Tribunale di Terni , sentenza n. 1437 del 2004 sulla problematica della ripetizione dell’indebito per le prestazioni di invalidità civile

Redazione 02/10/05
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TRIBUNALE DI TERNI

SENT. N° 1437/2004

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N° 2603/1998 R.G.L.

il Giudice di Terni ANGELO MATTEO SOCCI

N° CRON.

ha emesso la seguente

S E N T E N Z A

nella causa rito lavoro iscritta al n° 2603/1998 R.G.L e promossa da:

*** ***, elettivamente domiciliata in Terni – Via Ferrarsi 10 – presso lo studio dell’Avv. Giorgio Leonelli che la rappresenta e difende come da delega in calce al ricorso.

RICORRENTE

c o n t r o

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato presso i cui Uffici, ope legis, domicilia in Perugia, via degli Offici n. 14.

CONVENUTO

OGGETTO: Opposizione a D.I. n° 1163/1998.

CONCLUSIONI: L’Avv. G. Leonelli conclude: “Voglia il Signor Pretore di Terni – Sezione Lavoro – contro il Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, selettivamente domiciliato presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia, ivi alla Via degli Offici 14, affinché venga dichiarata, previo accertamento e, se del caso pronuncia della nullità ed inefficacia della richiamata norma e dell’iter amministrativo posto in essere e del conseguente provvedimento di revoca, la nullità e/o comunque l’inefficacia del D.I. opposto (decreto ingiuntivo Pretura Lavoro di Terni n° 1163/98 del 15/09/1998) e conseguentemente nulla dovuto dalla ricorrente di quanto richiesto con il suddetto decreto non sussistendo alcun obbligo al riguardo. Riconoscendosi altresì in ogni caso il diritto della ricorrente al trattamento provvidenziale revocatogli con ogni conseguente pronuncia in ordine all’obbligo della erogazione da parte dell’opposto.

In subordine, ridursi l’obbligo portato dal decreto all’effettivo dovuto (anche nulla) tenuto conto sia delle precarie condizioni economiche della ricorrente, che escludono la possibilità di pagamento portata dal decreto, sia dell’incostituzionalità, antigiuridicità ed illegittimità della richiesta di restituzione dei ratei pregressi all’accertamento”.

L’Avvocatura dello Stato conclude: “Voglia il signor Pretore dichiarare le carenza di legittimazione passiva del Ministero dell’Interno relativamente alle domande attinenti all’accertamento dei requisiti medico-legali, stante quella del Ministero del Tesoro; rigettare perché infondata la domanda di accertamento medico-legale; dichiarare inammissibile ed improponibile e comunque rigettare ogni avversa e confermare il decreto ingiuntivo opposto con vittoria di spese”.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo l’attrice ha chiesto: “Voglia il Signor Pretore di Terni – Sezione Lavoro – contro il Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, selettivamente domiciliato presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia, ivi alla Via degli Offici 14, affinché venga dichiarata, previo accertamento e, se del caso pronuncia della nullità ed inefficacia della richiamata norma e dell’iter amministrativo posto in essere e del conseguente provvedimento di revoca, la nullità e/o comunque l’inefficacia del D.I. opposto (decreto ingiuntivo Pretura Lavoro di Terni n° 1163/98 del 15/09/1998) e conseguentemente nulla dovuto dalla ricorrente di quanto richiesto con il suddetto decreto non sussistendo alcun obbligo al riguardo. Riconoscendosi altresì in ogni caso il diritto della ricorrente al trattamento provvidenziale revocatogli con ogni conseguente pronuncia in ordine all’obbligo della erogazione da parte dell’opposto.

In subordine, ridursi l’obbligo portato dal decreto all’effettivo dovuto (anche nulla) tenuto conto sia delle precarie condizioni economiche della ricorrente, che escludono la possibilità di pagamento portata dal decreto, sia dell’incostituzionalità, antigiuridicità ed illegittimità della richiesta di restituzione dei ratei pregressi all’accertamento”.

