La costituzione di parte civile nel processo penale: un terreno in erosione

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La vicenda processuale.

Con decreto penale il G.I.P. presso il Tribunale di Taranto condannava l’imputato alla pena pecuniaria di € 7.500,00 di multa per il reato di cui all’art. 393 c.p.

Avverso tale decreto l’imputato ed il difensore munito di procura speciale proponevano tempestiva e rituale opposizione, chiedendo ai sensi dell’art. 461, comma 3, c.p.p. l’applicazione della pena concordata con il P.M. nella misura pari ad € 4.000 di multa.

Fissata udienza per deliberare in camera di consiglio sulla predetta opposizione, con ordinanza del 7 luglio 2015 il G.I.P. respingeva la richiesta di applicazione di pena concordata, avanzata dalle parti, disponendo procedersi a giudizio immediato.

Con istanza depositata nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari nei termini e con le forme previste dagli artt. 446, comma 1, e 458, comma 1, pertanto, si insisteva nell’accoglimento della richiesta di applicazione della pena già concordata con il P.M. e depositata all’atto dell’opposizione al decreto penale di condanna.

All’udienza celebratasi innanzi al giudice del dibattimento la persona danneggiata dal reato depositava atto di costituzione di parte civile; la costituzione, nonostante l’opposizione tempestivamente formulata dalla difesa dell’imputato, veniva ammessa dal Tribunale che, nell’accogliere l’istanza di applicazione della pena già concordata con il p.m. e reiterata tal quale all’opposizione al decreto penale di condanna, condannava l’imputato al pagamento delle spese di patrocinio e costituzione in giudizio della parte civile.

Sia l’ordinanza ammissiva della costituzione che il capo della sentenza recante la condanna dell’imputato al pagamento in favore della costituita parte civile delle spese di patrocinio e costituzione in giudizio venivano, pertanto, gravate da ricorso per cassazione.

 

L’inammissibilità della costituzione di parte civile durante la fase delle indagini preliminari.

La questione dell’ammissibilità della costituzione di parte civile durante la fase delle indagini preliminari ha costituito oggetto di ampia discussione in dottrina e giurisprudenza.

Secondo un primo orientamento non sussisterebbero ragioni per discriminare la partecipazione della parte civile al rito speciale del patteggiamento a seconda che lo stesso si instauri nel corso delle indagini preliminari piuttosto che nella fase processuale in senso stretto, trattandosi di diverse modalità di celebrazione dello stesso rito.

Giustificherebbe quest’ultimo indirizzo il rilievo, ritenuto preminente, per cui il diritto della parte civile a vedersi rimborsate le spese di costituzione anche nell’ipotesi in cui l’imputato abbia patteggiato la pena è stato affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 443 del 1990; e la considerazione, inoltre, che la parte civile vanterebbe comunque un interesse ad interloquire sulle questioni rimesse al giudice nel rito speciale, da cui potrebbe derivare un pregiudizio del proprio diritto.

Alcun  termine ante quem la costituzione non sia consentita, d’altronde, individua l’art. 79, comma 1, c.p.p.[1].

Secondo altro orientamento, invece, non può riconoscersi il diritto alla costituzione di parte civile nell’udienza fissata in fase di indagini preliminari per deliberare sulla richiesta di applicazione della pena concordata fra le parti dato che un siffatto diritto sorge solo con l’udienza preliminare, tanto vero è che non è previsto che sia dato avviso dell’udienza ex art. 447 c.p.p. alla persona offesa.

