Trattamento fiscale trust americano beneficiario in Italia

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L’Agenzia delle Entrate, Divisione Contribuenti/Direzione Centrale Persone fisiche, lavoratori autonomi ed enti non commerciali, lavoratori autonomi ed enti non commerciali, con la risposta n. 309/2023, ha fornito delucidazioni in merito al trattamento fiscale delle attribuzioni a beneficiario residente in Italia da parte di un complex–trust americano.
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Agenzia delle Entrate -risposta n. 309/2023

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Indice

1. La disciplina del Trust


L’istituto del trust ha trovato ingresso nell’ordinamento interno con la ratifica della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, ad opera della legge 16 ottobre 1989, n. 364[1], entrata in vigore il 1° gennaio 1992.
Si tratta di un istituto che si sostanzia in un rapporto giuridico fiduciario attraverso il quale un soggetto definito disponente (o settlor) con un negozio unilaterale, cui di solito fanno seguito uno o più atti dispositivi, trasferisce ad un soggetto diverso, definito “trustee”, beni, di qualsiasi natura, affinché quest’ultimo li amministri e gestisca, alla stregua di quanto disposto nell’atto istitutivo del trust per il raggiungimento delle finalità individuate dallo stesso disponente.
Nell’ordinamento italiano, con la legge 27 dicembre 2006, n. 296[2], è stato modificato l’art. 73[3] del TUIR provvedendo all’inserimento del trust tra i soggetti passivi IRES, all’introduzione di specifici criteri per la determinazione della residenza del trust, nonché all’individuazione di criteri necessari a discernere, ai fini delle imposte dirette, del trust con “beneficiari individuati” (c.d. “trust trasparente”), da quello senza beneficiari individuati (cosiddetto ”trust opaco”). In merito all’individuazione del regime fiscale applicabile al reddito, sulla scorta di quanto previsto dall’ultimo periodo del co. 2 dell’art. 73 TUIR, si distinguono due diverse tipologie di trust: a) “trust trasparente” ossia trust con beneficiario di reddito “individuato”, dove la tassazione del reddito grava sul beneficiario; b) “trust opaco” ovvero trust senza beneficiario individuato, dove la tassazione del reddito grava sul Trust quale soggetto passivo IRES. 

2. La normativa di riferimento – Art. 44 comma 1, lett. g–sexies TUIR -.


L’art. 44 (rubricato Redditi di capitale), comma 1, lett. g–sexies del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), testualmente,  dispone che: 1. Sono redditi di capitale: … i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti, nonché i redditi corrisposti a residenti italiani da trust e istituti aventi analogo contenuto, stabiliti in Stati e territori che con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47 bis, anche qualora i percipienti residenti non possano essere considerati beneficiari individuati ai sensi dell’articolo 73…”


