Schema di decreto legislativo in materia di filgi naturali ai sensi dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012 n. 219

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Schema di decreto legislativo recante revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, ai sensi dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219.

A cura di Giuseppe Buffone

Giudice del Tribunale di Milano


«Parificazione figli (ex) naturali – figli (ex) legittimi»

Approvato dal Consiglio dei Ministri, in data 12 luglio 2013

Pubblicato in: non ancora pubblicato

 

Mappa delle principali novità                                             

Modifiche Codice civile –             Libro Primo                            

Modifiche Codice civile –             Libro Secondo                         

Modifiche Codice civile –             Altri Libri                                 

Modifiche alle disp. att. codice civile                                  

Modifiche Codice Penale                                                         

Modifiche ai Codici di Procedura (cpp – cpc)                         

Modifiche alle Leggi speciali                                                

Disposizioni Transitorie e Finali                                                 

 MAPPA DELLE NOVITA’

 

Oggetto

 

Contenuti

 

Corpus iuris unico comune per i rapporti genitoriali con i figli: i nuovi articoli da 337-bis a 337-octies.

 

 

 Il decreto abroga integralmente gli artt. 155-bis – 155- sexies, e i commi 3, 4, 5, 8 – 12 dell’art. 6 l. div., il cui contenuto viene trasposto nei nuovi artt. 337-bis – 337-octies. Norme racchiuse nel nuovo capo II del titolo IX, rubricato “esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio”. Le nuove norme diventano riferimento generale per tutte le controversie genitoriali, che sia separazione, divorzio o interruzione di convivenza tra partners non uniti da matrimonio.

 

 

Dalla potestà genitoriale alla «responsabilità genitoriale»

 

Ovunque, nell’Ordinamento, la potestà genitoriale viene ad essere ridefinita dalla sintesi concettuale europea «responsabilità genitoriale»: “i diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i beni di un minore. Il termine comprende, in particolare, il diritto di affidamento e il diritto di visita” (cfr., art. 2, n. 7 Reg. CE n. 2201/2003)

 

 

Residenza del Minore

 

 

In linea con il dizionario europeo (che include nella nozione di «affidamento» la scelta condivisa circa il luogo di residenza abituale del minore), onde fugare ogni dubbio al riguardo, viene chiarito in modo espresso che la residenza abituale del fanciullo è scelta dai genitori di «comune accordo» (artt. 316 c.c.; 337-ter comma III).

 

 

La “nuova” legittimazione attiva dei “nonni”, davanti al TM

 

 

L’art. 317-bis c.c. viene completamente riformato e ora ospita l’azione dei ascendenti promossa nel caso in cui sia impedito il loro diritto «di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni». Il nuovo art. 38 disp. att. c.c. riformato in parte qua), rimette al Tribunale per i Minorenni la competenza sulla domanda

 

 

Ascolto del minore

 

L’ascolto del minore diviene, di fatto, sempre obbligatorio, salvo il giudice lo ritenga in contrasto con l’interesse del fanciullo o manifestamente superfluo: in tutti i procedimenti in cui debbano essere adottati provvedimenti che lo riguardano (336-bis comma I, c.c.); nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori in materia di affidamento (art. 337-octies comma I); dove il giudice debba designare al minore un tutore (art. 348 comma III) e, sempre in regime di tutela, dove si debbano assumere la decisioni più importanti per la sua cura personae (Art. 371, n. 2); durante il procedimento di divorzio (art. 4 comma VIII, l. 898/1970). Il nuovo art. 38-bis disp att. c.c. regola l’audizione nelle cd. «sale di ascolto» (munite di vetro specchio): in mancanza di queste sale, i difensori possono partecipare all’audizione solo se autorizzati dal giudice (336-bis comma II, c.c.)

 

 

Affidamento familiare

 

 

Viene formalmente introdotto nella disciplina uniforme sui rapporti genitoriali, l’istituto dell’affidamento familiare, che il giudice può disporre “in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori” (337-ter comma II)

 

 

Esecuzione dei provvedimenti di affidamento

 

All’attuazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d’ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare (337-ter comma II)

 

 

Figli maggiorenni portatori di Handicap

 

.Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori (337-septies c.c.). Si chiarisce, nel nuovo art. 37-bis disp. att. c.c., che «i figli maggiorenni portatori di handicap grave previsti dall’articolo 337-septies, secondo comma, del codice civile, sono coloro i quali siano portatori di handicap ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104».

 

 

Successioni

 

Riscritte le norme sulla successione, in cui ai figli (nati fuori del matrimonio o al suo interno) è riservato lo stesso identico trattamento normativo.

 

 

Nuclei familiari in condizioni di indigenza

 

Il giudice segnala ai comuni le situazioni di indigenza di nuclei familiari che richiedono interventi di sostegno per consentire al minore di essere educato nell’ambito della propria famiglia (nuovo art. 79-bis, l. 184/1983)

 

 

Diritto internazionale privato

 

 

Riscritte le norme sulla filiazione (33, 34, 35, 36, 36-bis, 38) e introdotte previsioni cogenti che si applicano comunque nonostante il richiamo ad altra legge (v. art. 36-bis, l. 218/1995).

 

LE MODIFICHE AL CODICE CIVILE -LIBRO PRIMO-

 Lo stato della giustizia civile costituisce,

 

 

Vecchio testo

 

Nuovo testo

 

Libro Primo – Delle persone e della famiglia

 omissis

 

 Titolo VII – Della filiazione (Artt. 231-290)

 Capo I – della filiazione legittima

Sezione I – dello stato di figlio legittimo

Sezione II delle prove della filiazione legittima

Sezione III – Dell’azione di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di reclamo di legittimità

Capo II – della filiazione naturale e della legittimazione

Sezione I – della filiazione naturale

 

 

Titolo VIII – Dell’adozione di persone maggiori di età (Artt. 291-314)

 

 

 Titolo IX – Della potestà dei genitori (Artt. 315-342)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

omissis

 

Libro Primo – Delle persone e della famiglia

omissis

 

 Titolo VII – Dello stato di figlio (Artt. 231-290)

Capo I – della presunzione di paternità

Capo II – delle prove della filiazione

Capo III – Dell’azione di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di reclamo dello stato di figlio

Capo IV – Del riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio

Capo V – Della dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità

 

 

 

 Titolo VIII – Dell’adozione di persone maggiori di età (Artt. 291-314)

 

 

 Titolo IX – Della responsabilità genitoriale e dei diritti e doveri del figlio (Artt. 315-342)

Capo I – Dei diritti e doveri del figlio (Artt.  315 – 337)

Capo II – Esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio (Artt.  337-bis – 337-octies)

 

 omissis

 

 

Art. 87.
Parentela, affinità, adozione e affiliazione

 

Non possono contrarre matrimonio fra loro:

1) gli ascendenti e i discendenti in linea retta, legittimi o naturali;

2) i fratelli e le sorelle germani, consanguinei o uterini;

3) lo zio e la nipote, la zia e il nipote;

4) gli affini in linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in cui l’affinità deriva da matrimonio dichiarato nullo o sciolto o per il quale è stata pronunziata la cessazione degli effetti civili;

5) gli affini in linea collaterale in secondo grado;

6) l’adottante, l’adottato e i suoi discendenti;

7) i figli adottivi della stessa persona;

8) l’adottato e i figli dell’adottante;

9) l’adottato e il coniuge dell’adottante, l’adottante e il coniuge dell’adottato.

 

I divieti contenuti ai numeri 6), 7), 8) e 9) sono applicabili all’affiliazione.

 

I divieti contenuti nei numeri 2) e 3) si applicano anche se il rapporto dipende da filiazione naturale.

 

Il tribunale, su ricorso degli interessati, con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio nei casi indicati dai numeri 3 e 5, anche se si tratti di affiliazione o di filiazione naturale. L’autorizzazione può essere accordata anche nel caso indicato dal numero 4, quando l’affinità deriva da un matrimonio dichiarato nullo.

