Violenza fisica: sufficienti per addebito della separazione

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Quando un coniuge si comporta in modo violento nei confronti dell’altro, risulta giustificata sia la pronuncia di separazione per intollerabilità sopravvenuta delle convivenza, sia l’addebito della stessa nei confronti dell’aggressione.
La violenza che un coniuge compie ai danni dell’altro rappresenta una grave violazione dei doveri coniugali.
A questo proposito si può ritenere che la gravità della violazione rispetto ai doveri coniugali, possa essere sufficiente a ritenere fondata la domanda di separazione per sopravvenuta intollerabilità della convivenza e pronuncia del relativo addebito nei confronti del soggetto che ha agito.
Sono state queste le conclusioni alla quale è arrivata la Suprema Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 31351/2022.

Indice

1. In che cosa consiste l’addebito della separazione

L’addebito della separazione si applica in modo esclusivo nell’ipotesi di separazione giudiziale.
Se i coniugi dovessero decidere di procedere alla separazione in modo consensuale, arrivando a un accordo, non si potrà parlare di addebito.
In sede di separazione giudiziale uno dei coniugi può chiedere che la separazione venga addebitata all’altro.
L’addebito consiste nell’attribuire all’altro coniuge la responsabilità della fine del vincolo matrimoniale.
Secondo il codice civile, il giudice, quando pronuncia la separazione, dichiara, se ricorrono le circostanze e venga richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, considerando la sua condotta contraria ai doveri che derivano dal matrimonio (art. 151 c.c.).
Le conseguenze che seguono l’addebito della separazione sono due.
Con la prima, il coniuge al quale è stata addebitata la separazione perde il diritto al mantenimento, che l’altro non gli dovrà dare, mentre continuano a spettargli gli alimenti, che si differenziano dal mantenimento perché servono esclusivamente a garantire i mezzi minimi di sussistenza.
Il coniuge al quale viene attribuita la separazione per colpa perde anche i diritti successori nei confronti dell’altro.
Con la seconda, il partner al quale è stata addebitata la separazione non può succedere all’altro nel caso di morte.
Si tratta di una conseguenza negativa che, in assenza di addebito, si verifica esclusivamente dopo la sentenza di divorzio.

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2. I fatti in causa

In un procedimento di separazione la moglie aveva chiesto l’addebito della stessa al marito a causa dei comportamenti violenti da lui tenuti nei suoi confronti, che avevano portato alla crisi del rapporto coniugale.
In sede di Appello la domanda era stata respinta per assenza di prove relative ai comportamenti violenti e reiterati in merito ai quali la donna accusava il marito.
Secondo la Corte, sui comportamenti violenti del marito, mancano le prove documentali e testimoniali fornite da terze persone estranee alla coppia di coniugi.
La donna decide di contestare la decisione in sede di Cassazione, rappresentando nel ricorso introduttivo di avere subito per anni le persecuzioni e i pedinamenti del marito, che la seguiva ovunque, la umiliava e le infliggeva maltrattamenti fisici e morali.
Nelle note autorizzate la stessa ha provveduto a informare il giudice delle violenze fisiche e psicologiche alle quali era stata sottoposta, allegando gli atti del procedimento penale a carico del marito, che aveva subito anche le ammonizioni da parte del Questore in relazione al reato di stalking commesso ai suoi  danni.
Racconta anche di precedenti denunce per aggressioni, ricorda di avere prodotto un certificato del Pronto Soccorso dal quale erano emerse le lesioni che le erano state procurate dal marito e di avere anche richiesto l’ammissione di prove testimoniali, per consentire che il giudice ascoltasse i racconti delle figlie.
Di conseguenza contesta la decisione nel punto nel quale la Corte di merito non ha ritenuto provate le violenze poste alla base della richiesta di addebito della separazione.

3. La decisione della Suprema Corte di Cassazione

La Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della donna in relazione ai primi tre motivi e ha assorbito il quarto.
In virtù di un principio consolidato le violenze fisiche e morali reiterate che vengono inflitte da parte di un coniuge ai danni dell’altro integrano violazioni molto gravi che sono in grado di giustificare sia la separazione dei coniugi per sopravvenuta intolleranza della convivenza, sia  l’addebito della stessa nei confronti dell’autore delle gravi violazioni dei doveri che nascono dal vincolo matrimoniale.
Una volta accertate le violenze il giudice non deve neanche procedere alla comparazione del comportamento del coniuge violento con quello della vittima.
La Suprema Corte aveva a disposizione le prove necessarie a provare le violenze, anche da atto in sentenza, nonostante per la stessa non apparissero abbastanza specifiche.
Secondo la Cassazione risulta con estrema evidenza il clima di violenza sul quale si fondavano i rapporti e che si respirava nella famiglia, che la Corte d’Appello doveva arrivare alla conclusione che era manifesta la violazione del dovere di rispetto che deve essere una delle caratteristiche di un matrimonio.

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