Sulla giurisdizione del giudice amministrativo qualora si verifichi l’esercizio di poteri discrezionali e sulla correttezza di un Tar che ha stabilito di esaminare per primo il ricorso principale, in quanto l’ordine di valutazione di detta impugnativa na

Lazzini Sonia 22/05/08
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La procedimentalizzazione dell’attività di scelta del privato contraente, a sua volta, giustifica l’affermazione di un avvenuto esercizio di poteri discrezionali, e perciò autoritativi, della A.u.s.l. sul corretto svolgimento del quale può essere chiesto il sindacato del giudice amministrativo; la volontà, dunque, di espletare una gara mediante l’esercizio di poteri pubblicistici ed il ricorso a procedure e moduli non paritetici nella scelta del contraente, esclude che l’Amministrazione abbia inteso agire iure privatorum ed implica la devoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo._ Poiché, anche con il ricorso incidentale si tendeva ad ottenere l’esclusione del ricorrente principale, per vizi assertivamente concernenti proprio la fase di prequalificazione alla gara, va riconosciuto l’interesse di entrambi i contendenti, anche se nella condizione di non poter conseguire l’appalto, di vedere annullata l’aggiudicazione disposta in favore dell’altro concorrente, dato l’onere della P.A. di indire eventualmente un nuovo confronto competitivo al quale ciascuno potrebbe partecipare con la chance di aggiudicarselo
 
Merita di essere segnalata la decisione numero 1611 del 14 aprile 2008, inviata per la pubblicazione in data 17 aprile 2008, emessa dal Consiglio di Stato
 
 
< Tuttavia, non può riscontrarsi alcuna priorità logica allorché entrambi i ricorsi siano reciprocamente diretti ad ottenere l’esclusione dalla gara della controparte, specialmente nel caso in cui i partecipanti alla gara siano soltanto due e l’accoglimento di un ricorso determinerebbe inevitabilmente la declaratoria di inammissibilità dell’altro, per difetto di interesse.
 
In tale evenienza, deve perciò ritenersi che sussista parità logica tra parti contrapposte, quando entrambe coltivino l’interesse a partecipare ad un’eventuale rinnovazione della procedura; posto che, altrimenti, come esattamente osservato dal Consorzio la partecipazione alla gara di soli soggetti sprovvisti dei requisiti di partecipazione, renderebbe virtualmente inattaccabile l’aggiudicazione illegittima, ove del caso, disposta in favore di uno di essi.>
 
Relativamente alle cause di esclusione da una procedura ad evidenza pubblica, merita sapere che:
 
< Si premette, invero, che la lettera d’invito alla gara d’appalto prescriveva, al punto A), che la busta n. 1 (Documentazione amministrativa) doveva, tra l’altro, contenere, a pena di esclusione, il modello, in allegato, di dichiarazione sostitutiva di certificazione e dell’atto di notorietà, ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000, compilato in ogni sua parte. Nella “NOTA IMPORTANTE” sotto riportata si precisava che tale dichiarazione costituiva elemento indispensabile per la validità dell’offerta e che l’eventuale omissione o non corretta compilazione avrebbe comportato l’esclusione dalla gara.
 
Il ALFA ha prodotto per sé la dichiarazione di cui sopra, ma non anche per la consorziata società cooperativa ALFA BIS a r.l., con sede legale in Ravenna, in nome e per conto della quale aveva dichiarato di partecipare alla gara.
 
Poiché, invece, la dichiarazione sostitutiva de qua doveva essere presentata da ciascuna delle imprese raggruppate o consorziate, così come stabilito dalla lex specialis (v. la predetta “nota importante”), ne consegue che l’offerta del ALFA si rivelava gravemente inficiata dalla predetta omissione, senza che il rilevato vizio potesse ritenersi eliminato dalla successiva produzione integrativa, avuto riguardo al carattere essenziale e non già di mera regolarizzazione del prescritto adempimento.
 