 

Il decreto è notificato agli interessati e al pubblico ministero.

 

Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell’articolo 84.

 

 

Art. 87.
Parentela, affinità, adozione e affiliazione.

 

Non possono contrarre matrimonio fra loro:

1) gli ascendenti e i discendenti in linea retta, legittimi o naturali;

2) i fratelli e le sorelle germani, consanguinei o uterini;

3) lo zio e la nipote, la zia e il nipote;

4) gli affini in linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in cui l’affinità deriva da matrimonio dichiarato nullo o sciolto o per il quale è stata pronunziata la cessazione degli effetti civili;

5) gli affini in linea collaterale in secondo grado;

6) l’adottante, l’adottato e i suoi discendenti;

7) i figli adottivi della stessa persona;

8) l’adottato e i figli dell’adottante;

9) l’adottato e il coniuge dell’adottante, l’adottante e il coniuge dell’adottato.

 

I divieti contenuti ai numeri 6), 7), 8) e 9) sono applicabili all’affiliazione.

 

I divieti contenuti nei numeri 2) e 3) si applicano anche se il rapporto dipende da filiazione naturale.

 

Il tribunale, su ricorso degli interessati, con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio nei casi indicati dai numeri 3 e 5, anche se si tratti di affiliazione o di filiazione naturale. L’autorizzazione può essere accordata anche nel caso indicato dal numero 4, quando l’affinità deriva da un matrimonio dichiarato nullo.

 

Il decreto è notificato agli interessati e al pubblico ministero.

 

Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell’articolo 84.

 

Art. 128.
Matrimonio putativo.

Se il matrimonio è dichiarato nullo, gli effetti del matrimonio valido si producono, in favore dei coniugi, fino alla sentenza che pronunzia la nullità, quando i coniugi stessi lo hanno contratto in buona fede, oppure quando il loro consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne agli sposi.

Gli effetti del matrimonio valido si producono anche rispetto ai figli nati o concepiti durante il matrimonio dichiarato nullo, nonché rispetto ai figli nati prima del matrimonio e riconosciuti anteriormente alla sentenza che dichiara la nullità.

 

Se le condizioni indicate nel primo comma si verificano per uno solo dei coniugi, gli effetti valgono soltanto in favore di lui e dei figli.

Il matrimonio dichiarato nullo, contratto in malafede da entrambi i coniugi, ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli nati o concepiti durante lo stesso, salvo che la nullità dipenda da bigamia o incesto.

Nell’ipotesi di cui al comma precedente, i figli nei cui confronti non si verifichino gli effetti del matrimonio valido, hanno lo stato di figli naturali riconosciuti, nei casi in cui il riconoscimento è consentito.

Art. 128.
Matrimonio putativo.

Se il matrimonio è dichiarato nullo, gli effetti del matrimonio valido si producono, in favore dei coniugi, fino alla sentenza che pronunzia la nullità, quando i coniugi stessi lo hanno contratto in buona fede, oppure quando il loro consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne agli sposi.

Il matrimonio dichiarato nullo ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli.

 

 

 

 

 

Se le condizioni indicate nel primo comma si verificano per uno solo dei coniugi, gli effetti valgono soltanto in favore di lui e dei figli.

Il matrimonio dichiarato nullo, contratto in malafede da entrambi i coniugi, ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli nati o concepiti durante lo stesso, salvo che la nullità dipenda da bigamia o incesto.

Nell’ipotesi di cui al quarto comma, rispetto ai figli si applica l’articolo 251.

 

Art. 147.
Doveri verso i figli.

Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.

 

 

Art. 147.
Doveri verso i figli.

Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315-bis.

 

 

Art. 148.
Concorso negli oneri.

I coniugi devono adempiere l’obbligazione prevista nell’articolo precedente in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti legittimi o naturali, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.

In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l’inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell’obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all’altro coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione della prole.

Il decreto notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica.

L’opposizione è regolata dalle norme relative all’opposizione al decreto di ingiunzione, in quanto applicabili.

Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento

 

Art. 148.
Concorso negli oneri.

I coniugi devono adempiere l’obbligazione di cui all’articolo 147, secondo quanto previsto dall’articolo 316-bis”.

Art. 155.
Provvedimenti riguardo ai figli.

Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole.

La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente.

Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:

1) le attuali esigenze del figlio;

2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;

3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;

4) le risorse economiche di entrambi i genitori;

5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.

Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi.

 

Art. 155.
Provvedimenti riguardo ai figli.

In caso di separazione, riguardo ai figli, si applicano le disposizioni contenute nel Capo II del titolo IX.

 Art. 155-bis.

Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso.

 

Art. 155-ter.

 Revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli.

 

Art. 155-quater.

 Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza.

 

Art. 155-quinquies.

 Disposizioni in favore dei figli maggiorenni

 

Art. 155-sexies.

 Poteri del giudice e ascolto del minore.

 

 

 

Abrogati

Le norme vengono “trasferite” – con modifiche – negli artt. 337-bis – 337-octies, sotto il capo II – Esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio (

Art. 165.
Capacità del minore.

Il minore ammesso a contrarre matrimonio è pure capace di prestare il consenso per tutte le relative convenzioni matrimoniali, le quali sono valide se egli è assistito dai genitori esercenti la potestà su di lui o dal tutore o dal curatore speciale nominato a norma dell’articolo 90

 

Art. 165.
Capacità del minore.

Il minore ammesso a contrarre matrimonio è pure capace di prestare il consenso per tutte le relative convenzioni matrimoniali, le quali sono valide se egli è assistito dai genitori esercenti la responsabilità genitoriale su di lui o dal tutore o dal curatore speciale nominato a norma dell’articolo 90

 

 

Art. 231.
Paternità del marito.

Il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio.

Art. 232.
Presunzione di concepimento durante il matrimonio.

Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando sono trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio e non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell’annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.

 

La presunzione non opera decorsi trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale o dalla omologazione di separazione consensuale ovvero dalla data della comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.

 

 

Art. 231.
Paternità del marito.

Il marito è padre del figlio concepito o nato durante il matrimonio.

Art. 232.
Presunzione di concepimento durante il matrimonio.

Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell’annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.

 

La presunzione non opera decorsi trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale o dalla omologazione di separazione consensuale ovvero dalla data della comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.

 

 

Art. 233.

 Nascita del figlio prima dei centottanta giorni.

 

Il figlio nato prima che siano trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio è reputato legittimo se uno dei coniugi, o il figlio stesso, non ne disconoscono la paternità.

 

 

Art. 233.

 Nascita del figlio prima dei centottanta giorni.

 

Il figlio nato prima che siano trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio è reputato legittimo se uno dei coniugi, o il figlio stesso, non ne disconoscono la paternità.

 

Art. 234.
Nascita del figlio dopo i trecento giorni.

Ciascuno dei coniugi e i loro eredi possono provare che il figlio, nato dopo i trecento giorni dall’annullamento, dallo scioglimento o dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio, è stato concepito durante il matrimonio.

Possono analogamente provare il concepimento durante la convivenza quando il figlio sia nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale ovvero dalla data di comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.

In ogni caso il figlio può proporre azione per reclamare lo stato di legittimo.

Art. 234.
Nascita del figlio dopo i trecento giorni.

Ciascuno dei coniugi e i loro eredi possono provare che il figlio, nato dopo i trecento giorni dall’annullamento, dallo scioglimento o dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio, è stato concepito durante il matrimonio.

Possono analogamente provare il concepimento durante la convivenza quando il figlio sia nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale ovvero dalla data di comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.

In ogni caso il figlio può provare di essere stato concepito durante il matrimonio.

 

Art. 235.

 Disconoscimento di paternità.

OMISSIS

 

 

ABROGATO

v., ora, art. 243-bis

 

Art. 236.
Atto di nascita e possesso di stato.

