La nomina del RSPP e responsabilità del datore di lavoro

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Massima:

La nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non implica alcuna delega da parte del datore di lavoro in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. Pertanto, il datore non è esente da alcuna responsabilità per la morte del lavoratore, se il lavoratore non era stato adeguatamente formato ed informato in materia di sicurezza.

 

IL CASO

Il Tribunale di Nuoro, in data 20.07.2009, emetteva una sentenza di condanna a carico di PMA per i reati di artt. 589 co. 1 e 2 c.p. (capo A), artt. 48 co. 3 e 89 co. 2 lett. a D.L.vo 626/94 (capo B), artt. 49 co. 1 e 2 e 89 co. 2 lett. a D.L.vo 626/94 (capo C), artt. 22 co. 1 e 89 co. 2 lett. a D.L.vo 626/94 (capo D) in quanto ritenuto responsabile della morte del proprio dipendente MG, per aver violato le norme per la prevenzione degli infortuni. Più precisamente, il giudice di prime cure ha ritenuto sussistente la responsabilità penale del P. in quanto investito della posizione di garanzia quale datore di lavoro e quindi titolare dell’obbligo giuridico di impedire l’evento. All’epoca dei fatti, il P. rivestiva la qualifica di presidente e di rappresentante legale della G. e con un atto privo di data, aveva delegato al socio EG la qualifica di responsabile del servizio di prevenzione e protezione.  Nel corso dell’istruttoria è emerso peraltro che la procedura utilizzata dal P. per il carico degli infissi si era rilevata pericolosa, posto che gli operai non erano stati adeguatamente formati in materia di salute e di sicurezza sul lavoro.

Conclusosi il giudizio di primo grado, P. proponeva appello, a seguito del quale la Corte di Appello di Cagliari dichiarava il non doversi procedere nei confronti del P. in relazione ai reati di cui agli artt. artt. 48 co. 3 e 89 co. 2 lett. a D.L.vo 626/94 (capo B), artt. 49 co. 1 e 2 e 89 co. 2 lett. a D.L.vo 626/94 (capo C), artt. 22 co. 1 e 89 co. 2 lett. a D.L.vo 626/94 (capo D) in quanto prescritti e rideterminava la pena allo stesso inflitta in un anno di reclusione.

Il difensore dell’imputato proponeva ricorso per cassazione al fine di contestare la ritenuta sussistenza delle contravvenzioni di cui agli artt 48, 49 e 22 del dlgs 626/94 e al fine di censurare l’inidoneità della delega effettuata ad EG dei poteri e delle facoltà in materia di sicurezza sul lavoro nonché l’incidenza delle stesse a titolo di colpa generica e specifica sulla complessiva ricostruzione valutativa della morte del M. Inoltre, il. ricorrente censurava la riconosciuta inidoneità della delega effettuata ad E. G. dei poteri e delle facoltà in materia di sicurezza sul luogo di lavoro secondo quanto previsto dal D.lgs. 626/94 osservando come la Corte di appello non avesse attribuito adeguata importanza al fatto che E. era socio della ditta, munito, quindi, di tutti i requisiti normativi e fattuali non solo per essere delegato ma anche per essere considerato ab origine diretto dirigente e datore di lavoro del M. nonché soggetto preposto ad assicurare la sicurezza sul luogo di lavoro.

 

IL COMMENTO

La Suprema Corte con la sentenza in commento ha statuito un importante principio di diritto: il datore di lavoro non è esente da alcuna responsabilità per il solo fatto di aver nominato il  responsabile di servizio di prevenzione e protezione. Infatti, tale figura, sebbene obbligatoria, è destinata a compiti di mero ausilio nell’individuazione di fattori di rischio nella lavorazione e nella informazione e formazione dei dipendenti. Ciò implica che il datore conserva pur sempre l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di elaborare il documento relativo alle misure di prevenzione e di protezione.

A riguardo, per completezza di esposizione, esiste un precedente orientamento giurisprudenziale (Cass. n.4123/2008) in base al quale si esclude la delega dell’attività di valutazione dei rischi per la salute e la designazione del responsabile del servizio di protezione e prevenzione.