 
Del resto, è emerso, altresì, che la società cooperativa ALFA BIS era priva dei requisiti soggettivi di moralità professionale per essere ammessa alla gara, stante che un suo amministratore, tale sig. *************, ancora in carica alla data di scadenza del termine di presentazione delle domande di partecipazione, aveva a suo carico una consistente serie di precedenti penali per reati soprattutto di natura finanziaria.
 
 
Appare, dunque, sterile affermare che la dichiarazione relativa alle sentenze passate in giudicato riguardava i reati di natura mafiosa, ovvero che la clausola inerente “la mancata selezione di una delle sopraelencate opzioni” si riferiva al diritto al lavoro dei disabili, giacché la società ALFA BIS è risultata, comunque, priva dei requisiti di idoneità morale richiesti dall’art. 12 del D. Lgs. n. 157/95, a nulla rilevando la circostanza che il sig. P. fosse un semplice componente del C.d.A. della società, tenuto conto della composizione tutt’altro che pletorica di tale organo e, quindi, dell’importanza anche di un solo amministratore sia all’interno che all’esterno della compagine sociale.>
 
 
A cura di *************
 
 
Riportiamo qui di seguito la decisione numero 1611 del 14 aprile 2008 emessa dal Consiglio di Stato
 
                REPUBBLICA ITALIANA             N. 1611/08 REG.DEC.
            IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                 N. 1625 REG. RIC.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale   Quinta Sezione       ANNO 2007
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso n. 1625/2007, proposto dal ALFA Soc. Cons. a r.l. (ALFA), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dai professori avvocati ************** e ***************, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, Via Principessa Clotilde n. 2;
c o n t r o
il CONSORZIO BETA, Soc. Cons. a r.l. (BETA.), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. *************, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, Piazza Capo di Ferro n. 13;
AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE DI PESCARA, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. ************************ ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. ******************* in Roma, Viale delle Milizie n. 106;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per l’Abruzzo, Sede di Pescara, n. 27 del 10 gennaio 2007;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti resistenti;
Viste le memorie prodotte dalle parti costituite a sostegno delle rispettive difese;
Visto il ricorso in appello incidentale (improprio), proposto dall’Amministrazione appellata;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 29 maggio 2007, il Consigliere ******************;
Uditi gli avvocati ********. ***** e ********;  
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
Il Gruppo appellante (ALFA) ha partecipato ad una gara indetta dall’ASL di Pescara per l’affidamento, mediante trattativa privata, del servizio di supporto e sussidiari per garantire l’operatività dell’elisuperficie, in terrazza ubicata presso l’Ospedale Civile “Spirito Santo” di Pescara per un periodo di due anni.
La predetta società consortile ha presentato la propria offerta, dichiarando di partecipare alla gara in nome e per conto della propria consorziata ALFA BIS s.c. a r.l., con sede in Ravenna.
La Commissione Approvvigionamento Beni e Servizi dell’Azienda ha ammesso alla gara due ditte, il Consorzio BETA ed il ALFA, ma, a seguito della relazione tecnica presentata dal responsabile del Servizio Emergenza Sanitaria 118, ha escluso dalla fase successiva il Consorzio BETA per avere questo ottenuto per l’offerta tecnica, a causa del criterio proporzionale di valutazione delle offerte tecniche, punti 18/60, cioè un punteggio inferiore al minimo stabilito di 36/60.
Il ricorso proposto dal menzionato BETA. dinanzi al T.A.R. per l’Abruzzo per ottenere l’annullamento degli atti della predetta procedura di gara, è stato accolto dalla Sezione staccata di Pescara con la sentenza indicata in epigrafe, avverso la quale è stato interposto il presente atto di appello per: violazione dell’art. 37 T.U. 26 giugno 1924, n. 1054 e 37 L. 6 dicembre 1971, n. 1034. Omessa pronuncia.