La filiazione legittima si prova con l’atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile.

Basta in mancanza di questo titolo il possesso continuo dello stato di figlio legittimo.

 

Art. 236.
Atto di nascita e possesso di stato.

La filiazione legittima si prova con l’atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile.

Basta in mancanza di questo titolo il possesso continuo dello stato di figlio legittimo.

 

Art. 237.
Fatti costitutivi del possesso di stato.

Il possesso di stato risulta da una serie di fatti che nel loro complesso valgono a dimostrare le relazioni di filiazione e di parentela fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere.

In ogni caso devono concorrere i seguenti fatti:

che la persona abbia sempre portato il cognome del padre che essa pretende di avere;

che il padre l’abbia trattata come figlio ed abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, alla educazione e al collocamento di essa;

che sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali;

che sia stata riconosciuta in detta qualità dalla famiglia.

 

Art. 238.
Atto di nascita conforme al possesso di stato.

Salvo quanto disposto dagli articoli 128, 233, 234, 235 e 239, nessuno può reclamare uno stato contrario a quello che gli attribuiscono l’atto di nascita di figlio legittimo e il possesso di stato conforme all’atto stesso.

 

Parimenti non si può contestare la legittimità di colui il quale ha un possesso di stato conforme all’atto di nascita.

 

Art. 239. Supposizione di parto o sostituzione di neonato.

Qualora si tratti di supposizione di parto o di sostituzione di neonato, ancorché vi sia un atto di nascita conforme al possesso di stato, il figlio può reclamare uno stato diverso, dando la prova della filiazione anche a mezzo di testimoni nei limiti e secondo le regole dell’articolo 241.

Parimenti si può contestare la legittimità del figlio dando anche a mezzo di testimoni, nei limiti e secondo le regole sopra indicati, la prova della supposizione o della sostituzione predette.

 

Art. 237.
Fatti costitutivi del possesso di stato.

Il possesso di stato risulta da una serie di fatti che nel loro complesso valgono a dimostrare le relazioni di filiazione e di parentela fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere.

In ogni caso devono concorrere i seguenti fatti.

– che il genitore abbia trattato la persona come figlio ed abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, all’educazione e al collocamento di essa.

– che la persona sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali.

– che sia stata riconosciuta in detta qualità dalla famiglia

 

 

 

Art. 238.
Atto di nascita conforme al possesso di stato.

Salvo quanto disposto dagli articoli 128, 233, 234, 235, 239 e 240, nessuno può reclamare uno stato contrario a quello che gli attribuiscono l’atto di nascita di figlio legittimo e il possesso di stato conforme all’atto stesso.

Parimenti non si può contestare la legittimità di colui il quale ha un possesso di stato conforme all’atto di nascita.

 

Art. 239.

Reclamo dello stato di figlio

Qualora si tratti di supposizione di parto o di sostituzione di neonato, ancorché vi sia un atto di nascita conforme al possesso di stato, il figlio può reclamare uno stato diverso.

L’azione di reclamo dello stato di figlio può essere esercitata anche da chi è nato nel matrimonio ma fu iscritto come figlio di ignoti, salvo che sia intervenuta sentenza di adozione.

L’azione può inoltre essere esercitata per reclamare uno stato di figlio conforme alla presunzione di paternità da chi è stato riconosciuto in contrasto con tale presunzione e da chi fu iscritto in conformità di altra presunzione di paternità.

L’azione può, altresì, essere esercitata per reclamare un diverso stato di figlio quando il precedente è stato comunque rimosso.

 

 

Art. 240.
Mancanza dell’atto di matrimonio.

 

La legittimità del figlio di due persone, che hanno pubblicamente vissuto come marito e moglie e sono morte ambedue, non può essere contestata per il solo motivo che manchi la prova della celebrazione del matrimonio, qualora la stessa legittimità sia provata da un possesso di stato che non sia in opposizione con l’atto di nascita.

 

 

Art. 240

Contestazione dello stato di figlio

 

Lo stato di figlio può essere contestato nei casi di cui al primo comma dell’articolo 239

 

Art. 241.
Prova
con testimoni.

Quando mancano l’atto di nascita e il possesso di stato, o quando il figlio fu iscritto sotto falsi nomi o come nato da genitori ignoti, la prova della filiazione può darsi col mezzo di testimoni.

Questa prova non può essere ammessa che quando vi è un principio di prova per iscritto, ovvero quando le presunzioni e gli indizi sono abbastanza gravi da determinare l’ammissione della prova.

 

Art. 241.
Prova in giudizio

Quando mancano l’atto di nascita e il possesso di stato, la prova della filiazione può darsi in giudizio con ogni mezzo

 

Questa prova non può essere ammessa che quando vi è un principio di prova per iscritto, ovvero quando le presunzioni e gli indizi sono abbastanza gravi da determinare l’ammissione della prova.

 

 

Art. 242.

 Principio di prova per iscritto.

 

Il principio di prova per iscritto risulta dai documenti di famiglia, dai registri e dalle carte private del padre o della madre, dagli atti pubblici e privati provenienti da una delle parti che sono impegnate nella controversia o da altra persona, che, se fosse in vita, avrebbe interesse nella controversia.

 

Art. 243.

 Prova contraria.

 

La prova contraria può darsi con tutti i mezzi atti a dimostrare che il reclamante non è figlio della donna che egli pretende di avere per madre, oppure che non è figlio del marito della madre, quando risulta provata la maternità.

 

 

 Art. 242.

 Principio di prova per iscritto.

 

Il principio di prova per iscritto risulta dai documenti di famiglia, dai registri e dalle carte private del padre o della madre, dagli atti pubblici e privati provenienti da una delle parti che sono impegnate nella controversia o da altra persona, che, se fosse in vita, avrebbe interesse nella controversia.

 

Art. 243.

 Prova contraria.

 

La prova contraria può darsi con tutti i mezzi atti a dimostrare che il reclamante non è figlio della donna che egli pretende di avere per madre, oppure che non è figlio del marito della madre, quando risulta provata la maternità.

 

 

 

 

 

Art. 243-bis

Disconoscimento di paternità

 

L’azione di disconoscimento di paternità del figlio nato nel matrimonio può essere esercitata dal marito, dalla madre e dal figlio medesimo.

 

Chi esercita l’azione è ammesso a provare che non sussiste rapporto di filiazione tra il figlio e il presunto padre.

 

La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità.

 

Art. 244.
Termini dell’azione di disconoscimento.

 

L’azione di disconoscimento della paternità da parte della madre deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio.

 

 

 

 

 

Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è nato il figlio; dal giorno del suo ritorno nel luogo in cui è nato il figlio o in cui è la residenza familiare se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia.

 

L’azione di disconoscimento della paternità può essere proposta dal figlio, entro un anno dal compimento della maggiore età o dal momento in cui viene successivamente a conoscenza dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento.

 

 

 

 

L’azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i sedici anni, o del pubblico ministero quando si tratta di minore di età inferiore.

 

Art. 244.
Termini dell’azione di disconoscimento.

 

L’azione di disconoscimento della paternità da parte della madre deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio ovvero dal giorno in cui è venuta a conoscenza dell’impotenza di generare del marito al tempo del concepimento.

 

Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è nato il figlio; se prova di aver ignorato la propria impotenza di generare ovvero l’adulterio della moglie al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza.

 

 

Se il marito non si trovava nel luogo in cui è nato il figlio il giorno della nascita il termine, di cui al secondo comma, decorre dal giorno del suo ritorno o dal giorno del ritorno nella residenza familiare se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia.

 

Nei casi previsti dal primo e dal secondo comma l’azione non può essere, comunque, proposta oltre cinque anni dal giorno della nascita.

 

 

L’azione di disconoscimento della paternità può essere proposta dal figlio che ha raggiunto la maggiore età. L’azione è imprescrittibile riguardo al figlio.

