Tempo giuridico e tempo linguistico

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Il tempo è percepito da ogni società in termini diversi secondo le proprie necessità quale risultato di una elaborazione culturale, Tabboni sottolinea che nella società industriale il tempo diventa qualcosa di esterno all’uomo e al suo agire, un oggetto autonomo che può essere misurato e in quanto tale contabilizzato in termini produttivi, viene meno la sua circolarità che è propria di una visione naturalistica in cui l’individuo è calato e ne diventa parte, si che il tempo è insito e pertanto indivisibile dall’essere e dal suo agire.

Il concetto del tempo è quindi parte stessa del modo di concepire il mondo e dell’eventuale difficoltà di una comunicazione interculturale, la stessa espressione “perdere tempo” comunica una precisa visione del mondo e la necessità di una condivisione dello scenario temporale, che viene a riflettersi sulle eventuali problematicità comunicative, l’attenzione deve pertanto concentrarsi nei punti di rottura del tempo dove emergono tensioni e opacità, le coordinate temporali non solo danno un senso all’agire e alle dinamiche cognitive ma anche i tempi di maturazione dei diritti e delle azioni, regolando per tale via il funzionamento del sistema sociale che viene a riconoscersi nel particolare assetto spazio/temporale.

La cadenza temporale ha una sua centralità nella competenza comunicativa, questo anche in termini giuridici che non sono solo espressi verbalmente e graficamente bensì con atteggiamenti, comportamenti ed espressioni che vengono ad integrare la norma, in quanto le dinamiche che presiedono alla comunicazione risiedono principalmente nella natura delle caratteristiche strutturali delle procedure relazionali, per cui la condivisione dello stesso codice temporale diventa necessario per la condivisione sia del codice linguistico che del relativo codice normativo (Habermas).

La competenza comunicativa, quale risultato della stretta connessione tra identità individuale e comunicazione, è la sintesi tra abilità linguistiche ed extralinguistiche che si articolano in abilità sociali e semiotiche, ossia dell’uso di una pluralità di codici espressivi oltre che verbali, a cui si sovrappone l’ulteriore impiego di varianti linguistiche all’interno della stessa lingua, le coordinate temporali permettono di acquisire la competenza su cosa dire, come, quando, a chi in relazione alle caratteristiche valoriali del contesto secondo il tipo di attività comunicativa in cui si è coinvolti, ne consegue l’impossibilità di rintracciare in un singolo attore la responsabilità della comunicazione essendo questa il risultato di una alternanza di stimoli e risposte.

Il codice normativo non può non risentire del concetto del tempo e della struttura che ne consegue in termini linguistici, un tempo che diventa sempre più accelerato quale oggetto del progresso tecnologico ma anche termine di misura dei passaggi tecnologici stessi, in cui si sovrappongono e si intersecano necessità primarie sempre nuovamente reinterpretate in nuove forme di diritti sulle possibilità scientifiche e la necessità di superare le vecchie strutture organizzative che la normativa cristallizza nel tempo ma la tecnologia rende obsolete, si viene quindi a ricreare accanto ad un tempo lineare economico e tecnologico un tempo circolare dei diritti insito nella biologia umana continuamente reinventato.

Il tempo inteso quale misuratore e come tale ordinatore del succedersi nel movimento, diventa nella contemporaneità un eterno presente della coscienza che nel rinnovarsi continuamente mantiene in sé integralmente tutto il passato (Bergson), ma è anche una struttura della possibilità di una progettazione, un avvenire a se stesso secondo il proprio poter-essere, così che il pensiero è sia “provvisorietà” che “anticipatorietà”, ossia percorrenza (Heidegger), resta comunque in entrambi una visione rettilinea in quanto sia nel precorrere che nel negare l’esistenza del tempo annegandolo in un eterno presente, rifacendosi per tale via ai tre presenti di S. Agostino: il presente del passato, del presente e del futuro, viene mantenuta alla base la concezione rettilinea del tempo quale ordine sia di un movimento esterno all’uomo che interiore (Berkeley), fino a negare l’esistenza stessa del tempo assorbito nella sola percezione umana del cambiamento e considerandolo esclusivamente un mezzo necessario al principio di ottimizzazione (Barbour).

Nel momento in cui passato, presente e futuro coincidono vi è una diversa concettualizzazione del tempo, tanto che studi recenti mostrano una visione prossima del se stesso futuro che si riflette anche nei comportamenti economici (Chen), l’influenza del linguaggio si riflette quindi sui concetti di tempo e spazio i quali se è discusso che vengono ad incidere sui processi di pensiero in genere, senz’altro incidono sui ricordi e la loro categorizzazione (Boroditsky), in un processo circolare tra concezione del tempo e linguaggio in cui la modifica della visione del tempo viene a influire attraverso il linguaggio sulla categorizzazione del mondo.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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