Ad avviso dell’appellante la sentenza sarebbe in primo luogo erronea, per avere esaminato prioritariamente il ricorso principale in luogo di quello incidentale, addirittura prescindendo dall’esame delle questioni poste con tale ultimo ricorso, questioni la cui fondatezza avrebbe dovuto condurre ad una dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale.
Vengono, quindi, riproposte le censure formulate con il ricorso incidentale e non esaminate dal TAR: eccesso di potere per difetto di istruttoria. Errore sui presupposti di fatto. Violazione della lettera di invito.
Si sostiene, inoltre, che il ricorso del BETA. era non solo inammissibile, ma anche infondato, e si chiede, pertanto, la riforma della sentenza impugnata con la declaratoria di inammissibilità o il rigetto per infondatezza del ricorso principale di primo grado, spese ed onorari vinti.
Nel suo ricorso in appello incidentale (improprio) l’Amministrazione appellata ha riproposto il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, per la fornitura dei servizi sotto soglia comunitaria affidata a trattativa privata.
Dal canto suo, il BETA. ha diffusamente argomentato in senso contrario alle tesi dell’appellante, concludendo per il rigetto del gravame e per la conferma della sentenza impugnata, con vittoria di spese, diritti ed onorari di giudizio.
D I R I T T O
1.- In via pregiudiziale va esaminata la questione di giurisdizione, sulla quale il primo giudice si era già pronunciato disattendendo la relativa eccezione formulata da entrambe le parti resistenti.
Nell’odierno grado di giudizio l’Azienda Unità Sanitaria Locale di Pescara ha ribadito, con appello incidentale, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 3, comma 1 ter del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall’art. 3 del D. Lgs. 19 giugno 1999, n. 229 (c.d. riforma Bindi).
Statuisce, infatti, la richiamata norma che le Aziende Sanitarie Locali agiscono mediante atti di diritto privato e che “I contratti di fornitura di beni e servizi, il cui valore sia inferiore a quello stabilito dalla normativa comunitaria in materia, sono appaltati e contrattati direttamente secondo le norme di diritto privato indicate nell’atto aziendale di cui al comma 1 bis.”
Poiché, dunque, ad avviso dell’Amministrazione sanitaria, la presente fattispecie riguarderebbe un contratto di fornitura di servizi sotto soglia di rilevanza comunitaria affidato a trattativa privata, l’aggiudicazione dell’appalto si sottrarrebbe alle procedure ad evidenza pubblica e rientrerebbe nella giurisdizione del giudice ordinario, trovando applicazione alla fattispecie le norme del codice civile.
Pertanto, essendo disciplinati da norme privatistiche i contratti di fornitura di beni e servizi sotto soglia comunitaria, senza procedimenti ad evidenza pubblica e senza che l’Amministrazione utilizzi potestà pubbliche, non si determinerebbero situazioni di soggezione a potestà generatrici di posizioni di interesse legittimo.
Il giudice di prime cure aveva respinto l’eccezione ritenendo che, allo stato degli atti, non potesse escludersi la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.
Il T.A.R. di Pescara aveva, al riguardo, “osservato in punto di fatto che la lettera d’invito ed il capitolato speciale non contengono una base d’asta, né dallo stato degli atti è possibile rilevare il costo del servizio in questione richiesto dalle parti. Per cui, non essendo stato determinato l’importo ed il valore dell’appalto, sembra evidente che non possa utilmente farsi riferimento alla <soglia> fissata dalla normativa comunitaria. In aggiunta, va anche rilevato che nell’indire la gara in questione l’Azienda USL di Pescara ha fatto espresso riferimento alla normativa vigente in materia di scelta del contraente, per cui ha inteso rispettare i principi comunitari di evidenza pubblica e non agire nella scelta del contraente mediante atti di diritto privato.” (cfr. sentenza 27/07, pag. 5).
