Va esclusa una ditta, senza alcuna possibilità di integrazione documentale, il cui certificato della Camera di Commercio risulta privo di alcun riferimento al quinquennio precedente per la posizione fallimentare, così come richiesto dal disciplinare di g

Lazzini Sonia 27/09/07
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Il Consiglio di stato con la decisione numero 3842 del 6 luglio 2007 ci insegna che:
 
<Non avrebbe potuto essere superata una delle due ragioni della disposta esclusione.
 
Nel certificato della Camera di Commercio esibito dalla società ricorrente non era contenuto il riferimento al quinquennio precedente per la posizione fallimentare, così come richiesto dal punto 8, lett. o) del disciplinare di gara.
 
Tale attestazione aveva un’autonoma valenza ed alla mancata sua allegazione la Commissione, tenuto al rispetto della par condicio, non poteva porre rimedio mediante la richiesta di chiarimenti o d’elementi integrativi>
 
Ma l’emarginata decisione merita di essere segnalata anche per il seguente passaggio in essa contenuto:
 
< Alla dichiarazione in sentenza della cessazione della materia del contendere, per essere stato adottato un atto di ritiro pienamente satisfattivo della pretesa fatta valere dal privato, non è illogico far seguire la condanna alle spese a carico dell’Amministrazione, dandosi per presupposto che la stessa Amministrazione ha riconosciuto la fondatezza delle ragioni dedotte dalla controparte . Ben diversa è l’ipotesi che qui ricorre in cui, lungi dall’aver agito in autotutela e dall’aver riconosciuto anticipatamente la fondatezza delle tesi della ricorrente, la Regione Lazio aveva ammesso con riserva l’ATI ricorrente. alle fasi successive della selezione, in esecuzione ad un decreto emesso ex art. 3, co.2, della l. n. 205 del 2006 e per non perdere il finanziamento del CIPE>
 
a cura di *************
 
 
REPUBBLICA ITALIANA     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO    N: 5370 ********
 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione                ANNO: 2006
 
ha pronunciato la seguente
 
DECISIONE
 
sul ricorso in appello n. 5370 del 2006 proposto dalla Regione Lazio, in persona del suo presidente pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. ************** ed elettivamente domiciliata in Roma, via Parigi n. 11
 
contro
 
DITTA ALFA.- Ingegneria Costruzioni Generali –spa, in proprio e quale capogruppo mandataria della costituenda ATI con **);
 
per l’annullamento in parte qua
 
della sentenza 18 aprile 2006 n. 2781 resa dal Tar Lazio, sezione I ter;
 
Visto il ricorso con i relativi allegati;
 
Visti gli atti tutti della causa;
 
Relatore, alla camera di consiglio del 20 febbraio 2007, il Cons. ************************;
 
Udito l’avvocato ******;
 
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
 
FATTO E DIRITTO
Con ricorso in primo grado n. 2725 del 2006 la DITTA ALFA-Ingegneria e costruzioni generali spa, in proprio e nella qualità di mandataria della costituenda ATI con la ***
 
In dichiarata esecuzione della misura cautelare disposta con decreto presidenziale 28 marzo 2006 n. 1841, emesso ex art. 3, co.2, della l. n. 205 del 2006, la commissione di gara riammetteva con riserva l’ATI DITTA ALFA. alle fasi successive della selezione.
 
Nella seduta del 31 marzo 2006 la commissione di gara ha aggiudicato provvisoriamente l’appalto all’ATI DELTA LAVORI, con il punteggio di 88,106. La costituenda ATI DITTA ALFA si classificava seconda con il punteggio di 63,35.
 
Con sentenza 18 aprile 2006 n. 2782 il TAR Lazio, sez. I, preso atto della richiesta in tal senso espressa dalla DITTA ALFA spa, dichiarava il ricorso “improcedibile per cessazione della materia del contendere e condannava la Regione Lazio al pagamento delle spese di giudizio nella misura di euro 2.000/00 ( sulla base di una “ valutazione del comportamento complessivo tenuto dalla resistente e del principio di soccombenza virtuale”) .
 
Con ricorso in appello n. 5370 del 2006 la Regione Lazio ha chiesto la riforma della sentenza per aver disposto la condanna alle spese a suo carico.
 
La soc. DITTA ALFA. spa non si è costituita.
 
2.-Il ricorso è fondato.
 
Alla dichiarazione in sentenza della cessazione della materia del contendere, per essere stato adottato un atto di ritiro pienamente satisfattivo della pretesa fatta valere dal privato, non è illogico far seguire la condanna alle spese a carico dell’Amministrazione, dandosi per presupposto che la stessa Amministrazione ha riconosciuto la fondatezza delle ragioni dedotte dalla controparte . Ben diversa è l’ipotesi che qui ricorre in cui, lungi dall’aver agito in autotutela e dall’aver riconosciuto anticipatamente la fondatezza delle tesi della ricorrente, la Regione Lazio aveva ammesso con riserva l’ATI DITTA ALFA. alle fasi successive della selezione, in esecuzione ad un decreto emesso ex art. 3, co.2, della l. n. 205 del 2006 e per non perdere il finanziamento del CIPE.
 
Data la rilevanza meramente transitoria del decreto e del provvedimento di riammissione con “riserva”adottato in sua esecuzione (cfr. verbali nn. 10 e 10/bis), in attesa che la sentenza di merito avesse accertato se il provvedimento fatto oggetto di gravame fosse legittimo o meno, come osservato dall’appellante, il giudice di prime cure si sarebbe dovuto limitare a dichiarare l’improcedibiltà del ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse.
 
Peraltro, l’estinzione del giudizio ha tratto ragione da una dichiarazione di desistenza e di sostanziale rinunzia della società ricorrente in primo grado a ciò indotta dall’esito sfavorevole della gara conclusosi dopo la sua riammissione.
 
La dichiarazione di soccombenza virtuale, meramente enunciata nella parte motiva della sentenza, doveva essere accertata e motivata, seppur sommariamente e succintamente .
 
Non avrebbe potuto essere superata una delle due ragioni della disposta esclusione.
 
Nel certificato della Camera di Commercio esibito dalla società DITTA ALFA spa non era contenuto il riferimento al quinquennio precedente per la posizione fallimentare, così come richiesto dal punto 8, lett. o) del disciplinare di gara.
 
Tale attestazione aveva un’autonoma valenza ed alla mancata sua allegazione la Commissione, tenuto al rispetto della par condicio, non poteva porre rimedio mediante la richiesta di chiarimenti o d’elementi integrativi.
 
La statuizione della sentenza censurata in appello e relativa alle spese è, dunque, erronea per non essere immune da un manifesto vizio logico.
 
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
 
P.Q.M.
 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione Quinta,accoglie il ric. n.5370 del 2006 e per l’effetto annulla la sentenza impugnata nella parte in cui condanna alle spese di giudizio la Regione Lazio.
 
Condanna la DITTA ALFA spa al pagamento degli onorari e delle spese di giudizio che liquida in complessivi euro 2.000/00 (duemila/00).
 
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
 
      Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 febbraio 2007, con l’intervento dei Magistrati:
 
**************** Presidente
 
Chiarenza Millemaggi Cogliani              Consigliere
 
*********************
 
************                                           Consigliere
 
************************              Consigliere,est.
 
 
L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE
 
f.to ************************     f.to ****************
 
 
IL SEGRETARIO
 
f.to *******************
 
 
 
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 
Il 6 luglio 2007
 
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
 
p.IL DIRIGENTE
 
f.to ********************
 
 N°. RIC.5370/2006
 
 
 
SB
 

Lazzini Sonia

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