Stabilità e ricorribilità in Cassazione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e nei giudizi de potestate

Redazione 28/01/19
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di Romolo Donzelli

Sommario

1. Primo quadro d’insieme della giurisprudenza

2. Le pronunce della Cassazione del 2016 sull’ammissibilità del ricorso straordinario nei procedimenti de potestate

3. Le conferme più recenti a favore dell’idoneità al giudicato dei provvedimenti de potestate

4. Rilievi conclusivi

Giuseppe Chiovenda, nell’interrogarsi sulla natura delle decisioni pronunciate in caso di abuso della patria potestà ai sensi dell’art. 233 del codice civile del 1985, osservava che tali decisioni «implicano modificazione del rapporto giuridico derivante fra padre e figlio dalla filiazione» e precisava, dunque, che per l’adozione delle relative decisioni «non si procede in camera di consiglio, perché né la legge lo dice, né la materia lo comporta, né può parlarsi di un procedimento senza contraddittore, essendo manifesto il conflitto fra attore e genitore, al fine di privare questo dei poteri che sono anche suoi diritti»[1].

Nel codice civile del ’42 i provvedimenti de potestate, disciplinati dagli artt. 330 ss., vengono assegnati alla competenza del Tribunale per i minorenni, che procede nelle forme camerali previste dall’art. 336 c.c.

In questo nuovo contesto normativo, la giurisprudenza ha per lungo tempo ritenuto che tali provvedimenti avessero natura sostanzialmente giurisdizionalvolontaria e non contenziosa: mera gestione di interessi, dunque, e non tutela di diritti soggettivi[2].

Le conseguenze di tale impostazione sono p>de potestate in conformità alla previsione di cui all’art. 742 c.p.c., dall’altro, la non ricorribilità in cassazione dei decreti pronunciati ai sensi dell’art. 336 c.c., stante il difetto dei requisiti di decisorietà e definitività; requisiti, che condizionano l’ammissibilità del ricorso straordinario in Cassazione ex art. 111, comma 7, Cost.

Se, tuttavia, si volge lo sguardo ai provvedimenti sull’affidamento dei figli minori nei giudizi di separazione e divorzio, nonostante l’evidente affinità con le decisioni assunte ex artt. 330 ss. c.c., può notarsi che l’andamento della giurisprudenza è stato più altalenante.

Il problema non si è posto nei giudizi di separazione giudiziale e di divorzio, nei quali la sentenza di appello è ordinariamente ricorribile ex art. 360 c.p.c., bensì nei giudizi camerali di modifica delle condizioni di separazione o divorzio rispettivamente previsti dagli artt. 710 c.p.c. e 9 l. div.; qui, infatti, il dubbio consisteva nuovamente se ammettere il ricorso straordinario avverso i decreti pronunciati a definizione del reclamo.

A tal proposito la giurisprudenza ha prima ammesso il ricorso[3], poi lo ha negato[4]. Ed infine ha nuovamente ammesso la ricorribilità in cassazione di siffatti decreti dando l’avvio ad un nuovo orientamento ormai consolidatosi[5].

Al medesimo esito si è giunti con riguardo ai decreti camerali relativi all’affidamento dei figli minori nati da genitori non coniugati. Per lungo tempo tali provvedimenti sono stati equiparati, quanto al regime, a quelli de potestate, sicché si è ritenuto che fossero sempre modificabili anche sulla base di circostanze di fatto preesistenti e non fossero soggetti all’impugnazione prevista dall’art. 111, comma 7 Cost. Successivamente, tuttavia, ed in ispecie con la riforma della filiazione, la giurisprudenza ha mutato orientamento, dovendosi procedere ad una equiparazione dei diritti, anche processuali, dei figli minori a prescindere dalla sussistenza o meno del vincolo matrimoniale tra i genitori[6].