 

L’azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i quattordici anni ovvero del pubblico ministero o dell’altro genitore, quando si tratti di figlio di età inferiore.

Art. 245.
Sospensione del termine.

Se la parte interessata a promuovere l’azione di disconoscimento della paternità si trova in stato di interdizione per infermità di mente, la decorrenza del termine indicato nell’articolo precedente è sospesa, nei suoi confronti sino a che dura lo stato di interdizione. L’azione può tuttavia essere promossa dal tutore

 

Art. 245.
Sospensione del termine.

Se la parte interessata a promuovere l’azione di disconoscimento di paternità si trova in stato di interdizione per infermità di mente ovvero versa in condizioni di abituale grave infermità di mente, che lo renda incapace di provvedere ai propri interessi, la decorrenza del termine indicato nell’articolo 244 è sospesa nei suoi confronti, sino a che duri lo stato di interdizione o durino le condizioni di abituale grave infermità di mente.

Quando il figlio si trova in stato di interdizione ovvero versa in condizioni di abituale grave infermità di mente, che lo renda incapace di provvedere ai propri interessi, l’azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del pubblico ministero, del tutore, o dell’altro genitore. Per gli altri legittimati l’azione può essere proposta dal tutore o, in mancanza di questo, da un curatore speciale, previa autorizzazione del giudice.

 

Art. 248.
Legittimazione all’azione di contestazione della legittimità. Imprescrittibilità.

 

L’azione per contestare la legittimità spetta a chi dall’atto di nascita del figlio risulti suo genitore e a chiunque vi abbia interesse.

 

 

L’azione è imprescrittibile.

 

Quando l’azione è proposta nei confronti di persone premorte o minori o altrimenti incapaci, si osservano le disposizioni dell’articolo precedente.

 

Nel giudizio devono essere chiamati entrambi i genitori

 

Art. 248.
Legittimazione all’azione di contestazione della stato di figlio. Imprescrittibilità.

 

L’azione per contestare la legittimità spetta a chi dall’atto di nascita del figlio risulti suo genitore e a chiunque vi abbia interesse.

 

L’azione è imprescrittibile.

 

Quando l’azione è proposta nei confronti di persone premorte o minori o altrimenti incapaci, si osservano le disposizioni dell’articolo precedente.

 

Nel giudizio devono essere chiamati entrambi i genitori

 

 

Art. 249.
Reclamo della legittimità.

 

 

L’azione per reclamare lo stato legittimo spetta al figlio; ma, se egli non l’ha promossa ed è morto in età minore o nei cinque anni dopo aver raggiunto la maggiore età, può essere promossa dai discendenti di lui. Essa deve essere proposta contro entrambi i genitori e, in loro mancanza, contro i loro eredi.

 

 

 

 

 

L’azione è imprescrittibile riguardo al figlio.

 

 

Art. 249.

Legittimazione all’azione di reclamo dello stato di figlio. Imprescrittibilità.

 

L’azione per reclamare lo stato di figlio spetta al medesimo; ma, se egli non l’ha promossa ed è morto in età minore o nei cinque anni dopo aver raggiunto la maggiore età, può essere promossa dai discendenti di lui. Essa deve essere proposta contro entrambi i genitori e, in loro mancanza, contro i loro eredi. In loro mancanza, la domanda deve essere proposta nei confronti di un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso.

 

L’azione è imprescrittibile riguardo al figlio. Si applicano il sesto comma dell’articolo 244 e il secondo comma dell’articolo 245.

 

Art. 252.
Affidamento del figlio naturale e suo inserimento nella famiglia legittima.

 

 

 

Qualora il figlio naturale di uno dei coniugi sia riconosciuto durante il matrimonio il giudice, valutate le circostanze, decide in ordine all’affidamento del minore e adotta ogni altro provvedimento a tutela del suo interesse morale e materiale.

 

L’eventuale inserimento del figlio naturale nella famiglia legittima di uno dei genitori può essere autorizzato dal giudice qualora ciò non sia contrario all’interesse del minore e sia accertato il consenso dell’altro coniuge e dei figli legittimi che abbiano compiuto il sedicesimo anno di età e siano conviventi, nonché dell’altro genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento. In questo caso il giudice stabilisce le condizioni che il genitore cui il figlio è affidato deve osservare e quelle cui deve attenersi l’altro genitore.

 

 

Qualora il figlio naturale sia riconosciuto anteriormente al matrimonio, il suo inserimento nella famiglia legittima è subordinato al consenso dell’altro coniuge, a meno che il figlio fosse già convivente con il genitore all’atto del matrimonio o l’altro coniuge conoscesse l’esistenza del figlio naturale.

 

È altresì richiesto il consenso dell’altro genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento.

 

Art. 252.

Affidamento del figlio nato fuori del matrimonio e suo inserimento nella famiglia del genitore.

 

 

Qualora il figlio nato fuori dal matrimonio di uno dei coniugi sia riconosciuto durante il matrimonio il giudice, valutate le circostanze, decide in ordine all’affidamento del minore e adotta ogni altro provvedimento a tutela del suo interesse morale e materiale.

 

L’eventuale inserimento del figlio nato fuori dal matrimonio nella famiglia legittima di uno dei genitori può essere autorizzato dal giudice qualora ciò non sia contrario all’interesse del minore e sia accertato il consenso dell’altro coniuge convivente e degli altri figli che abbiano compiuto il sedicesimo anno di età e siano conviventi, nonché dell’altro genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento. In questo caso il giudice stabilisce le condizioni cui ciascun genitore deve attenersi.

 

 

Qualora il figlio naturale sia riconosciuto anteriormente al matrimonio, il suo inserimento nella famiglia legittima è subordinato al consenso dell’altro coniuge, a meno che il figlio fosse già convivente con il genitore all’atto del matrimonio o l’altro coniuge conoscesse l’esistenza del figlio naturale.

 

È altresì richiesto il consenso dell’altro genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento. In caso di disaccordo tra i genitori, ovvero di mancato consenso degli altri figli conviventi, la decisione è rimessa al giudice tenendo conto dell’interesse dei minori. Prima dell’adozione del provvedimento, il giudice dispone l’ascolto dei figli minori che abbiano compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capaci di discernimento.

 

Art. 253.
Inammissibilità del riconoscimento.

In nessun caso è ammesso un riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio legittimo o legittimato in cui la persona si trova.

 

Art. 253.
Inammissibilità del riconoscimento.

In nessun caso è ammesso un riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio legittimo o legittimato in cui la persona si trova.

 

 Art. 254.
Forma del riconoscimento.

Il riconoscimento del figlio naturale è fatto nell’atto di nascita, oppure con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile [o davanti al giudice tutelare] o in un atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma di questo.

La domanda di legittimazione di un figlio naturale presentata al giudice o la dichiarazione della volontà di legittimarlo espressa dal genitore in un atto pubblico o in un testamento importa riconoscimento, anche se la legittimazione non abbia luogo.

 

 Art. 254.
Forma del riconoscimento.

Il riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio è fatto nell’atto di nascita, oppure con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile [o davanti al giudice tutelare] o in un atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma di questo.

La domanda di legittimazione di un figlio naturale presentata al giudice o la dichiarazione della volontà di legittimarlo espressa dal genitore in un atto pubblico o in un testamento importa riconoscimento, anche se la legittimazione non abbia luogo.

 

 

Art. 255.
Riconoscimento di un figlio premorto.

Può anche aver luogo il riconoscimento del figlio premorto, in favore dei suoi discendenti legittimi e dei suoi figli naturali riconosciuti.

 

 

Art. 255.
Riconoscimento di un figlio premorto.

Può anche aver luogo il riconoscimento del figlio premorto, in favore dei suoi discendenti legittimi e dei suoi figli naturali riconosciuti.

 

 

Art. 261.