Questa Sezione condivide l’avviso espresso dal primo giudice, atteso che non risulta comprovata l’appartenenza dell’appalto de quo alla categoria dei contratti sotto soglia di rilevanza comunitaria, che la legge vigente ratione temporis assoggettava alla disciplina di diritto privato.
Sicché non può revocarsi in dubbio che -mancando negli atti di gara concreti ed attendibili elementi di valutazione, idonei a consentire, con sufficiente approssimazione, la determinazione dell’effettivo valore dell’appalto- la controversia all’esame debba rientrare nella competenza del giudice amministrativo, al pari di quelle concernenti le “procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale.” (cfr. art. 6, comma 1 L. 21 luglio 2000, n. 205; v. pure art. 7).
In ogni caso, il Collegio non ravvisa plausibili ragioni per discostarsi dall’orientamento interpretativo espresso dalla Sezione in una precedente, analoga occasione (cfr. C.S., Sez. V, 29 maggio 2006, n. 3261).
Ha rammentato, allora, il giudice d’appello che le norme del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, da applicare nel caso in esame, sono i commi 1-bis ed 1-ter dell’art. 3.
Nel primo si afferma che le aziende, nelle quali sono costituite le unità sanitarie locali, hanno “personalità giuridica pubblica” ma, tuttavia, la loro organizzazione ed il funzionamento sono disciplinati “con atto aziendale di diritto privato”.
Nel comma 1-ter si stabilisce, poi, che “i contratti di fornitura di beni e servizi, il cui valore sia inferiore a quello stabilito dalla normativa comunitaria in materia sono appaltati o contrattati direttamente secondo le norme di diritto privato indicate nell’atto aziendale”, di cui sopra.
Ha osservato, quindi, la Sezione giudicante che “la formula della legge subordina, perciò, alla condizione che sia stato emanato il predetto <atto aziendale>, la regola che sono disciplinate dal diritto privato le attività preparatorie dei contratti, oltre che, ovviamente, quelle consistenti nella loro esecuzione.
Orbene, se questa condizione si sia avverata nel caso in esame non è dato sapere, in quanto la circostanza non emerge dagli atti processuali, né se ne accenna minimamente nelle difese di controparte.
Va, peraltro, rilevato che “l’Azienda U.S.L. resistente, che ha personalità giuridica pubblica, ha proceduto alla scelta del privato contraente mediante svolgimento di una gara.
Ha, in altri termini, dato luogo alla selezione delle imprese, che avevano espresso la loro disponibilità a stipulare il contratto ed avevano prodotto la loro offerta, avvalendosi dei suoi poteri discrezionali di scelta. Questi poteri, in capo ad un ente pubblico, hanno natura autoritativa, perché assegnati per la cura di interessi sovraordinati o pubblici. In capo ad un soggetto privato sono, invece, diritti riconducibili alla sua sfera di autonomia, vale a dire alla facoltà, riconosciuta dall’ordinamento, di dare un assetto ai propri interessi, potendo produrre effetto su paritarie posizioni di altri soggetti, ma senza che, di norma, essi assumano rilievo per la collettività.
La nota conseguenza dell’esercizio di poteri autoritativi è quella della loro sindacabilità, da parte del giudice amministrativo, a tutela, per i soggetti sui quali essi incidono, di situazioni soggettive di interesse legittimo, alle quali è assicurata tutela dall’art. 113 Cost.” (cfr. dec. Sez. V, n. 3261/06, cit.).
Da quanto sopra discende che la verosimile “inesistenza dell’atto di organizzazione <aziendale> non comporta la riconducibilità sotto le regole del diritto privato della gara esperita e rende non rilevanti, per la specifica selezione svolta, le norme esaminate dell’art. 3 d. lgs. 502 del 1992. La procedimentalizzazione dell’attività di scelta del privato contraente, a sua volta, giustifica l’affermazione di un avvenuto esercizio di poteri discrezionali, e perciò autoritativi, della A.u.s.l. sul corretto svolgimento del quale può essere chiesto il sindacato del giudice amministrativo.” (cfr. dec. Sez. V, n. 3261/06, cit.).