[1] Chiovenda, Principii di diritto processuale civile, Napoli, 1928, 1260; cfr. anche Piola, Delle persone incapaci, t. 1, in Il diritto civile italiano secondo la dottrina e la giurisprudenza, IV, Delle persone, Torino, 1910, 853; Stolfi, Diritto civile, V, Diritto di famiglia, Torino, 1921, 590 s.: «qui si pone in essere un conflitto di diritti e di interessi, per la risoluzione del quale si rendono necessarie le forme ordinarie della procedura civile e le guarentigie di una discussione giudiziale»; Borsari, Commentario del codice civile italiano, I, Torino-Napoli, 1871, 861: «l’oggetto della questione è di tale gravità che non può essere discusso se non colla forma dei giudizi contenziosi. Nullameno l’indole amministrativa del provvedimento […]».

[2] Il precedente a cui si deve il consolidamento di tale opzione interpretativa è costituito, come noto, da Cass. civ., S.U., 23 ottobre 1986, n. 6220, in Foro it., 1987, I, 3278 ss.

[3] Cfr. ad es. Cass. civ. 25 novembre 1976, n. 4441, in Rep. Foro it., 1976, Matrimonio, n. 237; Cass. civ. 19 ottobre 1977, n. 4470, in Rep. Foro it., 1977, Matrimonio, n. 314; Cass. civ. 29 aprile 1982, n. 2687, in Giust. civ., 1982, I,p 1751; Cass. 26 febbraio 1983, n. 1474, in Giur. it., 1983, I, 1, 673; Cass. civ. 1° luglio 1987, n. 5046, in Giust. civ., 1987, I, 2856; Cass. civ. 26 febbraio 1988, n. 2050; Cass. civ. 11 giugno 1991, n. 6621; Cass. civ. 10 ottobre 1991, n. 11042, in Mass. giur. it., 1991; Cass. civ. 30 dicembre 2004, n. 24265, in Fam. dir., 2005, 501 ss., con nota di Bianchi, Affidamento dei figli, revisione della sentenza di separazione e ricorso straordinario.

[4] Cfr. Cass. civ. 4 settembre 1997, n. 8495, in Fam. dir., 1997, 514 ss., con nota adesiva di Vullo, Sul ricorso straordinario in cassazione contro i provvedimenti di modifica delle condizioni di separazione; Cass. civ. 22 maggio 1999, n. 4988, in Giur. it., 2000, 711, con nota di Ferri, Tutela del diritto alla revisione delle condizioni della separazione consensuale e rito camerale; Cass. civ. 14 agosto 1998, n. 8046, in Fam. dir, 1999, 132, con nota di Porcari, Sul ricorso ex art. 111 Cost. contro i provvedimenti di modifica delle condizioni di separazione; Cass. civ. 23 marzo 2002, n. 4499, in Arch. civ., 2003, 81; Cass. civ. 28 giugno 2002, n. 9484, in Arch. civ., 2003, 426; Cass. civ. 4 giugno 2004, n. 10632, in Guida dir., 2004, 28, 60; Cass. civ. 8 luglio 2004, n. 12562; Cass. civ. 9 luglio 2004, n. 12691.

[5] Cfr. Cass. 30 dicembre 2004, n. 24265; Cass. civ. 4 febbraio 2005, n. 2348; Cass. civ. 18 agosto 2006, n. 18187, in Fam. dir, 2007, 345 ss., con nota di Dogliotti, Affidamento congiunto, affidamento condiviso: un primo intervento della Cassazione; Cass. civ. 28 agosto 2006, n. 18627; Cass. civ. 17 giugno 2009, n. 14093, in Nuova giur. civ., 2010, 80 ss., con nota di Puliti, Separazione personale e procedura camerale di revisione delle condizioni della separazione; Cass. civ. 17 maggio 2012, n. 7770, in Fam. pers. succ., 2012, 682, con nota di Bianchi, Sulla ricorribilità in Cassazione del decreto della Corte d’appello di modifica delle condizioni di separazione dei coniugi; Cass. civ. 8 maggio 2013, n. 10720, in Fam. dir, 2014, 35, con nota di Lai, La cassazione conferma: riformare in appello le sentenze di separazione dipende di regola dal riesame di circostanze già dedotte in primo grado; Cass. civ. 30 luglio 2014, n. 17278; Cass. civ. 18 settembre 2014, n. 19694.

