Azione revocatoria: le Sezioni Unite chiariscono l’elemento soggettivo

Le Sezioni Unite chiariscono la natura dell’elemento soggettivo nell’azione revocatoria su atti anteriori al sorgere del credito contestato.

Guido Zanchi 29/05/25
Allegati

Le Sezioni Unite della Suprema Corte risolvono il contrato sorto in merito alla qualificazione dell’elemento soggettivo dell’azione revocatoria avente ad oggetto atti dispositivi anteriori al sorgere del credito. Con la sentenza n. 1898 del 27 gennaio 2025, le Sezioni Unite della Suprema Corte risolvono il contrasto giurisprudenziale sorto in merito alla qualificazione dell’elemento soggettivo richiesto dall’art. 2901, comma primo, c.c., ai fini dell’esperimento dell’azione revocatoria avente ad oggetto atti dispositivi anteriori al sorgere del credito. La Corte chiarisce che tale elemento consiste nella dolosa preordinazione dell’atto da parte del debitore al fine di compromettere il soddisfacimento del credito (dolo specifico). Il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile, acquistabile su Shop Maggioli e su Amazon.

Corte di Cassazione -SS.UU.- sentenza n. 1898 del 27-01-2025

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Indice

1. Il contrasto giurisprudenziale che ha originato l’intervento della Suprema Corte: l’azione revocatoria


L’ordinanza interlocutoria del 27 novembre 2023 dalla Terza Sezione Civile della Suprema Corte (oggetto di un precedente contributo pubblicato su questo portale, cui si rimanda, Atto dispositivo del debitore anteriore al sorgere del credito: richiesto l’intervento delle Sezioni Unite), aveva sollecitato l’intervento nomofilattico della Suprema Corte ai fini della risoluzione di un contrasto di giurisprudenza riguardante la natura generica o specifica del dolo del debitore richiesto dall’art. 2901, primo comma, c.c., ai fini della revocatoria degli atti di disposizione patrimoniale anteriori al sorgere del credito.
All’orientamento giurisprudenziale prevalente, secondo cui l’esercizio dell’azione revocatoria di atto anteriore al sorgere del credito richiedeva la prova della dolosa preordinazione dell’atto da parte del debitore, finalizzata a compromettere il soddisfacimento del futuro creditore (dolo specifico)([1]), se ne contrapponeva un altro, più recente, secondo cui, sarebbe stata sufficiente la dimostrazione della mera conoscenza, da parte del debitore, del pregiudizio arrecato al futuro creditore (dolo generico)([2]).
L’adesione all’uno o all’altro orientamento, come ricorda la Suprema Corte richiamando le considerazioni dell’Ordinanza interlocutoria del novembre 2023, non è privo di conseguenze sotto il profilo probatorio e processuale. Quanto al primo profilo, può osservarsi che la prova del dolo specifico (come innanzi delineato) richiede un maggiore sforzo allegatorio e deduttivo, da supportare anche (se non soprattutto, atteso che si tratta di dimostrare uno stato soggettivo) mediante il ricorso alle presunzioni.
Quanto al secondo profilo, qualificare l’elemento soggettivo in termini di dolo specifico comporta che, una volta proposta domanda revocatoria avente ad oggetto un atto dispositivo anteriore al sorgere del credito, costituisce inammissibile mutamento della domanda la deduzione, in corso di causa, che l’atto dispositivo sia stato compiuto dopo il sorgere del debito, perché ne discenderebbe l’allargamento del “thema probandum”, dal momento che, nel primo caso, l’attore avrebbe l’onere di provare il dolo specifico del debitore, mentre nel secondo caso, potrebbe limitarsi a provare la generica consapevolezza del debitore di nuocere alle ragioni del creditore (Cass. Civ., Sez. III, 29 maggio 2013, n. 13466). Il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile, acquistabile su Shop Maggioli e su Amazon.

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2. La ragioni a sostegno della decisione della Suprema Corte


