Tra inefficacia ed irregolarità. Sull’omessa attestazione di conformità ex art. 557 co. 3 c.p.c. (Nota a Tribunale di Castrovillari, ordinanza 31 gennaio 2020)

Redazione 05/03/20
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di Emanuele Caimi

Sommario

I. La vicenda

II. Gli orientamenti dei giudici di merito

III. L’incerto confine tra il rigore della forma ed il formalismo

I. La vicenda

Tribunale di Castrovillari, ordinanza 31 gennaio 2020, giudice dell’esecuzione Dott.ssa Giuliana Gaudiano

Nel rispetto del termine di cui all’art. 557 comma II c.p.c. il creditore procedente, in uno con la nota di iscrizione a ruolo, depositava copie per immagine del titolo esecutivo, dell’atto di precetto e del pignoramento omettendo tuttavia di attestarne la conformità all’originale.

Il debitore esecutato, successivamente al deposito dell’istanza di vendita e dell’affidamento dell’incarico peritale, sollevava la questione affermando che in assenza dell’attestazione di conformità, il Giudice dell’esecuzione non poteva essere in grado di esercitare il controllo in ordine all’esistenza del titolo esecutivo ed al suo possesso da parte del creditore.

Il Giudice dell’esecuzione di Castrovillari, senza disporre per l’audizione del creditore procedente, dichiarava l’inefficacia dell’atto di pignoramento ordinandone la cancellazione.

Nella motivazione l’estensore chiariva che “le copie a cui fa riferimento la norma non possono che essere le copie conformi di cui all’art. 557 co. 2, quindi dotate di attestazione di conformità” concludendo per l’irrilevanza di ogni eventuale sanatoria successiva trattandosi d’inosservanza di un termine perentorio e non di nullità sanabile; a sostegno richiamava pronuncia della Corte d’Appello di Milano espressasi in quei termini[1].

Si registrano in giurisprudenza altresì posizioni che considerano l’omessa attestazione di conformità delle copie prodotte alla stregua d’una mera irregolarità.

Quasi coeva alla pronuncia del Tribunale di Castrovillari è quella del Tribunale di Lecce che, invece, ha statuito: “il mancato deposito nei termini della attestazione di conformità rappresenta una mera irregolarità formale sanabile dal creditore procedente, e non una grave omissione rilevante ai fini dell’inefficacia del pignoramento o dell’estinzione della procedura[2].

Per le conseguenze che ne derivano la vicenda è di sicuro rilievo ed il confine tra “rigore della forma” e “formalismo” appare alquanto incerto.

[1] Corte d’Appello di Milano III Sez. Civ., 13 gennaio 2017 per la quale: “la mancata apposizione delle attestazioni di conformità sugli atti depositati all’atto dell’iscrizione a ruolo dell’espropriazione produce l’inefficacia del pignoramento rilevabile d’ufficio ed insanabile, non trattandosi di ipotesi di nullità bensì di una fattispecie di inosservanza di un termine perentorio“, in ilprocessotelematico.it, fasc., 19 maggio 2917 con nota di Barale, Inefficace il pignoramento se manca l’attestazione di conformità sulle copie depositate con l’iscrizione a ruolo.

[2] Tribunale di Lecce, 29 novembre 2019, in Redazione Giuffrè, 2019.

II. Gli orientamenti dei giudici di merito

Con la riforma del 2014 sono state introdotte numerose modifiche al processo esecutivo, sia con l’introduzione dell’art. 492 bis c.p.c. che con la valorizzazione dell’informatizzazione del processo esecutivo; sebbene non appaiano compiutamente coordinate tra loro[3] tendono comunque a rafforzare l’effettività almeno potenziale della soddisfazione del creditore.

Il legislatore, modificando l’art. 557 c.p.c. (che pur continua ad esser rubricato “deposito dell’atto di pignoramento“), ha sollevato l’ufficiale giudiziario dal deposito del pignoramento (anche immobiliare) in cancelleria, prevedendone la restituzione al creditore che, con modalità telematiche, dovrà curarsi della relativa iscrizione a ruolo. Analogamente per il pignoramento presso terzi il creditore, entro 30 giorni dalla restituzione dell’atto di citazione da parte dell’ufficiale giudiziario, dovrà provvedere alla sua iscrizione a ruolo depositando la nota e le copie conformi del titolo, del precetto e della citazione ex art. 543 quinto comma, c.p.c.