[6] Cfr. in particolare Cass. civ. 4 novembre 2009, n. 23411 e Cass. civ. 30 ottobre 2009, n. 23032, in Fam. dir., 2010, 113 ss., con nota di Dosi, Ricorribili per cassazione per violazione di legge i decreti della corte di appello nelle procedure ex art. 317 bis c.c.; Cass. civ. 21 marzo 2011, n. 6319; Cass. 21 novembre 2013, n. 26122; Cass. civ. 30 luglio 2014, n. 17278; Cass. civ. 26 marzo 2015, n. 6132, Foro it., 2015, I, 1542, con nota di Casaburi; Cass. civ. 3 aprile 2015, n. 6863, in motivazione; Cass. civ. 7 maggio 2015, n. 9203; Cass. civ. 7 febbraio 2017, n. 3192; Cass. civ. S.U., 30 marzo 2018, n. 8042.

Solo nel 2016 la prima sezione della Corte di Cassazione ha incrinato il pluriennale orientamento favorevole alla natura giurisdizionalvolontaria dei procedimenti de potestate sulla base dei seguenti argomenti[7]:

a) l’attività giurisdizionale svolta nei giudizi in questione non consiste in un mero controllo della responsabilità genitoriale nell’interesse preminente del minore, poiché, ai sensi dell’art. 336 c.c., come novellato dalla l. n. 149/2001, il procedimento si svolge in presenza di parti processuali tra loro in conflitto e sia i genitori sia il minore debbono essere ascoltati, nonché assistiti da un difensore;

b) il provvedimento conclusivo incide su diritti di natura personalissima, di primario rango costituzionale;

c) se si ammette la ricorribilità dei decreti camerali riguardanti l’affidamento dei figli minori, a fortiori si deve ammettere la ricorribilità delle decisioni che non si limitano a regolare l’esercizio della responsabilità genitoriale, bensì incidono profondamente sulla titolarità della stessa;

d) la riforma dell’art. 38 disp. att. c.c. ad opera della l. n. 219/2012 e del d.lgs. n. 154/2013, nel consentire che le misure limitative o ablative della responsabilità genitoriale possano essere assunte anche dal tribunale ordinario laddove penda un giudizio di separazione o divorzio, sollecita una piena parificazione del regime processuale delle decisioni assunte ai sensi degli artt. 330 ss. c.c. a quello proprio dei provvedimenti resi ai sensi degli artt. 337 bis ss. c.c.

Per questa via, si è, dunque, giunti all’esito di ritenere ricorribili in via straordinaria anche i provvedimenti de potestate, ritenuto idonei al giudicato rebus sic stantibus e come tali definitivi e decisori exart. 111, comma 7, Cost.

[7] Cfr. Cass. 21 novembre 2016, n. 23633, in Fam. dir., 2017, 225 ss., con nostra nota Sulla natura decisoria dei provvedimenti in materia di abusi della responsabilità genitoriale: una svolta nella giurisprudenza della Cassazione; nonché in Nuova giur. civ. comm, 2017, I, 563 ss., con nota di Nascosi, Ricorribilità per cassazione dei provvedimenti «de potestate »; in Giur.it., 2017, 1343 ss., con nota di Turroni, «And she opened the door and went in »: la Cassazione apre alle misure «de potestate »; in precedenza, sebbene solo in motivazione, v. Cass. 29 gennaio 2016, nn. 1743 e 1746, in Foro it., 2016, I, 814 ss., con nota di Casaburi; nonché in Fam. dir., 2016, 1135 ss., con nota di Ravot, Responsabilità genitoriale e provvedimenti de potestate.