La riprova di tale impostazione deriverebbe, su un piano sostanziale, dalla incompatibilità dell’esercizio dell’azione civile in un’udienza destinata a una conclusione processuale comunque non idonea al soddisfacimento della pretesa civilistica; e che le aspettative della parte civile non potrebbero mai essere pregiudicate in tale contesto, in cui il thema decidendum riguarda solo l’accoglibilità della richiesta di pena patteggiata, prospettiva che, comunque risoltasi, non interferisce con le ragioni del danneggiato dal reato, che le può coltivare in sede civile (art. 444, comma 2, ultimo periodo, 651 e 652 c.p.p.) ovvero nel prosieguo dello stesso procedimento penale, qualora la richiesta di applicazione di pena sia rigettata. Sicché non può trovare applicazione la previsione dell’art. 444, comma 2, penultimo periodo, c.p.p., che, nel recepire il portato della sentenza della Corte Costituzionale n. 443 del 1990, si limita a stabilire il diritto della parte civile già costituitasi nell’udienza preliminare alla rifusione delle spese processuali sostenute nell’aspettativa di un rinvio a giudizio dell’imputato[2].

La questione (“se sia ammessa la costituzione di parte civile nell’udienza fissata a seguito di presentazione, nel corso delle indagini preliminari, della richiesta di applicazione della pena, con conseguente potere del giudice di provvedere sulle spese della relativa costituzione”) è stata decisa dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 34 del 27.11.2008, per cui: “Non è ammissibile la costituzione di parte civile in occasione dell’udienza fissata a seguito di richiesta di applicazione di pena formulata in corso di indagini preliminari; ugualmente inammissibile in caso di udienza fissata per l’applicazione di pena in sede di opposizione a decreto penale o a decreto di giudizio immediato. E’ illegittima, di conseguenza, la condanna dell’imputato al pagamento delle spese sostenute dal danneggiato dal reato”.

La sentenza contiene la puntuale considerazione da parte delle Sezioni Unite delle peculiarità della “speciale udienza fissata nel corso delle indagini, a norma dell’art 447”, ove “il danneggiato dal reato, conoscendo in partenza l’oggetto del giudizio, ristretto alla decisione circa l’accoglibilità della richiesta di applicazione di pena su cui è intervenuto il patteggiamento tra imputato e pubblico ministero, non ha ragioni giuridiche per costituirsi parte civile … tanto che l’art. 447 c.p.p., a differenza di quanto previsto per l’udienza preliminare (art. 419 comma 1 c.p.p.) non contempla la formalità dell’avviso di udienza alla persona offesa dal reato. Del resto, in tale udienza la stessa presenza delle parti necessarie del rapporto processuale penale (difensore dell’imputato e pubblico ministero) è meramente eventuale. Sicché l’esercizio dell’azione penale legittima l’azione civile in sede penale solo se uno almeno tra i prevedibili sviluppi processuali accrediti l’aspettativa del danneggiato a ottenere una condanna dell’imputato al risarcimento del danno a norma degli artt. 185 c.p. e 538 c.p.p.”.

Dall’applicazione di tali, condivisibili, principi consegue, poi, che la costituzione di parte civile è inammissibile anche “alle udienze fissate per l’applicazione della pena a norma dell’art. 464 c.p.p. (a seguito di opposizione a decreto penale) e degli artt. 446 comma 1, ult. periodo, e 458 comma 1 c.p.p. (a seguito di decreto di giudizio immediato)”: anche dette udienze, infatti, si svolgono davanti al G.I.P. e, avendo quale oggetto di trattazione esclusivamente l’istanza di applicazione della pena concordata fra le parti, non sono comunicate alla persona offesa.

 

Le peculiarità del caso specifico: un’ipotesi di inammissibilità della costituzione di parte civile anche dinanzi al giudice del dibattimento.

Il caso deciso con la sentenza in commento dalla Cassazione è, a ben vedere, diverso sia da quelli espressamente regolati dal precedente delle Sezioni Unite sia da quello deciso dalla VI sezione con la sentenza n. 22512 del 24.5.2011, secondo cui: “Non è ammessa la costituzione di parte civile nell’udienza fissata per la richiesta di applicazione della pena, presentata a seguito della emissione del decreto di giudizio immediato a norma dell’art. 456, comma secondo, cod. proc. pen., ed è pertanto illegittima la condanna dell’imputato al pagamento delle spese sostenute dal danneggiato dal reato la cui costituzione sia stata ammessa dal giudice nonostante tale divieto”.

