Si può pignorare il Reddito di cittadinanza? Brevi considerazioni a margine di un recente intervento normativo

Redazione 29/04/19
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di Elisa Giardini*

* Avvocato

Sommario

1. Che cos’è il Reddito di Cittadinanza?

2. Come viene determinato ed erogato il RdC?

3. Qual è la natura del RdC?

4. La parola alla giurisprudenza

1. Che cos’è il Reddito di Cittadinanza?

Col D.L. n. 4 del 28.01.2019, denominato “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni”, in vigore dal 29.01.2019, è stato introdotto nell’ordinamento, e sarà operativo dal mese di aprile p.v.[1], con le modifiche che verranno introdotte in sede di conversione, il Reddito di cittadinanza (“RdC”), misura d’integrazione ai redditi famigliari, erogata dallo Stato, “di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, nonché diretta a favorire il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione e alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro”[2].

Il RdC, per quanto si apprende dal decreto, deve essere associato ad un percorso di reinserimento lavorativo e sociale, di cui i beneficiari sono protagonisti, sottoscrivendo un Patto per il lavoro ed un Patto per l’inclusione sociale.

In particolare, il RdC viene erogato ai nuclei famigliari in possesso, cumulativamente, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio, di determinati requisiti. Sotto il profilo soggettivo, il richiedente deve essere cittadino maggiorenne, italiano o dell’Unione Europea, oppure un suo famigliare che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, o un cittadino di un Paese terzo in possesso di un permesso di soggiorno nell’Unione per soggiornanti di lungo periodo. È necessario essere residente in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi 2 in modo continuativo.

Dal punto di vista dei requisiti oggettivi, reddituali-economici, il nucleo famigliare[3] deve essere in possesso di un valore ISEE[4] inferiore a 9.360 euro; di un patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione principale, di valore non superiore a 30.000 euro[5]; di un valore del patrimonio mobiliare non superiore a 6.000 euro per il singolo, incrementato in base al numero dei componenti della famiglia[6], alla presenza di più figli[7] o di componenti con disabilità[8]; di un valore del reddito famigliare inferiore a 6.000 euro annui, moltiplicato per il corrispondente parametro della scala di equivalenza[9]. La soglia è aumentata a 7.560 euro per la Pensione di cittadinanza. Se il nucleo famigliare risiede in un’abitazione in locazione, la soglia è elevata quindi a 9.360 euro.

Per accedere alla misura di sussidio nessun componente del nucleo deve possedere autoveicoli immatricolati la prima volta nei 6 mesi antecedenti la richiesta, o autoveicoli di cilindrata superiore a 1.600 cc oppure motoveicoli di cilindra superiore a 250 cc, immatricolati la prima volta nei due anni antecedenti[10], né navi e imbarcazioni da diporto[11].

Il RdC è compatibile con il godimento della NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) e con altri strumenti di sostegno al reddito per la disoccupazione involontaria[12], ma sostituisce il REI (Reddito di Inclusione[13]), che continuerà ad essere erogato, ai soggetti richiedenti che ne abbiano i requisiti, solo fino ad aprile 2019, al pieno avvio del RdC.

[[1] I cittadini in possesso dei requisiti ne hanno fatto domanda a partire dal 6.03.2019 (e da ogni giorno 6 del mese), obbligandosi ad un percorso personalizzato di inserimento lavorativo di inclusione sociale.

[[2] Per i nuclei famigliari, composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni, il RdC assume la denominazione di Pensione di cittadinanza, misura di contrasto alla povertà delle persone più anziane cui non si chiede la ricerca di lavoro.

[[3] I coniugi permangono nel medesimo nucleo anche a seguito di separazione o divorzio qualora continuino a risiedere nella stessa abitazione; il figlio maggiorenne non convivente coi genitori fa parte del nucleo famigliare dei genitori esclusivamente se di età inferiore a 26 anni, nella condizione di essere a loro carico ai fini IRPEF, non sia coniugato e non abbia figli. Con i nuovi emendamenti in esame in Parlamento, in sede di conversione, si prevede – per evitare abusi – che qualora la separazione tra i coniugi sia avvenuta dopo il 1.09.2018, gli ex coniugi che ne facciano domanda saranno esclusi dal beneficio, senza appositi “verbali certificati dalla polizia locale sul cambio di residenza”. In sede di conversione è stata prevista anche una stretta sui “finti” genitori single: tutte le coppie di genitori non sposati e non conviventi dovranno presentare comunque l’ISEE congiunto, anche quando uno dei due non si occupi, almeno dal punto di vista economico, dei figli minori.