 Diritti e doveri derivanti al genitore dal riconoscimento.

 

Il riconoscimento comporta da parte del genitore l’assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi.

 

 

Art. 261.

 Diritti e doveri derivanti al genitore dal riconoscimento.

 

Il riconoscimento comporta da parte del genitore l’assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi.

 

Art. 262. Cognome del figlio.

 

 

 

 

 

 

Il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio naturale assume il cognome del padre.

 

Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio naturale può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l’assunzione del cognome del padre

 

Art. 262. Cognome del figlio nato fuori del matrimonio

 

 

 

Il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio naturale assume il cognome del padre.

 

Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre.

 

Se la filiazione nei confronti del genitore è stata accertata o riconosciuta successivamente all’attribuzione del cognome da parte dell’ufficiale dello stato civile, si applica il primo comma del presente articolo; il figlio può mantenere il cognome precedentemente attribuitogli, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno della sua identità personale, aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo al cognome del primo genitore che per primo lo ha riconosciuto o al cognome del padre in caso di riconoscimento contemporaneo da parte di entrambi i genitori.

 

 

Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l’assunzione del cognome del genitore, previo ascolto del figlio minore, che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento

 

Art. 263.
Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità.

Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità dall’autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse.

 

L’impugnazione è ammessa anche dopo la legittimazione.

L’azione è imprescrittibile.

 

Art. 263.
Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità.

Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità dall’autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse.

 

L’azione è imprescrittibile riguardo al figlio.

L’azione di impugnazione da parte dell’autore del riconoscimento deve essere proposta nel termine di un anno che decorre dal giorno dell’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita. Se l’autore del riconoscimento prova di aver ignorato la propria impotenza al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza; nello stesso termine, la madre che abbia effettuato il riconoscimento è ammessa a provare di aver ignorato l’impotenza del presunto padre. L’azione non può essere comunque proposta oltre cinque anni dall’annotazione del riconoscimento.

L’azione di impugnazione da parte degli altri legittimati deve essere proposta nel termine di cinque anni che decorrono dal giorno dall’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita. Si applica l’articolo 245.

Art. 264.
Impugnazione da parte del riconosciuto.

Colui che è stato riconosciuto non può, durante la minore età o lo stato d’interdizione per infermità di mente, impugnare il riconoscimento.

Tuttavia il giudice, con provvedimento in camera di consiglio su istanza del pubblico ministero o del tutore o dell’altro genitore che abbia validamente riconosciuto il figlio o del figlio stesso che abbia compiuto il sedicesimo anno di età, può dare l’autorizzazione per impugnare il riconoscimento, nominando un curatore speciale.

 

Art. 264.
Impugnazione da parte del figlio minore

L’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto quattordici anni, ovvero del pubblico ministero o dell’altro genitore che abbia validamente riconosciuto il figlio, quando si tratti di figlio di età inferiore.

 

Art. 269.
Dichiarazione giudiziale di paternità e maternità.

La paternità e la maternità naturale possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui il riconoscimento è ammesso.

La prova della paternità e della maternità può essere data con ogni mezzo.

La maternità è dimostrata provando la identità di colui che si pretende essere figlio e di colui che fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre.

La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all’epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità naturale.

 

 

Art. 269.
Dichiarazione giudiziale di paternità e maternità.

La paternità e la maternità naturale possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui il riconoscimento è ammesso.

La prova della paternità e della maternità può essere data con ogni mezzo.

La maternità è dimostrata provando la identità di colui che si pretende essere figlio e di colui che fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre.

La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all’epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità naturale.

 

Art. 270.
Legittimazione attiva e termine.

L’azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità o la maternità naturale è imprescrittibile riguardo al figlio.

Se il figlio muore prima di avere iniziato l’azione, questa può essere promossa dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti, entro due anni dalla morte.

L’azione promossa dal figlio, se egli muore, può essere proseguita dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti.

 

Art. 270.
Legittimazione attiva e termine.

L’azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità o la maternità naturale è imprescrittibile riguardo al figlio.

Se il figlio muore prima di avere iniziato l’azione, questa può essere promossa dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti, entro due anni dalla morte.

L’azione promossa dal figlio, se egli muore, può essere proseguita dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti.

Art. 273.
Azione nell’interesse del minore o dell’interdetto.

L’azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità naturale può essere promossa, nell’interesse del minore, dal genitore che esercita la potestà prevista dall’articolo 316 o dal tutore. Il tutore però deve chiedere l’autorizzazione del giudice, il quale può anche nominare un curatore speciale.

 

 

Occorre il consenso del figlio per promuovere o per proseguire l’azione se egli ha compiuto l’età di sedici anni.

Per l’interdetto l’azione può essere promossa dal tutore previa autorizzazione del giudice

 

Art. 273.
Azione nell’interesse del minore o dell’interdetto.

L’azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità naturale può essere promossa, nell’interesse del minore, dal genitore che esercita la responsabilità genitoriale prevista dall’articolo 316 o dal tutore. Il tutore però deve chiedere l’autorizzazione del giudice, il quale può anche nominare un curatore speciale.

Occorre il consenso del figlio per promuovere o per proseguire l’azione se egli ha compiuto l’età di quattordici anni.

 

Per l’interdetto l’azione può essere promossa dal tutore previa autorizzazione del giudice

 

Art. 276.
Legittimazione passiva.

La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità naturale deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in sua mancanza, nei confronti dei suoi eredi. In loro mancanza, la domanda deve essere proposta nei confronti di un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso.

Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia interesse.

 

Art. 276.
Legittimazione passiva.

La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità naturale deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in sua mancanza, nei confronti dei suoi eredi. In loro mancanza, la domanda deve essere proposta nei confronti di un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso.

Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia interesse.

 

Art. 277.
Effetti della sentenza.

La sentenza che dichiara la filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento.

Il giudice può anche dare i provvedimenti che stima utili per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione del figlio e per la tutela degli interessi patrimoniali di lui.

 

Art. 277.
Effetti della sentenza.

La sentenza che dichiara la filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento.

Il giudice può anche dare i provvedimenti che stima utili per l’affidamento, il mantenimento, l’istruzione e l’educazione del figlio e per la tutela degli interessi patrimoniali di lui.

 

Art. 278.
Indagini sulla paternità o maternità.

Le indagini sulla paternità o sulla maternità non sono ammesse nei casi in cui, a norma dell’articolo 251, il riconoscimento dei figli incestuosi è vietato.

Possono essere ammesse dal giudice quando vi è stato ratto o violenza carnale nel tempo che corrisponde a quello del concepimento.

 

Art. 278.
Autorizzazione all’azione

Nei casi di figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all’infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, l’azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità non può essere promossa senza previa autorizzazione ai sensi dell’articolo 251.

Art. 279.
Responsabilità per il mantenimento e l’educazione.

In ogni caso in cui non può proporsi l’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità, il figlio naturale può agire per ottenere il mantenimento, l’istruzione e l’educazione. Il figlio naturale se maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti.

 

 

L’azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell’articolo 274.

 

L’azione può essere promossa nell’interesse del figlio minore da un curatore speciale nominato dal giudice su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la potestà.

 

Art. 279.
Responsabilità per il mantenimento e l’educazione.

In ogni caso in cui non può proporsi l’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità, il figlio nato fuori del matrimonio può agire per ottenere il mantenimento, l’istruzione e l’educazione. Il figlio nato fuori del matrimonio se maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti a condizione che il diritto al mantenimento di cui all’articolo 316, sia venuto meno.

L’azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell’articolo 251.

 

L’azione può essere promossa nell’interesse del figlio minore da un curatore speciale nominato dal giudice su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la responsabilità genitoriale.

 

Art. 293.
Divieto d’adozione di figli nati fuori del matrimonio.

I figli nati fuori del matrimonio non possono essere adottati dai loro genitori.

