Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro

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La fattispecie delittuosa di sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa (art. 334 c.p.)

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  1. Inquadramento generale della fattispecie delittuosa
  2. Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa (art. 334 c.p.)

1. Inquadramento generale della fattispecie delittuosa

La fattispecie delittuosa di sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa (art. 334 c.p.) è disciplinata dal libro secondo del codice penale – dei delitti in particolare – titolo II – dei delitti contro la pubblica amministrazione – capo I – dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. Si tratta di un delitto procedibile d’ufficio – art. 50 c.p.p. – e di competenza del tribunale monocratico – art. 33 ter c.p.p. – . Non sono consentiti: né l’arresto, né il fermo di indiziato di delitto, né tantomeno l’applicazione di misure cautelari personali. La norma è posta a presidio del corretto funzionamento e dell’imparzialità della Pubblica Amministrazione. Invero, sono censurati quei comportamenti finalizzati ad eludere le finalità che hanno portato alla disposizione del sequestro.

2. Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa (art. 334 c.p.)

L’art. 334 c.p. testualmente dispone che: “Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde, o deteriora una cosa sottoposta a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa e affidata alla sua custodia, al solo scopo di favorire il proprietario di essa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 516.

Si applicano la reclusione da tre mesi a due anni e la multa da euro 30 a euro 309, se la sottrazione, la soppressione, la distruzione, la dispersione o il deterioramento sono commessi dal proprietario della cosa, affidata alla sua custodia.

La pena è della reclusione da un mese ad un anno e della multa fino a euro 309, se il fatto è commesso dal proprietario della cosa medesima non affidata alla sua custodia”.

Per completezza dell’esposizione, in premessa, giova ricordare sin da ora che per custode deve intendersi colui al quale la legge affida l’amministrazione e/o la conservazione dei beni sottoposti a pignoramenti o sequestri. Vivace dibattito si registra in dottrina in merito alla qualificazione del custode come pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio.

Sul punto leggi anche: L’individuazione dei soggetti che esercitano mansioni di pubblico interesse 

Sulla base combinato disposto di cui agli artt. 259 c.p.p. – custodia delle cose sequestrate  – e 7 del  Decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 571 – Norme per l’attuazione degli articoli 15, ultimo comma, e 17, penultimo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, concernente modifiche al sistema penale – non può assumere la qualifica/qualità di custode il minore di anni quattordici, gli infermi di mente, coloro che si trovano in stato di manifesta ubriachezza nonché intossicazione derivante dall’uso di sostanze stupefacenti, coloro i quali sono soggetti a misure di sicurezza detentiva o di prevenzione. Particolarmente travagliata è la nozione di proprietario, secondo parte della dottrina sarebbe ben più estesa rispetto a quella ricavabile dalla norma di cui all’art. 832 c.c. – contenuto del diritto – e pertanto integrante tutti quei soggetti aventi un potere di fatto sulla cosa, come ad esempio il detentore o il rappresentante del proprietario. Sul punto, sotto il profilo giurisprudenziale, si segnala il seguente arresto: “Ai fini della configurabilità del reato di sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro penale o amministrativo, la nozione di proprietario non coincide con quella civilistica, dovendosi intendere in senso estensivo sì da includervi anche la persona che abbia l’effettiva disponibilità del bene sottoposto al sequestro e che ne sia reale utilizzatore”. (Fattispecie in cui l’autovettura era formalmente intestata alla convivente dell’imputato, il quale, tuttavia, ne aveva la disponibilità nonché la custodia a seguito di sequestro amministrativo). (Cass. Pen., 18 aprile 2012, n. 40597).

La fattispecie delittuosa in scrutinio descrive un reato proprio poiché può essere commesso soltanto dal soggetto che detiene – in custodia – la cosa sottoposta a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa. L’art. 334 c.p. delinea ben tre diverse ipotesi di sottrazione, dispersione, soppressione e distruzione, poste in essere in maniera alternativa: 1) da colui che ha la custodia della cosa, al fine di favorire in qualsiasi modo il proprietario di essa; 2) dal proprietario della cosa, qualora la  stessa gli venga data in custodia; 3) dal medesimo proprietario della cosa sottoposta a sequestro, nel caso di commissione dei fatti contra legem senza l’ausilio di chi ne detiene la custodia.

Sotto il profilo dell’elemento soggettivo per la punibilità del reato previsto dall’art. 334 c.p. è richiesto il dolo generico, consistente nella consapevolezza di disporre del bene o di agire in violazione del vincolo su di esso gravante e nell’intenzione di compiere atti contrari ai doveri di custodia, impedendo di fatto che sulla cosa possa esercitarsi l’azione esecutiva. “Ai fini della configurabilità del reato di sottrazione di cose sottoposte a sequestro penale, è sufficiente che la condotta abbia ad oggetto un bene sul quale il vincolo è apposto con un atto, pur invalido, ma efficace, e sino a quando gli effetti del sequestro non siano cessati direttamente in forza di legge, ovvero per una pronuncia adottata dall’Autorità giudiziaria o amministrativa”. (Cass. Pen., 30 settembre 2021  n. 41563).

Il fondamento dei comportamenti censurati dalla norma de qua è determinato dal sequestro del bene realizzato nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa. La dottrina ritiene avulsi dalla norma il sequestro conservativo, quello giudiziario nonché i pignoramenti. In merito al processo penale sono ricondotti all’interno della norma il sequestro preventivo e quello probatorio. “Il momento consumativo del reato previsto dall’art. 334 c.p. può essere ritenuto, anche sulla base di elementi indiziari, coincidente con quello dell’accertamento, salvo che venga rigorosamente provata l’esistenza di situazioni idonee a confutare la valutazione presentiva e a rendere almeno dubbia l’epoca di commissione del fatto” (Cass. Pen., 6 dicembre 2018, n. 5871).

Infine, giunti alle conclusioni, si evidenzia che la fattispecie in commento può concorrere con il delitto di favoreggiamento reale di cui all’art. 379 c.p., laddove la sottrazione ovvero la dispersione vengano perpetrate da colui che detiene la cosa – ovviamente non proprietario – al fine di conseguire prodotto o l’utilità del delitto.

Sul punto leggi: Favoreggiamento personale (art. 378 c.p.) e favoreggiamento reale (art. 379 c.p.).

Avvocato Rosario Bello

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