Coerentemente con la digitalizzazione del processo esecutivo, gli articoli 557, 543, 521 bis c.p.c. e. 518 del codice di procedura civile attribuiscono all’avvocato la facoltà di attestare la conformità della copia informatica all’originale a sue mani.

La norma in questione, sia nell’attuale formulazione che in quella precedente, è finalizzata ad assicurare l’accertamento della disponibilità in capo al creditore procedente del titolo esecutivo, presupposto e fondamento del diritto ad agire in executivis[4].

Non si può ignorare l’ultimo periodo dell’art. 488, comma II, c.p.c. che continua ad attribuire al giudice dell’esecuzione la facoltà di ordinare al creditore procedente l’esibizione del titolo in qualsiasi momento e non solo nelle prime battute del procedimento espropriativo.

In realtà ciò che pare assumere rilievo non è tanto il deposito dell’attestazione di conformità in sé ma il rispetto del termine previsto nell’art. 557 III comma c.p.c. considerato, da parte della giurisprudenza, come perentorio[5]: proprio in questi termini si esprime il Tribunale di Castrovillari nell’ordinanza in commento.

Anteriormente alla riforma del 2014 era invece pacifica la natura meramente ordinatoria del termine ivi previsto[6] e non mancano anche dopo la riforma affermazioni in tal senso[7].

Appare difficile considerarlo invece meramente acceleratorio, tenuto conto della gravità della conseguenza che deriva dal suo mancato rispetto, per lo meno con riferimento al contenuto minimo del fascicolo d’ufficio[8].

Tuttavia non pare pienamente condivisibile la conclusione a cui è giunta la Corte d’Appello di Milano nel provvedimento richiamato poiché l’inefficacia del pignoramento dipenderebbe dalla “mancata appostazione delle attestazioni di conformità sugli atti depositati all’atto dell’iscrizione a ruolo[9]. La conclusione non convince, proprio secondo l’impostazione seguita: l’inefficacia non consegue al mancato deposito dell’attestazione di conformità della copia all’originale all’atto dell’iscrizione a ruolo ma al decorso del termine ritenuto perentorio. Di tal che il creditore procedente ben potrebbe depositare in un secondo momento, ma sempre nel termine previsto dal terzo comma dell’art. 557 c.p.c., le attestazioni. Questa è la conclusione del Tribunale di Pesaro, che ha dichiarato inammissibile l’eccezione d’inefficacia del pignoramento sollevata prima dello spirare del termine normativamente previsto[10].

Occorre chiedersi se il creditore, una volta iscritto a ruolo il pignoramento e decorso il termine, possa depositare l’attestazione di conformità omessa in precedenza.

Il Tribunale di Pesaro prima[11] ed il Tribunale di Milano successivamente[12] hanno escluso questa possibilità ritenendo che al mancato tempestivo deposito dell’attestazione di conformità delle copie non possa che conseguire l’inefficacia del pignoramento e ciò sul presupposto che “in difetto dell’attestazione il giudice non ha alcun elemento da cui desumere che il creditore abbia effettivamente il possesso del titolo e sia, pertanto, legittimato all’esercizio dell’azione esecutiva[13].

Per contro i fautori della mera irregolarità, con altrettanto rigore, osservano che “la declaratoria di inefficacia del pignoramento a fronte di un accertamento di un vizio meramente formale dell’atto depositato al momento dell’iscrizione al ruolo appare conseguenza eccessivamente rigorosa nelle ipotesi in cui non vi sia una effettiva contestazione della conformità agli originali da parte del debitore”[14], argomentando dall’art. 22 del Codice dell’amministrazione digitale che, appunto, attribuisce alle copie fotografiche il medesimo valore degli originali in assenza di specifica contestazione.

Il Tribunale di Bari muove invece dal dato letterale, evidenziando che non vi sia “tra gli atti da depositare a pena di inammissibilità nel termine prescritto anche l’attestazione di conformità[15].