Le Sezioni Unite aderiscono all’orientamento giurisprudenziale che individua l’elemento soggettivo dell’azione revocatoria dell’atto dispositivo anteriore al sorgere del credito con il dolo specifico, da intendersi come la dolosa preordinazione dell’atto dispositivo, da parte del debitore, in funzione del sorgere dell’obbligazione, al fine di impedire o rendere più difficile l’azione esecutiva o il soddisfacimento del (futuro) credito e che, nel caso di atto dispositivo a titolo oneroso, richiede, altresì, la partecipazione del terzo all’intento pregiudizievole del debitore.
Tale conclusione trova fondamento nell’interpretazione letterale e storico-sistematica dell’art. 2901 c.c.
Quanto all’interpretazione letterale, rileva il fatto che il significato letterale delle espressioni utilizzate nell’art. 2901, comma primo, c.c., per disciplinare le due diverse declinazioni dell’azione revocatoria (per atti posteriori o anteriori al sorgere del credito), risultano chiaramente indicative dell’intenzione del legislatore di qualificare in modo differente l’elemento soggettivo delle due differenti ipotesi di revocatoria. Nello specifico, per l’esperimento dell’azione revocatoria di un atto dispositivo successivo al sorgere del credito, la norma richiede che il debitore conoscesse (i.e. fosse consapevole) del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore; per l’esperimento dell’azione revocatoria di atto dispositivo anteriore al sorgere del credito, si richiede, invece, uno stato soggettivo connotato da un quid pluris, descritto in termini (non già di semplice conoscenza della portata lesiva dell’atto, bensì) di dolosa preordinazione finalizzata a pregiudicare il soddisfacimento delle ragioni del creditore.
D’altronde, come osserva la Suprema Corte, “conoscere” significa avere notizia o cognizione di una cosa o del suo modo di essere, invece la dolosa preordinazione (di cui alla seconda parte dell’art. 2901, comma primo, c.c.) fa riferimento alla intenzionale predisposizione di un mezzo (l’atto dispositivo) in funzione di uno specifico risultato (quello di impedire o ostacolare il soddisfacimento del credito).
Quanto all’interpretazione storico-sistematica, rileva che il previgente art. 1235 c.c. del codice civile del 1865 disciplinava solo l’ipotesi dell’azione revocatoria di atti dispositivi successivi al sorgere del credito e che, dopo ampio dibattito sorto sulla qualificazione dell’elemento soggettivo di detta azione, si giunse alla conclusione che questo dovesse rinvenirsi nella semplice conoscenza, da parte del debitore, del pregiudizio che l’atto arrecava ai creditori (dolo generico)([1]).
Considerato l’approdo finale raggiunto sulla qualificazione dell’elemento soggettivo dell’allora art. 1235 (disciplinante, come detto,  l’azione revocatoria degli atti successivi al credito), il sede di riscrittura della disciplina dell’azione revocatoria si volle, da un lato, confermare (mediante una nuova formulazione del testo della previgente disposizione) quanto previsto dal previgente art. 1235 (in punto di revocabilità degli atti successivi al sorgere del credito e della necessità dello stato soggettivo di conoscenza della potenzialità lesiva dell’atto per i creditori), dall’altro, ampliare l’ambito oggettivo di applicazione dell’azione, prevedendo anche la possibilità di sottoporre ad azione revocatoria gli atti dispositivi anteriori al sorgere del credito e posti in essere dal debitore in uno stato soggettivo finalisticamente orientato a ledere le ragioni dei creditori (dolosa preordinazione).
Ad ulteriore fondamento della soluzione accolta dalla Suprema Corte vi sono, tra l’altro, ragioni di certezza del diritto e di rapidità dei traffici giuridici.
Al riguardo occorre partire dal presupposto che l’azione revocatoria di atti dispositivi anteriori al sorgere del credito è disposizione eccezionale perché, in deroga al principio di cui all’art. 2740, comma primo, c.c., secondo cui il debitore risponde dell’adempimento “con tutti i suoi beni presenti e futuri” al sorgere del debito, consente al creditore di soddisfarsi anche su beni che hanno cessato di far parte del patrimonio del debitore prima dell’insorgenza dell’obbligazione. Ne consegue che, qualificare l’elemento soggettivo in termini di mera consapevolezza del pregiudizio arrecato (dolo generico) comporterebbe l’estensione dei margini di operatività di una regola che, di per sé, ha già carattere eccezionale.

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Note


[1] Cass., Sez. III, 7/06/2023, n. 16092; 15/11/2016, n. 23205; 19/09/2015, n. 18315; Cass., Sez. II, 20/02/2015, n. 3461; Cass., Sez. I, 9/05/2008, n. 11577; 21/ 09/2001, n. 11916.
[2] Cass., Sez. III, 4/09/2023, n. 25687; 27/ 02/2023, n. 5812; 15/10/2010, n. 21338; 7/10/2008, n. 24757.
[3] Senza pretesa di esaustività, si ricorda che l’art. 1235 del codice civile del 1865 disciplinava l’azione revocatoria degli atti dispositivi successivi al sorgere del credito e che era sorto un dibattito, dottrinale e giurisprudenziale, sul significato da riconoscersi alla locuzione che subordinava la revocabilità degli atti dispositivi “fatti in frode” delle ragioni dei creditori. All’epoca si contrapponevano due orientamenti: da un lato, chi riteneva necessario dimostrare l’intenzione di arrecare danno ai creditori (animus nocendi); dall’altro, chi considerava sufficiente la mera consapevolezza del pregiudizio arrecato ai creditori (scientia damni). Prevalse la soluzione che qualificava l’elemento soggettivo in termini di mera conoscenza, da parte del debitore, del pregiudizio arrecato ai creditori.

Guido Zanchi

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