[4] È l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente, cioè lo strumento che consente di misurare la condizione economica della famiglia per accedere a determinate agevolazioni, sconti, bonus e riduzioni.

[5] Gli stranieri non potranno richiedere RdC (e Pensione) di cittadinanza se proprietari di immobili di valore superiore a 30.000 euro ubicati non solo in Italia ma anche all’estero.

[6] Fino a 10.000 euro.

[7] 1.000 euro in più per ogni figlio, oltre il secondo.

[8] 5.000 euro in più per ogni componente con disabilità

[9] È 1 per il primo componente del nucleo famigliare, incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente maggiorenne e di 0,2 per ogni ulteriore componente minorenne, fino ad un massimo di 2,1.

[10] Sono esclusi gli autoveicoli ed i motoveicoli per cui è prevista un’agevolazione fiscale per persone con disabilità.

[11] Ex art. 3, comma 1 D.Lgs. n. 171/2005.

[12] Non può essere erogato ai nuclei famigliari che abbiano tra i loro componenti soggetti disoccupati a seguito di dimissioni volontarie nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, salve le dimissioni per giusta causa.

[13] Introdotto con D.Lgs. n. 147 del 15.09.2017.

2. Come viene determinato ed erogato il RdC?

Il beneficio economico in parola si compone di due parti, una che integra il reddito famigliare fino alla soglia di 6.000 euro moltiplicati per la scala di equivalenza[14]; l’altra, destinata solo a chi conduce un immobile in locazione, incrementa il beneficio di un ammontare annuo pari al canone locatizio fino ad in massimo di 3.360 euro[15]. È prevista un’integrazione per famiglie proprietarie dell’abitazione, ove sia stato contratto un mutuo: in questa ipotesi l’integrazione, pari al massino alla rata del mutuo, non può superare 1.800 euro. L’importo complessivo, con le due componenti, non può superare i 9.360 euro all’anno (cioè 780 euro al mese), moltiplicati per la scala di equivalenza.

Il versamento del beneficio decorre dal mese successivo a quello di richiesta e viene erogato per un periodo continuativo di massimo 18 mesi[16], con un’apposita Carta di pagamento elettronica (Carta RdC), emessa da Poste Italiane[17], per l’acquisto di beni e servizi di base (alimenti, farmaci, bollette[18]), effettuare prelievi in contante entro un limite mensile non superiore a 100 euro per i nuclei famigliari composti da un singolo individuo (incrementata in base al numero di componenti il nucleo sino a 210 euro[19]) ed effettuare bonifico mensile in favore del locatore indicato nel contratto di locazione o dell’intermediario che ha concesso il mutuo[20].

Senza entrare nel dettaglio degli obblighi e degli impegni previsti dal legislatore in capo al beneficiario per godere e/o continuare a godere del RdC e dei casi in cui questa erogazione può essere persa e/o ridotta d’ammontare, ovvero esaminare le sanzioni per le fattispecie di elusione o violazione della normativa e tutte le criticità e/o dubbi che accompagnano la nuova misura ex legge di bilancio del 2019[21], preme concentrarsi sugli effetti che tale emolumento per famiglie in difficoltà[22] potrebbe avere nell’ambito dei rapporti creditore-debitore, ed in particolare per l’art. 2740 c.c., e per gli strumenti procedimentali che il Codice accorda al creditore, ove il debitore non rispetti le obbligazioni e si renda inadempiente, dal momento che tale erogazione in denaro e/o comunque le informazioni ed i dati del beneficiario che alla stessa sono legati, potrebbero fare aumentare le risorse a disposizione del debitore ed i suoi beni con cui “rispondere delle obbligazioni contratte” e fare pensare alla “aggredibilità” da parte del creditore del RdC e della Carta RdC.[23]

Restando nell’ambito del processo e delle procedure esecutive, ci si chiede, in particolare, se il RdC e la Carta Rdc sia/siano pignorabili nelle forme del pignoramento presso terzi.

Il testo del decreto non si esprime in merito e, non essendo ancora pienamente operativo, nessuna pronuncia o decisione è sinora intervenuta da parte dei Giudici.

Preme un richiamo alle disposizioni più simili, ovvero la ricerca di una risposta in via interpretativo-analogica, ricorrendo alle norme esistenti.

