Dal quadro normativo nazionale e comunitario non è evincibile un principio generale ed inderogabile di non cumulabilità di più appalti in un’unica competizione: all’affermazione di un principio di tale natura non è dato pervenire prendendo le mosse dall

Lazzini Sonia 15/02/07
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In tema di tutela del principio della concorrenza in caso di unica gara di importo molto importante, Il Consiglio di Stato con la decisione numero 6908 del 27 novembre 2006 ci insegna che:
 
< Il vero è che il valore primario della tutela della concorrenza, laddove non incarnato da disposizioni puntuali che lo traducano in concreto per il tramite di preclusioni specifiche, consente l’accorpamento di procedure teoricamente scindibili, a patto che l’opzione sia sorretta da ragioni di interesse pubblico adeguatamente motivate e conformi al principio europeo di proporzionalità. In tali casi infatti la reductio ad unitatem si appalesa espressione di una discrezionalità non incisa da precetti puntuali piuttosto che alla stregua di un’ opzione artificiosa volta ad eludere o depotenziare il principio di massima concorrenzialità.>
 
ma non solo.
 
< Si deve soggiungere, da un lato, che l’apprezzamento di detti profili implica per definizione un margine di valutazione discrezionale, nella specie non inficiata da aspetti di illogicità o di travisamento, in guisa da rendere non plausibile la pretesa dell’appellante di incanalare la valutazione della necessità dell’accorpamento in termini rigorosamente oggettivi; sotto altro aspetto, che le valutazioni ex post dei margini conseguiti di efficienza non è in grado di reagire sul diverso piano della valutazione di legittimità che non può che essere operata ex ante>
 
inoltre risulta importante sapere che:
 
< non sussiste l’interesse a censurare le disposizioni che regolano le modalità di svolgimento della gara, ove non risultino ostative alla partecipazione alla gara stessa.>
 
 
a cura di *************
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
 
DECISIONE
 
sul ricorso in appello n. 5430/2005, proposto da *** S.P.A. rappresentata e difesa dall’Avv. ****************** con domicilio eletto in Roma via Carducci n. 4;
 
contro
 
REGIONE LIGURIA, rappresentata e difesa dagli ***********************, *************** e **************** con domicilio eletto in Roma viale ************* n. 14A/4, presso l’Avv. ****************;
 
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma via dei Portoghesi n. 12;
 
***;
 
***;
 
per la riforma
 
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria sede di Genova, Sezione II n.501/2005;
 
     Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
 
     Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;
 
     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
 
     Visti gli atti tutti della causa;
 
     Alla pubblica udienza dell’11 Luglio 2006, relatore il Consigliere ******************** ed uditi, altresì, l’avv.to *******, l’avv.to **********, l’avv.to *******, l’avv.to dello Stato ***********, l’avv.to *********, l’avv.to *******, l’avv.to ******* e l’avv.to Di Gioia;
 
     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
 
FATTO E DIRITTO
 
     1. Con la sentenza appellata i Primi Giudici hanno respinto il ricorso proposto dall’odierna appellante, società operante nel settore della distribuzione dei carburanti, avvero gli atti con cui la Regione Liguria ha indetto un gara per pubblico incanto avente ad oggetto: appalto misto di forniture, servizi e lavori, per la gestione integrata degli impianti di produzione e distribuzione dell’energia elettrica e termica e fornitura di vettori energetici comprensivi di consulenza tecnico gestionale, interventi di trasformazione degli impianti e del ricorso ad energie alternative o assimilabili per beni immobili di proprietà o nella disponibilità delle A.S.L., delle AO, degli ICRSS e Ospedali a regime di convenzione ubicati nella Regione Liguria. 
 
     La società contesta in sede di appello gli argomenti posti a fondamento del decisum.
 
     Resistono le parti in epigrafe specificate.
 
     Le parti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’illustrazione delle rispettive posizioni.
 