Le recenti aperture hanno trovato successiva conferma in diverse pronunce della Cassazione.

Più in particolare, si è evidenziato, a completamento degli argomenti spesi dalle decisioni poc’anzi citate, che il tenore testuale delle disposizioni che disciplinano la modificabilità delle decisioni assunte in materia di affidamento e di decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale appare tutt’altro che univoco[8].

Nel primo ambito, l’art. 337 quinquies c.c. consente la revisione dei provvedimenti pronunciati ai sensi dell’art. 337 ter ss. c.c. «in ogni tempo» e l’art. 710 c.p.c. consente «sempre» la modifica dei provvedimenti riguardanti la prole ed i coniugi. D’altro canto, l’art. 156, comma 7, c.c. richiede per i secondi la sopravvenienza di «giustificati motivi». Se, invece, si volge lo sguardo alla legge sul divorzio si nota che l’art. 9 pone i «giustificati motivi» a presupposto della revisione delle disposizioni che riguardano tanto i figli minori, quanto gli ex coniugi.

Nel secondo ambito, ovvero con riguardo ai procedimenti de potestate, l’art. 333, comma 2, c.c. dispone che le decisioni con cui si limita la responsabilità genitoriale sono revocabili «in qualsiasi momento», ma, di contro, l’art. 332 c.c. autorizza il giudice a reintegrare il genitore nella responsabilità genitoriale «quando, cessate le ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata, è escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio».

Di fronte ad un dato normativo siffatto, dunque, la giurisprudenza ha correttamente ritenuto che l’unica opzione interpretativa plausibile consista nell’adottare una soluzione uniforme nei due diversi ambiti.

Muovendo da tale premessa, si è, dunque, osservato che «la revocabilità e modificabilità “a tutto campo” […] rischia di tradursi […] in una continua ed altalenante revisione dei provvedimenti stessi ad opera dello stesso giudice, in una materia nella quale l’esigenza di certezza e stabilità delle decisioni si pone, invece, in modo particolarmente intenso, nell’interesse prioritario dei minori», sicché «un regime di revocabilità limitata – cui faccia seguito la possibilità di ottenere una pronuncia risolutiva della Coste Suprema, ai sensi dell’art. 111 Cost. – è decisamente più rispondente all’esigenza di certezza nei rapporti familiari»[9].

In questa prospettiva si sono, dunque, orientate diverse pronunce della Suprema Corte[10] e, da ultimo, come auspicato[11], anche le Sezioni Unite, evidenziando che «l’emissione dei provvedimenti ablativi e limitativi della responsabilità genitoriale incide […] su diritti di natura personalissima e di rango costituzionale» ed al contempo un’incondizionata modificabilità di tali provvedimenti «non pare al Collegio idonea a porre il soggetto che li subisca al riparo dagli effetti nefasti che possono medio tempore prodursi nell’ambito delle relazioni familiari, sicché […] la tesi tradizionale che, ritenendoli non decisori e definitivi, esenta siffatti provvedimenti dall’immediato controllo garantistico di questa Corte comporta un vulnus al diritto di difesa e va, dunque, superata»[12].

[8] Così, Cass. civ. 25 luglio 2018, n. 19779, in Corr. giur., 2018, 1586 ss., con nota di Danovi, Provvedimenti relativi a minori e garanzia del ricorso in Cassazione: un fronte (giustamente) sempre più aperto.

[9] Cass. civ. 25 luglio 2018, n. 19779, cit.

[10] Cfr. Cass. civ. 20 aprile 2018, n. 9841; Cass. civ. 14 marzo 2018, n. 6384; Cass. civ. 6 marzo 2018, n. 5256; Cass. civ. 7 giugno 2017, n. 14145; Cass. civ. 16 giungo 2018, n. 15238; in senso contrario, ma senza prendere posizione sul nuovo orientamento appena indicato, v. Cass. civ. 10 luglio 2018, n. 18149.

