Società tra avvocati, in assenza del decreto delegato non si applica la disciplina prevista per altre categorie professionali

Redazione 03/09/13
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Lilla Laperuta

Lo ha chiarito il presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, in una nota diramata il 30 agosto. Nella nota si specifica che, anche se il termine (2 agosto) per la delega per la disciplina dell’esercizio in forma societaria della professione di avvocato è ormai scaduto, non può trovare applicazione la disciplina prevista per le società tra professionisti (Stp) appartenenti ad altre categorie, pena la nullità delle società «con grave danno per i cittadini che vedrebbero travolti i loro diritti nei procedimenti promossi da avvocati operanti nell’ambito di una società nulla». Sul punto, la legge di riforma forense, L. 247/2012, all’articolo 5, ha previsto, fra i criteri direttivi per l’esercizio della delega, che «l’esercizio della professione forense in forma societaria è consentito esclusivamente a società di persone, società di capitali o società cooperative, i cui soci siano avvocati iscritti all’Albo», fissando così una serie di paletti alla nascita di società tra professionisti avvocati (fra cui il divieto di creazione di una Stp multidisciplinare, aperta a professionisti iscritti ad altri ordini).

La nota si è resa necessaria per fare chiarezza sull’interpretazione fornita confusamente in questi giorni dalla stampa in riferimento alla L. 97/2013, legge europea per il 2013, che all’art. 5 ha rimosso un requisito previsto dal D.Lgs. 96/2001 sullo stabilimento, e cioè la necessaria presenza di un avvocato italiano nella compagine societaria di avvocati stranieri (leggi l’articolo su questo stesso sito). L’opinione emersa è quella che il Ministero della Giustizia abbia preferito aspettare la scadenza del termine suddetto per applicare agli avvocati regole diverse da quelle approvate dal Parlamento con la L. 247/2012.

Al riguardo, si chiarisce, l’innovazione, introdotta sulla base di una procedura d’infrazione risolta con il “sistema pretecontenzioso” Eu Pilot (1753/11/Mark), «non modifica la regola secondo la quale per svolgere la professione forense in Italia anche in forma societaria occorre essere avvocati e non rimuove il divieto che altri professionisti o soci di mero capitale possano partecipare alle società di avvocati».

Ancora, in toni più marcati, il presidente afferma che né la legge europea né la prospettazione di un caso pilota potrebbero incidere sul testo della riforma forense e sulla sua attuazione. La questione, dunque, «non si intreccia con quella relativa all’attuazione della riforma forense, la quale pone principi molto precisi – e di deroga al regolamento sulle società tra professionisti – riguardanti le società di (soli) avvocati».

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