Il reato di violazione di domicilio

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La violazione di domicilio è un reato, e lo commette chiunque entri o si trattenga nell’abitazione di un’altra persona contro la volontà di questa.

Lo commette anche chi si introduce con l’inganno o in maniera subdola nella dimora privata di un altro soggetto.

La legge ha voluto tutelare così la libertà delle persone, il loro interesse alla tranquillità ed alla sicurezza in quei luoghi nei quali si svolge la vita privata, e perché si configuri il reato, è necessario che l’autore sappia di introdursi nell’abitazione di altri contro la loro volontà e, nonostante questo, lo faccia lo stesso.

Se si è stati vittime di questo comportamento, si deve sporgere querela nel termine di tre mesi da quando si è avuta notizia del fatto, se non si sporge querela, il colpevole non potrà essere processato, a meno che il fatto non sia stato commesso con violenza sulle cose o alle persone oppure con armi.

In alcuni casi si procede d’ufficio, cioè senza la necessità della querela, sarà sufficiente che la Magistratura abbia avuto notizia dell’accaduto.

Se si è accusati di avere violato il domicilio altrui, è necessario nominare un avvocato penalista di fiducia che possa verificare la validità dell’accusa, gli elementi raccolti a carico e scegliere la migliore strategia difensiva possibile, magari svolgendo indagini difensive.

Sarà utile verificare, con il supporto del legale, se il fatto del quale si viene accusati possa rientrare nella descrizione fatta dal codice penale e sia qualificabile come reato, in assenza degli elementi, il reato potrebbe non esserci.

Il reato di violazione di domicilio può essere commesso da chiunque, non sono richieste qualifiche particolari, basta porre in essere la condotta che il codice descrive

La querela nei confronti di chi abbia violato il domicilio può essere presentata dalla persona offesa da quel reato, cioè il soggetto titolare dell’abitazione “violata” o, in caso di più contitolari, il soggetto che non abbia acconsentito all’introduzione della persona “non gradita”.

Con riferimento al reato di violazione di domicilio, per privata dimora si deve intendere qualunque luogo diretto anche in modo temporaneo allo svolgimento della vita privata o anche delle attività lavorative.

Si deve intendere privata dimora anche un luogo utilizzato per l’esercizio di un’attività, ad esempio pubblici esercizi, ristoranti, stabilimenti industriali, studi professionali.

La violazione di domicilio può essere posta in essere anche da un pubblico ufficiale, lo prevede l’articolo 615 del codice penale:

 

E’ punibile il pubblico ufficiale che s’introduce o si trattiene, abusando dei poteri propri del ruolo che ricopre, in un luogo di privata dimora o in un’abitazione altrui

 

Le pene previste per il reato di violazione di domicilio, sono la reclusione da sei mesi a tre anni.

Se il fatto è commesso da soggetto palesemente armato, che in quel momento porta con sè armi in maniera manifesta, evidente, o che abbia usato violenza su cose o persone, la reclusione va da uno a cinque anni.

Si può avere violazione di domicilio anche se il luogo è un box.

Se si entra o ci si trattiene, contro la volontà degli aventi diritto, oppure con l’inganno o di nascosto  in un box, o in un giardino privato, si commette reato. 

La legge non tutela esclusivamente l’inviolabilità dell’abitazione e degli altri luoghi di privata dimora, ma anche le loro cosiddette “appartenenze”.

Il reato di violazione di domicilio, si configura anche se la casa è abitata saltuariamente.

La violazione di domicilio non è esclusa dalla sospensione più o meno lunga del fatto di abitare un determinato luogo.

Questo in dispositivo dell’articolo 614 del codice penale:

 

Chiunque s’introduce nell’abitazionealtrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenzedi essi, contro la volontà espressa o tacita (1) di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s’introduce clandestinamente o con l’inganno, è punito con la reclusione fino a tre anni.

Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l’espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno.

Il delitto è punibile a quereladella persona offesa.

La pena è da uno a cinque anni, e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato”.

 

Qualche interrogativo si pone in relazione al cosiddetto dissenso presunto relativo ai casi nei quali un soggetto si introduca o si trattenga nell’altrui dimora per un fine illecito con il consenso del titolare dello ius excludendi, ignaro di questo fine, così nel caso del soggetto che approfitti dei rapporti di amicizia per realizzare una violenza sessuale.

Mentre alcuni autori attribuiscono rilevanza al dissenso presunto, con la conseguenza che in questi casi il reo deve rispondere anche del reato di violazione di domicilio, la dottrina e la giurisprudenza prevalenti si pronunciano in senso negativo, perché ai fini di questo reato, è necessario un dissenso reale, sia esso espresso o tacito.

Alcuni autori ritengono che in questa ipotesi suddetta si possa configurare una violazione di domicilio fondata non sul dissenso presunto della vittima ma sull’inganno della stessa.

Il diritto di escludere altri dalla propria abitazione o dimora, ius excludendi,  spetta al soggetto che legittimamente ed attualmente vi abiti o vi dimori.

In particolare, in riferimento alla comunità familiare, è oggi pacificamente riconosciuto che questo diritto spetti in misura uguale sia al marito sia alla moglie, con la conseguenza che è necessario il consenso di entrambi per accedere nella dimora familiare in quanto il dissenso dell’uno è in grado di neutralizzare il consenso dell’altro.

Nel caso di società o persone giuridiche il diritto spetta al legale rappresentante, ma può essere espresso in sua vece, e sempreché non sia in contrasto con la sua volontà, dai funzionari, dagli impiegati e dal personale incaricato della sorveglianza.

Secondo la giurisprudenza costituiscono esempi del reato di violazione di domicilio, la condotta di un soggetto che s’introduca nella casa della moglie, dalla quale vive separato, senza il suo consenso, per vedere la figlia che era stata affidata alla moglie medesima; o il comportamento di colui il quale, essendo stato in precedenza temporaneamente ospitato, si introduca nell’abitazione contro la volontà dell’avente diritto alla esclusione, che non gli intenda più concedere ospitalità.

Perché ricorra l’aggravante de qua è necessario che tra la violenza e la violazione di domicilio intercorra un nesso di mezzo a fine.

Se ricorre un semplice rapporto di occasionalità, essendo la violenza finalizzata a compiere un altro reato,  si dovrà identificare un concorso del reato in esame con altre figure criminose.

Dott.ssa Concas Alessandra

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