Si è costituito regolarmente il Ministero dell’Interno, tramite l’Avvocatura di Stato di Perugia, che ha sostenuto la legittimità dell’operato dell’amministrazione, il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Interno per gli accertamenti medico legali; ha pertanto concluso nel seguente modo: “Voglia il signor Pretore dichiarare le carenza di legittimazione passiva del Ministero dell’Interno relativamente alle domande attinenti all’accertamento dei requisiti medico-legali, stante quella del Ministero del Tesoro; rigettare perché infondata la domanda di accertamento medico-legale; dichiarare inammissibile ed improponibile e comunque rigettare ogni avversa e confermare il decreto ingiuntivo opposto con vittoria di spese”.

In corso di causa sono stati escussi dei testi ed all’udienza del 18/09/2003 questo Giudice si è riservato sull’eccezione di incostituzionalità della normativa applicabile già sollevata nel ricorso introduttivo e specificata nei successivi altri scritti. Con ordinanza riservata si è dichiarata non manifestamente infondata la questione di costituzionalità e la Corte con decisione n° 264/2004 non ha accolto l’eccezione. Indi alla odierna udienza la controversia è stata discussa e decisa come dal dispositivo letto in udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Sulla complessa vicenda di cui è causa, ovvero sull’indebito per le prestazioni di invalidità civile, questo Giudice si è già pronunciato in passato[1], con la seguente motivazione in diritto: “Il problema posto dall’attore è molto semplice: ripetizione di indebito delle somme percepite dalla data dell’accertamento sanitario, di revoca delle prestazioni per invalidi civili, alla data di sospensione dell’erogazione.

Si applica alla fattispecie l’art. 4, comma 3 ter e nonies, del decreto legge 20 giugno 1996, n. 323, convertito in legge 8 agosto 1996, n. 425 e art. 37 della legge 23/12/1998, n. 448. Cioè in caso di accertata insussistenza dei requisiti sanitari le prestazioni assistenziali in godimento sono revocate a decorrere dalla data della visita di verifica, e non, come in precedenza, con la restituzione di quanto indebitamente percepito nell’anno precedente la visita di revisione.

Questo nuovo quadro normativo, del resto già ritenuto non incostituzionale da Corte Costituzionale 23 ottobre 2000, n. 448, deve trovare piena applicazione.

Il lasso di tempo (pochi mesi) tra la data di verifica e la sospensione della prestazione è senza subbio comportamento non corretto da parte dell’amministrazione, poiché la norma (art. 37, comma 8, legge 448/1998) parla di sospensione immediata e revoca entro i successivi 90 giorni, a decorrere dalla data della visita di verifica.

Tuttavia trattandosi di una sospensione antecedente la vigenza della surrichiamata normativa, il tempo di pochi mesi può ritenersi congruo; tenendo presente per il futuro che la “immediatezza” è stata parametro di esclusione dell’incostituzionalità della normativa – cfr. Corte Costituzionale 448/2000, cit. –“.

§§§§§§

Nel caso in odierno giudizio la visita di verifica è dell’8/02/1994 e la revoca della provvidenza è del marzo 1996, quindi il lungo lasso di tempo ha fatto ritenere non manifestamente infondata la questione di incostituzionalità nei seguenti termini: “La ricorrente *** *** era titolare di indennità di accompagnamento che le è stata revocata con decorrenza 08/02/1994. L’amministrazione ha sospeso l’erogazione del beneficio nel marzo 1996 con notifica del 30/09/1996 ed ha recuperato con decreto ingiuntivo (opposto dalla *** ***) le somme indebitamente riscosse a partire dall’ultimo anno precedente la verifica delle condizioni sanitarie (cioè dall’8-2-1993 al 28-2-1996) per lire 26.720.370.

All’odierna udienza la difesa della *** *** ha sollevato questione di costituzionalità: “A parere di questa difesa è, pertanto, palese la incostituzionalità, per violazione dell’art. 3 e 38 Cost., dei commi 260 e 261 L. 662/1996 là ove essi non prevedono che il loro regime sia applicabile a tutti i casi di indebito previdenziale. In alternativa, la violazione dei medesimi principi costituzionali là ove il comma 3 – ter dell’art. 4 L. 20/06/1996 n° 323 e del comma 8 dell’art. 37 L. 23/12/1998 n° 448 non prevedono la stessa esclusione di ripetibilità prevista dai sopra richiamati commi 260 e 261 per limiti di reddito, in riferimento agli indebiti previdenziali avvenuti prima della data del gennaio 1996” (cfr. verbale di udienza del 18/09/2003).

