Corte dei Conti: nell’ambito della responsabilità contrattuale, la colpa grave consiste in un comportamento avventato e di straordinaria negligenza tale da contrastare, in relazione alle mansioni, agli obblighi ed ai doveri di servizio propri dei pubblici

Lazzini Sonia 01/03/07
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Sul concetto di colpa grave, merita di essere segnalato il pensiero espresso dalla Corte dei Conti, Sezione Prima Giurisdizionale Centrale di Appello sentenza numero 213 del 25 ottobre 2006:
 
<In sostanza, tale colpa (definita nel Corpus iuris civilis Iustiniani culpa lata) viene valutata, secondo l’accezione ormai acquisita alla giurisprudenza contabile, con riferimento alla diligenza, eventualmente inferiore, che il soggetto osserva nelle cose sue (diligentia quam suis) e si concreta in una situazione di macroscopica contraddizione tra il comportamento tenuto dal pubblico operatore nella specifica circostanza e quello imposto, quale minimum, dal composito dovere di diligenza indotto, in funzione delle mansioni svolte, dal rapporto di servizio che lega tale soggetto alla Pubblica Amministrazione>
 
a cura di *************
 
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI
Sezione Prima Giurisdizionale Centrale di Appello,
     Ha pronunciato la seguente
 
                                             SENTENZA
 
     Nel giudizio d’appello in materia di responsabilità, iscritto al n. 20543 del Registro di Segreteria, promosso dal Procuratore Regionale avverso la sentenza n. 453 / 04 in data 26 gennaio – 9 febbraio 2004 della Sezione Giurisdizionale per il Lazio e nei confronti di ******** ***.
 
     Visti l’atto di appello, nonché gli altri atti e documenti della causa;
 
     Uditi, alla pubblica udienza del 6 giugno 2006, il Consigliere ************** *************** e, non costituita la parte appellara, il Pubblico Ministero nella persona del Vice Procuratore ************** ***************;
 
     Ritenuto in
 
                                                   FATTO
 
     Con sentenza n. 453 / 2004 la Sezione Giurisdizionale Regionale della Corte dei conti per il Lazio ha disposto l’assoluzione del militare ******** *** dalla impugnazione di danno conseguente all’incidente verificatosi a ****** – Roma, allorché il medesimo in data 22.1.2001 alla guida del mezzo militare ACM/90 tg. **** AU 173, mentre effettuava una manovra di retromarcia per uscire dal parcheggio dei veicoli della Guardia ( nei pressi della Sala Cinema della Scuola di Fanteria) urtava l’automezzo militare ACM/90 tg. **** AU 166 ivi parcheggiato, esponendo così l’Amministrazione ai relativi costi di riparazione pari ad Euro 1.42,35.
 
     Alla pronuncia assolutoria la Corte Territoriale è pervenuta dopo che, in ordine all’attivato procedimento monitorio, il convenuto non aveva accettato il più contenuto addebito di Euro 600,00 (comprensivo di interessi e rivalutazione monetaria) proposto dal Presidente della Sezione Regionale con decreto in data 13 dicembre 2002.
 
     La pronuncia assolutoria è stata argomentata dal Primo Giudice nella ritenuta assenza, nell’occorso, della colpa grave per la non riscontrabilità nella condotta di guida del militare della violazione di norme e di una guida particolarmente spregiudicata.
 
     Avverso tale sentenza ha interposto appello il Procuratore Regionale, deducendone la erroneità in quanto la condotta del convenuto non risulta giustificata o temperata né da motivi di urgenza, né da particolari condizioni ambientali e ravvisandosi, nella specie, la palese violazione dell’art. 154 del vigente Codice della strada (ove prescrive particolari cautele nell’esecuzione di una manovra di retromarcia) e riscontrandosi circostanze di fatto (ora diurna e condizioni di tempo sereno e buona visibilità in cui si verificò l’occorso, nonché i notevoli danni riportati dal veicolo militare) che fanno propendere per una condotta estremamente superficiale e negligente del ***.
 
     Chiede, pertanto, il Procuratore Regionale, anche in conformità alla prevalente giurisprudenza in materia, che in accoglimento dell’appello e riforma della sentenza impugnata, l’appellato venga condannato al pagamento in favore dell’Erario dell’intero importo (Euro 1.142,35) addebitato, oltre alla rivalutazione monetaria, interessi e spese di giustizia.
 
     A seguito dell’appello che risulta ritualmente notificato, al pari del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza dibattimentale, il *** non si è costituito in giudizio.
 
     Alla pubblica udienza del 6 giugno 2006, con costituita la parte appellata, il Pubblico Ministero ha confermato le considerazioni e le richieste conclusionali rese nel proprio atto scritto;
 
     Considerato in
 
                                                  DIRITTO
 
     Con la proposta impugnazione il Procuratore ******** deduce l’illegittimità ed erroneità della sentenza di prime cure che, nel sinistro di cui in narrativa, non ha ravvisato in capo al convenuto l’elemento soggettivo della responsabilità, nella gradazione richiesta dal vigente ordinamento contabile e disposto, pertanto, l’assoluzione del medesimo dalla domanda attorea.
 