La volontà, dunque, di espletare una gara mediante l’esercizio di poteri pubblicistici ed il ricorso a procedure e moduli non paritetici nella scelta del contraente, esclude che l’Amministrazione abbia inteso agire  iure privatorum ed implica la devoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Va, perciò, respinto l’appello incidentale proposto dall’Amministrazione resistente.
2.- Nella sua memoria di costituzione in giudizio, l’appellato Consorzio BETA ha eccepito in rito che l’atto di appello non è stato notificato al difensore costituito in primo grado, avv. *****, ********, bensì all’avv. *************, che in primo grado aveva rinunciato al mandato.
Si è, quindi, rimesso a questo Consesso il giudizio circa la validità o meno della notifica e la conseguente inammissibilità dell’appello.
Il Collegio ritiene di soprassedere al vaglio dell’eccezione, avuto riguardo alla ravvisata infondatezza del presente atto di appello.
3.- E’, infatti, destituito di fondamento l’unico motivo di doglianza, che il ALFA ha dedotto a carico della sentenza impugnata.
Al riguardo, ha sostenuto l’appellante che il suo ricorso incidentale si basava sul rilievo dell’insussistenza, in capo al BETA., della gestione di elisuperfici ai sensi del D.M. 8/8/2003.
Poiché, a suo avviso, tale gestione era prevista dalla lettera d’invito quale requisito di partecipazione, e non come mero indice per la valutazione della qualità dell’offerta, avrebbe errato il TAR nel non procedere prioritariamente all’esame del ricorso incidentale proposto dall’attuale appellante.
Ha, in proposito, ricordato il ALFA che qualora, come nel caso di specie, l’eventuale accoglimento del ricorso incidentale precluda l’accoglimento del ricorso principale, per sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente principale all’annullamento degli atti impugnati, il primo ricorso deve essere esaminato con priorità rispetto al secondo.
A sostegno della sua tesi l’appellante ha citato la pronuncia della Sezione IV di questo Consiglio n. 8265 del 30 dicembre 2006 la quale, se effettivamente ha ritenuto che dovrebbe essere esaminato per primo il ricorso incidentale tendente a paralizzare l’azione principale per ragioni di ordine processuale, ha però aggiunto che il giudice è tenuto a dare la precedenza alle questioni sollevate dal ricorrente incidentale che abbiano priorità logica su quelle sollevate dal ricorrente principale.
Il Collegio ritiene, quindi, che l’affermazione dell’appellante non sia condivisibile in quanto, secondo l’orientamento espresso dalla Sezione in una recente occasione, l’ordinamento processuale amministrativo non detta alcuna disposizione, né pone criteri generali circa l’ordine di esame del ricorso principale e di quello incidentale congiuntamente trattati, con la conseguenza che la relativa scelta è lasciata al prudente apprezzamento discrezionale del giudice adito, censurabile unicamente sotto il profilo dell’irragionevolezza (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 7 aprile 2006, n. 1877).
Se è vero, infatti, che, in linea generale, il ricorso incidentale va esaminato dopo quello principale e solo in caso di riconosciuta ed astratta fondatezza di questo, deve riconoscersi che la giurisprudenza di questo Consiglio ha, tuttavia, individuato delle fattispecie in cui l’esame del ricorso incidentale può o deve precedere la valutazione del ricorso principale, in particolare quando –come sopra accennato- le questioni sollevate dal ricorrente incidentale abbiano la priorità logica su quelle sollevate dal ricorrente principale, siccome suscettibili di incidere sull’esistenza dell’interesse a ricorrere di quest’ultimo e, quindi, sulla sussistenza di una condizione dell’azione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 29 agosto 2005, n.4407)
Peraltro, l’iter logico del processo decisionale va ristabilito -secondo la regola generale- a favore del ricorso principale, allorché le censure sollevate con quest’ultimo riguardino atti della procedura di gara anteriori a quelli relativi alla fase della valutazione delle offerte, che abbia formato oggetto del ricorso incidentale, e, quindi, evidenzino vizi genetici del procedimento in grado, come tali, di determinare l’illegittimità di ogni attività conseguente (cfr. C.S., V, n. 4407/2005, cit.).