La questione di costituzionalità è rilevante e non manifestamente infondata.

E’ rilevante poiché *** *** in base all’art. 37, comma 8, L. 448/ del 1998 deve restituire le somme indebitamente percepite dalla data della visita di verifica (08/02/1994) e non da un anno prima come ritiene l’amministrazione, nonostante la revoca delle provvidenze sia avvenuta solo nel marzo 1996 (cfr. provvedimento dell’11/10/1996 prot. N° 52474, Prefettura di Terni, doc. n° 10 del fascicolo del Ministero dell’Interno).

La ricorrente ha inoltre provato la insussistenza del dolo, quindi la buona fede ed i limiti di reddito (cfr. prove testimoniali e documentali) per poter beneficiare delle disposizioni di favore dell’indebito previdenziale, non applicabile a quello assistenziale.

***

Su questi aspetti dell’indebito previdenziale è necessaria una breve analisi della normativa anche storica.

La tutela dei soggetti protetti dal sistema di previdenza ed assistenza dal rischio di dover restituire all’Ente Previdenziale somme indebitamente percette, ricevute in buona fede e sulla base di un provvedimento dell’Ente, è risalente nel tempo. Già l’art. 80 RDL n° 1422 del 1924 disponeva che le rettifiche di eventuali errori nella determinazione degli importi di pensioni liquidate “che non sono dovuti a dolo dell’interessato, non hanno effetto nei pagamenti già effettuati”.

Per le prestazioni pensionistiche del Pubblico Impiego disponeva analogamente l’art. 206 del DPR n° 1092 del 1973.

L’esigenza e la ragione, di una differenza di disciplina con il principio generale di cui all’art. 2033 CC, è quella di esentare il beneficiario, delle prestazioni di previdenza, da oneri restitutori che ben difficilmente potrebbe affrontare, stante la istituzionale, naturale destinazione al consumo ed alla soddisfazione di esigenze elementari di vita delle somme percepite.

Nel 1989 con la Legge del 9 Marzo n. 88, nell’art.52 si prevedeva l’irripetibilità delle prestazioni indebite non dovute a dolo; con l’art.13 della Legge 30 Dicembre 1991, n.412, definita d’interpretazione autentica[2] si è adottato un criterio più restrittivo ovvero l’irripetibilità degli indebiti INPS opera solo in relazione alle somme corrisposte in base a provvedimento formale e definitivo, comunicato all’interessato, viziato da errore imputabile all’Ente.

Da ultimo (art.1, 260° comma e ss.della Legge 662/1226) per periodi antecedenti al 1° gennaio 1996, non si fa luogo a recupero dell’indebito a condizione che i percettori siano titolari di un reddito pari od inferiore a £ 16.000.000; se il reddito è superiore non si fa luogo a recupero dell’indebito nei limiti di un quarto dell’importo.

***

Relativamente all’indebito per le prestazioni per invalidità civile disponeva l’art.11, comma 4, della Legge 24/12/93,n.537, secondo cui l’accertata insussistenza dei requisiti prescritti per il godimento di pensioni, assegni ed indennità in favore dei percettori di prestazioni di invalidità civile, cecità civile e sordomutismo, comporta la restituzione di quanto indebitamente percepito, nell’anno precedente la visita di revisione (norma poi abrogata dall’art.4 comma 3 nonies del D.L. 20 Giugno 1996 n.323, convertito in legge 8 Agosto 1996, n. 425).

Con l’art.4, comma 3-ter del decreto legge 1996 n.323 si prevedeva che:” In caso di accertata insussistenza dei requisiti sanitari, la Direzione generale di cui al comma 1 provvede, entro novanta giorni dalla data della visita di verifica o degli ulteriori accertamenti che si rendessero necessari, alla revoca delle provvidenze in godimento a decorrere dalla data della visita di verifica”.