Art. 297.
Assenso del coniuge o dei genitori.

Per l’adozione è necessario l’assenso dei genitori dell’adottando e l’assenso del coniuge dell’adottante e dell’adottando, se coniugati e non legalmente separati.

Quando è negato l’assenso previsto dal primo comma, il tribunale, sentiti gli interessati, su istanza dell’adottante, può, ove ritenga il rifiuto ingiustificato o contrario all’interesse dell’adottando, pronunziare ugualmente l’adozione, salvo che si tratti dell’assenso dei genitori esercenti la potestà o del coniuge, se convivente, dell’adottante o dell’adottando. Parimenti il tribunale può pronunziare l’adozione quando è impossibile ottenere l’assenso per incapacità o irreperibilità delle persone chiamate ad esprimerlo.

Art. 293.
Divieto d’adozione di figli nati fuori del matrimonio.

I figli nati fuori del matrimonio non possono essere adottati dai loro genitori.

Art. 297.
Assenso del coniuge o dei genitori.

Per l’adozione è necessario l’assenso dei genitori dell’adottando e l’assenso del coniuge dell’adottante e dell’adottando, se coniugati e non legalmente separati.

Quando è negato l’assenso previsto dal primo comma, il tribunale, sentiti gli interessati, su istanza dell’adottante, può, ove ritenga il rifiuto ingiustificato o contrario all’interesse dell’adottando, pronunziare ugualmente l’adozione, salvo che si tratti dell’assenso dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale o del coniuge, se convivente, dell’adottante o dell’adottando. Parimenti il tribunale può pronunziare l’adozione quando è impossibile ottenere l’assenso per incapacità o irreperibilità delle persone chiamate ad esprimerlo.

Art. 299.
Cognome dell’adottato.

L’adottato assume il cognome dell’adottante e lo antepone al proprio.

L’adottato che sia figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori assume solo il cognome dell’adottante. Il riconoscimento successivo all’adozione non fa assumere all’adottato il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, salvo che l’adozione sia successivamente revocata. Il figlio naturale che sia stato riconosciuto dai propri genitori e sia successivamente adottato, assume il cognome dell’adottante.

 

Se l’adozione è compiuta da coniugi l’adottato assume il cognome del marito.

Se l’adozione è compiuta da una donna maritata, l’adottato, che non sia figlio del marito, assume il cognome della famiglia di lei.

 

Art. 299.
Cognome dell’adottato.

L’adottato assume il cognome dell’adottante e lo antepone al proprio.

L’adottato che sia figlio nato fuori del matrimonio non riconosciuto dai propri genitori assume solo il cognome dell’adottante. Il riconoscimento successivo all’adozione non fa assumere all’adottato il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, salvo che l’adozione sia successivamente revocata. Il figlio nato fuori del matrimonio che sia stato riconosciuto dai propri genitori e sia successivamente adottato, assume il cognome dell’adottante.

 

Se l’adozione è compiuta da coniugi l’adottato assume il cognome del marito.

Se l’adozione è compiuta da una donna maritata, l’adottato, che non sia figlio del marito, assume il cognome della famiglia di lei.

 

                        Art. 316.
Esercizio della potestà dei genitori.

Il figlio è soggetto alla potestà dei genitori sino all’età maggiore o alla emancipazione.

La potestà è esercitata di comune accordo da entrambi i genitori.

 

In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei.

Se sussiste un incombente pericolo di grave pregiudizio per il figlio, il padre può adottare i provvedimenti urgenti ed indifferibili.

Il giudice, sentiti i genitori ed il figlio, se maggiore degli anni quattordici, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare. Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l’interesse del figlio.

 

Art. 316

Responsabilità genitoriale

Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore.

In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei.

Il giudice, sentiti i genitori e disposto l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare. Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l’interesse del figlio.

Il genitore che ha riconosciuto il figlio esercita la responsabilità genitoriale su di lui. Se il riconoscimento del figlio, nato fuori del matrimonio, è fatto dai genitori, l’esercizio della responsabilità genitoriale spetta ad entrambi.

Il genitore che non esercita la responsabilità genitoriale vigila sull’istruzione, sull’educazione e sulle condizioni di vita del figlio.

 

 

 

Il nuovo art. 316-bis è di contenuto sostanzialmente identico all’abrogato art. 148 c.c.

Art. 316-bis

(Concorso nel mantenimento)

I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.

In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l’inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell’obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all’altro genitore o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione della prole.

Il decreto, notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica.

L’opposizione è regolata dalle norme relative all’opposizione al decreto di ingiunzione, in quanto applicabili.

Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento.

Art. 317.
Impedimento di uno dei genitori.

Nel caso di lontananza, di incapacità o di altro impedimento che renda impossibile ad uno dei genitori l’esercizio della potestà, questa è esercitata in modo esclusivo dall’altro.

La potestà comune dei genitori non cessa quando, a seguito di separazione, di scioglimento, di annullamento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, i figli vengono affidati ad uno di essi. L’esercizio della potestà è regolato, in tali casi, secondo quanto disposto nell’articolo 155.

 

Art. 317.
Impedimento di uno dei genitori.

Nel caso di lontananza, di incapacità o di altro impedimento che renda impossibile ad uno dei genitori l’esercizio della responsabilità genitoriale, questa è esercitata in modo esclusivo dall’altro.

La responsabilità genitoriale di entrambi i genitori non cessa a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio; il suo esercizio, in tali casi, è regolato dal capo II del presente titolo.

 

Art. 317-bis.
Esercizio della potestà.

Al genitore che ha riconosciuto il figlio naturale spetta la potestà su di lui.

Se il riconoscimento è fatto da entrambi i genitori, l’esercizio della potestà spetta congiuntamente ad entrambi qualora siano conviventi. Si applicano le disposizioni dell’articolo 316. Se i genitori non convivono l’esercizio della potestà spetta al genitore col quale il figlio convive ovvero, se non convive con alcuno di essi, al primo che ha fatto il riconoscimento. Il giudice, nell’esclusivo interesse del figlio, può disporre diversamente; può anche escludere dall’esercizio della potestà entrambi i genitori, provvedendo alla nomina di un tutore.

Il genitore che non esercita la potestà ha il potere di vigilare sull’istruzione, sull’educazione e sulle condizioni di vita del figlio minore.

Art. 317-bis.
Rapporti con gli ascendenti

Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni.

L’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore. Si applica l’articolo 336, secondo comma.

 

 

Competenza

[N.B. Le controversie sono di competenza del Tribunale per i Minorenni, in virtù della modifica apportata all’art. 38 disp. att. c.p.c., dall’art. 96 lett. c) del decreto legislativo]

Art. 318.
Abbandono della casa del genitore.

 

Il figlio non può abbandonare la casa dei genitori o del genitore che esercita su di lui la potestà né la dimora da essi assegnatagli. Qualora se ne allontani senza permesso, i genitori possono richiamarlo ricorrendo, se necessario, al giudice tutelare.

 

 

 

Art. 320.
Rappresentanza e amministrazione.

 

I genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, rappresentano i figli nati e nascituri in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi i contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento, possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore.

 

 

Si applicano, in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni concordate, le disposizioni dell’articolo 316.

 

I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare donazioni, procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali o compiere altri atti eccedenti la ordinaria amministrazione né promuovere, transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti, se non per necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice tutelare.

 

 

I capitali non possono essere riscossi senza autorizzazione del giudice tutelare, il quale ne determina l’impiego.

 

 

L’esercizio di una impresa commerciale non può essere continuato se non con l’autorizzazione del tribunale su parere del giudice tutelare. Questi può consentire l’esercizio provvisorio dell’impresa, fino a quando il tribunale abbia deliberato sulla istanza.