     2. L’infondatezza dell’appello esime il Collegio dallo scrutinio delle eccezioni spiegate dalle parti resistenti.
 
     2.1. Con un primo motivo l’appellante lamenta l’accorpamento, in unica gara di enormi proporzioni, in assenza di un interesse pubblico in tal senso ed senza adeguata motivazione, di una serie di appalti di forniture e lavori che devono essere espletati a vantaggio di soggetti diversi. Nella prospettazione svolta anche in appello la sostanziale chiusura del mercato dell’approvvigionamento energetico nel settore sanitario della Liguria imporrebbe infatti la precisa individuazione e la puntuale estrinsecazione delle ragioni di interesse pubblico idonee a giustificarlo.
 
     Il motivo è infondato.
 
     La Sezione deve convenire con il Primo Giudice che dal quadro normativo nazionale e comunitario non è evincibile un principio generale ed inderogabile di non cumulabilità di più appalti in un’unica competizione.   In particolare, all’affermazione di un principio di tale natura non è dato pervenire prendendo le mosse dalla disciplina in punto di tutela della concorrenza, se solo si considera, per un verso, che l’innalzamento del valore di un appalto strangola in radice il ricorso a procedure negoziali meno garantistiche rese invece possibili dalla scissione di una gara unitaria in una pluralità di procedure sottosoglia; e, per altro verso, che l’utilizzo dello strumento dell’associazionismo temporaneo consente ad imprese non autonomamente qualificate di esplicare le proprie potenzialità concorrenziali anche nell’alveo di procedure complesse.
 
     Il vero è che il valore primario della tutela della concorrenza, laddove non incarnato da disposizioni puntuali che lo traducano in concreto per il tramite di preclusioni specifiche, consente l’accorpamento di procedure teoricamente scindibili, a patto che l’opzione sia sorretta da ragioni di interesse pubblico adeguatamente motivate e conformi al principio europeo di proporzionalità. In tali casi infatti la reductio ad unitatem si appalesa espressione di una discrezionalità non incisa da precetti puntuali piuttosto che alla stregua di un’ opzione artificiosa volta ad eludere o depotenziare il principio di massima concorrenzialità.
 
     Nella specie detti canoni risultano rispettati se si considera che;
 
     a) l’Amministrazione ha dato sufficientemente conto delle ragioni di pubblico interesse che sorreggono la decisione di aggiudicare unitariamente la gara in questione attraverso le giustificazioni espresse al punto 2.1 del capitolato speciale, lette in relazione al contenuto complessivo del punto 1 (informazioni generali) e del punto 2 (oggetto del contratto) del capitolato speciale, esaustive delle ragioni di interesse pubblico sottese alla scelta dell’Amministrazione;
 
     b) sul piano sostanziale, l’operato dell’Amministrazione appare giustificato dall’ utilità di sinergie nell’approvvigionamento energetico tra enti deputati a svolgere tutti le stesse funzioni (sanitarie) nonché dalla necessità di realizzare il progetto “******” che impone una regia unitaria sul piano regionale, e compatibile con la gestione specifica, di stampo operativo, in capo alle singole Asl;
 
     c) l’accorpamento appare giustificato dalla necessità di concorrere all’assegnazione di fondi di provenienza comunitaria.
 
     Si deve soggiungere, da un lato, che l’apprezzamento di detti profili implica per definizione un margine di valutazione discrezionale, nella specie non inficiata da aspetti di illogicità o di travisamento, in guisa da rendere non plausibile la pretesa dell’appellante di incanalare la valutazione della necessità dell’accorpamento in termini rigorosamente oggettivi; sotto altro aspetto, che le valutazioni ex post dei margini conseguiti di efficienza non è in grado di reagire sul diverso piano della valutazione di legittimità che non può che essere operata ex ante.
 
     2. Con il secondo articolato motivo di appello si deduce, da un lato, che con l’operazione in esame sarebbe stata integrata una non consentita la delegazione delle funzioni pubblicistiche di stazione appaltante dalle Aziende sanitarie ed ospedaliere liguri alla Regione Liguria; dall’altro, che non sarebbero state espresse le ragioni per le quali si è reso necessario addivenire alla delega di funzioni in questione.
 
     Il motivo non è fondato.
 