[11] Cfr. il nostro Provvedimenti de potestate e ricorso straordinario: le Sezioni unite non risolvono tutti i dubbi, in Fam. dir., 2017, 864 ss.; nonché Tiscini, Ricorso straordinario in cassazione, evoluzioni giurisprudenziali, certezze e incertezze, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2018, 860 s.

[12] Cass. civ., S.U., 13 dicembre 2018, n. 32359.

Alla luce della più recente giurisprudenza sembra, dunque, doversi ritenere oramai superata la concezione giurisdizionalvolontaria dei provvedimenti resi nell’interesse dei figli minori tanto ai sensi degli artt. 337 ter ss., quanto ai sensi degli artt. 330 ss. c.c.

Tali provvedimenti, infatti, determinano il contenuto della responsabilità genitoriale e, più analiticamente, dei diritti, dei poteri e dei doveri, che spettano ai genitori ed ai figli[13].

Il loro grado di stabilità è, quindi, assimilabile a quello che è proprio di ogni provvedimento decisorio idoneo al giudicato ex art. 2909 c.c.

A tal riguardo non deve trarre in inganno la clausola rebus sic stantibus che sovente ricorre nelle decisioni giurisprudenziali.

La funzione di tale clausola, infatti, è rappresentata dal voler porre in evidenza che il provvedimento può essere rimesso in discussione sulla base di sopravvenienze. Regola generale, quest’ultima, che non implica una maggiore cedevolezza del giudicato in questo ambito, bensì rimarca che l’accertamento, nel riguardare rapporti giuridici di durata, è naturaliter esposto alle circostanze di fatto che si realizzano dopo il passaggio in giudicato del provvedimento o, più precisamente, dopo l’ultimo momento utile per poter allegare nel processo i fatti nuovi sopravvenuti[14].

In definitiva, i decreti camerali resi all’esito dei giudizi di reclamo aventi ad oggetto l’affidamento dei figli minori, siano questi nati da genitori coniugati o non, o l’assunzione delle misure de potestate debbono ritenersi definitivi e decisori e come tali ricorribili in via straordinaria in cassazione.

Al contempo, laddove i suddetti decreti passino in giudicato, la stabilità del provvedimento sarà assistita dall’ordinaria preclusione del dedotto e del deducibile, impendendo – così – una modifica dei medesimi sulla base di fatti o ragioni già sottoposte alla cognizione del giudice o sulla base di circostanze pur non allegate in precedenza, ma preesistenti alla pronuncia.

[13] Sul punto, sia consentito il rinvio al nostro I provvedimenti nell’interesse dei figli minori ex art. 709 ter c.p.c., Torino, 2018, 42 ss.

[14] Come autorevolmente chiarito, «quel che vi è di diverso in questi casi non è una minore rigidità della cosa giudicata, ma la natura del rapporto giuridico, che continua a vivere nel tempo con un contenuto od una misura determinati da elementi essenzialmente variabili»: così, Liebman, Efficacia e autorità della sentenza (ed altri scritti sulla cosa giudicata) (1935), Milano, 1983, 19; nello stesso senso, v. Chiovenda, Principii di diritto processuale civile, Napoli, 1928, 1328; Costa, Le sentenze civili con la clausola rebus sic stantibus, in Studi senesi, 1930, 167 ss.; Cristofolini, Effetti della sentenza nel tempo, in Riv. dir. proc., 1935, 323; Caponi, L’efficacia del giudicato civile nel tempo, Milano, 1991, 106; Attardi, Diritto processuale civile, I, Padova, 1999, 507; Menchini, Il giudicato civile, Torino, 2002, 242 ss.; Betti, Diritto processuale civile italiano, Roma, 1936, 549; con specifico riferimento ai provvedimenti riguardanti i minori, v. Vullo, Dei procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone, I, in Commentario del Codice di Procedura Civile, a cura di Chiarloni, 2011, Bologna-Roma, 357 ss.

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