L’iter logico- giuridico seguito dalla Suprema Corte muove dalla considerazione dell’art. 8 del dlgs 626/94(recepito nell’art. 17 co. II dlgs 81/08) che prevede l’obbligatorietà della figura del responsabile del servizio di prevenzione e protezione che ai sensi dell’art. 9 (art.33dlgs 81/08) è tenuto principalmente “all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale”.

Ciò non implica, tuttavia, una delega da parte del datore di lavoro nell’individuazione di tali fattori. Infatti, come sancito nell’art. 17 del dlgs 81/08  (Obblighi non delegabili)

1. Il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività:

a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28;

b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.

Da ciò si evince una funzione strumentale del responsabile del servizio di prevenzione e protezione rispetto alle funzioni di valutazione dei rischi e alla formazione ed informazione sulla sicurezza sul lavoro.

In merito, si osserva come tale pronuncia costituisca una sorta di “spartiacque” rispetto al passato.

Invero, a mero titolo esemplificativo, con le sentenze n. 28153/2001 e n. 20604/2005, la Cassazione pur riconoscendo la sussistenza di compiti meramente consultivi del RSPP e accettando che non fosse destinatario di contravvenzioni, ammetteva che lo stesso potesse essere chiamato a rispondere persino del delitto di omicidio colposo in concorso con il datore di lavoro nel caso in cui avesse omesso di mettere in evidenza delle carenze di sicurezza e di misure di prevenzione che hanno portato ad infortunio o malattia professionale.

Con la sentenza n. 50605/2013 la Suprema Corte ha precisato, al contrario, l’importanza del datore in materia di valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro. Infatti, ex art. 2087 c.c. “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.

Orbene, il lavoratore deceduto avrebbe dovuto essere adeguatamente formato ed informato, in considerazione della delicatezza dell’attività che si apprestava a svolgere e della particolarità del lavoro. Infatti, agli operai non erano stati forniti adeguati dispositivi di protezione ed adeguate informazioni sulla procedura da adottare per il carico di infissi.

Sic stantibus rebus, alcun dubbio poteva sussistere in ordine alla responsabilità per colpa, ascritta all’imputato in ordine alla acclarata condotta omissiva, per la mancanza di un adeguato corso di formazione relativamente alla movimentazione dei carichi ed ai rischi inerenti tale attività, che invece successivamente all’accaduto vennero significativamente tenuti ed organizzati.

Vi è di più!!! Gli Ermellini riconoscono la sussistenza in capo al datore di lavoro di una posizione di garanzia, in quanto il grave inadempimento inerisce ad un obbligo rientrante nelle proprie mansioni. Se ne deduce, ergo, che a nulla rileva la designazione dell’ausiliario responsabile di prevenzione, non avendo delegato attraverso la sua nomina alcuna funzione in materia di sicurezza sul lavoro.

Infatti, la sicurezza è il principale obbligo del datore di lavoro. È l’art. 18 del dlg. 81/08 a sancire in capo al datore la sussistenza di un obbligo di formazione ed informazione volto ad inculcare al lavoratore le conoscenze adeguate e relative all’attività svolta e a consentirgli di fronteggiare eventuali situazioni di rischio che possano mettere in pericolo la propria ed altrui incolumità.

Pertanto, se ne deduce che l’inottemperanza di questi obblighi ha certamente integrato la causa dell’evento che non si sarebbe verificato se il datore avesse adempiuto alle proprio funzioni.

Ed inoltre!!! Non costituisce condizione necessaria e sufficiente ad escludere la responsabilità del datore di lavoro la mera formazione, essendo indispensabile anche l’accertamento della comprensione ed attuazione delle regole da parte dei dipendenti.   

Nel caso in esame, dunque, si deduce che il P. non solo non ha fornito adeguati dispositivi di protezione, ma non ha svolto neppure un controllo continuo e costante in merito all’osservanza delle prescrizioni imposte.

Gli Ermellini concludono, allora, nell’individuazione dell’esclusiva responsabilità del datore posto che per configurare un eventuale profilo di colpevolezza nel RSPP sia necessaria una delega di funzioni che debba concretizzarsi in un formale atto di investitura ed in una espressa accettazione da parte del delegato. Infatti, quest’ultimo deve essere pienamente consapevole dell’incarico affidatogli così da garantire l’adempimento delle norme in materia di sicurezza sul lavoro.

Sentenza collegata

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Donatella Corbo

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