Separazioni in Comune: è illegale dare l’assegno di mantenimento?

Redazione 09/09/16
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Non è più possibile ordinare nessun tipo di assegno di mantenimento in caso di separazione o divorzio in Comune, innanzi all’ufficiale dello stato civile. Il TAR del Lazio, con la sentenza n. 7813 del 7 luglio 2016, ha infatti annullato la Circolare n. 6 del 24 aprile 2015 del Ministero dell’Interno, che stabiliva che l’art. 12 del Decreto Legge 132/2014 doveva essere interpretato nel senso di consentire alcuni tipi di transazioni patrimoniali tra coniugi.

Le separazioni in Comune e le interpretazioni del Ministero dell’Interno

L’articolo 12 del Decreto Legge 132/2014, convertito in legge con modificazioni dalla Legge n. 162 del 10 novembre 2014, stabilisce che “i coniugi possono concludere”, innanzi all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza di uno di loro o del comune presso cui è  trascritto l’atto di matrimonio, “un accordo di separazione personale” o di divorzio. L’accordo, tuttavia, “non può contenere patti di trasferimento patrimoniale”. Legge e Decreto Legge non specificano esattamente cosa intendano per “patti di trasferimento patrimoniale”, quindi le Amministrazioni avevano subito richiesto chiarimenti al Ministero dell’Interno. Il Ministero, con la Circolare n. 19/2014, aveva inizialmente stabilito che l’art. 12 andava interpretato nel senso di escludere qualunque valutazione di natura economica nell’ufficializzazione della separazione o del divorzio davanti all’ufficiale di stato.

L’anno successivo, tuttavia, il Ministero dell’Interno aveva emanato una seconda circolare, la n. 6 del 24 aprile 2015, che dava adito a un’interpretazione della Legge di senso almeno parzialmente diverso. Specificava la seconda circolare che, nonostante fosse da escludere la possibilità di un accordo di corresponsione dell’assegno in un’unica soluzione, era possibile il versamento di denaro a titolo di assegno periodico. Questo, secondo la circolare, sia in caso di separazione che di annullamento del matrimonio, e persino nell’eventualità di modifica delle precedenti condizioni già stabilite.

La decisione del TAR del Lazio

La sentenza n. 7813/2016 del TAR del Lazio ha giudicato illegittima proprio l’interpretazione di questa seconda circolare. Il ricorso contro il documento del Ministero dell’Interno era stato proposto dall’Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori (AIAF) e da Donna chiama donna – Onlus. Come stabilito dal TAR del Lazio, l’interpretazione dell’art. 12 del Decreto Legge 132/2014 proposta dal Ministero è in contrasto anche con l’art. 24 della Costituzione e viola il diritto alla difesa di quei soggetti che, trovandosi in posizione di debolezza o soggezione, potrebbero essere costretti ad accordi patrimoniali lesivi dei propri interessi. Nel procedimento innanzi all’ufficiale dello stato civile, infatti, per sua natura molto semplificato, mancano adeguate garanzie di tutela ed è facoltativa persino la presenza dell’avvocato. Tra i “patti di trasferimento patrimoniale” vietati nelle separazioni in Comune, quindi, rientrano tutte le valutazioni di natura economica che possano risultare dalla fine della convivenza, dal versamento di un assegno di mantenimento all’assegnamento della casa.

 

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