Tuttavia, non può riscontrarsi alcuna priorità logica allorché entrambi i ricorsi siano reciprocamente diretti ad ottenere l’esclusione dalla gara della controparte, specialmente nel caso in cui i partecipanti alla gara siano soltanto due e l’accoglimento di un ricorso determinerebbe inevitabilmente la declaratoria di inammissibilità dell’altro, per difetto di interesse.
In tale evenienza, deve perciò ritenersi che sussista parità logica tra parti contrapposte, quando entrambe coltivino l’interesse a partecipare ad un’eventuale rinnovazione della procedura; posto che, altrimenti, come esattamente osservato dal BETA., la partecipazione alla gara di soli soggetti sprovvisti dei requisiti di partecipazione, renderebbe virtualmente inattaccabile l’aggiudicazione illegittima, ove del caso, disposta in favore di uno di essi.
Da quanto sopra discende che, nella specie, il T.A.R. ha correttamente stabilito di esaminare per primo il ricorso principale, in quanto l’ordine di valutazione di detta impugnativa nasceva dalla constatazione che con essa si censurava l’omessa esclusione dalla gara del controinteressato, per l’asserita mancanza in capo a quest’ultimo dei requisiti minimi di ammissione alla medesima.
Poiché, tuttavia, anche con il ricorso incidentale si tendeva ad ottenere l’esclusione del ricorrente principale, per vizi assertivamente concernenti proprio la fase di prequalificazione alla gara, va riconosciuto l’interesse di entrambi i contendenti, anche se nella condizione di non poter conseguire l’appalto, di vedere annullata l’aggiudicazione disposta in favore dell’altro concorrente, dato l’onere della P.A. di indire eventualmente un nuovo confronto competitivo al quale ciascuno potrebbe partecipare con la chance di aggiudicarselo (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 14 aprile 2006, n. 2095).
Non può dirsi, peraltro, che il giudice di primo grado abbia omesso di pronunciarsi sul ricorso incidentale, ove si consideri che il T.A.R. ha effettivamente esaminato tale ricorso, giungendo però alla conclusione che esso non fosse idoneo ad impedire l’accoglimento del ricorso principale.
Ha, in realtà, rilevato il primo giudice che il ricorso incidentale è deputato a svolgere la funzione di paralizzare la possibilità di accoglimento del ricorso principale, introducendo una ragione ostativa all’accoglimento delle censure dedotte.
Senonchè, la questione posta a fondamento del ricorso incidentale (vale a dire, quella secondo cui la società ricorrente non avrebbe gestito alcuna elisuperficie, né servizi antincendio) non poteva in ogni caso produrre l’effetto perseguito, in quanto la lettera d’invito non prevedeva lo svolgimento di tali attività come requisito di partecipazione alla gara, mentre l’insufficienza sotto il profilo tecnico dell’offerta presentata dal BETA. era derivata dal fatto che le offerte presentate erano state valutate comparativamente.
Il convincimento del Collegio nasce proprio dalla lettura della lex specialis della gara che -al punto B), relativo all’offerta tecnica-, prescriveva, a pena di esclusione, che la busta B contenesse, tra gli altri, gli elenchi delle elisuperfici presso cui venivano svolti servizi antincendio, ai sensi del D.M. 121/90, e di gestione, ai sensi del D.M. 8/8/2003.
E non può, al riguardo, dubitarsi che il BETA. abbia regolarmente adempiuto a quanto richiesto, ove si ponga mente a quanto riferito sul punto nella relazione tecnica in data 6 giugno 2006 a firma del Responsabile del SUEM 118 dell’Azienda U.S.L. di Pescara.
Appurare, poi, se la concorrente avesse, o meno, effettivamente gestito elisuperfici o svolto servizi antincendio, era un’attività riservata alla valutazione della Commissione di gara e si riferiva ad un elemento rilevante agli effetti dell’attribuzione del punteggio per la capacità tecnica.
