Suprema Corte di Cassazione risarcimento del Comune al bambino che cade al parco

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La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto che la sentenza che ha negato il risarcimento a un bambino caduto da uno scivolo di un parco comunale, vada cassata con rinvio.

L’ordinanza 27/03/2020 n. 7578 ha accolto il ricorso di due genitori che si sono visti negare il risarcimento nei confronti del loro bambino, che cadendo da uno scivolo del parco del Comune ha riportato la frattura dell’omero.

Secondo la Cassazione, la decisione del giudice di merito, perché non è necessario dimostrare l’insidia dello scivolo, va cassata con rinvio.

Il Comune deve provare che la caduta e il conseguente danno, che il bambino avrebbe potuto evitare con l’ordinaria diligenza.

Prima di entrare nel merito della questione qualcosa sulla responsabilità da cose in custodia.

In che cosa consiste la responsabilità da cose in custodia

L’articolo 2051 del codice civile prevede la responsabilità per danni cagionati da cose in custodia.

Una responsabilità di tipo rigorosamente oggettivo, che fa capo a un soggetto senza considerare  ogni valutazione su una eventuale colpa del responsabile, per il fatto di ricoprire il ruolo di custode della cosa che ha cagionato il danno e lo obbliga a risarcire il danno.

Al fine di poter fondare la risarcibilità del danno del quale all’articolo  2051 del codice civile, basta  provare il nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno, restando estraneo alla struttura della previsione normativa il profilo del comportamento del custode, che non si potrà considerare neanche attraverso il riconoscimento di una presunzione di colpa.

 

Il custode non si potrà sottrarre alla responsabilità dimostrando l’adozione delle regole di diligenza e le cautele idonee a potere impedire l’evento.

Sul custode incombe una presunzione di responsabilità, che riveste carattere oggettivo.

Esiste un limite posto dal dettato legislativo a questa responsabilità, ed è rappresentato dal caso fortuito, che assume un ruolo esimente esclusivamente quando sia rigorosamente provato.

Il caso fortuito può sussistere quando, nel susseguirsi degli eventi, si inserisce un fattore esterno che dovrebbe essere idoneo a produrre l’evento dannoso, il cosiddetto fortuito autonomo.

Oppure nel caso nel quale il danno venga prodotto direttamente dalla cosa in custodia, ma in conseguenza di un fattore esterno che risulti essere imprevedibile e che abbia inciso sulla stessa, il caso fortuito detto incidentale.

Il fattore esterno in questione può essere individuato sia in un evento legato alla natura, sia in un comportamento si può ricondurre allo stesso danneggiato.

La rilevanza esimente del caso fortuito, è relativa al profilo strettamente causale, con conseguente inversione dell’onere della prova.

La competenza dell’attore dovrà essere  quella di provare l’esistenza di un rapporto eziologico tra la cosa in custodia e l’evento lesivo, mentre farà spetterà al custode che si intenda liberare dalla responsabilità, la prova dell’esistenza di un elemento estraneo che rivesta le caratteristiche del caso fortuito.

Il soggetto che agisce per ottenere il risarcimento ai sensi dell’articolo 2051 del codice civile, dovrà essere tenuto a provare in primo luogo l’esistenza e l’entità del danno stesso e, in secondo luogo, l’esistenza del nesso di causalità tra l’evento lesivo e il bene in custodia, insieme alla relazione tra la cosa e il convenuto, che dovrebbe determinare la custodia.

Lo stesso soggetto, si potrà liberare dalla responsabilità provando, nei termini descritti, il caso fortuito.

Le relative valutazioni dovranno essere fatte dal giudice di merito e non sono sindacabili in sede di giudizio di legittimità, dove siano sorrette da idonea e completa motivazione.

Si deve anche evidenziare che se la causa del danno non dovesse risultare provata in modo compiuto, resetrebbe a carico del custode il rischio del fatto ignoto.

Ritorniamo alla questione relativa all’ordinanza della Cassazione.

Il risarcimento al bambino che cade dallo scivolo del parco comunale

Un bambino di nove anni cade da uno scivolo di un parco comunale.

I genitori decidono di agire in giudizio per ottenere il risarcimento delle lesioni riportate dal piccolo in seguito alla caduta, per la precisione, la frattura dell’omero.

Secondo i genitori, la caduta del bambino è stata causata da un difetto della pedana dello scivolo, di conseguenza, la responsabilità ricade sul Comune, nella veste di custode.

Il tribunale e la corte di Appello hanno rigettato le richieste di risarcimento.

Si legga anche:”La responsabilità del custode ex art. 2051 c.c.”

Il ricorso in Cassazione per violazione dell’art. 2051 del codice civile

I genitori soccombenti nel merito decidono di ricorrere in Cassazione sollevando tre motivi.

Con il primo motivo, hanno ritenuto che il giudice nel ritenere non chiara la dinamica dei fatti, abbia sbagliato, perché avrebbe dovuto ammettere le prove richieste.

Con il secondo motivo, hanno lamentato la illogicità e l’erroneità della mancata ammissione delle prove, perché il giudice ha deciso senza un’attività istruttoria.

 

Con il terzo motivo, la violazione dell’articolo 2051 del codice civile.

Il giudice in subordine ha ritenuto che il difetto della pedana rappresentasse un’insidia non visibile.

La decisione della Suprema Corte di Cassazione

La Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n. 7578/2020  ha accolto il ricorso nel merito ritenendo fondati i tre i motivi sollevati dai genitori.

Il giudice di merito, da parte sua, ha ritenuto che la versione dei fatti fornita dai genitori nell’atto di citazione e nell’atto di denuncia querela presentata in sede penale, fosse contraddittoria.

Secondo la Cassazione la contraddizione non sussiste perché in entrambi i casi i genitori del minore attribuiscono al difetto dello scivolo la caduta del figlio.

La Corte ha evidenziato come non costituisca motivo sufficiente di rigetto della domanda ritenere le narrazioni contraddittorie, perché frutto di un errore di percezione, che per la sua natura, può essere fatto valere in sede di legittimità, perché sindacabile ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 4) del codice di procedura civile.

Ha ritenuto fondato anche il terzo motivo del ricorso, perché la responsabilità da cose in custodia non richiede che le stesse costituiscano un’insidia, oppure un pericolo non visibile e prevedibile.

Un simile aspetto potrebbe essere relativo all’evitabilità del danno da parte del danneggiato.

La responsabilità da cose in custodia presuppone in modo esclusivo che il danno si sia verificato per il dinamismo di una cosa soggetta al controllo del Comune, in qualità di convenuto.

Spetta all’ente pubblico dimostrare, con l’ordinaria diligenza, se quando si sono svolti i fatti, la cosa rappresentasse un’insidia visibile che il danneggiato poteva evitare.

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