Stalking e lavoro

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Il fatto che in Italia manchi ancora un’apposita legge contro il mobbing, ha dato origine a un acceso dibattito tra quelli che ritengono indispensabile disciplinare normativamente il fenomeno del mobbing e quelli che invece sono contrari.
E’ stato recentemente introdotto nel nostro Ordinamento l’art. 612 bis del codice penale (‘Atti persecutori’), secondo il quale "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero di ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita".
Il Legislatore italiano ha voluto in questo modo contrastare il fenomeno del cosiddetto ‘stalking’ (dall’inglese to stalk = molestare, perseguitare).
Una delle differenze tra il mobbing e lo stalking è che in quest’ultimo l’aggressore pone in essere la condotta persecutoria nell’ambito della vita privata della vittima, mentre nel mobbing l’aggressore si muove all’interno dell’ambiente di lavoro.
Tuttavia, gli effetti negativi del mobbing non sono legati soltanto alla sfera economica e professionale (ad esempio, l’autoeliminazione della vittima che molto spesso si trova costretta a dimettersi), ma finiscono inevitabilmente col ripercuotersi nella vita sociale, personale, familiare del lavoratore vittima di mobbing (svilimento della personalità e della dignità umana che può provocare disturbi psicofisici, perdita di fiducia e di autostima, stato d’ansia, ecc.).
Ecco perché, a mio parere, quello dello stalking è un fenomeno per certi versi simile a quello del mobbing, soprattutto per quanto riguarda gli effetti negativi sulla persona, persona che lo Stato ha il dovere di tutelare in qualsiasi ambito della vita.
Si possono verificare episodi di stalking anche in ambito lavorativo, e non si tratta necessariamente di episodi posti in essere dal datore o dal superiore.
Si pensi al caso di quel dipendente che, volendosi vendicare del datore di lavoro ritenuto arrogante e autoritario, lo attacca sulla sfera privata con telefonate continue nel cuore della notte, messaggi sms intimidatori, minacce, ingiurie, ecc.  
Viceversa, si pensi al caso del datore di lavoro che non accetta il rifiuto di avances da parte di una dipendente e pone in essere nei confronti di questa una serie di atti riconducibili allo stalking.
In queste ipotesi, si parla di stalking cosiddetto ‘occupazionale’ traendo origine gli atti persecutori dall’ambiente di lavoro.
 
 

Russo Maximilian Maria

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