Gli artt. 543 s.s. c.p.c. disciplinano il pignoramento presso terzi, ovvero l’espropriazione di crediti del debitore verso terzi o cose di proprietà del debitore di cui terzi abbiano il possesso. L’art. 545 c.p.c. individua, in particolare, i crediti/le somme che non si possono pignorare in modo assoluto e altre, come stipendi e pensioni, che si possono pignorare solo entro determinati limiti.

Tra i crediti non pignorabili ci sono quelli alimentari, “tranne che per cause di alimenti, e sempre con l’autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato e per la parte dal medesimo determinata mediante decreto, i sussidi di maternità e per malattie” ed “i sussidi di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri”.

Il Codice di Rito non elenca tali sussidi, che hanno avuto nel tempo, diversi nomi. In questo senso non sarebbero pignorabili il REI, l’assegno sociale e la pensione sociale, perché definiti e specifici nella loro natura e funzione di ausilio e di tutela delle persone in stato di povertà ovvero che necessitano del minimo indispensabile per la sussistenza. Al contrario è pignorabile, con gli stessi limiti delle pensioni, e dunque non in maniera assoluta, la NASpI[24], ossia l’assegno di disoccupazione in quanto sostituto del reddito, come lo è la cassa integrazione. E il RdC?

[14] Sono 7.560 euro per la Pensione di cittadinanza cit.

[15] 1.800 euro per la Pensione di cittadinanza.

[16] Potrà essere rinnovato, previa sospensione di in mese, prima di ciascun rinnovo. La sospensione non è prevista per la Pensione di cittadinanza.

[17] Gialla, senza nome, coi numeri in rilievo, il logo di Poste e dotata di chip. La Pensione di cittadinanza, invece, sarà pagabile anche in contanti e non solo su card.

[18] Si vorrebbero introdurre anche altre voci, come vestiario, piccoli elettrodomestici.

[19] Per questione privacy – rispetto all’impianto originario – è stata allentata la pervasività dei controlli dello Stato sulle spese: saranno monitorati i soli importi complessivamente spesi ed i prelevi dalla Carta, non la tipologia di acquisti.

[20] Il beneficio deve essere ordinariamente fruito entro il mese successivo a quello di erogazione, pena la sottrazione del 20% del beneficio non speso o non prelevato.

[21] L. n. 145 del 30.12.2018 in suppl. ord. n. 62 della Gazzetta Ufficiale n. 302 del 31.12.2018.

[22] Tra le ultime proposte si è prevista l’apertura anche ai c.d. working poor, cioè anche a chi un lavora già ce l’ha, ma pagato poco, e che sarà considerato disoccupato – ai fini della normativa sul RdC e potrà entrare nel patto per il lavoro previsto nel programma e ricevere le c.d. “offerte congrue”.

[23] Parimenti, la misura dovrà essere valutata e potrà avere un ruolo, modificativo, anche nell’ambito di altri rapporti tutelati dal diritto positivo o processuale, come quelli famigliari, per la maggiore disponibilità economica in cui potrebbe venire a trovarsi, anche solo temporaneamente, colui che già beneficia ovvero colui che sia tenuto ad effettuare corresponsioni nell’ambito de rapporti famigliari, come l’assegno di mantenimento e/o divorzile a favore di coniuge o figli.

[24] Si legga, nel merito, Trib. Ragusa, sez. distaccata di Vittoria, n. 75 del 20.04.2004 in www.diritto.it, sentenza che, a seguito di un’opposizione all’esecuzione, affronta la questione della natura previdenziale del trattamento speciale di disoccupazione agricola, risolvendola in senso positivo, giungendo alla conclusione della pignorabilità delle relative somme esclusivamente nei limiti stabiliti dalla Corte Cost., con sentenza n. 506 del 4.12.2002 in Giur. It, 2003, 7, p. 1326. Si veda, altresì, Corte Cost. n. 85 del 15.05.2015, in Sito Ufficiale Corte Cost., 2015.

3. Qual è la natura del RdC

Occorre chiedersi a cosa sia assimilabile il RdC e quale sia la natura dell’emolumento, perché, in funzione della risposta data, potrebbero ottenersi conseguenze diverse: in particolare se sia assimilabile ad un sussidio/aiuto alla povertà impignorabile, ovvero ad un reddito vero e proprio, perché legato ad impegni ed obblighi in capo al beneficiario connessi alla ricerca di lavoro e che in un lavoro devono e vogliono sfociare[25].