Con l’art. 37, comma 8, della legge 23 dicembre 1998, n. 448[3], si è ulteriormente specificato il regime dell’indebito, per le prestazioni in oggetto: “In caso di accertata insussistenza dei requisiti sanitari, il ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica dispone l’immediata sospensione dell’erogazione del beneficio in godimento e provvede, entro i novanta giorni successivi, alla revoca delle provvidenze economiche a decorrere dalla data della visita di verifica”.

***

Questo complesso quadro normativo è stato già sottoposto a giudizio di costituzionalità con l’ordinanza n. 448 23.10-27.10-2000 nei seguenti termini:” che tale disciplina ( di cui la giurisprudenza di legittimità, con riferimento già alla prima citata modifica normativa del 1996, ha ritenuto l’applicabilità retroattiva anche alle situazioni non ancora definite di indebita erogazione di prestazioni assistenziali) si avvicina a quella relativa all’indebito previdenziale, sia transitoria che a regime, censurata dai giudici rimettenti nella parte in cui non si applica anche alle somme indebitamente percepite a titolo di assegno di invalidità civile e di indennità di accompagnamento, ed è parimenti diretta ad approntare una tutela idonea, come tale rispettosa dell’art.38, primo comma Cost. in favore di chi prima della visita di verifica abbia in buona fede percepito le prestazioni erogate, senza che sussista la necessità di un’assoluta identità di regolamentazione, in ragione della peculiarità dell’accertamento dell’insussistenza del requisito sanitario che giustifica, anche con riferimento al principio di uguaglianza,una normativa specifica (cfr. sentenza n. 382 del 1996), che in particolare poi le previsioni dell’art.1, commi 260-265 della legge 23 dicembre 1996, n.662, che hanno tra l’altro introdotto una soglia reddituale per scriminare la ripetibilità delle prestazioni previdenziali indebite, hanno carattere transitorio applicandosi solo ai periodi ( e quindi agli indebiti previdenziali) anteriori al 1° gennaio 1996 e pertanto, per loro marcata specialità, non sono idonee ad essere estese al di la’ delle fattispecie per le quali sono previste; che pertanto le sollevate questioni di legittimità costituzionale risultano essere manifestamente infondate”.

In sostanza il ragionamento della Corte Costituzionale per escludere l’incostituzionalità dell’art.37, comma 8, della legge 448 del 1998 ha due presupposti interpretativi semplici,ovvero:

che la disciplina ( anche del procedimento amministrativo di immediata sospensione dell’erogazione del beneficio e della revoca entro novanta giorni dalla prestazione) sia applicabile anche retroattivamente;

che la sospensione immediata e la revoca nel breve lasso di tempo di novanta giorni dalla sospensione fa venire meno la disparità di trattamento con la generale disciplina dell’indebito previdenziale, e rispetta l’art.38, primo comma della Costituzione.

L’assetto della materia, così come risulta in via indiretta dall’ordinanza della Corte Costituzionale n.448/2000 è ragionevole, ma il diritto vivente, rappresentato da numerose pronunce del giudice di legittimità[4], successive peraltro all’ordinanza suddetta, non ritiene applicabile retroattivamente la disposizione dell’art.37, comma 8,legge 448/1998, anche relativamente alla mancata immediata sospensione e risultano, di conseguenza, ripetibili tutte le somme corrisposte dopo la visita di revisione, a prescindere dalla immediata sospensione[5]; in pratica si può verificare un indebito di anni percepito in buona fede dal beneficiario e non sospeso per “colpa” dell’amministrazione.

Pertanto, come nel caso oggetto del presente giudizio, si può arrivare a richiedere indebiti di anni con una evidente disparità di trattamento tra i soggetti beneficiari di prestazioni d’invalidità civile e gli altri soggetti che ( in situazione analoga) beneficiano dell’art.52 legge n.88 del 1989 e dell’art.13 della legge 30 dicembre 1991, n.412, nonché, anche se per limiti temporali specifici, delle disposizioni dell’art.1, commi 260 e ss. della legge 662/1996. Si violano così palesemente i principi costituzionali di eguaglianza (art. 3) e di assistenza sociale di cui all’art. 38, comma 1, della costituzione, nonché di ragionevolezza.