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3. Il caso di specie


Nella vicenda in scrutinio la ricorrente all’Agenzia delle Entrate, residente in Italia, è indicata tra i beneficiari di un “Trust”. L’istante rappresenta che i Trustee sono due persone fisiche, entrambe residenti negli USA e che sulla scorta dell’atto costitutivo i medesimi Trustee hanno il potere inderogabile di porre in essere pagamenti nonché trasferimenti, di appropriarsi e/o utilizzare il fondo del Trust a giovamento di alcuni o tutti i membri, disponendo attribuzioni nel modo e nella misura che «Trustee ritengano in via generale opportuna».
Attraverso modifica dell’atto costitutivo è stato disposto che in presenza di più trustee «ciascun Trustee può firmare qualsiasi documento per conto del Trust, in modo da determinare una decisione dei fiduciari, e tale firma  sarà, pertanto, vincolante per  il Trust come se tutti i Trustees avessero firmato quel documento».
Il patrimonio e il reddito del Trust devono essere detenuti fino al termine finale di quest’ultimo nell’ interesse della beneficiaria e, qualora quest’ultima deceda prima del termine finale del Trust, in favore e nell’interesse dei suoi discendenti per legge. Il Trust svolge attività di gestione finanziaria per conto dei beneficiari. Nello specifico, il Trust compie operazioni di compravendita di titoli a breve (short term) ed a lungo termine (long term transaction), riportando un elenco di proceeds (ossia proventi da transazioni finanziarie), soggette a tassazione USA ed eventualmente  distribuite. È il medesimo Trust a gestire l’attività finanziaria affidandosi per gli investimenti ad un advisor americano. I proventi del Trust sono da ricondurre a dividendi, plusvalenze  finanziarie e interessi mentre le spese che vengono detratte dai suddetti indici positivi sono quelli inerenti le attività professionali, di assistenza dei Trustee.
La ricorrente all’Amministrazione Finanziaria espone che, sulla scorta della legislazione fiscale americana, il trust presenta le caratteristiche di un “complex” trust, in seno al quale i trustee giovano del potere discrezionale di: – distribuire una quota di reddito del trust (solo ai beneficiari nonché ad enti caritatevoli); – non effettuare alcuna distribuzione.
La distribuzione dei proventi periodici ad opera di un complex trust americano soggiace ad una tassazione gravante sul beneficiario e, qualora quest’ultimo fosse cittadino non americano, l’Amministrazione Finanziaria statunitense applica una ritenuta in uscita.
Nel caso de quo, la ricorrente, residente in Italia, soggiace, in ottemperanza della Convenzione contro le doppie impostazioni Italia/USA[4],  alla ritenuta prevista dall’art. 10[5] del medesimo trattato, che delinea l’applicazione alla misura del 15% inerente all’ammontare lordo.
L’istante investe l’AE chiedendo se il Trust possa essere qualificato come opaco o trasparente e, conseguenzialmente, il trattamento fiscale, con riferimento alle imposte dirette nonché delle attribuzioni già ricevute e che riceverà.