Diversamente il Tribunale di Bologna[16]che pone l’accento sul diritto di difesa del debitore, diritto che non viene leso dall’omessa od incompleta attestazione della conformità all’originale di quanto versato nel fascicolo dell’esecuzione. Diritto che può essere tutelato dal giudice ordinando l’esibizione del titolo in originale, così da poter compiere l’accertamento di conformità della copia.

[3] Canella, Novità in materia di esecuzione forzata, in Riv. Trim. Dir e Proc. Civ., 2015, p. 271 e ss.: “le modifiche… sono numerose ed importanti, nonostante ancora una volta carenti di un disegno organico“.

[4] Così Cass. III Sez. Civ., 17 marzo 2009 n. 6426: “in tema di esecuzione forzata, il deposito del titolo esecutivo, prescritto dall’art. 557, comma 2 c.p.c., è volto a consentire al giudice dell’esecuzione di accertare che la parte istante, come affermato nel precetto e nel pignoramento, ha diritto di procedere all’espropriazione“, in Giust. Civ., Mass., 2009, 3, 462.

[5] In questi termini Corte d’Appello di Milano 13 gennaio 2017, cit.

[6] Castoro, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, Giuffrè, 2006, p. 567: “il termine di dieci giorni per depositare il titolo esecutivo e il precetto non ha carattere perentorio, ma ordinatorio“; così anche Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, Cedam, Padova, 2014, p. 791; opinione ribadita altresì nell’edizione del 2017, pp. 1266 e ss; in particolare a pagina 1268 si limita l’inefficacia soltanto all’omessa produzione “nel termine perentorio di legge, degli atti che configurano il “contenuto minimo” del fascicolo d’ufficio“. In giurisprudenza si veda Cass. III Sez. Civ., 17 marzo 2006 n. 5906 in Giust. Civ., Mass., 2006, 5 per la quale “il deposito del titolo esecutivo e del precetto, onde consentire al giudice di accertare la regolarità formale al fine di procedere all’espropriazione immobiliare, non è soggetto a termine perentorio, sicché non è nulla l’ordinanza di vendita ove tali atti vengano allegati al fascicolo dell’esecuzione in un momento successivo“; in questi termini si veda anche Cass. III Sez. Civ., 16 dicembre 1997 n. 12.722 in Giust. Civ. Mass., 1997, 2383.

[7] Si veda Tribunale di Avellino, II Sez. Civ., 24 aprile 2018 n. 802 in Redazione Giuffrè, 2019; si veda anche Tribunale di Napoli Sez. XIV, 31 ottobre 2019 in Redazione Giuffrè, 2020.

[8] Soldi, op. ult. cit. p. 1268; si veda altresì Canella, op. cit.; in particolare l’art. 164 ter delle disposizioni attuative c.p.c. ricollega l’inefficacia dell’atto di pignoramento esclusivamente all’omesso tempestivo deposito della sola nota di iscrizione a ruolo.

[9] Corte Appello di Milano III Sez. Civ., 13 gennaio 2017, cit.

[10] Tribunale di Pesaro, 19 gennaio 2016 n. 42 in Redazione Giuffrè, 2016.

[11] Tribunale di Pesaro, Ord. 10 giugno 2015, in ilprocessocivile.it, 2016, 5 maggio.

[12] Tribunale di Milano, III Sez. Civ., 29 giugno 2016 in ilprocessocivile.it, fasc. 9 gennaio 2017 con nota di Farina, Il mancato o tardivo deposito di attestazione di conformità: una nuova fattispecie di inefficacia del pignoramento immobiliare. Si legge nella motivazione che “l’attestazione, infatti, costituisce la prova del possesso del titolo esecutivo in capo al creditore“.

[13] Farina, op. cit.

[14] Così Tribunale di Caltanissetta, 1 giugno 2016, in ilprocessotelematico.it, fasc. 29 giugno 2016 con nota di Ricuperati, Iscrizione a ruolo del processo esecutivo: l’attestazione di conformità degli atti da depositare non è indispensabile.

[15] Tribunale di Bari, 4 maggio 2016, in ilprocessotelematico.it, 2016, 24 maggio.

[16] Ord. 22 ottobre 2015 cit.