In pratica i profili di illegittimità della normativa, già denunciati dal Tribunale di La Spezia con ordinanza del 5 luglio 1999 e dal Tribunale di Potenza con ordinanza del 5 Aprile 2000, e ritenuti manifestamente infondati dalla Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 448/2000, riemergono con rinnovata vitalità dalla interpretazione costante ed uniforme della Cassazione ( diritto vivente) che non consente una diversa interpretazione ( adeguatrice, ovvero conforme a costituzione) del giudice di merito. Ovvero se non ci fossero le decisioni suddette, che costituiscono diritto vivente, cioè il vero concreto contenuto della norma, sarebbe anche possibile una diversa interpretazione.

P.Q.M.

Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 37, comma 8, della legge 23.12.1998 n.448 in relazione agli artt. 3, e 38, comma primo, della Costituzione nella parte in cui non prevede la non ripetibilità delle somme indebitamente percepite prima della sospensione dell’erogazione; dichiara, altresì rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art.1, comma 260, della legge 23.12.96 n,662 nonché dell’art.52, comma 2, della legge 9 marzo 1989, n.88 nella parte in cui non prevedono l’irripetibilità delle somme indebitamente percepite a titolo d’indennità di accompagnamento, alle stesse condizioni degli altri indebiti, in relazione agli artt. 3 e 38, comma 1, della Cost.;

ordina la trasmissione degli atti alla Suprema Corte Costituzionale;

dichiara sospeso il procedimento;

ordina la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e la comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento della Repubblica;

manda alla Cancelleria per gli adempimenti”.

§§§§§§

La Corte Costituzionale con ordinanza del 22 luglio 2004 ha così deciso. “La Corte Costituzionale dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 8, della legge 23/12/1998, n° 448 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge Finanziaria 2002), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Terni con l’ordinanza indicata in epigrafe;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art.1, comma 260, della Legge 23/12/1996, n° 662 (misure di razionalizzazione della finanza pubblica), e dell’art. 52, comma 2, della legge 09/03/1989, n° 88 (ristrutturazione dell’INPS e dell’INAIL), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Terni con l’ordinanza indicata in epigrafe”.

§§§§§

Orbene a giudizio della Corte non vi è incostituzionalità, ma stranamente la Corte Costituzionale ritiene non pacifica l’applicazione della nuova normativa e non motivata, nell’ordinanza di rimessione, la sua applicabilità al giudizio di merito. Ciò è sicuramente inesatto poiché la giurisprudenza della Cassazione[6], che costituisce il cosiddetto diritto vivente, ha sempre ritenuto applicabile agli indebiti precedenti (in accertamento giudiziario) cioè non definiti, la nuova normativa più favorevole. Ciò è stato già riconosciuto dalla stessa Corte Costituzionale nell’ordinanza n° 448 del 2000 nei seguenti termini: “Che pertanto si è transitati dalla più restrittiva disciplina di cui all’art. 11, comma 4, della citata legge n° 537 del 1993, che prevedeva la possibilità della ripetizione delle prestazioni indebitamente erogate nell’anno precedente la data dell’accertamento della mancanza dei requisiti sanitari, alla regolamentazione più favorevole per l’assistito posta dall’art. 37, comma 8, della Legge n° 448 del 1998, che fa retroagire la revoca delle provvidenze economiche, della cui erogazione è comunque prevista la sospensione, solo alla data della visita di verifica, sicchè non sono ripetibili le prestazioni percepite prima di tale data, senza che peraltro la successiva percezione indebita, che pone il problema della ripetibilità, possa protrarsi eccessivamente nel tempo, atteso che la sospensione dell’erogazione deve essere immediata e che il provvedimento di revoca deve intervenire nel breve lasso di tempo di 90 giorni dalla sospensione; che tale disciplina (di cui la giurisprudenza di legittimità, con riferimento già alla prima citata modifica normativa del 1996, ha ritenuto l’applicabilità retroattiva anche alle situazioni non ancora definite di indebita erogazione di prestazioni assistenziali) si avvicina a quella relativa all’indebito previdenziale”.

