Sospensione feriale, astensione degli avvocati e ragionevole durata

Pardo Ignazio 11/10/12
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Gli avvocati italiani hanno scioperato per un’intera settimana dal 17 al 24 settembre del 2012. Questo periodo va aggiunto a quello di sospensione dei procedimenti durante il periodo feriale che quest’ultimo anno è intercorso tra il 23 di luglio sino al 15 di settembre; in sostanza il sistema giustizia italiano è rimasto interamente bloccato per due mesi dal 21 di luglio (sabato) al 24 di settembre (lunedì).

Più di due mesi di completa interruzione di ogni attività in un sistema che è caratterizzato da una cronica inefficienza ed è costantemente sotto accusa per la durata irragionevole dei processi.

Può un sistema simile permettersi il lusso (a dire il vero assai sfrenato….) di ben due mesi di interruzione di attività ogni anno ? In un momento storico in cui ci si interroga freneticamente sugli eccessi di spesa bisogna chiedersi o no se la sospensione feriale e gli scioperi dell’avvocatura provocano costi ingiustificati ? La sospensione dei procedimenti tra l’1 agosto ed il 15 settembre di ogni anno è conforme al principio di ragionevole durata del processo ?

La sospensione dei termini durante il periodo di sospensione feriale compreso tra l’1 agosto ed il 15 settembre di ogni anno è stata introdotta con la legge n. 742 del 1969 e deve la sua nascita alla volontà di assicurare che i diritti di difesa non siano pregiudicati dalla possibilità che nel periodo festivo venissero a scadere termini procedurali come quelli per proporre impugnazione ovvero presentare istanze o richieste soggette a decadenza temporale.

Un principio introdotto per impedire il pregiudizio di diritti di difesa si è trasformata in una causa generale di sospensione di qualsiasi procedimento e si è trasformata in una delle cause di lunghezza dei procedimenti penali.

In verità la legge prevede dei contemperamenti, quelli indicati dall’art. 2 L. 742 del 1969 così come modificato dall’art. 240 bis disp. att. c.p.p., ma si tratta di ipotesi che trovano rara applicazione poiché i dibattimenti penali, ad eccezione dei riti direttissimi rimangono generalmente sospesi nel periodo feriale visto il bassissimo ricorso percentuale all’istituto della rinuncia alla sospensione da parte degli imputati detenuti o dei loro difensori.

In conseguenza è conforme alla realtà dire che tutti i procedimenti penali rimangono sospesi, anche quelli con imputati detenuti in custodia cautelare, in un lungo periodo compreso tra la fine di luglio e la seconda metà di settembre con conseguenze che appaiono ormai ingiustificabili.

Le più evidenti conseguenze nefaste sono quelle in tema di costi pubblici.

Lo stato italiano a causa delle ripetute condanne in sede europea per l’irragionevole durata dei processi ha introdotto una legge, c.d. Pinto, che garantisce un indennizzo per la durata eccessiva dei procedimenti civili e penali; per motivi che non è il caso di approfondire va detto che gli importi liquidabili variano tra 1.000 e 1.500 € per ciascun anno di ritardo e che i periodi consentiti di trattazione sono quelli di tre anni per il giudizio di primo grado, due per il secondo ed uno per la fase di cassazione per un totale di sei anni. Orbene benchè lo Stato sia abitualmente condannato al pagamento di indennizzi per l’eccessiva durata dei processi in essa vengono compresi anche i periodi di sospensione feriale durante i quali, un’altra legge quella sulla sospensione, stabilisce che non può essere compiuta nessuna attività. Da un lato quindi si impone l’indennizzo e dall’altro si impone la sospensione dell’attività per un due mesi ogni anno. Anche a volere strettamente tenere conto del periodo feriale tra l’1 agosto ed il 15 settembre di ogni anno una causa dalla durata ordinaria di sei anni secondo i parametri precedentemente esposti, deve obbligatoriamente essere sospesa per ben 9 mesi ed un processo che duri ad esempio un tempo pari ad anni 10, che non è un periodo eccessivo nei casi di attività istruttoria dibattimentale poco più che complessa, è obbligatoriamente sospeso per ben 15 mesi.

