Volontà di punizione persona offesa: come si evince

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La volontà di punizione da parte della persona offesa si può evincere anche dalla costituzione della parte civile o la riserva di costituirsi come tale
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Corte di Cassazione -sez. III pen.- sentenza n.19972 del 9-01-2023

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Indice

1. La questione


Il Tribunale di Rimini dichiarava la penale responsabilità di una persona accusata in ordine al reato di cui all’art. 659 cod. pen..
Ciò posto, avverso il provvedimento appena menzionato proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


Per quello che rileva in questa sede, la Suprema Corte riteneva necessario appurare nel caso di specie l’eventuale incidenza che sulla procedibilità, in ordine al reato contestato al ricorrente, aveva avuto la recente introduzione del d.lgs n. 150 del 2022, nel testo risultante a seguito della entrata in vigore del decreto-legge n. 152 del 2022, convertito con modificazioni con legge n. 199 del 2022.
Orbene, una volta fatto presente che, come è noto, onde realizzare, in materia di giurisdizione penale, gli scopi del cosiddetto “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (comportanti l’effetto di ridurre entro l’anno 2026 del 25% la durata media dei processi penali), il legislatore con il citato d.lgs n. 150 del 2022 ha, fra l’altro, esteso il regime di procedibilità a querela di parte per un ampio numero di reati, in particolare, contro il patrimonio e contro la persona, deducendosi al contempo che, fra tali reati, sul dichiarato presupposto che anche per essi si tratti di “reati contro la persona” – pur ad onta del fatto che si tratti di reati inseriti nel Libro III, Titolo I, Capo I, Sezione I del codice sostanziale, in cui sono previste e punite, fra le altre, le “contravvenzioni concernenti ( … ) la tranquillità pubblica” – sono state inserite – con scelta fino ad ora priva di precedenti e tale da costituire, pertanto, due ipotesi di reato contravvenzionale, cioè quelle previste dall’art. 660 cod. pen. e, appunto, dal primo comma dell’art. 659 cod. pen., gli Ermellini ritenevano come – a prescindere dai problemi applicativi che una tale scelta legislativa potrebbe porre, in particolare con riferimento alla seconda delle ipotesi criminose sopra indicate (uno per tutti: la procedibilità officiosa è ristabilita nel caso in. cui il reato “sia commesso nei confronti di persona incapace per età o per infermità”, cosa che è, quanto meno, di problematico accertamento considerato che la fattispecie di cui ora ci si interessa è penalmente rilevante laddove essa sia anche solo potenzialmente idonea a coinvolgere negativamente un numero indeterminato di persone – cfr., infatti, fra le molte: Corte di cassazione, Sezione III penale„ 9 ottobre 2018, n. 45262; idem Sezione I penale, 28 febbraio 2012, 7748 – di tal che ove fosse presentata una denuncia non avente le caratteristiche della querela, per verificare se si tratta di reato procedibile o meno sarebbe necessario verificare se fra i potenziali soggetti danneggiati vi sono persone che “per età o per infermità” siano ‘incapaci”, espressione quest’ultima anch’essa dogmaticamente di vago significato, non essendo chiaro a quale genere di capacità essa si riferisca) – sia indubbio che la stessa, trattandosi di disposizione di carattere processuale introducente in regime giudiziario più favorevole all’imputato, è applicabile anche ai processi in corso, fra questi compresi anche quelli pendenti in grado di legittimità.
Difatti, per il Supremo Consesso, a riprova di tale deduzione, vi è la previsione contenuta nell’art. 85, comma 1, del d.lgs n. 15 del 2022, secondo la quale “per i reati perseguibili a querela della persona offesa in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato”, trattandosi di disposizione in linea di principio applicabile a tutti i reati per i quali sia già in corso il processo (si sottolineava sul punto la meritoria immediata abrogazione della originaria previsione, contenuta nel testo primigenio dell’art. 85 del dlg5 n. 150 del 2022, la quale prevedeva, per i reati per i quali già era stata esercitata la azione penale, una macchinosa e dispendiosa modalità di informazione delle persone offese dal reato della facoltà di esercitare il diritto di querela, con decorrenza del termine per tale esercizio dalla data – quanto meno variabile da caso a caso, oltre che legata alla incertezza della reperibilità di tali persone Offese – in cui l’informazione fosse stata recapitata al destinatario), dovendosi considerare che, secondo la previsione rispettivamente dell’art. 419, comma 1, e dell’art. 552, comma 3, cod. proc. pen., la persona offesa, essendo destinataria o della richiesta di rinvio a giudizio dell’imputato formulata dal Pm ovvero della diretta citazione a giudizio del medesimo ad opera del Pm nei casi previsti dall’art. 550 cod. proc. pena, già sia stata così informata del fatto costituente reato.
