Riorganizzazione e sorprese organizzative

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Almeno il 50% dei cambiamenti e riorganizzazioni hanno dato scarsi se non distruttivi risultati rispetto alle aspirazioni iniziali, vi è al riguardo una legge mai abbastanza valutata né considerata ed è la “legge delle conseguenze non volute”, tale legge nel sottolineare che qualsiasi cambiamento è accompagnato da conseguenze non previste né volute permette di prevedere che il significato del cambiamento pianificato si risolve molte volte nella sua tendenziale distruzione.

Molti programmi di cambiamento si fondano su un concetto di miglioramento che non tiene conto della realtà delle persone con cui si opera, ossia è indipendente dal portato culturale delle stesse, dai loro interessi che il cambiamento abbatte o crea, né deriva che qualsiasi cambiamento basato esclusivamente su una struttura formale ha vita breve e sprofonderà in conflitti interni.

Data la complessità del processo non può esservi uno sfogliare progressivo dei problemi, ma questi devono essere previsti e affrontati nell’insieme in termini concatenati si che leadership, cultura e processi amministrativi nel loro intersecarsi si risolvano vicendevolmente.

Cosa può, pertanto, stimolare le persone migliori in una grande azienda ?

Secondo quanto emerso in una ricerca condotta da Colin Price :

 

  • Valori e cultura – 58%

  • Buona amministrazione – 50%

  • Sfide stimolanti – 38%

  • Performance forte – 29%

  • Il leader – 21%

  • Molte persone di talento – 20%

  • Apertura mentale – 17%

  • Una missione che ispira – 16%

  • Colleghi interessati – 11%

  • Sicurezza del posto – 8%

 

Questi elementi non possono essere sottovalutati in amministrazioni che si considerano di qualità, circostanza che proprio per tale pretesa impone un confronto continuo sui fatti e quindi sui dati, in un giusto equilibrio tra azione e riflessione, tenendo conto che alla base di ogni miglioramento vi è la qualità culturale delle persone.

Altri elementi intervengono in questa percezione qualitativa dell’ ambiente lavorativo quali la libertà ed autonomia ( 56% ), sfide stimolanti ( 51%), promozioni e crescita ( 38%), accordo con il capo ( 29%), ma anche più semplicemente i compensi differenziati ( 29%), tutti elementi che vengono a fondersi in un difficile mix.

E’evidente la problematicità nel valutare gli effetti del cambiamento in quanto molte volte è difficile isolare gli effetti a lungo termine dal semplice impatto immediato, dovendo considerare correttamente l’intervallo che intercorre tra implementazione e valutazione del cambiamento, in questo vi è anche la difficoltà di individuare l’oggetto stesso della misurazione, oltre al fatto che volentieri si intersecano tra loro più progetti complessi ( Tosi – Pilati ).

Come è stato osservato il paradosso del cambiamento è il “trasformismo”, per cui colui che ha lanciato un’idea e che la vede accettata ne diventa il più fiero custode, quale elemento del potere organizzativo che si è creato e per tale via diventa esso stesso freno all’innovazione, difensore ad oltranza di una nuova routine indipendentemente dal suo inserimento organico sul significato del cambiamento pianificato.

L’innovazione, quindi, diventa spesso uno strumento per regolare conti e scatenare offensive di potere intraorganizzative, dividendo la struttura secondo disegni individualistici così da ottenere “sorprese organizzative” e distorcendo la fasi che Lewin ha individuato nello scongelamento – trasformazione e ricongelamento o consolidamento del cambiamento pianificato.

 

 

Bibliografia

  • J.D. Day – M. Jung, Corporate transformation without a crisis, web mckinseyquarterly.com, n.4/2000;

  • K. Lewin, Principi di psicologia topologica, Firenze 1961;

  • C. Price, Come riorganizzare l’azienda senza distruggerla, in L’azienda globale, Milano 2006;

  • H. L. Tosi – M. Pilati, Comportamento organizzativo, Milano 2008.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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