     La Sezione deve convenire con il primo Giudice che nella specie si è configurato una delega di funzioni pubblicistiche proprie della stazione appaltante. Alla figura della delega fa espresso riferimento lo stesso protocollo di intesa stipulato tra Regione Liguria e le aziende sanitarie ed ospedaliere liguri.
 
     Ebbene, pur in assenza di una norma specifica, la Sezione ricava la sussistenza di una autorizzazione alla delega delle funzioni in parola in capo alla Regione dall’insieme sistematico delle norme che seguono:
 
     a) l’art. 17 bis l.r. Liguria 10/1995, consente alle ASL di associarsi al fine di conseguire facilitazioni nell’acquisto di beni e servizi, con un riferimento che, nella sua ampiezza, appare idoneo a comprendere anche le forme associative di cui al capo V (artt. 30 e ss.) del d.lgs. 267/2000, recante il testo unico degli enti locali;
 
     b) l’art. 30 d.lgs n. 267/2000, prevede la possibilità di stipulare convenzioni tra più enti al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati (segnatamente, l’ultimo comma prevede poi la possibilità per gli enti partecipanti all’accordo la delega di funzioni ad uno di essi);
 
     c) il sistema costituzionale assegna alla Regione la funzione di garantire i livelli essenziali di assistenza in tutto il territorio regionale;
 
     d) l’art. 2 del d.l. 337/2001, conv. dalla legge 405/2001, attribuisce alla Regione il compito di adottare le iniziative e le disposizioni necessarie affinché le strutture sanitarie attuino, nell’acquisto di beni e servizi, i principi volti al contenimento della spesa sanitaria;
 
     e) l’art. 6 della legge regionale 16/2003 e l’art. 5 della legge regionale 7/2004 contemplano la possibilità che i soggetti costituenti il settore regionale allargato aderiscano alle gare bandite o ai contratti stipulati;
 
     f) la legge regionale n. 10/1995 autorizza la Regione a definire linee programmatorie ed operative per l’approvvigionamento anche con l’aggregazione delle strutture sanitarie.
 
     In definitiva l’insieme delle norme in parola, così come consentono, ex professo, la delega e l’associazione come strumento di raccordo tra le specifiche articolazioni territoriali, così, e a maggior ragione, vanno interpretate nel senso di rendere possibile la delega delle funzioni di indire gare unitarie in capo alla Regione in coerenza con il compito a detto ente spettante di programmazione e di indirizzo in subiecta materia.
 
     Nel caso di specie le Aziende sanitarie liguri hanno delegato, con apposita convenzione, come risulta dal punto 3.1. capitolato speciale, la Regione Liguria allo svolgimento della gara ed alla conclusione del relativo contratto.
 
     Le motivazioni che hanno indotto ad una simile scelta sono adeguatamente espresse nel protocollo d’intesa con il quale i soggetti intervenuti hanno delegato la Regione.
 
     In ordine, infine, al profilo di censura teso a stigmatizzare la violazione del divieto, sancito dall’art. 19 l. 109/94, della concessione di committenza è sufficiente replicare, per un verso, con la specialità delle norme ora rassegnate che autorizzano la delega in favore della Regione; e, in seconda battuta, con l’inapplicabilità alla gara in parola, caratterizzata dalla prevalenza della componente della fornitura, delle norme in tema di lavori pubblici (vedi decisione sez. V, 19 giungo 2006, n. 3591, resa con riferimento proprio alla gara in oggetto).
 
     2.3. Con un terzo motivo di appello parte ricorrente deduce la violazione dell’obbligo di preinformazione previsto per gli appalti di forniture dall’art. 5 del d.lg.s 538/1992, secondo cui le Amministrazioni aggiudicatrici comunicano non appena possibile, dopo l’inizio dell’esercizio finanziario, con un bando di gara indicativo, il totale delle forniture per settore di prodotti che esse intendono aggiudicare nel corso dei dodici mesi successivi.
 
     La censura è infondata.
 
