Bagarinaggio (Cass. pen. n. 37279/2013)

Redazione 11/09/13
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Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 9/6/2012 il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Milano ha convalidato il provvedimento dell’1/6/2012 del Questore di Milano col quale, ai sensi dell’art. 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (e successive modifiche) e dell’art. 1-sexies della legge 24 aprile 2003, n. 88, è stato imposto l’obbligo di presentazione avanti l’autorità di pubblica sicurezza in concomitanza con le manifestazioni sportive cui partecipano le squadre calcistiche “AC Milan” e “Internazionale FC” , misura determinata dal Giudice delle indagini preliminari per la durata di due anni a fronte di quella di tre anni fissata dal Questore. La misura trova fondamento nella circostanza che il ricorrente fu identificato mentre si accingeva a vendere quattro biglietti di accesso allo stadio milanese in occasione dell’incontro fra Milan e Internazionale del 6/5/2012; il Giudice delle indagini preliminari, esaminato il contenuto della memoria difensiva indirizzata dal sig. D.P. al Questore in data 15/5/2012, ha confermato la fondatezza della mistura e ridotto a due anni la sua durata “in considerazione dei numero esiguo di biglietti oggetto di vendita non autorizzata”.
2. Avverso l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari il sig. D.P. propone ricorso tramite il Difensore, in sintesi lamentando:
a. di non avere potuto esaminare la documentazione amministrativa e di non avere avuto a disposizione per proporre memorie il termine di 48 ore;
b. di non aver tenuto alcuna condotta riconducibile al dettato dell’art. 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (e successive modifiche);
c. di non poter essere destinatario delle disposizioni contenute nell’art. 1-sexies della legge n. 201 del 2005 o contenute nella legge 20 aprile 2003, n. 88;
d. di non essere stato messo in condizione di accedere agli atti e ai documenti e di non essere stato informato del diritto di farlo.

Considerato in diritto

1. Osserva preliminarmente la Corte che la regolarità della procedura seguita in sede di convalida giudiziale del provvedimento del Questore, con gli atti depositati presso la segreteria del Pubblico ministero e quindi presso la cancelleria del Giudice delle indagini preliminari, ha garantito alla parte e alla Difesa la possibilità di accedere ai documenti e di esercitare le proprie prerogative, così che non rilevano in questa sede eventuali vizi del procedimento amministrativo che potranno essere fatti valere davanti al giudice amministrativo con riguardo alla misura del divieto di presenza nei luoghi indicati nel provvedimento sopra citato. I relativi motivi di ricorso, tra l’altro prospettati in modo generico, devono pertanto essere dichiarati inammissibili.
2. Ciò premesso e venendo alle censure relative alla esistenza dei presupposti per l’applicazione delle misure, la Corte rileva che si è in presenza di questioni manifestamente infondate. La disciplina in vigore, infatti, impone di applicare anche al c.d. “bagarino” alcune misure previste per coloro che compiano atti violenti in occasione di o in connessione a manifestazioni sportive.
3. In particolare, l’art. l, comma 4, del d.l. 17 agosto 2005, n. 162, convertito in legge 17 ottobre 2005, n. 210, ha introdotto l’art. 1-sexies nel testo della legge 24 aprile 2003, n. 88 (di conversione del d.l. 24 febbraio 2003, n. 28).
L’art. 1-sexies, recita: “1. Chiunque, non appartenente alle società appositamente incaricate, vende i titoli di accesso nei luoghi in cui si svolge la manifestazione sportiva o in quelli interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alla manifestazione medesima, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.000 euro. Nei confronti del contravventore possono essere applicati il divieto e le prescrizioni di cui all’articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401”.
4. Evidente, dunque, la legittimità dell’applicazione al ricorrente della misura dell’obbligo di presentazione avanti l’autorità di pubblica sicurezza, così che, a fronte di una motivazione del provvedimento di convalida immune da vizi, i motivi di ricorso debbono essere considerati manifestamente infondati.
5. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Redazione