Con la sentenza n. 7625/2025, pubblicata il 17 aprile 2025, il TAR Lazio (Sezione Prima) ha accolto parzialmente il ricorso proposto da alcuni avvocati, annullando il provvedimento ministeriale che aveva disposto l’oscuramento indiscriminato dei dati personali nelle sentenze accessibili tramite la nuova banca dati pubblica (BDP).
La decisione si inserisce nel dibattito, sempre più attuale, sulla trasparenza dell’attività giurisdizionale e offre indicazioni operative rilevanti per gli avvocati che utilizzano quotidianamente banche dati giurisprudenziali per la propria attività professionale.
Indice
- 1. Dall’Archivio Giurisprudenziale Nazionale alla Banca Dati Pubblica: il contesto della controversia
- 2. Il principio affermato dal TAR: trasparenza delle decisioni e limiti all’anonimizzazione
- 3. Implicazioni operative per gli avvocati e gestione futura dell’accesso ai provvedimenti
- 4. Conclusioni
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1. Dall’Archivio Giurisprudenziale Nazionale alla Banca Dati Pubblica: il contesto della controversia
La vicenda trae origine dalla decisione del Ministero della Giustizia di dismettere l’Archivio Giurisprudenziale Nazionale (AGN), un sistema di consultazione tradizionalmente utilizzato dagli avvocati per accedere ai provvedimenti di merito. Tale scelta, giustificata dall’esigenza di adeguarsi agli obiettivi di digitalizzazione previsti dal PNRR, ha portato alla creazione di due nuove piattaforme: la Banca Dati Riservata, riservata ai magistrati, e la Banca Dati Pubblica, accessibile agli avvocati e al pubblico mediante autenticazione tramite SPID, CIE o CNS.
Il problema principale, come evidenziato dai ricorrenti, è sorto con la pubblicazione delle sentenze nella Banca Dati Pubblica in forma pesantemente anonimizzata. I provvedimenti risultavano privi di informazioni essenziali, come i nomi delle parti e le date, rendendo estremamente complessa la loro comprensione e compromettendo l’utilità pratica degli stessi per finalità di studio, ricerca e difesa.
2. Il principio affermato dal TAR: trasparenza delle decisioni e limiti all’anonimizzazione
Il TAR Lazio ha ribadito che il principio di pubblicità delle decisioni giudiziarie è centrale nell’ordinamento, trovando fondamento tanto nell’articolo 111 della Costituzione quanto nell’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Secondo il Collegio, la normativa vigente – in particolare gli articoli 51 e 52 del Codice Privacy – impone la pubblicazione integrale delle sentenze, salvo specifiche eccezioni stabilite dalla legge o disposte caso per caso dall’autorità giudiziaria. L’oscuramento dei dati personali può essere disposto soltanto su richiesta della parte interessata o per iniziativa del giudice, qualora risulti necessario a tutelare diritti fondamentali.
Pertanto, il Ministero della Giustizia non può procedere a un’anonimizzazione indiscriminata e preventiva di tutte le decisioni pubblicate. Una tale pratica, secondo il TAR, non solo viola il quadro normativo vigente, ma compromette anche la funzione stessa della banca dati, ostacolando il libero accesso agli orientamenti giurisprudenziali e rendendo difficile la piena comprensione delle decisioni.
3. Implicazioni operative per gli avvocati e gestione futura dell’accesso ai provvedimenti
La pronuncia del TAR ha conseguenze dirette sull’attività degli avvocati. L’accesso a sentenze complete e comprensibili è essenziale per l’elaborazione di strategie difensive, per la redazione di pareri e atti processuali e, più in generale, per garantire la qualità della consulenza legale.
Il ritorno a una pubblicazione meno limitata delle decisioni giurisdizionali permetterà agli operatori del diritto di analizzare i precedenti in modo efficace, individuando analogie, differenze e possibili linee evolutive degli orientamenti interpretativi.
Inoltre, la sentenza offre una base solida per eventuali future contestazioni di pratiche amministrative che limitino senza giustificazione l’accesso ai provvedimenti. Gli avvocati dovranno tuttavia monitorare attentamente come il Ministero procederà all’attuazione della decisione, verificando che l’eliminazione dell’oscuramento generalizzato sia effettiva e che le nuove modalità di consultazione garantiscano un’effettiva trasparenza.
4. Conclusioni
La sentenza del TAR Lazio rappresenta un punto fermo nell’affermazione del diritto di accesso pieno alle decisioni giudiziarie, confermando che il bilanciamento tra esigenze di riservatezza e principi di pubblicità deve avvenire in modo mirato e non indiscriminato.
Per gli avvocati, si tratta di una decisione di particolare importanza operativa, che riafferma il valore della conoscibilità degli indirizzi giurisprudenziali come strumento imprescindibile per l’effettività del diritto di difesa e per il corretto esercizio della professione forense.
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