In questi casi, infatti, l’istanza di patteggiamento – proposta nei 15 giorni successivi alla notifica del decreto che disponeva il giudizio immediato ai sensi degli artt. 446, comma 1, e 458, comma 1, c.p.p. – rientrava nella competenza del G.I.P..

Nel caso di specie, invece, il giudice del dibattimento veniva investito di un’istanza di patteggiamento proposta in sede di opposizione a decreto penale di condanna e già rigettata da parte del giudice per le indagini preliminari.

Trattasi di differenza rilevante: in questo caso, infatti, il giudizio non è “ristretto alla decisione circa l’accoglibilità della richiesta di applicazione di pena su cui è intervenuto il patteggiamento tra imputato e p.m.”; la persona offesa da reato riceve la notifica del relativo avviso; è necessaria la presenza sia del difensore dell’imputato che del p.m.; non sussiste, in altri termini, alcuna delle ragioni poste a fondamento del principio predicato dalle Sezioni Unite.

Ciononostante la Suprema Corte è pervenuta ad una valutazione di inammissibilità della costituzione di parte civile.

Tale decisione si inserisce in un contesto di progressiva erosione dell’azione civile nel processo penale (cfr., all’uopo, da ultimo, anche Cass., SS.UU., 29.9-7.11.2016, n. 46688, per cui: “In caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile, sottoposto a sanzione pecuniaria civile, ai sensi del d. lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, il giudice della impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili.”) e deve ritenersi corretta.

Per pacifica (e, peraltro, richiamata nella stessa sentenza commentata) giurisprudenza, infatti, “la richiesta di applicazione della pena proposta contestualmente all’opposizione al decreto penale di condanna, una volta rigettata dal giudice, può essere riproposta in apertura del dibattimento solo se la nuova domanda reitera esattamente quella precedente. La preclusione introdotta dal terzo comma dell’art. 464 c.p.p., infatti, riguarda l’eventualità che una richiesta di patteggiamento venga presentata per la prima volta nel giudizio conseguente all’opposizione, mentre la reiterazione della predetta domanda costituisce il presupposto affinché possa esercitarsi il sindacato del giudice dibattimentale sulla precedente decisione di rigetto” (Cass., sez. III, 12.5 – 1.6.2005, n. 20517; in senso conforme: Cass., sez. IV, 24.10 – 13.12.2007, n. 46367; Cass., sez. IV, 3.7 – 10.9.2015, n. 36782).

Sicché, nel caso in cui il sindacato del Tribunale si risolva in un giudizio negativo sulla precedente ordinanza del G.I.P., sarebbe irragionevole far gravare sull’imputato il peso economico derivante da un errore (non proprio ma) del giudice per le indagini e, conseguentemente, condannarlo alla refusione delle spese di costituzione di parte civile.

 

 

[1] Cass., sez. V, 18.11.1992, Marani; sez. II, 22.2.1999, Volterra; sez. V, 7.5.2004, Meriggi; sez. II, 28.9.2006, Romano; sez. V, 8.5.2007, Albicini; sez. II, 24.1.2008, Morelli; sez. III, 26.3.2008, Rosa; sez. V, 28.5.2008, Convito; sez. V, 28.5.2008, Borrega.

[2] Cass., sez. V, 25.11.1993, Russo; sez. V, 11.1.2002, Donaser; sez. V, 17.10.2002, Rinaldi; sez. III, 22.1.2004, Martini; sez. V, 5.4.2004, Schipilliti; sez. IV, 15.4.2004, Caputo; sez. V, 22.4.2005, Correnti; sez. fer., 6.9.2005, Lagnena; sez. V, 13.6.2006, Verza; sez. VI, 30.10.2006, Motta; sez. III, 15.11.2006, n. 40428; sez. VI, 4.12.2006, Chabbi Qualid; sez. IV, 28.6.2007, Biagioli.

Sentenza collegata

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Avv. Garzone Francesco Paolo

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