Inesigibilità dell’indennità di mancato preavviso e contratto di appalto ceduto

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Sintesi :

L’indennità di mancato preavviso del licenziamento non era esigibile nei confronti dell’impresa committente dal momento che il contratto d’appalto era già cessato prima del licenziamento del lavoratore, per cui il credito in questione non deriva dalla prestazione lavorativa resa nell’esecuzione del contratto d’appalto

IL CASO

 

Il lavoratore depositava ricorso al Tribunale, chiedendo di accertarsi e dichiarasi il suo diritto al riconoscimento della qualificadirigenziale a far tempo dal gennaio 1997 ovvero da altra data, e di accertare l’invalidità, inefficacia o illegittimità del licenziamento intimatagli dalla società resistente conconseguente condanna della stessa al pagamento delle maggiori retribuzioni dovute per tale superiore inquadramento, della indennità di mancato di preavviso, della indennità supplementare di cui all’articolo 19 del c.c.n.l. dei dirigenti di aziende industriali nella misura massima di 22 mensilità, nonchè della somma di euro 17.251,92, asseritamentedovuta a titolo di incidenza sul t.f.r. delle predette differenze retributive, della indennità sostitutiva di preavviso e della indennità supplementare.Chiedeva in subordine che venisse accertata la riconducibilità delle mansioni svolte a quelle di quadro ex articolo 23 del c.c.n.l. per i dipendenti delle industrie alimentari, conconseguente condanna della convenuta al pagamento delle somme a titolo di differenze retributive; ed instava, infine, per il riconoscimento della illegittimità del licenziamento concondanna della societa’ alla reintegrazione nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno nella misura minima di cinque mensilita’ e/o al pagamento delle retribuzioni dalla datadel licenziamento sino allo effettivo reintegro con i relativi contributi previdenziali. Il Tribunale ha accolto parzialmente la richiesta del ricorrente,dichiarando l’inefficacia del licenziamentoimpugnato e per l’effetto condannava la società alla reintegra del ricorrente nel posto di lavoro nonchè al pagamento in suo favore delle retribuzioni dalla data del licenziamentosino alla effettiva reintegrazione oltre rivalutazione monetaria ed interessi. Accertava inoltre il diritto del ricorrente alla inquadramento nella qualifica di quadro a partire dal 1 gennaio 1997, con la conseguente condanna al pagamento delle differenze tra le retribuzioni corrisposte e quelle spettanti in virtù dell’inquadramento riconosciuto nel periodo dal27 dicembre 2000 sino al 1 aprile 2002 da quantificarsi tenuto conto della prescrizione quinquennale.

Avverso tale sentenza la società proponeva appello principale, deducendo la erroneità del riconoscimento del diritto del lavoratore alla retrodatazione del suo inquadramentoquale quadro e della dichiarazione della illegittimità del licenziamento, ed a sua volta il lavoratore spiegava appello incidentale al fine di ottenere il riconoscimento del suo dirittoallo inquadramento quale dirigente. La Corte d’appello di Roma respingeva l’appello principale limitatamente ai motivi riguardanti l’impugnazione del licenziamento,e respingeva il gravame incidentale.

Avverso tale sentenza la società propone ricorso per cassazione ed il lavoratore propone ricorso incidentale.

La Corte di Cassazione riunisce i ricorsi e li rigetta.

IL COMMENTO

L’art. 29 del D.Lgs. 276 del 2003 ha introdotto nel nostro ordinamento il principio della responsabilità solidale fra committente e appaltatore in favore dei lavoratori. In particolare, il 2° comma della norma, sancisce chein caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore.

La norma, attualmente, stabilisce che: « Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu’ rappresentative del settore che possono individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarita’ complessiva degli appalti, in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro e’ obbligato in solido con l’appaltatore, nonche’ con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonche’ i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento. Il committente imprenditore o datore di lavoro e’ convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all’appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro puo’ eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori. In tal caso il giudice accerta la responsabilita’ solidale di tutti gli obbligati, ma l’azione esecutiva puo’ essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori. Il committente che ha eseguito il pagamento puo’ esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali»

La norma – definita dalla dottrina anche come una «moltiplicazione dei centri di imputazione» della responsabilità patrimoniale solidale, per cui il lavoratore impiegato nell’ambito di un subappalto può rivolgere le proprie pretese creditorie nei confronti – oltre che del proprio datore di lavoro subappaltatore – anche del committente, nonché dell’appaltatore e di tutti gli eventuali subappaltatori collocati «a monte» del subappalto per il quale egli ha prestato la sua opera (Diritto delle Relazioni Industriali, fasc.1, 2009, pag. 91,Umberto Carabelli)-configura un’obbligazione solidaleche coinvolge committente e appaltatore ha ad oggetto anche il pagamento dei trattamenti retributivi e dei contributi previdenziali dovuti dall’appaltatore (nonché dagli eventuali subappaltatori) ai lavoratori.

Presupposto dell’applicabilità di tale norma, è, evidentemente, la sussistenza del contratto di appalto.

La giurisprudenza di merito ha precisato che la responsabilità solidale del committente ex art. 29, comma 2, d.lg. 10 settembre 2003 n. 276, sussiste per 2 anni dalla cessazione dell’appalto e che il fatto generatore della responsabilità solidale del committente è l’esistenza del contratto di appalto e la prestazione lavorativa dei dipendenti nell’ambito del medesimo (Trib. Milano, 22 dicembre 2008).

La pronuncia in commento contribuisce a chiarire quali siano i limiti del vincolo di solidarietà esistente tra appaltatore e committente nei confronti dei lavoratori per i crediti di lavoro vantati da questi ultimi nei confronti del primo.

La Corte di Cassazione ha, infatti, stabilito che non è configurabile la responsabilità solidale del committente per il credito del dipendente dell’appaltatore per indennità di mancato preavviso per il licenziamento comunicato successivamente alla cessazione dell’appalto, in quanto il credito non è relativo a prestazione resa in esecuzione del medesimo contratto di appalto, ma conseguente ad una autonoma scelta del datore di lavoro di interrompere il rapporto.

Muovendo dall’assunto che il contratto d’appalto era cessato ancor prima che il rapporto di lavoro venisse autonomamente risolto dal datore di lavoro per ragioni affatto connesse all’esecuzione dell’appalto intercorso fra lo stesso datore di lavoro e la società committente, viene negata la configurabilità della responsabilità solidale tra committente ed appaltatore. Anche perché, osservano i giudici di legittimità, nella motivazione del licenziamento non è emerso alcun collegamento causale tra il licenziamento stesso e la cessazione dell’appalto.

Pertanto, qualora il licenziamento sia del tutto indipendente dai rapporti intercorrenti fra committente ed appaltatore non è configurabile la responsabilitàsolidale del committente per il credito del dipendente dell’appaltatore per indennità di mancato preavviso per il licenziamento comunicato successivamente alla cessazione dell’appalto, in quanto il credito non è relativo a prestazione resa in esecuzione del medesimo contratto di appalto, ma conseguente a una autonoma scelta del datore di lavoro di interrompere il rapporto.

V’è da osservare, tuttavia, che la decisione sembra imperniata sulla “mancanza della prova di un nesso causale tra il recesso e l’appalto” la cui esistenza avrebbe invece potuto consentire l’applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 29 Dlgs 276/2003.

Sentenza collegata

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Sangiorgi Giuliana

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