La natura del RdC è probabilmente ibrida e non del tutto chiara: infatti, inizialmente lanciato come una forma di sostegno della povertà, il RdC ha progressivamente cambiato “veste”, per non apparire una misura assistenziale. L’art 1 del decreto attuativo ne dà, peraltro, una definizione molto ampia, ma quella che coglie più nel segno è forse quella di politica attiva del lavoro, per “mobilitare” i beneficiari alla ricerca di un’occupazione che potrebbe renderli autonomi[26]. Tanto è vero che chi è completamente inabile al lavoro non può percepire il RdC, il che sottolinea ancora di più lo scopo non rivolto in via immediata a sostenere i poveri. Nello stesso senso sono da leggere gli sgravi contributivi per le aziende private che assumano un beneficiario di questo reddito[27].

Se si tratta, allora, di un reddito di lavoro, o di somme assimilabili ad uno stipendio, ad un salario o altre indennità relative ad un rapporto di lavoro o di impiego, il RdC potrebbe essere pignorabile exart. 545, comma 3 c.p.c., con limiti, almeno da coloro (locatore, intermediario finanziario, ecc.) che con quelle somme si prevede vengano pagati, pena l’inefficacia e/o la parziale inefficacia del pignoramento.

Sebbene per lo stipendio il minimo vitale non sia previsto (come invece per le pensioni e si legga punto 4), i lavoratori possono comunque contare sulla limitazione del quinto dell’importo (totale) dello stipendio netto, oltre il quale il pignoramento non può estendersi[28].

L’art. 545, comma 7 c.p.c. statuisce infatti che “le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma [ossia 1/5 o 1/3, previa autorizzazione del tribunale per i crediti alimentari e di mantenimento] nonché dalle speciali disposizioni di legge”.

Tale somma, per il 2018, era pari a 679,50 euro (453 euro dell’assegno sociale più 1/2). Il pignoramento, in questo caso, potrebbe riguardare solo la parte eccedente tale ammontare, peraltro non per l’intero ma nei limito del quinto.

Il comma 8 continua, poi, stabilendo che “le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego[29]., comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale [per il 2018: 1.359 euro], quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma nonché dalle speciali disposizioni di legge[30]“.

Ora con l’avvento del RdC ci si può domandare se la soglia di non pignorabilità sia stata aumentata sino alla nuova misura dell’emolumento di cui può beneficiare il soggetto che ne abbia diritto al RdC, oppure no, tenuto conto del fatto che molte retribuzioni e/o stipendi, anche di soggetti e contribuenti che non potranno beneficiare del RdC, per non averne i requisiti, e specialmente nelle Regioni del Sud, sono attualmente di importo più basso o inferiore rispetto a quello ritenuto “congruo” ed erogato quale Reddito di cittadinanza.

Ciò costituirebbe forte vincolo e limite per il creditore, anche rispetto a chi non possa beneficiare di detto emolumento, non avendone i requisiti, qualora si assistesse all’adeguamento a tale nuova soglia.

Parimenti, ammesso (e non concesso) che il RdC sia pignorabile, e che lo sia – coi limiti descritti sopra dell’art. 545 c.p.c. – resterebbe da definire chi sia il terzo debitor debitoris cui notificare l’atto di pignoramento e rivolgere gli “inviti” di cui all’art. 547 c.p.c.: l’INPS o il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali oppure ancora Poste Italiane, che ha realizzato e stampato la carta acquisti, o l’istituto di credito dove il titolare del RdC abbia un proprio conto corrente in cui abbia fatto confluire i prelievi in contante? Anche rispetto a tali quesiti emerge la natura tutta incognita ed in fieri di questo nuovo istituto, poiché il debitore-titolare del RdC, in presenza dei requisiti, beneficia di un sostegno economico, senza potersi dire creditore nei confronti degli Enti previdenziali o astrattamente del Legislatore che ha introdotto il Reddito di Cittadinanza, come lo potrebbe essere (e lo è, nelle fattispecie “tradizionali”) nei confronti della banca per il rapporto contrattuale di conto corrente che lo lega all’istituto ovvero del proprio datore di lavoro, per la prestazione lavorativa resa, o ancora nel contratto di locazione o negli altri rapporti sinallagmatici e patrimoniali[31].