4. Il ragionamento normativo dell’AE


In merito alla soggezione fiscale dei redditi derivanti da trust in favore dei beneficiari, l’art. 44, co. 1, lett. g­sexies), del TUIR dispone, come richiamato al par. 1, che sono redditi da capitale “i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti, nonché i redditi corrisposti a residenti italiani da trust e istituti aventi analogo contenuto, stabiliti in Stati e territori che con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’articolo 47 bis, anche qualora i percipienti residenti non possano essere considerati beneficiari individuati ai sensi dell’articolo 73”.
Sicché, se il trust opaco è disciplinato in uno Stato o territorio che, in relazione ai redditi ivi prodotti, in relazione ai proventi ivi realizzati, determina una pressione fiscale minore alla metà di quello applicabile in Italia.         
In dette circostanze, invero, alla pressione fiscale minore gravante sul trust estero è correlata, ad ogni modo, l’imposizione gravante sul beneficiario residente per le attribuzioni da parte del trust.
Le attribuzioni al beneficiario residente soggiacciono a tassazioni in Italia sulla scorta del criterio di cassa che disciplina la tassazione dei redditi di capitale, contrariamente alle attribuzioni di trust trasparenti per le quali vige il principio di imputazione.
Le suddette disposizioni vengono applicate alla molteplicità di trust opachi esteri stabiliti in Stati nonché territori considerati fiscalmente privilegiati così come disposto dall’art. 47 bis[6] del TUIR. Invero, la norma in scrutinio dispone chiaramente che gli Stati esteri, sono considerati o meno a fiscalità privilegiata con espresso richiamo al trattamento dei redditi maturati dal trust ivi residente.
Ciò che assume rilievo in merito all’applicazione della lett. g-sexies è il trattamento fiscale del Trust. Ne deriva che il reddito di un trust “opaco” in beneficio di un cittadino italiano è considerato, sempre, imponibile in Italia. Giova sempre tener conto di eventuali regimi speciali applicabili al trust che, sebbene non incidendo in modo diretto sull’aliquota, prevedano esenzioni o riduzioni. In tali casi occorre commisurare il livello nominale di tassazione del reddito prodotto dal trust nel regime fiscale dove il trust è stabilito, al momento della produzione del reddito, con l’aliquota Ires in vigore nel medesimo periodo d’imposta, indipendentemente dalla natura commerciale o meno del trust.
Viste le peculiarità del trust, generalmente, i criteri di collegamento al territorio dello Stato, sono la sede dell’amministrazione e l’oggetto principale (art. 73 TUIR). La sede dell’amministrazione è utile per i trust che giovano di apposita struttura organizzativa. In mancanza, la sede dell’amministrazione sarà coincidente con il domicilio fiscale del trustee.
Con riferimento all’ammontare dei redditi di capitale da sottoporre a tassazione in capo al beneficiario residente, l’art. 45, co. quater dispone che: “Qualora in relazione alle attribuzioni di trust esteri, nonché di istituti aventi analogo contenuto, a beneficiari residenti in Italia, non sia possibile distinguere tra redditi e patrimonio, l’intero ammontare percepito costituisce reddito”.
La suddetta disposizione prescrive una presunzione relativa con lo scopo di assicurare l’imposizione anche laddove il beneficiario della attribuzione eseguita dal trust opaco estero stabilito in giurisdizioni a fiscalità privilegiata non riceva dal trustee elementi idonei a circoscrivere la quota imponibile della medesima.
Sotto il profilo sistematico, le attribuzioni ad opera di trust opachi esteri a beneficiari residenti non danno luogo a tassazione in capo agli stessi. Sicché, l’intero percepito costituisce reddito di capitale per il beneficiario residente in Italia qualora non emerga, da apposita documentazione contabile ed extracontabile (es. rendicontazioni bancarie) del trustee, la differenza tra patrimonio e reddito. A tal proposito, il trustee deve possedere una contabilità analitica che suddivida la quota ascrivibile a valore dei beni di un trust al momento del conferimento iniziale, al netto di eventuali attribuzioni di patrimonio erogate in favore dei beneficiari, dalla parte ascrivibile ai redditi compiuti di anno in anno, il tutto, al netto, di attribuzioni, eventuali, in favore dei beneficiari.
Con riferimento al caso de quo, sulla scorta di quanto descritto, il Trust svolgendo, solamente, attività di natura finanziaria e producendo redditi della stessa natura ha caratteristiche di ente non commerciale. L’istante ha chiarito che “il reddito del trust viene assoggettato ad aliquota nominale del 29% circa” e che questo dato si ricava tenendo conto del “peso percentuale delle imposte pagate nel 2019”.
Sul presupposto che la distribuzione avvenuta del 2020 in favore dell’Istante e abbia ad oggetto i redditi prodotti dal Trust nel 2019, si evince che la stessa distribuzione non trovi applicazione in seno all’art. 44, co. 1, lett. g-sexies del TUIR. In relazione alle distribuzioni future in favore dell’Istante, qualora restino immutate le circostanze normative, si evidenzia che è onere del contribuente determinare la tassazione nominale del Trust al momento della produzione del reddito, con la finalità di verificare se il Trust possa essere o meno stabilito in un Paese a fiscalità privilegiata, sulla scorta di quanto prevista dall’art. 47 bis del Tuir.

Volume consigliato

  1. [1]

    LEGGE 16 ottobre 1989, n. 364  – Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adottata a L’Aja il 1° luglio 1985 –

  2. [2]

    LEGGE 27 dicembre 2006, n. 296 – Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) –

  3. [3]