Oltre a ciò, si evidenziava altresì che, se è vero che il considerare la persona offesa informata del fatto costituente reato, nei modi di cui sopra in relazione ai giudizi già pendenti, potrebbe non essere pienamente appagante proprio in relazione al reato per il quale si procede il quale, avendo come potenziali soggetti passivi una pluralità indeterminata di individui, ben difficilmente può consentire la notificazione degli atti dianzi segnalati a tutte le possibili “parti offese“, è altrettanto vero però che, secondo la Corte di legittimità, una tale problematica non si poneva, tuttavia, nella presente fattispecie.
Difatti, pur prendendosi atto che, considerata la previsione di cui al ricordato art. 85, comma 1, del d.lgs n. 150 del 2022, dovrebbe ritenersi che, laddove nel termine previsto per la presentazione della querela, cioè i tre mesi decorrenti, giusta la generale previsione di cui all’art. 124, comma primo, cod. pen., dalla data di entrata in vigore del citato d.lgs n. 150 del 2022, debba essere celebrato il processo o, comunque, tenuta un’udienza di esso, i procedimenti penali interessati dalla ricordata novità normativa, non dovrebbero essere trattati, onde dare al soggetto che vi abbia interesse, la possibilità di godere integralmente dello spatium deliberandi a lui concesso per valutare se procedere o meno alla presentazione del contesto; infatti, laddove gli stessi fossero trattati durante tale periodo il loro destino, con grave nocumento per la persona offesa che non si sia ancora querelata, sarebbe segnato dovendo necessariamente ad essi essere applicato l’art. 129, comma 1, cod. proc. pen. con l’obbligo per il giudice di pronunziare immediatamente il proscioglimento dell’imputato stante la mancanza della condizione di procedibilità, pur tuttavia, per il Supremo Consesso, una tale esigenza, pur in assenza di formale querela, non è oggetto di una scelta ineludibile, dato che, poiché la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa non richiede formule particolari, essa può essere, pertanto, riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano situazioni di incertezza, vanno, comunque, interpretati alla luce del favor querelae (Corte di cassazione, Sezione V penale, 24 gennaio 2022, n. 2665), fermo restando che, nel novero di tali atti, può essere ricompresa, sempre secondo la interpretazione fornita dalla stessa Cassazione, anche la costituzione di parte civile od anche la semplice riserva di costituirsi parte civile (cfr.: Corte di cassazione, Sezione II penale, 7 febbraio 2020, n. 5193, principio espresso proprio in relazione ad un reato divenuto procedibile a querela di parte nelle more del giudizio).
Tal che se ne faceva conseguire come, nel caso di specie, la mancanza di querela, non rinvenuta in atti, non inficiasse la procedibilità del presente giudizio, stante la costituzione di parte civile di due fra le persone offese e, pertanto, anche danneggiate dal reato.

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse, essendo ivi chiarito che la volontà di punizione da parte della persona offesa si può evincere anche dalla costituzione della parte civile, o la riserva di costituirsi come tale.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa non richiede formule particolari ed essa può essere, pertanto, riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano situazioni di incertezza, vanno, comunque, interpretati alla luce del favor querelae, rilevandosi al contempo che, nel novero di tali atti, può essere ricompresa anche la costituzione di parte civile od anche la semplice riserva di costituirsi parte civile.
E’ dunque sconsigliabile, alla luce di tale approdo ermeneutico, intraprendere una linea difensiva che, invece, sostenga il difetto della volontà di punizione da parte della persona offesa, laddove la persona offesa si sia costituita parte civile, ovvero si sia riservata di costituirsi come tale.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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