[25] La Pensione di cittadinanza, essendo indirizzata a chi non può più lavorare, ha lo scopo di contrastare la povertà e non sarà pignorabile.

[26] Viene previsto l’obbligo alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro da parte dei componenti maggiorenni del nucleo famigliare, nonché l’adesione ai percorsi di accompagnamento all’inserimento lavorativo.

[27] Parimenti, le erogazioni di questo “reddito” cessano quando il beneficiario comincia a lavorare [con facoltà di rifiutare per tre volte un’offerta “non congrua”. Un’offerta di lavoro per essere giudicata “congrua” e obbligare il beneficiario all’accettazione deve prevedere uno stipendio di almeno 858 euro, pari al 10% in più della misura massima di RdC per un single] e le mensilità residue non ancora riscosse vanno all’azienda che avrà assunto a tempo indeterminato.

[28] Inoltre il pignoramento dello stipendio per simultaneo concorso di cause diverse non può estendersi oltre la metà del suo ammontare.

[29] Sull’estensione al lavoro privato delle disposizioni previste peri dipendenti della PA v. Cass. Civ., sez. 3, n. 685 del 18.01.2012 in “Il Sole 24 Ore”, “Guida al Lavoro”, 2012, 19, p. 40.

[30] Comma aggiunto dall’art. 13, comma 1, lett. l) D.L. 27.06.2015 n. 83, conv. con modific. da L. 6.08.2015 n. 132; per l’applicazione della disposizione v. art. 23, comma 6 del D.L. 83/2015. Con riguardo a questa disposizione, prima dell’intervento legislativo, si legga Cass. Civ., sez. L, n. 26042 del 17.10.2018 in “CED”, Cassazione, 2018: “In tema di esecuzione forzata presso terzi, il trattamento pensionistico versato sul conto corrente pignorato in data antecedente all’entrata in vigore del D.L. n. 83/2015 (conv. con nodific. in L. n. 132/2015), di modifica dell’art. 545 c.p.c., è sottoposto all’ordinario regime dei beni fungibili secondo le regole del deposito irregolare, in virtù del quale le somme versate perdono la loro identità di crediti pensionistici e, pertanto, non sono sottoposte ai limiti di pignorabilità dipendenti dalle cause che diedero origine agli accrediti, con conseguente applicazione del principio generale di cui all’art. 2740 c.c.”.

[31] Mancherebbe pure, nella fattispecie del RdC, l’obbligazione, se non nell’impegno/onere a seguire il percorso di reinserimento al lavoro che il RdC auspica, pena la perdita del contributo.

4. La parola alla giurisprudenza

La giurisprudenza è intervenuta, specialmente quella di legittimità, della Corte Costituzionale[32], ma anche di merito[33], a sancire la mancanza di irragionevolezza e di disparità nel diverso trattamento accordato ex lege alla pensione e allo stipendio rispetto al pignoramento di somme presso terzi, con pronunce del medesimo tenore[34].

Pur residuando ancora giudici, di merito, che parificano pensione e stipendio ai fini della non pignorabilità, ragionando per analogia (contemperando diverse esigenze), l’orientamento è oramai dominante e si può presumere sarà lo stesso anche rispetto al nuovo RdC e alla Pensione di cittadinanza e che il discrimine, da parte dell’interprete sarà ancora una volta quello dell’individuazione delle somme che costituiscono il minimo vitale o comunque necessarie per la sussistenza e per “assicurate un’esistenza libera e dignitosa”[35], pur dovendosi probabilmente ragionare sulla aumentata soglia minima a quella rappresentata oggi dalle somme erogate dal RdC.

Citiamo qui Tribunale di Ravenna, sent. 23.01.2012[36]: “il credito professionale dell’avvocato non rientra tra i crediti ‘qualificati’ indicati dall’art. 2, n. 2 DPR 180/1950 che consentono la pignorabilità della pensione nei limiti di un quinto anche quando questa assicuri al pensionato il solo ‘minimum vitale’”, ma anche un orientamento del Giudice dell’Esecuzione del medesimo Tribunale di Ravenna (ord. 24.02.2016 nel proc. RG n. 151/16 non pubblicata), che ha applicato il DL n. 83/2015 conv. in L. 132/2015, previsto per le pensioni, estensivamente anche alle retribuzioni, in analogia al principio del rispetto del minimo vitale, sul presupposto della parità delle situazioni economiche del debitore, sia che sia pensionato, sia che sia lavoratore dipendente[37].

