Atto processuale redatto con intelligenza artificiale e responsabilità aggravata

Sentenza Trib. Latina 23/9/25: uso improprio dell’Intelligenza Artificiale negli atti giudiziari e responsabilità ex art. 96 c.p.c. Indicazioni pratiche.

Lorena Papini 30/09/25
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La sentenza del Tribunale di Latina del 23 settembre 2025 traccia confini nettissimi sull’uso improprio dell’IA per la redazione di atti giudiziari, ritenendo addirittura che sussistano i presupposti della responsabilità aggravata ex art. 96 comma 3 c.p.c. L’occasione consente di riflettere non solo sugli aspetti tecnico-processuali della decisione, ma anche sulle implicazioni deontologiche e pratiche per l’attività dell’avvocato. La pronuncia si inserisce in un filone giurisprudenziale in rapido consolidamento, che coinvolge anche i Tribunali di Torino, Firenze e Brescia, in relazione a diversi profili di responsabilità derivanti dall’uso di sistemi di IA generativa. Per approfondire la nuova legge in materia, abbiamo pubblicato il volume “La legge Italiana sull’Intelligenza Artificiale – Commento alla Legge 23 settembre 2025, n. 132”, disponibile su Shop Maggioli. Per approfondire il tema, ti consigliamo i corsi Maggioli Legal Prompting – Dal prompting ai workflow pratici: nuovi modelli di AI per lo studio legale, e il Master in Intelligenza Artificiale per imprese, professionisti e avvocati – II edizione

Indice

1. La controversia sul credito contributivo: un ricorso destinato al rigetto


Il giudizio prendeva le mosse da un ricorso volto ad accertare l’inesistenza di un credito contributivo portato da un avviso di addebito dell’INPS, pari a circa 8.500 euro. La parte attrice aveva depositato note difensive in maniera anomala: già il giorno successivo al decreto di fissazione dell’udienza, quindi prima ancora della notifica del ricorso alla controparte. Inoltre, era emersa la circostanza che la medesima questione fosse stata sollevata in un procedimento parallelo, conclusosi poco dopo con declaratoria di inammissibilità, a riprova di una duplicazione dei giudizi.
La condotta processuale dell’attore e del suo difensore è apparsa quantomeno discutibile: mancata comparizione personale nonostante le convocazioni, assenza di replica alle difese della controparte e, soprattutto, redazione di atti privi di effettiva pertinenza giuridica. Di qui la scelta del Tribunale di esaminare direttamente la questione centrale – la regolarità della notifica dell’atto e la tempestiva interruzione della prescrizione – secondo il criterio della “ragione più liquida”, rigettando il ricorso come manifestamente infondato. Sulla nuova legge sull’Intelligenza Artificiale, utile per ragionare sui temi dell’AI come supporto al lavoro degli avvocati, abbiamo pubblicato il volume “La legge Italiana sull’Intelligenza Artificiale – Commento alla Legge 23 settembre 2025, n. 132”, disponibile su Shop Maggioli.

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2. Il percorso argomentativo del Tribunale: ragione più liquida e art. 96 c.p.c.


La motivazione si fonda su due pilastri. Da un lato, l’accertamento della validità della notifica e dell’interruzione della prescrizione, elementi sufficienti a respingere la domanda. Dall’altro, la valutazione della condotta processuale alla luce dell’art. 96, comma 3, c.p.c., che consente di condannare la parte soccombente a una somma equitativamente determinata quando agisce in giudizio con mala fede o colpa grave.
Il Tribunale ha ritenuto che l’azione fosse stata introdotta con grave negligenza, vista la duplicazione dei giudizi e l’assenza di argomentazioni pertinenti. La conseguenza è stata la condanna al pagamento non solo delle spese di lite (€ 5.391), ma anche di due somme ulteriori: € 1.000 in favore della controparte e € 1.000 in favore della Cassa delle ammende. La pronuncia assume particolare rilievo poiché individua un nesso diretto tra l’uso di IA per la redazione degli atti e l’integrazione della mala fede processuale.

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3. Atti “a stampone” e intelligenza artificiale: quando la tecnologia diventa insidia


Il cuore innovativo della sentenza risiede nell’esplicito riconoscimento che gli atti difensivi fossero redatti con strumenti di intelligenza artificiale. Il giudice ha individuato chiari indicatori: lo stile “a stampone”, la totale inconferenza delle citazioni, l’assenza di un filo logico-giuridico, l’uso di massime decontestualizzate e la manifesta infondatezza delle argomentazioni.
Il Tribunale ha sottolineato come tale modalità di redazione non solo comprometta la qualità tecnica della difesa, ma determini un aggravio per il sistema processuale e un pregiudizio per la controparte. È stato quindi sancito un principio: l’utilizzo acritico e meccanico dell’IA generativa può integrare gli estremi della colpa grave processuale.
La decisione si colloca in linea con altre recenti pronunce: il Tribunale di Torino ha riconosciuto la responsabilità aggravata per atti redatti con IA inconferenti; la sezione imprese del Tribunale di Firenze ha richiamato il rischio delle “allucinazioni” (sentenze inesistenti generate dall’IA); il Tribunale di Brescia ha escluso che le valutazioni di ChatGPT possano fornire garanzie sull’affidabilità economica di un’impresa. Si va così delineando un orientamento giurisprudenziale volto a contenere l’uso improprio dell’IA nel processo.

4. Dalla teoria alla prassi: lezioni operative per l’avvocato nell’era dell’IA


Dalla vicenda emergono spunti di riflessione di grande utilità per la professione forense. In primo luogo, l’IA può rappresentare un valido ausilio nella ricerca e nella redazione, ma non può sostituire il vaglio critico dell’avvocato. Il professionista ha il dovere di verificare la pertinenza delle fonti, di contestualizzare le citazioni e di mantenere il controllo pieno sul contenuto dell’atto.
In secondo luogo, il rischio non è solo di incorrere in una condanna alle spese, ma anche di subire sanzioni aggiuntive ex art. 96 c.p.c., con possibili ripercussioni disciplinari. La responsabilità professionale, infatti, si estende al controllo sugli strumenti utilizzati: l’affidarsi ciecamente a un sistema di IA può configurare grave negligenza.
Infine, la sentenza richiama l’esigenza di un uso etico e responsabile delle tecnologie emergenti. L’avvocato è chiamato a garantire che l’innovazione non comprometta la qualità della difesa né la correttezza del processo. Una possibile prassi virtuosa consiste nell’utilizzare l’IA come supporto preliminare (ad esempio per la raccolta di materiali), ma subordinando sempre la fase di redazione e argomentazione a una valutazione critica e personale.

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