     Reperta, al contrario, l’Organo Requirente che la condotta del militare, quale emergente dagli atti di causa, denoti evidenti segni di grave colpevolezza sia per l’instuitiva violazione dell’art. 154 del vigente codice della strada, ove impone particolari cautele nell’esecuzione di manovre di retromarcia, sia ove si consideri che, per l’adeguata visibilità e l’assenza di motivi di urgenza o di concitazione connessi allo svolgimento del servizio, non sussistevano, nella specie, circostanze oggettive che potessero giustificare l’anomalia del comportamento.
 
     La prospettazione appellante si appalesa infondata.
 
     Al riguardo, il Collegio reputa di dover rammentare che, secondo l’orientamento giurisprudenziale da tempo consolidato, nell’ambito della responsabilità contrattuale, la colpa grave consiste in un comportamento avventato e di straordinaria negligenza tale da contrastare, in relazione alle mansioni, agli obblighi ed ai doveri di servizio propri dei pubblici operatori, con quel senso minimo di diligenza che, anche al di sotto della media sociale, sono soliti usare.
 
     In sostanza, tale colpa (definita nel Corpus iuris civilis Iustiniani culpa lata) viene valutata, secondo l’accezione ormai acquisita alla giurisprudenza contabile, con riferimento alla diligenza, eventualmente inferiore, che il soggetto osserva nelle cose sue (diligentia quam suis) e si concreta in una situazione di macroscopica contraddizione tra il comportamento tenuto dal pubblico operatore nella specifica circostanza e quello imposto, quale minimum, dal composito dovere di diligenza indotto, in funzione delle mansioni svolte, dal rapporto di servizio che lega tale soggetto alla Pubblica Amministrazione.
 
     Passando ora ad esaminare la concreta vicenda alla stregua dei richiamati canoni ermeneutica ed al contesto fattuale e comportamentale al quale , secondo le risultanze processuali, è da ricondurre l’assunto evento lesivo imputato al convenuto, ritengono i Giudicanti che la condotta dal medesimo tenuta, anche sotto il profilo probatorio, non si appalesa improntata a grave negligenza.
 
     Al riguardo, devesi osservare che, secondo l’atto introduttivo del giudizio di responsabilità, assolutamente carente per quanto attiene alla concreta dinamica del sinistro, l’addebito comportamentale mosso al convenuto si è limitato all’affermazione di colpa grave, argomentata con l’apodittica mancanza di attenzione nell’esecuzione della manovra di retromarcia, così ripetendo l’altrettanto apodittico assunto formulato dalla Commissione amministrativa d’inchiesta.
 
     Manca, pertanto, nel menzionato libello ogni utile elemento in ordine alla concreta dinamica della manovra, nonché agli indicatori di scrutinio e valutazione (osservanza o meno di regole comportamentali, norme e discipline) sulla cui base è stato formulato l’addebito di grave colpevolezza.
 
     A tale carenza del libello di responsabilità ha tentato argutamente di ovviare l Procuratore Generale nelle sue conclusioni scritte, attraverso il generico richiamo ad una sottesa violazione dell’art. 154 del Codice della strada, nonché all’assenza di cause giustificative del comportamento, non riuscendo, comunque, a colmare l’assoluto vuoto ivi esistente in ordine alle concrete modalità di guida che, nell’occorso, consentano di qualificare scriteriata ed avventata la condotta del convenuto, anche con riguardo alla posizione, regolare o meno, in cui il veicolo militare urtato si trovava parcheggiato.
 
     Di tale carenza non ha potuto prendere atto il Primo Giudice, per il quale, onde non incorrere nell’affermazione di una responsabilità amministrativa, oggettiva e formale, esperita in subiecta materia dal nostro ordinamento, la pronuncia assolutoria era a rendere.
 
     Reputa, pertanto, il Collegio che lo stato della vicenda, quale emergente dagli atti di causa, ancorché possa lasciare spazio per formulare nei confronti del convenuto un generico addebito di negligenza, esclude che la sua condotta possa essere ritenuta improntata a quella macroscopica trascuratezza e vistosa violazione delle norme sulla circolazione richieste dalla legislazione contabile per un’affermazione di responsabilità; di tal che la pronuncia assolutoria resa dal Primo Giudice merita di essere confermata.
 
     Dopo l’esito della causa nulla è dovuto per le spese del doppio grado di giudizio.
 
                                                     P.Q.M.
 
     La Corte dei conti – Sezione Prima Giurisdizionale Centrale – definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza e deduzione reiette, respinge l’appello e conferma la sentenza impugnata in epigrafe.
 
     Nulla per le spese del doppio grado.
 
     Cosi deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 6 giugno 2006.
 
   L’ESTENSORE                                         IL PRESIDENTE
 
F.to ***************                  *********************
 
     Depositata in Segreteria il 25/10/2006
 
IL DIRIGENTE LA SEGRETERIA
F.to ****************

Lazzini Sonia

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