    Art. 73 (Soggetti passivi)  -TUIR – Testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917) testualmente dispone che: 1. Sono soggetti all’imposta sul reddito delle società: a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato; b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali; c) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato; d) le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.
    2. Tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lettere b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto dell’imposta si verifica in modo unitario e autonomo. Tra le società e gli enti di cui alla lettera d) del comma 1 sono comprese anche le società e le associazioni indicate nell’articolo 5. Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali.
    3. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato. Si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato gli organismi di investimento collettivo del risparmio istituiti in Italia e, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168 bis, in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello Stato i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168 bis, quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi.
    4. L’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.
    5. In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente è determinato in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti.
    5-bis. Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa: a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma , del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato; b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.
    5-ter. Ai fini della verifica della sussistenza del controllo di cui al comma 5-bis, rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. Ai medesimi fini, per le persone fisiche si tiene conto anche dei voti spettanti ai familiari di cui all’articolo 5, comma 5.
    5-quater. Salvo prova contraria, si considerano residenti nel territorio dello Stato le società o enti il cui patrimonio sia investito in misura prevalente in quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio immobiliari, e siano controllati direttamente o indirettamente, per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, da soggetti residenti in Italia. Il controllo è individuato ai sensi dell’articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile, anche per partecipazioni possedute da soggetti diversi dalle società.
    5-quinquies. I redditi degli organismi di investimento collettivo del risparmio istituiti in Italia, diversi dagli organismi di investimento collettivo del risparmio immobiliari, e di quelli con sede in Lussemburgo, già autorizzati al collocamento nel territorio dello Stato, di cui all’articolo 11-bis del decreto-legge 30 settembre 1983, n. 512, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1983, n. 649, e successive modificazioni, sono esenti dalle imposte sui redditi purché il fondo o il soggetto incaricato della gestione sia sottoposto a forme di vigilanza prudenziale. Le ritenute operate sui redditi di capitale sono a titolo definitivo. Non si applicano le ritenute previste dai commi 2 e 3 dell’articolo 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e successive modificazioni, sugli interessi ed altri proventi dei conti correnti e depositi bancari, e le ritenute previste dai commi 3-bis e 5 del medesimo articolo 26 e dall’articolo 26-quinquies del predetto decreto nonché dall’articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77, e successive modificazioni.

  4. [4]

    LEGGE 3 marzo 2009, n. 20 – Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo degli Stati Uniti d’America per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi o le evasioni fiscali, con protocollo e verbale d’intesa, fatta a Washington il 25 agosto 1999, con scambio di note effettuato a Roma il 10 aprile 2006 e il 27 febbraio 2007 -.

  5. [5]

    Art. 10 (dividendi) L.n. 20/2009.

  6. [6]

    Art. 47 bis(Disposizioni in materia di regimi fiscali privilegiati) del TUIR: “1. I regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, si considerano privilegiati: a) nel caso in cui l’impresa o l’ente non residente o non localizzato in Italia sia sottoposto a controllo ai sensi dell’articolo 167 comma 2, da parte di un partecipante residente o localizzato in Italia, laddove si verifichi la condizione di cui al comma 4, lettera a), del medesimo articolo 167; b) in mancanza del requisito del controllo di cui alla lettera a), laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia. A tali fini, tuttavia, si tiene conto anche di regimi speciali che non siano applicabili strutturalmente alla generalità dei soggetti svolgenti analoga attività dell’impresa o dell’ente partecipato, che risultino fruibili soltanto in funzione delle specifiche caratteristiche soggettive o temporali del beneficiario e che, pur non incidendo direttamente sull’aliquota, prevedano esenzioni o altre riduzioni della base imponibile idonee a ridurre il prelievo nominale al di sotto del predetto limite e sempreché, nel caso in cui il regime speciale riguardi solo particolari aspetti dell’attività economica complessivamente svolta dal soggetto estero, l’attività ricompresa nell’ambito di applicazione del regime speciale risulti prevalente, in termini di ricavi ordinari, rispetto alle altre attività svolte dal citato soggetto. 2. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente testo unico che fanno riferimento ai regimi fiscali privilegiati di cui al comma 1, il soggetto residente o localizzato nel territorio dello Stato che detenga, direttamente o indirettamente, partecipazioni di un’impresa o altro ente, residente o localizzato in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui al comma 1, può dimostrare che: a) il soggetto non residente svolga un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali; b) dalle partecipazioni non consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al comma 1. 3. Ai fini del comma 2, il contribuente può interpellare l’amministrazione ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212.”

Avvocato Rosario Bello

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