Conseguentemente, condividendosi pienamente la giurisprudenza della Cassazione (sopracitata) deve decidersi nel merito la controversia dichiarando irripetibili le somme antecedenti (di un anno) alla visita di verifica, e ripetibili le somme successive alla visita di verifica dell’8/02/1994 (in applicazione della legge n° 425 del 1996 di conversione del D.L. 323 del 1996 che abrogava con l’art. 4, l’art. 11, comma 4, della Legge n° 537 del 1993 stabilendo che la revoca delle provvidenze a favore degli invalidi civili ha effetto a decorrere dalla data della visita medica di verifica dell’insussistenza dei requisiti sanitari e, quindi, non più dall’anno precedente).

In considerazione del parziale accoglimento dell’opposizione e della complessità della materia del contendere sussistono giusti motivi per la compensazione totale delle spese.

P.Q.M.

IL GIUDICE

visti gli artt. 429 – 431 C.P.C. definitivamente pronunciando sulla domanda come sopra proposta con ricorso depositato il 02/11/1998 così provvede:

accoglie parzialmente l’opposizione e dichiara ripetibili solo le somme successive alla visita di verifica dell’8/02/1994 e conseguentemente irripetibili le somme antecedenti dall’8/02/1993 all’8/02/1994;

spese compensate.

Terni, lì 16/12/2004.

IL CANCELLIERE IL GIUDICE

(Angelo Matteo Socci)

Depositata in Cancelleria il

IL CANCELLIERE

Note:
[1] Cfr. Sent. n° 472/2002 e Sent. 473/2002, Tribunale di Terni, Giudice Socci

[2] Cfr. però la sentenza della corte costituzionale 28 Gennaio-1 Febbraio 1993, n.39 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.13 comma primo, nella parte in cui è applicabile anche ai rapporti sorti precedentemente alla data della sua entrata in vigore o comunque pendenti alla stessa data.

[3] Applicabile anche agli indebiti di data anteriore, come ritenuto dalla Cassazione, già per le norme del Decreto Legge 20 giugno 1996 n.323, art.4, comma 3, ter, cfr. Cass.3/3/2000; cfr.inoltre per materie analoghe Corte Cost.28 gennaio-1° febbraio 1993, n.39

[4] cfr. Cass. 14.10.2002, n.14590:”In tema di revoca dei benefici assistenziali agli invalidi civili, ai sensi dell’art.4, comma terzo bis della legge 425/96 ( applicabile alla fattispecie “ ratione temporis”),essa produce i suoi effetti ( tra cui la ripetizione delle prestazioni indebite) “ dalla data della visita di verifica”; la mancata immediata sospensione delle prestazioni, con conseguente formazione dell’indebito, non implica che la revoca operi da data successiva a quella della visita, e in particolare dalla data di comunicazione della revoca, perché non prevista; pertanto, devono essere restituiti tutti i ratei maturati dopo la visita di verifica”; Cass. 26/4/2002, n.6091 :” Con riferimento alla revoca delle prestazioni assistenziali in favore degli invalidi civili, alla stregua della disciplina via via succedutasi nel tempo a partire dall’art.11, quarto comma, legge n,537 del 1993 ( art.4, comma terzo.- ter, D.L. n.323 del 1996, convertito in legge n.425 del 1996, art.37, ottavo comma, legge n.448 del 1998) – disciplina alla quale rimane estranea la disposizione meramente “ regolamentare” dettata dall’art.5, quinto comma, D.P.R. n.698 del 1994 avente ad oggetto l’articolazione del relativo procedimento-, deve ritenersi che la ripetizione delle prestazioni previdenziali indebitamente erogate operi dalla data di accertamento amministrativo dell’inesistenza dei requisiti sanitari, senza che possa rilevare-in mancanza di una norma che disponga in tal senso – il mancato rispetto, da parte dell’amministrazione, dell’obbligo di sospendere i pagamenti e di emanare il formale provvedimento di revoca entro termini prefissati”; Cass. 24/12/2002, n.18299: “In tema di revoca delle prestazioni assistenziali in favore degli invalidi civili, l’art. 4 della legge 425 del 1996, nel disciplinare compiutamente la materia delle verifiche sanitarie, stabilendo il termine unico di novanta giorni dalla data della verifica per la revoca delle provvidenze economiche a decorrere dalla data della visita di verifica e abrogando espressamente la disciplina di cui al comma quarto art. 11 della legge 537del 1993, ha fatto venir meno il fondamento legislativo della norma regolamentare di cui all’art 5 comma quinto del DPR 698/1994 relativa alla sospensione cautelativa dei pagamenti. Ne consegue che, essendo meramente ordinatorio, in mancanza di qualunque specificazione in merito, il termine di novanta giorni per l’emanazione del provvedimento di revoca, legittimamente l’amministrazione fa valere la pretesa restitutoria, per le somme indebitamente erogate, a 2decorrere dalla data della visita di verifica”.