All’interno degli importi liquidati lo Stato italiano eroga somme per attività non svolte a causa del periodo di sospensione feriale e se si valuta l’intero ammontare degli indennizzi quasi il 20% di questo complessivo importo è dovuto al godimento delle ferie da parte dell’intero comparto giustizia.

Ma questa non è l’unica anomalia perché se ne aggiungono altre.

Gli impiegati civili dello Stato che operano nelle Cancellerie infatti godono di un periodo feriale che è pari a quello ordinario e cioè di trenta giorni comprese le c.d. festività soppresse; anche se detto periodo fosse interamente goduto all’interno del periodo feriale compreso tra l’1 di agosto ed il 15 di settembre di ogni anno è facile accorgersi come per almeno altri 15 giorni questi dipendenti svolgono attività ridottissime perché in quel periodo non si effettuano udienze ed altre attività ordinarie da parte dei giudici. In sostanza i dipendenti sono pagati a stipendio pieno anche se la loro attività è ridotta ai soli affari urgenti ed al deposito di qualche atto, una minima parte dell’ordinario.

Ma non è tutto. Gli stipendi dei magistrati e di altri operatori del settore giustizia conoscono infatti una voce quella dell’indennità giudiziaria che è collegata all’effettivo esercizio delle funzioni giurisdizionali; questa voce infatti è sospesa quando questi soggetti non sono in servizio per malattia o maternità ma viene regolarmente corrisposta durante un mese e mezzo di periodo feriale.

E vediamo le conseguenze per i detenuti.

Posto che gli stessi non sono mai adeguatamente informati del diritto di rinunciare alla sospensione feriale, l’applicazione del principio determina che i soggetti in custodia cautelare debbano trascorrere un periodo di quasi due mesi in carcere per permettere agli operatori del sistema giustizia di godere di un adeguato riposo; ma vi è di più. Infatti i rinvii dei processi con imputati in stato di custodia cautelare non è detto che avvengano a ridosso dell’inizio e della fine del periodo feriale sicchè è facile che il procedimento di fatto rimanga sospeso per un periodo ancora più lungo senza nessuna attività mentre l’imputato trascorre un periodo di custodia cautelare anche prima di qualsiasi sentenza di condanna.

Ed è ancora da ricordare che alcuni di questi imputati vengono naturalmente assolti all’esito del giudizio definitivo; ed ognuno di questi prosciolti ha diritto ad ottenere la riparazione per l’ingiusta detenzione patita durante il periodo di custodia cautelare quando il procedimento si sia poi concluso con un’assoluzione.

Ebbene secondo i principi stabiliti dagli artt. 314-315 c.p.p. il costo di un giorno trascorso in carcere è di circa 235 € ed ogni imputato prosciolto ha diritto alla liquidazione di una somma pari a questo importo moltiplicato per i giorni di detenzione. Orbene è facile fare i conti; per ogni imputato prosciolto definitivamente lo Stato liquida a titolo di riparazione per ingiusta detenzione la somma di 10.575 € per ciascun anno trascorso in carcere e se gli anni sono stati più di uno, sino ad un massimo di sei, gli importi lievitano. Si versano somme a titolo di riparazione per periodi trascorsi in carcere senza che si sia svolta alcuna attività e l’importo totale se moltiplicato per tutti i procedimenti di riparazione e per tutti gli aventi diritto è certamente considerevole.

Può un sistema che è in completa crisi continuare a godere di un periodo di totale sospensione così lungo ? Una così protratta interruzione dei procedimenti è compatibile con il principio della ragionevole durata dei processi?

Pardo Ignazio

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