Consiglio di Stato sez. V 25/2/2009 n. 1115; Pres. Baccarini S.

Redazione 25/02/09
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Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

1. La sentenza impugnata ha respinto il ricorso proposto dall’attuale appellante, per l’annullamento del diniego di accesso ai documenti amministrativi, espresso dal comune di Valenzano mediante raccomandata con avviso di ricevimento prot. 338/u.t./2903 del 12 marzo 2008, pervenuta il 18 marzo 2008, a firma del responsabile del Servizio Lavori Pubblici, in relazione alla richiesta proposta dall’interessata, avente ad oggetto i documenti riguardanti la esecuzione del contratto di servizio stipulato tra il Comune di Valenzano e I.R. S.p.A.

La pronuncia impugnata ha ritenuto inammissibile il ricorso, perché proposto, a suo dire, contro un atto meramente confermativo di un precedente diniego tacito, non impugnato tempestivamente. Secondo il tribunale, poi, la pretesa sostanziale dedotta dalla società ricorrente è comunque infondata nel merito, perché la richiesta di accesso non risulta supportata da un idoneo interesse concreto attuale e differenziato, come prescritto dall’articolo 22 della legge n. 241/1990

2. L’attuale appellante contesta la pronuncia del tribunale, censurando entrambe le statuizioni contenute nella sentenza impugnata e ripropone, sviluppandoli, gli argomenti esposti in primo grado.

Le parti intimate resistono al gravame.

3. In primo luogo, l’appellante, contesta la pronuncia del tribunale, nella parte in cui essa ha considerato inammissibile il ricorso di primo grado.

Al riguardo, la sentenza afferma che "al 09/02/2008 era già maturato il silenziorigetto previsto dall’art. 25 comma 1 L. 241/90, non impugnato nel termine previsto dal successivo comma 5. Il provvedimento impugnato, del 12/03/2008 – nel quale si richiamano le motivazioni già indicate nel preavviso del 14/12/2007 – deve quindi ritenersi un provvedimento meramente confermativo, la cui impugnativa deve ritenersi inammissibile, non essendo stato gravato il silenzio-rigetto."

Secondo la pronuncia, quindi, l’interessata avrebbe dovuto impugnare tempestivamente il silenzio-rigetto, mentre l’adozione di un esplicito atto di diniego, tardivamente intervenuto dopo la scadenza dei termini perentori per la conclusione del procedimento di accesso, non sarebbe idonea a riaprire il termine decadenziale, per la proposizione del ricorso, previsto dall’articolo 25 della legge n. 241/1990.

La tesi del tribunale non può essere condivisa. Va premesso che, ai fini della decisione della presente controversia, è del tutto irrilevante stabilire se l’atto del 14 dicembre 2007 debba considerarsi come un preavviso di rigetto e se il procedimento in materia di accesso rientri nel campo di applicazione dell’articolo 10-bis della legge n. 241/1990, come ha ritenuto il tribunale, con una diffusa motivazione, analiticamente contestata dall’appellante. Questi sostiene, al contrario, che tale atto dovrebbe qualificarsi come semplice comunicazione di avvio del procedimento e, che, in ogni caso, l’istituto del "preavviso di rigetto" non sarebbe estensibile al procedimento di accesso, caratterizzato da una speciale celerità.

Anche seguendo la prospettiva dell’appellante, infatti, resterebbe confermata, in punto di fatto, la formazione del silenzio-rigetto, in un’epoca precedente l’adozione del provvedimento di diniego esplicito.

4. Ciò chiarito, la Sezione ritiene che il ricorso di primo grado, proposto contro il provvedimento esplicito di rigetto dell’istanza di accesso formulata dalla società interessata, sia ammissibile, nonostante la mancata tempestiva impugnazione del silenzio-rigetto.

È pacifico, infatti, che il provvedimento esplicito di diniego, fondato su una espressa motivazione, che richiama i risultati dell’istruttoria compiuta e della valutazione effettuata, non possa mai assumere le caratteristiche dell’atto "meramente confermativo" di un precedente silenzio con valore legalmente tipico di diniego.

La conferma "mera", infatti, si verifica solo nei casi in cui la nuova determinazione dell’amministrazione si limiti a ripetere il contenuto del precedente provvedimento, senza aggiungere alcun ulteriore supporto motivazionale e senza percorrere una rinnovata istruttoria delle circostanze ritenute rilevanti ai fini della valutazione dell’istanza proposta dal richiedente.

Qualora l’amministrazione adotti un atto di identico contenuto dispositivo di un altro precedente, ma arricchito da una puntuale motivazione prima inesistente, o basato su elementi istruttori prima non considerati, si è in presenza di un atto confermativo, a carattere rinnovatorio, che modifica la realtà giuridica, riaprendo i termini per la proposizione del ricorso giurisdizionale da parte dei soggetti che ne intendano contestare la legittimità.