     Dall’esame sistematico e teleologico del quadro normativo nazionale e comunitario si evince, infatti, che l’assolvimento dell’incombente della preinformazione è finalizzato all’esercizio, da parte delle singole amministrazioni, della facoltà di ridurre il termine di ricezione delle offerte (arg. in base al combinato disposto dell’art. art. 6, comma 2, d.lgs. 358/92, che stabilisce la possibilità di ridurre i termini di ricezione delle offerte per le Amministrazioni che abbiano inviato l’avviso di cui all’allegato 4 lett. A del d.lgs. 358/92, e del punto 16 dell’allegato stesso, il quale stabilisce che i bandi debbano riportare data o date di pubblicazione dell’avviso di preinformazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee o menzione della sua mancata pubblicazione; vedi anche l’art. 35, comma 1, della direttiva 18/2004). Ne deriva che nessuna conseguenza si appalesa ipotizzabile a carico della Amministrazione che non ottemperi all’onere in questione ove non risultino, come nella specie, ridotti i termini sopra specificati.
 
     2.4. Non coglie nel segno neanche l’ulteriore motivo di gravame con cui la ricorrente lamenta l’indeterminatezza del bando che fa riferimento a contratti in essere tra alcuni presidi sanitari senza meglio specificarli e riferendosi ad essi in termini esclusivamente quantitativi.
 
     Quanto all’indeterminatezza dell’appalto legata ai contratti di fornitura in essere, appare decisiva la circostanza che l’Amministrazione, pur non individuandoli nominativamente, ne abbia determinato l’entità massima nel 15% del valore delle forniture. L’entità delle forniture da effettuarsi è quindi determinata fin dall’inizio e non soggiace ad alcun margine di aleatorietà, intendendosi per tale il variare delle prestazioni dovute in ragione di eventi futuri ed incerti. Ciascun concorrente è stato poi messo in condizione, grazie agli elementi indicati nel capitolato speciale ed alla proposta di progetto, di conoscere esattamente l’importo dei contratti di fornitura in essere mediante il sopralluogo ovvero di conoscerne l’importo massimo complessivo mediante l’indicazione contenuta nel bando. Non può infine ritenersi né illegittimo né ad oggetto indeterminato un appalto che consenta il sopralluogo ma non lo imponga ai candidati.
 
     2.5. Merita reiezione anche il successivo motivo con cui si lamenta l’illegittimo assoggettamento dell’appalto in questione, avente natura mista di forniture e di lavori, alla disciplina delle forniture in luogo di quella dei lavori.
 
     Occorre rilevare che con decisione della sezione V di questo Consiglio di Stato 19 giugno 2006, n. 3591 è stata messa in luce la non sindacabilità della discrezionale valutazione condotta dall’amministrazione in ordine al contenuto dell’appalto.
 
     Si deve soggiungere solo che, dal punto di vista funzionale, la componente forniture appare assumere rilevo prevalente, nella misura in cui la componente lavori è finalizzata a consentire il corretto espletamento della fornitura stessa, rispetto alla quale assume valore servente. Ne consegue che, anche sotto il profilo funzionale e non solo sul versante schiettamente quantitativo, la prevalenza deve essere riconosciuta alla componente fornitura.
 
     2.6. Va respinto anche il motivo teso a stigmatizzare l’assenza di copertura finanziaria.
 
     Deve rilevarsi che la gara in questione comporta spese per investimenti e spese correnti. Le prime sono finanziate in parte dall’aggiudicatario ed in parte dal contributo dell’Unione Europea. Per quanto attiene alle spese correnti, relative all’approvvigionamento di energia, queste ultime fanno carico alle singole aziende sanitarie ed ospedaliere che dovranno provvedervi ciascuna per la parte di propria spettanza. Il capitolato speciale al punto 3.1. stabilisce, infatti, espressamente che: “i pagamenti saranno fatti dalle singole SSL, che ne rimangono uniche responsabili, senza solidarietà passiva, nei confronti dell’assuntore e senza corresponsabilità della Regione”.
 
     Ne consegue che l’assunzione dell’impegno relativo alle somme necessarie a pagare le forniture derivanti dal contratto non competeva alla Regione ma alle singole aziende sanitarie.
 
