è la pretesa di una esattezza come tutte le umane programmazioni difficilmente la norma verrà attuata nel senso previsto al momento della sua formazione, sia per le ambiguità che già vi possono essere nell’iter formativo sia per le varianti attuative, si ha quindi solo una percentuale di risultato come tatticamente vi sono percentuali di neutralizzazioni degli obiettivi, l’esperienza insegna che una corretta ed adeguata analisi iniziale dei fattori che intervengono è fondamentale per una buona riuscita.

Ogni normativa non può ridursi astrattamente ai vari ambienti interni al sistema Europa ma viene ad interagire con ambienti esterni, così il welfare o le garanzie non sono più elementi o fattori di sistemi chiusi ma diventano elementi di attrazione o respingimento a seguito dell’accresciuta interconnessione tecnologica e comunicativa, si possono formare cicli viziosi auto catalitici fino ad una esplosione a seguito di una crescita esponenziale o all’opposto alla catastrofe per blocco, necessita pertanto un feed-back negativo che stabilizzi il sistema evitando l’effetto cumulativo ma favorendone una crescita controllata, questo vale sia in economia o nei sistemi tecnologici, ma anche nelle dinamiche sociali e giuridiche, vi è il pericolo di essere prigionieri di regole fuorvianti senza saperlo di essere dove vi è la semplice proiezione di regole rassicuranti, ponendosi la libertà fuori di esse (K. Wiedswang, Benvenuti ma non troppo: il welfare scandinavo alla prova dei migranti, 109-115, in Limes – Rivista italiana di geopolitica, 6/2015).

Come è stato osservato nel caso Italia, relativamente al problema europeo dell’immigrazione, si è creata una caoticità di interventi e costi, frantumandosi il tutto in una miriade di interventi ai vari livelli, europeo, statale, regionale, comunale, ogni sistema risulta chiuso su se stesso anche se assorbe risorse dall’esterno, si sono create delle nuove forme di mercato protetto da sfruttare quanto più intensamente possibile, prima del suo esaurimento, risulta chiaro l’effetto perverso che sistemi chiusi non coordinati, sovrapposti tra loro creano, “Si tratta di centri distinti e paralleli tra loro, istituiti su basi giuridiche diverse e spesso neanche coordinate, con standard qualitativi estremamente eterogenei e caratterizzati in genere da una ridotta efficienza, a fronte degli alti costi di gestione” (N. Petrovic, 163, Come ripensare al nostro sistema d’asilo, 157-164, in Limes, 6/2015).

Assistiamo al ritorno delle onde che dall’Europa in fiamme della Grande Guerra si sparsero per Asia e Africa, la frammentazione dell’Impero  Turco in mandati per le potenze vincitrici Francia ed Inghilterra con la divisione irreale dei territori, lo stesso dicasi per l’Africa, la mancanza di una responsabilità gestionale che si risolve in semplici ritiri o in interventi settoriali, mossi esclusivamente da interessi economici senza la volontà di aiutare a costruire forme interculturali, o il vuoto o l’imposizione, la fine del secolo breve, il ‘900 che si voleva concluso con la caduta del muro e il dissolvimento dell’URSS, si è rivelato in realtà proteso oltre la fine del millennio nelle Guerre balcaniche dell’ex Jugoslavia, nei sussulti dell’Ucraina, nella persistente crisi Afgana e nella conflittualità perenne dell’Africa e del Medio Oriente.

Questa migrazione biblica favorita dalle comunicazioni e dai mezzi tecnologici, frutto di intreccio tra crisi economiche e politico – sociali che hanno le proprie radici anche e innanzitutto in una serie di crisi e disastri ecologici, mettono a dura prova gli equilibri di una U.E. in formazione, i cui membri hanno vissuto storie diverse nel corso del ‘900, si ricrea la frattura del “muro” che solo lentamente si andava ricomponendo superando le ansie delle invasioni, della deprivazione e di una promessa mancata del miracolo economico nel corso dell’ultimo decennio del secolo scorso.

In questa area si è passati da sistemi economici pianificati e militarizzati allo shopping finanziario nella creazione di illusioni, dove vi è stata una forte migrazione economica verso Ovest, attualmente in piena crisi economica mondiale da cui faticosamente solo ora si vedono delle luci vengono investiti da onde d’urto per loro destabilizzanti in mancanza di chiari supporti economici, giuridici e culturali sia internazionali che comunitari, dobbiamo infatti considerare che una migrazione varia innanzitutto a seconda della sua qualità e può essere un costo o una risorsa secondo le possibilità delle strutture riceventi.

Il sistema deve essere consolidato per poter essere ricettivo in termini incrementali, altrimenti si innesca un sistema a cascata in cui il sommarsi delle difficoltà conduce a una serie di implosioni sociali e a ulteriori difficoltà di gestione, in un avvitarsi a spirale nel tempo, premessa per nuovi conflitti, si stanno quindi delineando tre blocchi culturali più o meno omogenei, un’ Europa economicamente e strutturalmente forte del centro-nord, un’Europa mediterranea ed un’Europa dell’est  ex blocco sovietico, con l’Inghilterra che, coerentemente con la sua storia, agisce secondo una propria visione autonoma.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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