 

Se sorge conflitto di interessi patrimoniali tra i figli soggetti alla stessa potestà, o tra essi e i genitori o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, il giudice tutelare nomina ai figli un curatore speciale. Se il conflitto sorge tra i figli e uno solo dei genitori esercenti la potestà, la rappresentanza dei figli spetta esclusivamente all’altro genitore.

 

 

Art. 318.
Abbandono della casa del genitore.

 

Il figlio sino alla maggiore età o all’emancipazione non può abbandonare la casa dei genitori o del genitore che esercita su di lui la responsabilità genitoriale né la dimora da essi assegnatagli. Qualora se ne allontani senza permesso, i genitori possono richiamarlo ricorrendo, se necessario, al giudice tutelare.

 

Art. 320.
Rappresentanza e amministrazione.

 

I genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale, rappresentano i figli nati e nascituri fino alla maggiore età o all’emancipazione in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi i contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento, possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore.

 

Si applicano, in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni concordate, le disposizioni dell’articolo 316.

 

I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare donazioni, procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali o compiere altri atti eccedenti la ordinaria amministrazione né promuovere, transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti, se non per necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice tutelare.

 

 

I capitali non possono essere riscossi senza autorizzazione del giudice tutelare, il quale ne determina l’impiego.

 

 

L’esercizio di una impresa commerciale non può essere continuato se non con l’autorizzazione del tribunale su parere del giudice tutelare. Questi può consentire l’esercizio provvisorio dell’impresa, fino a quando il tribunale abbia deliberato sulla istanza.

 

Se sorge conflitto di interessi patrimoniali tra i figli soggetti alla stessa responsabilità genitoriale, o tra essi e i genitori o quello di essi che esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale, il giudice tutelare nomina ai figli un curatore speciale. Se il conflitto sorge tra i figli e uno solo dei genitori esercenti la potestà, la rappresentanza dei figli spetta esclusivamente all’altro genitore.

 

Art. 321 codice civile

Art. 322 codice civile

Art. 323 codice civile

Art. 327 codice civile

Art. 330 codice civile

Art. 332 codice civile

Art. 337 codice civile

Art. 343 codice civile

Art. 350 codice civile

Art. 356 codice civile

Art. 402 codice civile

Art. 417 codice civile

Art. 448-bis codice civile

 

 

 

 

 

La parola: “potestà” è sostituita – ovunque si trovi – dalle seguenti: “responsabilità genitoriale

 

Art. 324.
Usufrutto legale.

 

I genitori esercenti la potestà hanno in comune l’usufrutto dei beni del figlio.

 

 

 

omissis

 

 

Art. 324.
Usufrutto legale.

 

I genitori esercenti la responsabilità genitoriale hanno in comune l’usufrutto dei beni del figlio fino alla maggiore età o all’emancipazione

 

omissis

 

 

Art. 336.
Procedimento.

 

I provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su ricorso dell’altro genitore, dei parenti o del pubblico ministero e, quando si tratta di revocare deliberazioni anteriori, anche del genitore interessato.

 

Il tribunale provvede in camera di consiglio, assunte informazioni e sentito il pubblico ministero. Nei casi in cui il provvedimento è richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito.

 

 

 

 

In caso di urgente necessità il tribunale può adottare, anche d’ufficio, provvedimenti temporanei nell’interesse del figlio.

Per i provvedimenti di cui ai commi precedenti, i genitori e il minore sono assistiti da un difensore

 

Art. 336.
Procedimento.

 

I provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su ricorso dell’altro genitore, dei parenti o del pubblico ministero e, quando si tratta di revocare deliberazioni anteriori, anche del genitore interessato.

 

Il tribunale provvede in camera di consiglio, assunte informazioni e sentito il pubblico ministero; dispone, inoltre, l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento. Nei casi in cui il provvedimento è richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito.

 

In caso di urgente necessità il tribunale può adottare, anche d’ufficio, provvedimenti temporanei nell’interesse del figlio.

Per i provvedimenti di cui ai commi precedenti, i genitori e il minore sono assistiti da un difensore

 

 

 

Art. 336-bis

Ascolto del Minore

Il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato nell’ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. Se l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore, o manifestamente superfluo, il giudice non procede all’adempimento dandone atto con provvedimento motivato.

L’ascolto è condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari. I genitori, anche quando parti processuali del procedimento, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se già nominato, ed il pubblico ministero, sono ammessi a partecipare all’ascolto se autorizzati dal giudice, al quale possono proporre argomenti e temi di approfondimento prima dell’inizio dell’adempimento.

Prima di procedere all’ascolto il giudice informa il minore della natura del procedimento e degli effetti dell’ascolto. Dell’adempimento è redatto processo verbale nel quale è descritto il contegno del minore, ovvero è effettuata registrazione audio video.

 

 

Capo II – Esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio (Artt.  337-bis – 377)

 

 ART. 337-bis

(Ambito di applicazione)

In caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio e nei procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio si applicano le disposizioni del presente capo

 

 

 

Il nuovo art. 337-ter è di contenuto sostanzialmente identico all’art. 155 c.c.

 

Art. 337-ter

(Provvedimenti riguardo ai figli)

Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all’articolo 337-bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l’affidamento familiare. All’attuazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d’ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.

La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuterà detto comportamento anche al fine della modifica delle modalità di affidamento.

Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando.

1) le attuali esigenze del figlio.

2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori.

3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore.

4) le risorse economiche di entrambi i genitori.

5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.

Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi.

 

 

 

 

 

Il nuovo art. 337-quater è di contenuto sostanzialmente identico all’abrogato art. 155-bis c.c.

 

Art. 337-quater

(Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso)

Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.

Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l’affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 337-ter. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, rimanendo ferma l’applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile.

Il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice

 

Il nuovo art. 337-quinquies è di contenuto sostanzialmente identico all’abrogato art. 155-ter c.c.

 

 

 

Art. 337-quinquies

(Revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli)

I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della responsabilità genitoriale su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo.

 

 

Il nuovo art. 337-sexies è di contenuto quasi sostanzialmente identico all’abrogato art. 155-quater c.c.

 

 

Art. 337-sexies

(Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza)

Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643.

In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all’altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l’avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto.

 

Il nuovo art. 337-septies è di contenuto quasi sostanzialmente identico all’abrogato art. 155-quinquies c.c.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il nuovo art. 337-octies è di contenuto quasi sostanzialmente identico all’abrogato art. 155-sexies c.c.

 

 

 

Art. 337-septies

(Disposizioni in favore dei figli maggiorenni)

Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto.

Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori.

 

[N.B. Nelle disposizioni di attuazione al c.c., viene introdotto l’art. 37-bis, che recita: i figli maggiorenni portatori di handicap grave previsti dall’articolo 337-septies, secondo comma, del codice civile, sono coloro i quali siano portatori di handicap ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104]

 

 

Art. 337-octies

(Poteri del giudice e ascolto del minore)

Prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all’articolo 337-ter, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento. Nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori, relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice non procede all’ascolto se in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo.

Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 337-ter per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli

 

Art. 348.
Scelta del tutore.

Il giudice tutelare nomina tutore la persona designata dal genitore che ha esercitato per ultimo la potestà dei genitori. La designazione può essere fatta per testamento, per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.

Se manca la designazione ovvero se gravi motivi si oppongono alla nomina della persona designata, la scelta del tutore avviene preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti o affini del minore, i quali in quanto sia opportuno, devono essere sentiti.

 

Il giudice, prima di procedere alla nomina del tutore, deve anche sentire il minore che abbia raggiunto l’età di anni sedici.

 

 

 

 

In ogni caso la scelta deve cadere su persona idonea all’ufficio, di ineccepibile condotta, la quale dia affidamento di educare e istruire il minore conformemente a quanto è prescritto nell’articolo 147.

 

Art. 348.
Scelta del tutore.

Il giudice tutelare nomina tutore la persona designata dal genitore che ha esercitato per ultimo la responsabilità genitoriale. La designazione può essere fatta per testamento, per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.

