Accordo in sede sindacale: non valido se il sindacato non informa il lavoratore (Cass. n. 24024/2013)

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Massima

L’accordo tra il dipendente ed il datore di lavoro ove venga identificata la lite da definire o quella da prevenire e che contenga lo scambio di concessioni reciproche,  può essere qualificato come atto di transazione, assumendo rilievo, quale conciliazione in sede sindacale, ove sia stato raggiunto con una effettiva assistenza del prestatore di lavoro da parte di esponenti dell’organizzazione sindacale indicati dallo stesso.

 

1. Premessa

Nella decisione del 24 ottobre 2013 n. 24024 la Corte di Cassazione ha precisato che l’accordo tra lavoratore e datore (1) può essere qualificato come atto di transazione ed assume rilievo, quale conciliazione in sede sindacale (2) ove sia stato raggiunto con una effettiva assistenza del dipendente da parte degli esponenti dell’organizzazione sindacale indicati dallo stesso lavoratore, dovendosi valutare se, in relazione alle concrete modalità di espletamento della conciliazione, sia stata, in maniera corretta, attuata la funzione di supporto che la legge stessa assegna al sindacato nella fattispecie conciliativa.

Con la sentenza che qui si commenta la Corte, intervenendo in materia di transazione in sede stragiudiziale, ha precisato che è legittimo rinunziare, in tutto o in parte, a disporre dei propri diritti, considerati inderogabili, dalla legge o dai contratti collettivi, a patto che l’assistenza prestata al lavoratore dai rappresentanti sindacali sia stata effettiva, consentendo allo stesso di sapere a quale diritto rinunzia ed in che misura, e, nel caso di transazione, a condizione che dallo stesso atto si evinca la res dubia oggetto della lite (potenziale oppure in atti) e le reciproche concessioni in cui si risolve il contratto transattivo ex art. 1965 c.c.

 

1.1. La fattispecie

La vicenda trae origine dalla richiesta di annullamento della sentenza di corte d’appello  che aveva riformato la sentenza del tribunale, dichiarando inammissibili le domande proposte nei confronti della Procura generalizia Congregazione Suore Eucaristiche.

Le ricorrenti aveva convenuto in giudizio la Procura chiedendo, previo annullamento della conciliazione in sede sindacale, l’accertamento della natura subordinata del loro rapporto di lavoro, nonché la condanna di somme, e la declaratoria di illegittimità del licenziamento orale che assumevano di aver subito, con ogni conseguenza di legge.

La Procura, a propria volta, conveniva in giudizio le ricorrenti, al fine di ottenere la restituzione di somme erogate in attuazione delle conciliazioni in sede sindacale.

Il Tribunale accoglieva, in parte, la domanda delle ricorrenti, con la condanna della Procura al pagamento di una parte delle somme richieste e rigetto di ogni altra domanda.

La procura proponeva appello; le ricorrenti appello incidentale.

In sede di appello la Corte, in accoglimento dell’appello principale, assorbito quello incidentale, riformava la decisione e dichiarava l’inammissibilità delle domande.

Il fulcro della decisione è costituito dal fatto che la Corte ritenne valide le conciliazioni sottoscritte tra le parti e quindi inammissibili giudizi che si fondavano sulla loro illegittimità.

Le ricorrenti articolano tre motivi di ricorso. La Procura generalizia si è difesa con controricorso. Le ricorrenti hanno depositato una memoria. 

Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2113 c.c. e 411 c.p.c..

Con il secondo motivo si denunzia violazione dei medesimi articoli di legge in relazione alla mancata assistenza sindacale avuta nel caso concreto.

Nel quesito si chiede se ai fini della legittimità della conciliazione “debba essere intervenuto alla stipulazione un rappresentante sindacale munito di specifico mandato a transigere la controversia debitamente sottoscritto dal lavoratore, ovvero se dall’atto di conciliazione debba comunque risultare che il rappresentante sindacale abbia esaurientemente illustrato tutti i necessari elementi al lavoratore affinché questi abbia consapevolmente ridisposto dei propri diritti e se in mancanza, come nel caso dei verbali sottoscritti dalle ricorrenti, debbano ritenersi sottratte al regime di non impugnabili di cui all’art. 2113, quarto comma, c.c. le conciliazioni sottoscritte in sede sindacale che siano prive di tali requisiti”.

Con il terzo motivo si denunzia “carenza di motivazione e insufficiente e omesso esame di punto decisivo della controversia”, che nel corso del motivo viene identificato nella inimpugnabilità delle conciliazioni e nella sussistenza della “res dubia”.

 

2. Conclusioni

I giudici della Corte nella decisione in commento precisano che “per il combinato disposto degli artt. 2113 cod. civ. e 410, 411 cod. proc. civ., le rinunzie e transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge o di contratti collettivi, contenute in verbali di conciliazione sindacale, non sono impugnabili ex art. 2113, commi 2 e 3, cod.civ., solo a condizione che l’assistenza prestata dai rappresentati sindacali sia stata effettiva, consentendo al lavoratore di sapere a quale diritto rinunzia ed in che misura, e, nel caso di transazione, a condizione che dall’atto si evinca la “res dubia” oggetto della lite (in atto o potenziale) e le “reciproche concessioni” in cui si risolve il contratto transattivo ai sensi dell’art. 1965 c.c.”.

La Corte, quindi, accoglie il ricorso, cassando la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello in diversa composizione, anche per quanto concerne le spese del giudizio di legittimità.

  

Manuela Rinaldi   
Avvocato foro Avezzano Aq – Dottoranda in Diritto dell’Economia e dell’Impresa Università La Sapienza, Roma, Proff. Maresca – Santoro Passarelli; Tutor di Diritto del Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. A. Maresca; Docente in corsi di Alta Formazione Professionale e Master; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano, Aq; Docente in Master e corsi di Alta Formazione per aziende e professionisti; dal 2013 Tutor di Diritto Civile Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. M. Orlandi

 

 

_________ 

(1) Ove sia identificata la lite da definire o quella da prevenire e lo scambio tra le parti di reciproche concessioni.

(2) Ex art. 411, comma 3, c.p.c. 

Sentenza collegata

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