Correttamente, dunque, il primo giudice ha omesso di affrontare il merito della questione, ritenendo di non potersi sostituire ai competenti organi di amministrazione attiva della stazione appaltante.
4.- Quanto al ricorso principale proposto in prima istanza dal BETA., si osserva che la decisione assunta dal giudice di prime cure appare sostanzialmente condivisibile, con riferimento ad entrambe le doglianze formulate dal Consorzio ricorrente.
Si premette, invero, che la lettera d’invito alla gara d’appalto prescriveva, al punto A), che la busta n. 1 (Documentazione amministrativa) doveva, tra l’altro, contenere, a pena di esclusione, il modello, in allegato, di dichiarazione sostitutiva di certificazione e dell’atto di notorietà, ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000, compilato in ogni sua parte. Nella “NOTA IMPORTANTE” sotto riportata si precisava che tale dichiarazione costituiva elemento indispensabile per la validità dell’offerta e che l’eventuale omissione o non corretta compilazione avrebbe comportato l’esclusione dalla gara.
Il ALFA ha prodotto per sé la dichiarazione di cui sopra, ma non anche per la consorziata società cooperativa ALFA BIS a r.l., con sede legale in Ravenna, in nome e per conto della quale aveva dichiarato di partecipare alla gara.
Poiché, invece, la dichiarazione sostitutiva de qua doveva essere presentata da ciascuna delle imprese raggruppate o consorziate, così come stabilito dalla lex specialis (v. la predetta “nota importante”), ne consegue che l’offerta del ALFA si rivelava gravemente inficiata dalla predetta omissione, senza che il rilevato vizio potesse ritenersi eliminato dalla successiva produzione integrativa, avuto riguardo al carattere essenziale e non già di mera regolarizzazione del prescritto adempimento.
Del resto, è emerso, altresì, che la società cooperativa ALFA BIS era priva dei requisiti soggettivi di moralità professionale per essere ammessa alla gara, stante che un suo amministratore, tale sig. *************, ancora in carica alla data di scadenza del termine di presentazione delle domande di partecipazione, aveva a suo carico una consistente serie di precedenti penali per reati soprattutto di natura finanziaria.
Appare, dunque, sterile affermare che la dichiarazione relativa alle sentenze passate in giudicato riguardava i reati di natura mafiosa, ovvero che la clausola inerente “la mancata selezione di una delle sopraelencate opzioni” si riferiva al diritto al lavoro dei disabili, giacché la società ALFA BIS è risultata, comunque, priva dei requisiti di idoneità morale richiesti dall’art. 12 del D. Lgs. n. 157/95, a nulla rilevando la circostanza che il sig. P. fosse un semplice componente del C.d.A. della società, tenuto conto della composizione tutt’altro che pletorica di tale organo e, quindi, dell’importanza anche di un solo amministratore sia all’interno che all’esterno della compagine sociale.
In conclusione, la ravvisata infondatezza delle dedotte censure conduce al rigetto del proposto atto di appello principale ed alla conferma dell’impugnata sentenza di accoglimento emessa in primo grado.
Quanto alle spese di lite, il Collegio ritiene equo compensarle integralmente fra le parti in causa.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, respinge l’appello principale e l’appello incidentale.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2007, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in Camera di Consiglio, con l’intervento dei seguenti Magistrati:
******       *******                         PRESIDENTE
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI CONSIGLIERE           
*******     ************               CONSIGLIERE             
******        RUSSO                            CONSIGLIERE
******************   est.             CONSIGLIERE
ESTENSORE                                  IL PRESIDENTE
F.to ******************    *******************
 
IL SEGRETARIO
F.to *******************
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 14-04-2008
(Art. 55 L. 27/4/1982, n. 186)
p. IL DIRIGENTE
f.to********************i
 

Lazzini Sonia

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