Nel caso di specie, il diniego impugnato non richiama affatto il precedente silenzio e la sua ipotizzabile inoppugnabilità, ma entra nel merito della richiesta di accesso e la respinge, spiegandone puntualmente le ragioni, basate sull’asserito difetto di interesse del richiedente, tenendo conto, fra l’altro, dell’apporto fornito dalla memoria prodotta dall’impresa controinteressata.

Dunque, sussistono entrambi i requisiti (rinnovata istruttoria; arricchimento della motivazione) caratterizzanti l’atto di conferma propria e la sua netta distinzione dall’atto "meramente" confermativo.

5. Questa conclusione è del tutto coerente con le pronunce dell’Adunanza Plenaria n. 6/2006 e n. 7/2006 del Consiglio di Stato, citate dal comune appellato. Nella presente vicenda, infatti, non è in contestazione la struttura impugnatoria del giudizio in materia di accesso, né la necessità di rispettare sempre il termine decadenziale previsto dall’articolo 25 della legge n. 241/1990, mediante la contestazione di una determinazione autoritativa dell’amministrazione. Si tratta di principi ben scolpiti dalle citate decisioni dell’Adunanza Plenaria, le quali sviluppano la tesi secondo cui, anche nella materia dell’accesso trovano piena applicazione i principi generali relativi alla inammissibilità del ricorso proposto avverso un atto meramente confermativo di precedente provvedimento non impugnato nei termini decadenziale prescritti.

Ma è bene sottolineare che, in concreto, le due decisioni hanno entrambe affermato l’inammissibilità del ricorso proposto contro il diniego espresso che segue un precedente provvedimento esplicito negativo (e non un diniego tacito), non contestato nei prescritti termini decadenziali.

Si tratta, quindi, di situazioni concrete profondamente diverse da quella oggetto della presente controversia, nella quale il diniego esplicito segue un silenzio-rigetto.

6. Con un altro gruppo di censure, l’appellante contesta la sentenza, nella parte in cui ha respinto, nel merito, il ricorso di primo grado. Secondo il tribunale, il diniego di accesso sarebbe corretto, perché l’impresa richiedente non avrebbe dimostrato il proprio interesse differenziato, idoneo a radicare la legittimazione all’accesso.

7. La tesi del tribunale non è condivisibile. L’appellante, infatti, ha giustificato la propria richiesta di accesso, indicando, puntualmente, l’interesse attuale, diretto e concreto fatto valere. Esso consiste nella verifica della corretta esecuzione da parte dell’impresa aggiudicataria del contratto di servizio per la distribuzione del gas metano nel comune di Valenzano, affidato alla società controinteressata, all’esito di procedura selettiva alla quale aveva partecipato la stessa appellante, collocandosi al secondo posto della graduatoria.

8. L’appellante sostiene che l’accertamento di eventuali inadempimenti non sarebbe diretto a provocare, o sollecitare, la risoluzione del contratto, per ottenere il subentro nel contratto. La conoscenza dei documenti sarebbe finalizzata adimostrare, attraverso la prova dell’inadempimento delle prestazioni contrattuali, l’originaria inadeguatezza dell’offerta vincitrice della gara. L’accertamento di questa circostanza sarebbe particolarmente utile nel giudizio amministrativo, attualmente pendente in appello, proposto dall’interessata contro gli atti di aggiudicazione del servizio.

9. In questa prospettiva, la posizione dell’appellante è nettamente differenziata da quella del comune cittadino che aspira ad un "controllo generalizzato" dell’azione amministrativa ed è certamente collegata al presupposto normativo fissato dall’articolo 22 della legge n. 241/1990, secondo cui, per ottenere l’accesso è necessario dimostrare un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso".

E la richiesta dell’interessato risulta sufficientemente puntuale e specifica, nella parte in cui indica la documentazione correlata alla esecuzione delle prestazioni contrattuali.

Il diniego opposto dal comune di Valenzano, quindi, non trova una adeguata giustificazione nell’asserito difetto di interesse della società richiedente.

10. In definitiva, quindi, l’appello deve essere accolto. Pertanto, deve essere ordinato all’amministrazione di esibire i documenti richiesti dall’appellante, secondo le modalità indicate dal regolamento n. 184/2006.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

PER QUESTI MOTIVI

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello;

per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla il diniego impugnato;

ordina al comune di Valenzano di consentire all’appellante l’accesso ai documenti oggetto della richiesta, secondo le modalità definite dal regolamento n. 184/2006;

condanna gli appellati, in solido tra loro, a rimborsare all’appellante le spese dei due gradi di giudizio, liquidate in euro 5000;

ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

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