Traffico di influenze illecite e deficit di determinatezza

Elisa Grossi 25/11/22
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    Indice

  1. Analisi della fattispecie
  2. Il reato di pericolo astratto. Incostituzionalità?
  3. Conclusioni

1. Analisi della fattispecie

L’art. 346 bis c.p denominato “Traffico di influenze illecite” è stato  introdotto con la legge 190/2012 con lo scopo di contrastare i fenomeni corruttivi che orbitano intorno alla Pubblica Amministrazione, per meglio dire, lo scopo del Legislatore è stato quello di punire quell’insieme di condotte prodromiche all’atto corruttivo vero e proprio; successivamente nel 2019 con la legge c.d “Spazzacorrotti” si è voluta ampliare la tutela della fattispecie esaminata facendovi confluire, nonché abrogando, la fattispecie del millantato credito.

La fattispecie in esame ha come scopo quello di tutelare i principi cardine della PA, ossia, il buon andamento e l’imparzialità nonché, alla luce dell’attuale formulazione, la loro tutela è c.d anticipata in quanto il reato esaminato è volto ad individuare e sanzionare tutte le condotte preparatorie; sarà necessario che vi siano almeno due soggetti, difatti, si tratta di un illecito plurisoggettivo o a concorso necessario; l’attività sanzionata è quella della mediazione del soggetto attivo che intende approfittare di relazioni esistenti o fittizie ( “vantando”) con un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio.

Si ritiene opportuno precisare come la fattispecie in esame delinea dei tratti tipici della corruzione ma che si differenza da questa proprio perché viene meno il patto corruttivo, difatti, l’istituto di cui all’art. 346 bis c.p presuppone che il mediatore si limiti ad interferire, ossia, che influenzi in qualche modo il campo di azione del soggetto pubblico, in tal senso, giova ricordare che la condotta potrà essere caratterizzata dalla mediazione c.d onerosa, in tal caso, l’intermediario chiederà o si farà promettere denaro od altra utilità o potrà verificarsi una mediazione c.d gratuita quando l’intermediario riceve il denaro o la promessa di questo o altra utilità per ricompensare il pubblico ufficiale.

Di difficile interpretazione e configurazione, difatti, risulta essere proprio la condotta illecita della mediazione (nello specifico quella onerosa) o meglio quando tale condotta sia al limite tra il lecito e illecito, si pensi, al mediatore che si relaziona con il pubblico ufficiale affinché questo scelga tra tutte le opzioni possibili e lecite quella che convenga maggiormente al soggetto privato per il quale lavora, tale fenomeno prende il nome di lobbying, ossia, quell’attività lecita che i c.d gruppi di pressione svolgono per orientare le decisioni pubbliche inerenti i settori finanziari ed economici di cui sono rappresentanti, giova ricordare che non esiste una normativa all’interno del nostro ordinamento che pone limiti alla suddetta attività, quindi, la configurazione della fattispecie in esame sarà a libera discrezione del giudice; successivamente, qualora ci si trovasse di fronte ad un rapporto semplicemente vantato dal mediatore si ritiene venga meno l’istituto 346 bis c.p in quanto viene meno il rischio che il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio venga poi realmente contattato.

Meno nebulosità vi è per la mediazione a titolo gratuito, in quanto, la promessa viene considerata un atto prodromico della successiva corruzione, si ritiene opportuno precisare che qualora il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio accettino la remunerazione si configurerà la fattispecie di cui all’art. 318 c.p e non il 346 bis c.p.

Il dolo consiste nella coscienza e volontà di svolgere l’attività di mediazione alfine di condizionare l’attività della PA; la pena sarà aumentata se il mediatore è un soggetto pubblico e la consumazione avverrà con la stipula dell’accordo di intermediazione; il tentativo non è ammissibile in quanto trattandosi di reato di pericolo astratto equivarrebbe ad anticipare la tutela penale eccessivamente violando il principio di offensività.


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2. Il reato di pericolo astratto. Incostituzionalità?

Il reato di pericolo astratto si fonda sul compimento di determinate azioni e che queste a loro volta facciano insorgere uno o più pericoli secondo regole di esperienza, essendo quindi, caratterizzato da un principio di relatività  sia la giurisprudenza che la dottrina hanno sentito il bisogno di fissare dei criteri, seppur incerti, di individuazione, difatti, sarà necessario individuare i criteri di accertamento adottati per verificare l’esistenza, la collocazione che la fattispecie ha nella struttura di tipo delittuoso ed infine nella fase giudiziale in cui l’operatore dovrà verificare se uno o più soggetti passivi determinati hanno subito una minaccia reale e che l’azione realizzata sia idonea a ledere il bene oggetto di tutela.

Un problema più volte sollevato riguarda la costituzionalità o meno dei reati a pericolo astratto in quanto prendendo come assunto una regola di esperienza, quindi, se il compimento di determinate azioni presume l’insorgere di un pericolo, si deve tener conto, della soglia di errore a cui sono soggette le suddette regole poiché si rischierebbe di reprimere una mera trasgressione piuttosto che un illecito cosicché vi sarebbe il pericolo di invalidare il principio di necessaria lesività; la Corte Costituzionale e la recente giurisprudenza hanno più volte evidenziato come le fattispecie di pericolo astratto o presunto non siano caratterizzate in sé per sé da incostituzionalità  ma che il Legislatore nella formulazioni delle fattispecie dovrà utilizzare un criterio fondato sull’esperienza e non arbitrario, in tal senso, il giudice in ambito valutativo opera una valutazione standardizzata evitando il più delle volte un’attenta analisi; autorevole dottrina conclude affermando che i pericoli desumibili dalla regola di esperienza devono sempre poggiare su fondamenti seri nonostante ciò risulta ostico individuare la concreta possibilità di pericolo di una fattispecie più questa interferisca, per esempio, con le libertà politiche.

3. Conclusioni

In conclusione, la struttura della fattispecie di cui all’art. 346 bis c.p, nonostante lo sforzo effettuato dalla dottrina e dalla giurisprudenza di determinare canoni interpretativi, rimette un’eccessiva discrezionalità al giudice con conseguente instabilità di individuazione concreta del reato, nonché in presenza della mediazione c.d onerosa si possono configurare condizioni al limite tra l’illecito e il lecito, in quanto, l’attività di lobbying è ritenuta legale mentre qualora il rapporto venga esclusivamente “vantato”, il c.d pericolo presunto non si ritiene concretamente temibile e quindi non sanzionabile, in quanto, non sussiste il rapporto principale che porterebbe alla mediazione; leggermente più delineata risulta essere la mediazione c.d gratuita in cui la promessa del denaro o dell’utilità futura sembra porsi in quella tutela anticipata non lesiva di alcuna libertà poiché appunto prodromica alla commissione di un illecito e quindi meritevole di tutela.

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Il testo è aggiornato a: D.Lgs. 75/2020 (lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione); D.L. 76/2020 (c.d. decreto semplificazioni); L. 113/2020 (Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni) e D.L. 130/2020 (c.d. decreto immigrazione).   Fabio PiccioniAvvocato del Foro di Firenze, patrocinante in Cassazione; LL.B., presso University College of London; docente di diritto penale alla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali; coordinatore e docente di master universitari; autore di pubblicazioni e monografie in materia di diritto penale e amministrativo sanzionatorio; giornalista pubblicista.

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