III. L’incerto confine tra il rigore della forma ed il formalismo

Mentre il secondo comma dell’art. 557 c.p.c. contiene un esplicito riferimento alle copie “conformi”, il terzo comma accompagna l’inefficacia del pignoramento al mancato rispetto del termine di deposito omettendo ogni specifico riferimento all’attestazione di “conformità”[17].

Si potrebbe, come peraltro sostenuto, ritenere che le copie di cui al terzo comma dell’art. 557 c.p.c. non siano altro che le medesime copie “conformi” del secondo comma[18]. Invero è agevole osservare che il deposito delle copie prive dell’attestazione di conformità postula la disponibilità dell’originale da cui le stesse vengono tratte. Secondariamente il Giudice, a maggior tutela del debitore esecutato, potrebbe avvalersi della previsione di cui all’art. 488 c.p.c. ordinando l’esibizione dell’originale in udienza così da fugare ogni dubbio in merito. Ed il creditore potrebbe, una volta sollevata la questione dall’interessato ovvero dall’ufficio, provvedervi direttamente.

Per contro la gravità della conseguenza – inefficacia del pignoramento – postulerebbe una maggiore prudenza, privilegiando un approccio letterale per la soluzione della questione o, comunque, attuativo della finalità ultima della previsione.

D’altro canto la norma è posta a presidio del corretto susseguirsi del procedimento espropriativo, ma non pare condivisibile l’assunto che vorrebbe risolvere nell’attestazione di conformità resa ai sensi dell’art. 557 ultimo comma c.p.c., l’unica “prova” del possesso del titolo in originale[19] da parte del creditore.

Non si può ignorare che in assenza di un formale disconoscimento della conformità all’originale della copia priva di attestazione prodotta appaia coerente la conclusione a cui è giunto il Tribunale di Caltanissetta. Del resto, in assenza di disconoscimento il documento informatico conserva l’efficacia probatoria di cui all’art. 2712 c.c.[20]

Il documento informatico prodotto è da considerarsi conforme all’originale in ossequio al principio di cui all’art. 2719 c.c. in tema di copie fotografiche che appunto prevede, sia pure con libertà di forme, un disconoscimento espresso della conformità all’originale; disconoscimento che per esser ammissibile dovrà essere puntuale e specifico[21], con l’individuazione esatta “degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale[22].

Ma quand’anche vi sia un disconoscimento espresso di conformità dell’originale alla copia, si dovrà comunque consentire al creditore procedente l’esibizione dell’originale proprio per superare l’eccezione avversaria. Meglio: in presenza di uno specifico disconoscimento della conformità della copia all’originale si dovrà applicare la disciplina di cui agli articoli 214 e 215 c.p.c.[23].

Ma qual è l’effettiva utilità della distinzione tra originale e copia di un documento informatico? Autorevole dottrina ha osservato che “con particolare riferimento ai documenti informatici, infatti, la distinzione fra originale e copia perde la tradizionale rilevanza, e ciò in quanto la copia di un file è di fatto identica all’originale”[24].

Dal punto di vista della tutela del diritto di difesa del debitore esecutato il giudice dovrà far uso del potere a lui riservato dall’art. 488 comma secondo c.p.c.. D’altro canto il titolo, in originale, rimane nella disponibilità del creditore procedente od intervenuto. E se non si può ignorare che l’introduzione del processo civile telematico ha modificato le categorie processuali attraverso l’introduzione di nuove forme digitali, è doveroso rifiutare “il rischio di un approccio insensibile alle esigenze di conservazione degli atti del processo comunque utili allo scopo[25].

Tralasciando il tema della natura del documento informatico[26], può contribuire a tracciare il confine tra forma e formalismo il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale con la conseguente strumentalità del processo rispetto al diritto sostanziale[27].

Strumentalità ancor più evidente nel processo esecutivo ove l’accertamento del diritto del creditore è già stato compiuto aliunde[28].

Argomentando dall’effettività della tutela giurisdizionale appare corretto concludere per l’inammissibilità della mera eccezione d’assenza dell’attestazione della copia all’originale che non sia accompagnata dalla puntuale eccezione di non conformità della copia prodotta all’originale.