[5] cfr.sentenze citate nella nota precedente

[6] Cfr. Cass 3 marzo 2000, n° 2433: “Il principio dell’irretroattività della legge comporta che la legge nuova non possa essere applicata, oltre che ai rapporti giuridici esauriti prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita se, in tal modo, si disconoscano gli effetti già verificatisi del fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali e future di esso. Lo stesso principio comporta, invece, che la legge nuova possa essere applicata ai fatti, agli status e alle situazioni esistenti e sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorché conseguenti ad un fatto passato, quando essi, ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione in se stessi, prescindendosi totalmente dal collegamento con il fatto che li ha generati, in modo che resti escluso che, attraverso tale applicazione, sia modificata la disciplina giuridica del fatto generatore. (In base al suddetto principio la Suprema Corte ha confermato la sentenza impugnata che, in una fattispecie relativa alla ripetizione dei ratei dell’indennità di accompagnamento indebitamente versati, aveva ritenuto di attribuire valore retroattivo all’art. 4, commi 3° ter e 3° nonies, del D.L. n° 323 del 1996, convertito nella Legge n° 425 del 1996, che hanno abrogato l’art. 11, comma 4°, della Legge n° 537 del 1993 stabilendo che la revoca delle provvidenze a favore degli invalidi civili ha effetto a decorrere dalla data della visita medica di verifica dell’insussistenza dei requisiti sanitari e, quindi, non più dall’anno precedente la data dell’accertamento in sede amministrativa dell’insussistenza dei requisiti stessi”; Cass. 28 settembre 2002, n° 14073: “Il principio della irretroattività della legge comporta che la legge nuova non possa essere applicata, oltre che ai rapporti giuridici esauriti prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita se, in tal modo, si disconoscano gli effetti già verificatisi del fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali e future di esso. Lo stesso principio comporta, invece, che la legge nuova possa essere applicata ai fatti, agli status ed alle situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorché conseguenti ad un fatto passato, quanto essi, ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione in sé sessi, prescindendosi totalmente dal collegamento con il fatto che li ha generati, in modo che resti escluso che, attraverso tale applicazione, sia modificata la disciplina giuridica del fatto generatore. In materia previdenziale, in particolare, nel caso in cui si verifichi una successione di leggi, la nuova legge, mentre non può incidere negativamente sul fatto generatore del diritto alla prestazione previdenziale, le cui condizioni di esistenza restano definitivamente regolate dalle legge abrogata, può legittimamente disciplinare gli effetti giuridici che derivano dal predetto fatto generatore, in quanto danno luogo a situazioni che si protraggono nel tempo successivo alla sua entrata in vigore (nella specie la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto legittima la sospensione della erogazione della pensione di invalidità disposta dell’ENFAP, nei confronti di un pensionato che svolgeva l’attività di informatore scientifico, in applicazione del D.M. 15/11/1994, che, modificando l’art. 14 del D.M. 24/02/1992, ha subordinato, a decorrere dal 1995, la corresponsione della pensione stessa alla cessazione di qualsiasi attività lavorativa, autonoma o subordinata, da parte dell’iscritto); Cfr. anche Cass. S.U. n° 2926 del 1967: “Il principio dell’irretroattività della legge comporta che la legge nuova non possa essere applicata, oltre che ai rapporti giuridici esauriti prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita se in tal modo si disconoscano gli effetti già verificatisi del fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali e future di esso. Lo stesso principio comporta, invece, che la legge nuova possa essere applicata ai fatti, agli status e alle situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorché conseguenti ad un fatto passato, quanto essi ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione in sé stessi prescindendosi completamente dal collegamento con il fatto che li ha generati in modo che resti escluso che attraverso tale applicazione sia modificata la disciplina giuridica del fatto generatore”.

Redazione

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