Tra cultura, leadership e burocrazia

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La triangolazione fra cultura, leadership e burocrazia viene a costituire uno dei rapporti più difficili e delicati nello Stato moderno, centrale in questo rapporto è la cultura sociale, ossia il contesto sociale entro cui le persone vivono e che fa definire la cultura nazionale come un insieme di relazioni solo in parte codificate e dai confini sfumati.

La cultura nell’influenzare con i suoi valori dominanti i singoli ne definisce i modi in cui percepiranno e reagiranno agli eventi del mondo che li circonda, favorendo le relazioni sociali in termini invisibili agli stessi individui per i quali le loro azioni e le reazioni che si aspetteranno saranno un qualcosa del tutto naturale.

Il gruppo coglie se stesso anche attraverso una possibile contrapposizione all’altro o valori quali la scienza, la tecnica, l’economia, i miti che ne esaltano la superiorità (Latouche) con una elaborazione identitaria che è resa necessaria dalla sensibilità del capitale alle variazioni di luogo entro lo spazio globale (Harvey).

Questa estensione delle relazioni sociali (Giddens) rende ancora più incisiva la necessità di attrarre i capitali in una “deterritorializzazione” incipiente che conduce a quelli che Marc Augé definisce “non-luoghi”, rendendo immediatamente meno evidenti ma non per questo meno forti le caratteristiche proprie delle cinque dimensioni che Hofstede ha individuato nel suo modello relativo al rapporto tra cultura e organizzazioni.

Particolare influenza sull’aspetto culturale ha poi la leadership che orienta la società e ne determina il grado di omogeneità, questa si può definire come “un processo di influenza sugli altri per far loro comprendere e accettare le decisioni che devono essere prese e le azioni che devono essere intraprese, facilitando gli sforzi individuali e collettivi per il raggiungimento di obiettivi comuni” (Tosi – Pilati – 264 – Comportamento organizzativo), la forte valenza di guida che in questa definizione si assume porta alla valutazione della responsabilità in termini di efficacia secondo la definizione delle caratteristiche generali elencate da Bass e Stodgill (capacità, achievement, responsabilità, partecipazione e coinvolgimento, status).

Nell’organizzazione burocratica vengono a saldarsi i due elementi della leadership e della cultura, tanto da potersi realizzare i due livelli organizzativi: quello legale e quello strumentale alla leadership e ai suoi clientes, una strumentalità che può avvicinarsi all’illegalità in un distacco tra forma e sostanza, fino a creare una voluta anche se inespressa disorganizzazione.

La formazione è il frutto del rapporto tra cultura sociale e leadership, e in quanto tale non ha solo un aspetto cognitivo derivante dall’esperienza utilitaristica, ma ha anche un aspetto emozionale che comporta una qualità estetica, l’esperienza diventa completa solo con la riunione di questi due aspetti (Dewey), vi è quindi la necessità di una formazione non solo tecnica ma anche emozionale, quindi non possibile con brevi cicli di input spinta ma solo come una immersione protratta nel tempo nel periodo della plasticità.

La burocrazia quale strumento dello Stato, ossia del gruppo sociale allargato sul territorio, ha per visione il “presente”, un presente che deve essere sostenibile nel tempo, a differenza delle religioni in cui il “presente”è visto in funzione di un “futuro”, quello da cui si parte è la visione del “tempo” nell’uso delle risorse prodotte e disponibili.

D’altronde la burocrazia può ridurre tutto al singolo evento, con la conseguente riduzione dell’orizzonte temporale che va dall’istante all’anno, è il diritto che esprime e rende visibile questa visione in quanto partendo dalla gestione necessaria del presente introduce la variabile della durata nel tempo, con la conseguente accettazione di una percentuale di rischio sistemico.

L’accelerazione delle tendenze è favorita da un lancio al rialzo dei singoli individui nel tentativo di ottenere l’utile nella bolla creata, in questi cicli funzione della burocrazia dovrebbe essere la stabilizzazione per la sostenibilità.

L’individuo nell’organizzazione tende a modificarsi in funzione dell’organizzazione stessa per ottenere da essa i vantaggi sperati o i valori desiderati, ma l’essere in un corpo non implica necessariamente di essere prigionieri e di arrendersi in quanto, come afferma Plotino, è l’atteggiamento interiore che crea la differenza. In questo rapporto duale con le strutture in cui l’individuo veste al contempo la duplice funzione di strumento e artefice, entra il problema del controllo.

Come è stato osservato la struttura organizzativa, di per sé strumento primario di controllo (Thompson), agisce sulla psicologia degli individui trasmettendo attraverso il sistema di norme e valori in essa presenti modelli e giustificazioni per i comportamenti (Katz – Kahn), trasmessi anche attraverso riti e cerimonie quali schemi di riferimento in assenza di una reale capacità, se non formalistica, di conoscere (o voler conoscere) i reali processi e le loro conseguenze (Ouchi – Wilkins).

Anche l’ambiente nel definire il contesto sociale del ruolo interpreta l’individuo nel modo di porsi di fronte al lavoro e quindi ne condiziona l’atteggiamento, tanto che non si può non tenere conto dei valori di fondo che caratterizzano una determinata cultura nel momento in cui si tenta di trapiantare un sistema tra contesti culturali diversi, se non si vuole subire delle sorprese in termini di efficacia (Hofstede).

Le misurazioni economico-finanziarie possono tuttavia ingenerare anche una serie di pericolose illusioni quando diventano la sola struttura portante del sistema di governo, creando una frattura fra livello amministrativo-finanziario e livello operativo ( Johnson), vi è un’illusione di controllo a distanza in cui viene a mancare la realtà operativa, circostanza che può anche far comodo ai fini di una deresponsabilizzazione gestionale dei vertici, non avendo nella realtà questi interesse ad una corretta gestione tanto da arrivare ad una fantasia creativa del controllo per progetti, trascurando le reali attività tanto da poter trasformare il concetto di flessibilità in arbitrarietà.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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