Sentenza PFAS: compliance ambientale e responsabilità penale nel caso Miteni

Condanna storica nel caso PFAS: 141 anni ai dirigenti Miteni. Un nuovo paradigma per responsabilità penale e compliance ambientale.

Lorena Papini 03/07/25

Il 26 giugno 2025 la Corte d’Assise di Vicenza ha pronunciato una sentenza destinata a segnare un punto di svolta nella giustizia ambientale italiana. Con la condanna a complessivi 141 anni di carcere per 11 ex dirigenti della Miteni S.p.A., il tribunale ha riconosciuto la sussistenza dei reati di disastro ambientale doloso, avvelenamento delle acque e bancarotta fraudolenta. La vicenda giudiziaria riguarda l’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), imputabile alle attività dello stabilimento chimico di Trissino (Vicenza), attivo dal 1968 e responsabile della contaminazione di una vasta area tra le province di Vicenza, Padova e Verona. Per approfondire su questi temi, abbiamo organizzato il corso Criteri ESG e Corporate Governance – Dagli Adeguati Assetti alla Rendicontazione della Privacy

Indice

1. Una svolta nella giurisprudenza ambientale italiana


Il dispositivo della sentenza ha accertato la piena consapevolezza, da parte degli imputati, della tossicità delle sostanze rilasciate e delle conseguenze sulla salute pubblica. Si tratta di una delle condanne penali più severe mai pronunciate in Italia per reati ambientali, in un contesto che per la prima volta ha visto l’applicazione articolata degli articoli 439, 452-bis e 452-quater del codice penale in relazione a fenomeni di contaminazione industriale cronica.

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2. Profili risarcitori e applicazione del principio “chi inquina paga”


Di particolare rilievo anche il piano civilistico: il giudice ha disposto risarcimenti multimilionari a favore delle oltre 300 parti civili costituite in giudizio. In primis, il Ministero dell’Ambiente è stato riconosciuto creditore per 58 milioni di euro a titolo di danno ambientale e danno all’immagine. Alla Regione Veneto, invece, è stato attribuito un risarcimento di oltre 6,5 milioni di euro, comprensivo dei costi sostenuti per la gestione dell’emergenza sanitaria e ambientale.
La sentenza ha sancito inoltre la responsabilità civile di Mitsubishi Corporation e ICIG, ex proprietarie di Miteni, secondo una logica di corresponsabilità per controllo societario e omessa vigilanza. L’applicazione del principio “chi inquina paga”, previsto dalla normativa europea (art. 191 TFUE e Dir. 2004/35/CE), rafforza la natura sistemica del danno ambientale e ne estende le implicazioni anche ai soggetti economici transnazionali.

3. Implicazioni per il diritto penale dell’ambiente e per la responsabilità degli organi societari


Il caso PFAS offre spunti rilevanti per l’evoluzione della responsabilità penale ambientale in ambito societario. La Corte ha ravvisato l’elemento soggettivo del dolo, configurato nella cosciente omissione di misure di prevenzione, bonifica e contenimento. Tale orientamento giurisprudenziale segna una netta cesura rispetto al passato, in cui la responsabilità per crimini ambientali veniva ricondotta prevalentemente a condotte colpose.
Il riconoscimento della responsabilità personale degli amministratori e dirigenti rafforza l’orientamento che vede la violazione dei doveri di gestione ambientale non solo come illecito amministrativo, ma come fonte di responsabilità penale autonoma. La mancata adozione di audit ambientali, la persistente esposizione della popolazione a sostanze tossiche e l’assenza di sistemi di controllo interno sono stati elementi determinanti nella qualificazione dolosa della condotta.

4. Compliance ambientale e prevenzione del rischio penale per le imprese


Alla luce di questa pronuncia, appare ormai evidente come la compliance ambientale debba essere considerata una componente centrale del risk management aziendale, non solo per ragioni etiche o reputazionali, ma per prevenire esposizioni a responsabilità penali, risarcitorie e interdittive. Il caso Miteni rappresenta infatti una lezione concreta sui rischi che derivano dall’inosservanza degli obblighi di monitoraggio ambientale e dall’assenza di protocolli conformi agli standard internazionali.
L’efficace implementazione di modelli organizzativi ex D.Lgs. 231/2001 – comprensivi di specifici presìdi per la prevenzione dei reati ambientali – assume un ruolo strategico. Ciò include: la revisione periodica dei cicli produttivi, la tracciabilità delle sostanze chimiche impiegate, la gestione trasparente delle emissioni, la formazione obbligatoria del personale e la previsione di un responsabile ambientale con autonomia e poteri adeguati.

5. Considerazioni conclusive: un precedente destinato a orientare prassi e dottrina


Il processo PFAS e la condanna dei vertici Miteni costituiscono, a tutti gli effetti, un precedente paradigmatico in materia di responsabilità ambientale. La sentenza ribadisce che l’ambiente non è un bene sacrificabile sull’altare dello sviluppo economico e che la gestione del rischio ambientale rappresenta un dovere strutturale per ogni organizzazione complessa.
In prospettiva, si assisterà con ogni probabilità a una crescente attenzione della magistratura penale ai fenomeni di inquinamento industriale, soprattutto in presenza di sostanze “emergenti” come i PFAS, non ancora completamente regolamentate ma già scientificamente riconosciute come dannose. La giurisprudenza ambientale italiana sembra ormai avviata verso un’evoluzione che accentua la tutela preventiva, il principio di precauzione e l’effettività delle sanzioni.

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