In linea con quanto statuito dal Giudice delle Leggi si leggano, invece, nel merito Trib. Bolzano, 3.02.2010[38] e, quale pronuncia del Giudice penale, che riprende l’orientamento dominante e la diversa natura tra sequestro penale e pignoramento presso terzi, Cass. Pen, sez. 5, n. 35531 del 1.10.2010[39].

[32] Tra le tante, Corte Cost., ord. n. 91 del 28.10.2017, Sito Ufficiale Corte Cost., 2017 “È dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale […] in riferimento agli artt. 3 e 26 Cost., dell’art. 545, comma 4 c.p.c., nella parte in cui non prevede l’impignorabilità assoluta della parte di retribuzione necessaria a garantire al lavoratore i mezzi indispensabili alle sue esigenze di vita, o in via subordinata, nella parte in cui non prevede le medesime limitazioni in materia di pignoramento per crediti tributari disposte dall’art. 72-ter del D.P.R. n. 602 del 1973. Analoga questione, sollevata con atto di identico contenuto è stata già dichiarata non fondata dalla sentenza n. 248 del 2015, la quale ha precisato che la tutela della certezza dei rapporti giuridici, in quanto collegata agli strumenti di protezione del credito personale, non consente di negare in radice la pignorabilità degli emolumenti ma di attenuarla per particolari situazioni la cui individuazione è riservata alla discrezionalità del legislatore, e che gli evocati tertia comparationis (regime di impignorabilità delle pensioni e, in subordine, limiti al pignoramento per la riscossione coattiva delle imposte sul reddito) sono eterogenei rispetto alla disposizione censurata”. Anche Corte Cost., ord. n. 202 del 15.11.2018, ord. n. 222 del 2.10.2016, ord. 70 del 5.04.2016, Corte Cost. sent. n. 248 del 3.12.2015, n. 85 del 15.05.2015, ord. n. 225 del 29.05.2002, sent. n. 434 del 23.12.1997.

[33] Trib. Messina, sez, 2, ord. 18.05.2016 “il trattamento stipendiale non è assimilabile a quello pensionistico, per il quale deve escludersi la pignorabilità di quelle somme necessarie ad assicurare al pensionato mezzi adeguati alle proprie esigenze di vita. Ne consegue che per il trattamento stipendiale non opera il limite della impignorabilità del minimo indispensabile per vivere e che l’inconveniente, pe quanto socialmente doloroso, non dà luogo ad una illegittimità costituzionale della normativa, in ragione dell’esigenza di non vanificare la garanzia del credito, ferma la discrezionalità del legislatore nell’introdurre appositi limiti”.

[34] Si legga Cass., sez. L,. n. 9950 del 24.05.2004 e Cass. Civ., sez. 3, n. 4887 del 30.07.1986, entrambe in “Il Sole 24 Ore”, “Ventiquattrore Avvocato”, 2005, 9, p. 50.

[35] Art. 36 Cost. Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

[36] In “Centro studi giuridici di Mantova”, www.ilcaso.it, 2012, p. 6877, pt. I.

[37] Tale provvedimento, preme precisare, è stato fatto oggetto di opposizione agli atti esecutivi e di successiva pronuncia del giudice di merito con sentenza di annullamento n. 328 del 12.04.2017 inedita, in linea con l’orientamento dominante della Corte Cost. cit., che non rileva alcuna irragionevolezza nel diverso trattamento tra stipendio e pensione.

[38] “È escluso che l’azione esecutiva, avente ad oggetto denaro giacente in conto corrente, possa andare incontro alle restrizioni previste nel caso di crediti da retribuzione o pensione – oggetto di pignoramento – atteso che il titolo, che abbia giustificato il suddetto versamento, e dunque acquisizione non ha più rilevanza una volta che la somma di denaro è stata, per l’appunto, versata nel conto”. In “Il Corriere Giuridico”, 2011, 8, p. 1147.

[39] “Il sequestro conservativo può avere ad oggetto una somma di denaro proveniente da un credito di lavoro, non valendo i limiti all’esecuzione del pignoramento previsti dai commi 3 e 4 dell’art. 545 c.p.c., in quanto, fermo il titolo di un sequestro conservativo disposto dal giudice penale, le questioni relative alla pignorabilità dei crediti sono proponibili solo in sede di esecuzione civile”. In “La Tribuna”, “Rivista Penale”, 2011, 11, p. 1215.

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