Usucapione di beni mobili e immobili, problematiche sostanziali e processuali

Redazione 10/11/17
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Problematiche legate al rapporto tra coniugi

Gli  acquisti per  usucapione, effettuati da  uno  solo dei  coniugi,  durante  il  matrimonio,  in  vigenza  del  regime  patrimoniale  della  comunione legale, entrano a far parte della comunione medesima, con ciò comportando problematiche  legate  anche  all’applicazione  processuale  del  litisconsorzio necessario nonché all’applicabilità dell’articolo 184 del codice civile, nel senso che tra gli atti, riguardanti beni immobili ed eccedenti l’ordinaria amministrazione, annullabili ex art. 184 c.c. perché compiuti da un coniuge senza il consenso dell’altro, richiesto dall’art. 180 comma 2 c.c., rientra certamente l’atto  comportante  definitiva  rinuncia  alla  possibilità  di  fare  entrare,  nella comunione coniugale, la proprietà di un immobile per il quale era stata in- vocata l’usucapione, “a nulla rilevando che si trattasse di una situazione soltanto in fieri prodromica all’acquisto di un diritto reale su detto immobile” (Cass. civ.,  sez. II, 3 novembre 2000, n. 14347, GI, 2001, 1848; conforme: Cass. civ., sez. II, 23 luglio 2008, n. 20296, GCM, 2008, 9, 1295; RN, 2009, 2, 422; confor- me: Cass. civ., sez. II, 18 luglio 2008, n. 19984, GCM, 2008, 7-8, 1180; VN, 2008, 3, 1440; conforme: Trib. Roma 7 aprile 2003, DF, 2004, 120; GM, 2003, 2146).

È  stato  osservato,  peraltro,  che  in  regime  di  comunione  legale,  se  uno dei coniugi, deducendo una situazione di compossesso con l’altro, propone in via autonoma domanda di usucapione di un bene immobile, il giudicato favorevole produce, in virtù del disposto dell’art. 177 c.c., direttamente effetti nella sfera giuridico-patrimoniale dell’altro coniuge rimasto estraneo al giudizio, facendo sì che egli acquisti la comproprietà di detto immobile; per converso, in caso di esito negativo di quella azione, “il giudicato sfavorevole sarebbe opponibile al coniuge che non sia stato parte del relativo  giudizio,  se  successivamente  pretendesse  di  sentirsi  dichiarare  proprietario dello stesso bene, in base ad una situazione fattuale identica a quella fatta valere nel precedente giudizio dall’altro coniuge” (Cass. civ.,  sez. II, 3 novembre 2000, n.  14347, GCM,  2000,  2244;  DeG,  2000, 43-44, 55).

Trascrivibilità  delle  domande che  interrompono l’usucapione di beni  immobili

A  mente  del  punto  5,  primo  comma,  articolo  2653  del  codice  civile,  gli atti e le domande che interrompono il corso dell’usucapione di beni immobili sono suscettibili di trascrizione: così, ad esempio, la domanda diretta a denunziare la violazione della distanza legale da parte del proprietario del fondo  vicino  e  ad  ottenere  l’arretramento  della  sua  costruzione  –  tendendo a  salvaguardare  il  diritto  di  proprietà  dell’attore  dalla  costituzione  di  una servitù di contenuto contrario al limite violato e ad impedirne tanto l’esercizio attuale, quanto il suo acquisto per usucapione, essa, infatti, ha natura di actio negatoria servitutis – è soggetta a trascrizione – tanto ai sensi dell’art. 2653 n. 1 c.c. (suscettibile di interpretazione estensiva ed applicabile anche alle  domande  dirette  all’accertamento  negativo  dell’esistenza  di  diritti  reali di  godimento),  quanto,  appunto,  a  mente  del  successivo  n.  5,  che  dichiara trascrivibili le domande che “interrompono il corso dell’usucapione su beni immobili” (Cass. civ.,  sez. II, 15 maggio 2015, n. 10005, CED Cassazione, 2015; conforme: Cass. civ., sez. U., 12 giugno 2006, n. 13523, DeG, 2006, 35, 26; GCM, 2006, 6; GI, 2007, 4, 935; RGE, 2007, 3, 1016; CIV, 2008, 7-8, 20).

Usucapione immobiliare abbreviata: requisiti e perfetta coincidenza tra immobile posseduto e immobile acquistato in buona fede a non  domino

Qualora  taluno  acquisti,  in  buona  fede,  un  immobile  (ovvero  un  diritto reale di godimento sul medesimo) da chi non sia proprietario, ma in forza un titolo astrattamente idoneo a trasferirne la proprietà e debitamente trascritto,  ne  compie  l’usucapione,  a  suo  favore,  nel  termine  di  dieci anni,  decorrenti dalla data dell’avvenuta trascrizione [trascrizione che, come noto, non costituisce un elemento integrante della fattispecie negoziale, ma attua solo un pubblicità (di regola) dichiarativa, per cui essa non ha efficacia sanante dei vizi dell’atto: in tal senso, essa può solo “costituire  un  elemento  della  fattispecie  legale  dell’acquisto  per  usucapione  abbreviata, ai sensi degli art. 1159 e 1159-bis c.c.” (Cass. civ.,  sez. II, 1 agosto 1995, n. 8441, GCM, 1995, 1463)], in tale frangente, il titolo è da considerarsi elemento autonomo ed essenziale, nel senso che deve indicare esattamente l’immobile ed il diritto immobiliare trasmesso,  poiché  la  perfetta  ed  assoluta  identità  fra  l’immobile posseduto  e  quello  acquistato  in  buona  fede  a non  domino  va  accertata  in base  ad  una  distinta  valutazione  del  titolo  d’acquisto  e  del  possesso,  rimanendo  preclusa  la  possibilità  di  integrare  le  risultanze  dell’uno  con  quelle dell’altro: “l’usucapione  decennale  presuppone  l’acquisto  in  buona  fede  di  un  immobile  a non domino e l’identità tra zona alienata e zona posseduta, nonché la trascrizione del titolo il quale deve specificamente riguardare l’immobile che si è inteso con esso trasferire e del quale si sostiene l’acquisto per decorso del decennio” (recentemente,   cfr.   Trib.   Massa,  14   settembre  2016;   Cass.   civ.,   sez.  II, 17/01/2014, n. 874,  CED Cassazione, 2014; Cass. civ., sez. II, 26 gennaio 2000, n. 866, GCM, 2000, 151; conforme: Cass. civ., sez. II, 29 aprile 1993, n. 5071, GCM, 1993, 792; conforme: Cass. civ., sez. II, 23 giugno 1992, n. 7696, GCM, 1992, fasc. 6; conforme: Cass. civ., sez. III, 16 marzo 1987, n. 2693, GCM, 1987, fasc. 3; con- forme: Cass. civ., sez. II, 6 febbraio 1982, n. 680, GCM, 1982, fasc. 2; conforme: Cass. civ., sez. II, 21 maggio 2003, n. 7966, GI, 2004, 973).

 

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