Nè si potrà tralasciare l’instaurazione del contraddittorio sul punto; occasione per il creditore di esibire l’originale, magari in uno con la richiesta di verificazione del documento prodotto.

L’effettività della tutela giurisdizionale, sia pure nella prospettiva del processo esecutivo, contribuisce a rimarcare con maggior forza ed evidenza il confine tra rispetto della forma e “formalismo” fine a se stesso.

[17] Gargano, In mancaza di attestazione di conformità di titolo esecutivo, precetto e atto di pignoramento, il pignoramento è inefficace, nota Tribunale di Milano, III Sez. Civ., 29 giugno 2016, in ilprocessotelematico.it, fasc. 17 ottobre 2016 richiama l’art. 159 ter delle disposizione attuative a rafforzare la conclusione d’inefficacia del pignoramento: “tale dato è ulteriormente rafforzato dall’art. 159 – ter disp. att. c.p.c. laddove si prevede il deposito di copie conformi da parte del creditore anche in caso di iscrizione a ruolo da parte del debitore”. Non si può ignorare che l’ultimo periodo dell’articolo in questione esordisce recitando: “quando l’iscrizione a ruolo ha luogo a norma del presente articolo”, quindi per iniziativa di un soggetto diverso dal creditore. L’eccezionalità della previsione porta a limitare soltanto a questa ipotesi l’obbligo di deposito dell’attesazione, esclusa un’applicazione anologica quando l’iscrizione a ruolo sia eseguita dal creditore.

[18] Così in Tribunale di Milano III Sez. Civ., 29 giugno 2016 cit.

[19] In questi termini Tribunale di Milano, III Sez. Civ., 29 giugno 2016, cit.

[20] Tribunale di Vicenza, II Sez. Civ. 22 novembre 2016 n. 2013, in ilprocessotelematico.it, 3 febbraio 2017.

[21] Nel senso dell’inidoneità del generico disconoscimento a privare la copia d’efficacia probatoria, da ultimo Tribunale di Vicenza 10 settembre 2019 n. 1874, Redazione Giuffrè, 2019.

[22] Corte d’Appello di Ancona, I Sez. Civ., 29 ottobre 2019, n. 1557 in Redazione Giuffrè, 2019.

[23] Cass. II Sez. Civ., 20 novembre 2019 n. 30242 in Guida al diritto, 2020, 5, 59.

[24] Comoglio, Processo civile telematico e codice di rito. Problemi di compatibilità e suggestioni evolutive, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 2015, p. 953.

[25] Bonafine, L’atto di riassunzione del processo nel regime delle forme telematiche di deposito: il sottile limite tra forma e formalismo, in Diritto dell’Informazione e dell’informatica, fasc. 6, 1 dicembre 2017, pp. 755 e ss.

[26] Ritenuto un “quid novi, che non è né scrittura né oralità… la forma digitale costituisce, dunque, la terza via tra oralità e scrittura” così Brunelli, Minime misure di sicurezza per gli atti processuali digitali, in Rivista Trimestrale di diritto e procedura civile, fasc. 2, 2017, pp. 511 e ss.; diversamente Mandrioli, Diritto processuale civile, I, Torino, Giappichelli, 2015, p. 504 che considera il documento informatico quale variante del documento scritto.

[27] Così Picardi, Manuale del processo civile, Milano, Giuffrè, 2013 p. 18 “a partire da Chiovenda… l’idea della necessaria strumentalità del processo rispetto al diritto sostanziale e, quindi, dell’effettività rispetto al diritto sostanziale e, quindi, dell’effettività della tutela giurisdizionale, soprattutto dopo la Costituzione, si è affermata in modo pervasivo nella cultura giuridica e nella stessa giurisprudenza, fino ad essere elevata a regola fondamentale del processo

[28] Luiso, Diritto processuale civile, III Il processo esecutivo, Seconda edizione, Milano, Giuffrè, 1999, p. 51: “si è già detto e occorre ribadire che l’ufficio esecutivo non ha mai il potere di valutare l’esistenza della situazione sostanziale di cui si chiede la tutela, perché lo scopo del processo esecutivo non è quello di accertare, ma di compiere l’attività necessaria per tutelare il diritto, che viene presupposto come esistente”.

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