     Peraltro, trattandosi di spese correnti a carattere pluriennale, derivanti da contratti, non pare necessitata l’assunzione di un apposito impegno, essendo lo stesso automaticamente costituito in forza dell’approvazione del bilancio di ciascuna struttura sanitaria, secondo lo schema di cui all’art. 183 d.lgs. 267/00.
 
     Si deve comunque rimarcare, in ultima battuta, che la programmazione della copertura, anche alla luce dei finanziamenti comunitari, risulta adeguata, mentre non risulta richiesta, a pena di illegittimità, una puntuale ed attuale disponibilità delle somme occorrenti nella fase di attuazione. E tanto per tacere del risparmio consentito dall’esito della gara rispetto all’importo a base d’asta, a sua volta calibrato in funzione delle spese di tutte le strutture sanitarie per l’anno 2003, vieppiù ridotto nell’ammontare complessivo finale.
 
     2.7. Non merita accoglimento neanche il successivo motivo con cui si lamenta l’esiguità del termine concesso per la presentazione delle offerte, coincidente con il minimo di legge, e l’esiguità della proroga dello stesso, di soli quindici giorni.
 
     La Sezione deve fare proprie le considerazioni svolte dalla decisione della sezione V n. 4970/2005 secondo cui, al di fuori di una generica, e perciò non ammissibile, considerazione che la parte avrebbe disposto di maggior tempo per apprestare la sua offerta, nessuna precisa indicazione è stata data in ordine agli ostacoli od agli inconvenienti che sarebbero stati incontrati, diversamente da quelli che hanno dovuto affrontare e superare le altre imprese concorrenti, per effetto delle circostanze lamentate.
 
     In ogni caso, fermo restando il rispetto, da parte dell’Amministrazione, del termine minimo di ricezione delle offerte salva rimanendo la proroga del termine suddetto, non è sufficiente, ai fini della prova della sussistenza del vizio in questione, dedurre la particolare rilevanza dell’appalto senza addurre, quantomeno per presunzioni, l’impossibilità ovvero l’estrema difficoltà di concorrere alla gara per effetto dell’ esiguità del termine stesso. Non risultano infatti dedotte circostanze concrete dalle quali si possa desumere la concreta incidenza della lamentata brevità del termine di ricezione delle domande sulle chance partecipative della ricorrente; e tanto a maggior ragione ove si pone mente alla proroga successivamente concessa.
 
     Ad analogo giudizio di inammissibilità si deve pervenire per la censura con la quale si contesta l’esiguità della proroga del termine di ricezione delle offerte.
 
     2.8. La mancata partecipazione della ricorrente alla gara mette in rilievo il difetto di interesse alla coltivazione della censura tesa a colpire il punto VI. 4 del bando di gara, che facultizza l’Amministrazione a sospendere o interrompere in ogni momento la procedura senza risarcimenti o indennizzi. In ogni caso l’illegittimità di detta prescrizione, lungi dal caducare gli atti di gara, può rilevare sotto il solo profilo, estraneo alla sfera di interesse di un’impresa che non abbia partecipato alla procedura,dell’inopponibilità della prescrizione ad un’impresa che sia stata danneggiata dalla interruzione della gara.
 
     2.9. Va infine respinto l’ultimo motivo con cui la ricorrente lamenta che non sia stata prevista quale causa di esclusione la mancata disponibilità in Liguria di strutture delle società partecipanti. Posto, infatti, che la ricorrente ha   finalizzato l’impugnativa alla caducazione della gara, non sussiste l’interesse a censurare le disposizioni che regolano le modalità di svolgimento della gara, ove non risultino ostative alla partecipazione alla gara stessa.
 
     In ogni caso la richiesta di una struttura operativa nel territorio regionale si appalesa coerente con le caratteristiche del servizio.
 
     3. In conclusione il ricorso in esame deve essere respinto.
 
     Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio.
 
P.Q.M.
 
     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello.
 
     Spese compensate.
 
     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
 
     Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 11 Luglio 2006
DEPOSITATA IN SEGRETERIA – il………………27/11/2006……………….

Lazzini Sonia

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