Se manca la designazione ovvero se gravi motivi si oppongono alla nomina della persona designata, la scelta del tutore avviene preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti o affini del minore, i quali in quanto sia opportuno, devono essere sentiti.

 

Il giudice, prima di procedere alla nomina del tutore, dispone l’ascolto del minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento.

 

In ogni caso la scelta deve cadere su persona idonea all’ufficio, di ineccepibile condotta, la quale dia affidamento di educare e istruire il minore conformemente a quanto è prescritto nell’articolo 147.

 

Art. 371.
Provvedimenti circa l’educazione e l’amministrazione.

Compiuto l’inventario, il giudice tutelare, su proposta del tutore e sentito il protutore, delibera:

1) sul luogo dove il minore deve essere allevato e sul suo avviamento agli studi o all’esercizio di un’arte, mestiere o professione, sentito lo stesso minore se ha compiuto gli anni dieci, e richiesto, quando è opportuno, l’avviso dei parenti prossimi e del comitato di patronato dei minorenni;

 

2) sulla spesa annua occorrente per il mantenimento e l’istruzione del minore e per l’amministrazione del patrimonio, fissando i modi d’impiego del reddito eccedente;

3) sulla convenienza di continuare ovvero alienare o liquidare le aziende commerciali, che si trovano nel patrimonio del minore, e sulle relative modalità e cautele.

Nel caso in cui il giudice stimi evidentemente utile per il minore la continuazione dell’esercizio dell’impresa, il tutore deve domandare l’autorizzazione del tribunale. In pendenza della deliberazione del tribunale il giudice tutelare può consentire l’esercizio provvisorio dell’impresa.

Art. 371.
Provvedimenti circa l’educazione e l’amministrazione.

Compiuto l’inventario, il giudice tutelare, su proposta del tutore e sentito il protutore, delibera:

1) sul luogo dove il minore deve essere cresciuto e sul suo avviamento agli studi o all’esercizio di un’arte, mestiere o professione, disposto l’ascolto dello stesso minore che abbia compiuto gli anni dieci e anche di età inferiore ove capace di discernimento e richiesto, quando opportuno, l’avviso dei parenti prossimi;

2) sulla spesa annua occorrente per il mantenimento e l’istruzione del minore e per l’amministrazione del patrimonio, fissando i modi d’impiego del reddito eccedente;

3) sulla convenienza di continuare ovvero alienare o liquidare le aziende commerciali, che si trovano nel patrimonio del minore, e sulle relative modalità e cautele.

Nel caso in cui il giudice stimi evidentemente utile per il minore la continuazione dell’esercizio dell’impresa, il tutore deve domandare l’autorizzazione del tribunale. In pendenza della deliberazione del tribunale il giudice tutelare può consentire l’esercizio provvisorio dell’impresa.

Art. 401.
Limiti di applicazione delle norme.

Le disposizioni del presente titolo si applicano anche ai minori che sono figli di genitori non conosciuti, ovvero figli naturali riconosciuti dalla sola madre che si trovi nell’impossibilità di provvedere al loro allevamento.

Le stesse disposizioni si applicano ai minori ricoverati in un istituto di pubblica assistenza o assistiti da questo per il mantenimento, l’educazione o la rieducazione, ovvero in istato di abbandono materiale o morale.

Art. 401.
Limiti di applicazione delle norme.

Le disposizioni del presente titolo si applicano anche ai minori che sono figli di genitori non conosciuti, ovvero figli di genitori che si trovino nell’impossibilità di provvedere al loro mantenimento.

Le stesse disposizioni si applicano ai minori ricoverati in un istituto di pubblica assistenza o assistiti da questo per il mantenimento, l’educazione o la rieducazione, ovvero in istato di abbandono materiale o morale.

 

 

Art. 433.
Persone obbligate

 

All’obbligo di prestare gli alimenti sono tenuti, nell’ordine:

1) il coniuge;

 

2) i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi anche naturali;

 

3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali; gli adottanti;

 

4) i generi e le nuore;

5) il suocero e la suocera;

6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali

 

 

Art. 433.
Persone obbligate

 

All’obbligo di prestare gli alimenti sono tenuti, nell’ordine:

1) il coniuge;

 

2) i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi;

 

 

3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti;

 

 

4) i generi e le nuore;

5) il suocero e la suocera;

6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali

 

Art. 436.
Obbligo tra adottante e adottato.

L’adottante deve gli alimenti al figlio adottivo con precedenza sui genitori legittimi o naturali di lui.

Art. 436.
Obbligo tra adottante e adottato.

L’adottante deve gli alimenti al figlio adottivo con precedenza sui genitori legittimi o naturali di lui.

 

LE MODIFICHE AL CODICE CIVILE -LIBRO SECONDO-

Lo stato della giustizia civile costituisce,

 

 

 

Vecchio testo

 

Nuovo testo

 

Art. 467.
Nozione.

La rappresentazione fa subentrare i discendenti legittimi o naturali nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l’eredità o il legato.

 

Si ha rappresentazione nella successione testamentaria quando il testatore non ha provveduto per il caso in cui l’istituito non possa o non voglia accettare l’eredità o il legato, e sempre che non si tratti di legato di usufrutto o di altro diritto di natura personale.

 

 

Art. 467.
Nozione.

La rappresentazione fa subentrare i discendenti legittimi o naturali nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l’eredità o il legato.

 

Si ha rappresentazione nella successione testamentaria quando il testatore non ha provveduto per il caso in cui l’istituito non possa o non voglia accettare l’eredità o il legato, e sempre che non si tratti di legato di usufrutto o di altro diritto di natura personale.

 

 

 

Art. 468.
Soggetti.

La rappresentazione ha luogo, nella linea retta, a favore dei discendenti dei figli legittimi, legittimati e adottivi, nonché dei discendenti dei figli naturali del defunto, e, nella linea collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto.

 

I discendenti possono succedere per rappresentazione anche se hanno rinunziato all’eredità della persona in luogo della quale subentrano, o sono incapaci o indegni di succedere rispetto a questa

 

Art. 468.
Soggetti.

La rappresentazione ha luogo, nella linea retta, a favore dei discendenti dei figli anche adottivi, nonché dei discendenti dei figli naturali del defunto, e, nella linea collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto.

 

 

I discendenti possono succedere per rappresentazione anche se hanno rinunziato all’eredità della persona in luogo della quale subentrano, o sono incapaci o indegni di succedere rispetto a questa

 

Art. 480.
Prescrizione.

Il diritto di accettare l’eredità si prescrive in dieci anni.

Il termine decorre dal giorno dell’apertura della successione e, in caso d’istituzione condizionale, dal giorno in cui si verifica la condizione.

 

 

Il termine non corre per i chiamati ulteriori, se vi è stata accettazione da parte di precedenti chiamati e successivamente il loro acquisto ereditario è venuto meno.

 

Art. 536.
Legittimari.

Le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione sono: il coniuge, i figli legittimi, i figli naturali, gli ascendenti legittimi.

Ai figli legittimi sono equiparati i legittimati e gli adottivi.

A favore dei discendenti dei figli legittimi o naturali, i quali vengono alla successione in luogo di questi, la legge riserva gli stessi diritti che sono riservati ai figli legittimi o naturali.

 

Art. 480.
Prescrizione.

Il diritto di accettare l’eredità si prescrive in dieci anni.

Il termine decorre dal giorno dell’apertura della successione e, in caso d’istituzione condizionale, dal giorno in cui si verifica la condizione. In caso di accertamento giudiziale della filiazione il termine decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta la filiazione stessa

Il termine non corre per i chiamati ulteriori, se vi è stata accettazione da parte di precedenti chiamati e successivamente il loro acquisto ereditario è venuto meno.

 

Art. 536.
Legittimari.

Le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione sono: il coniuge, i figli, gli ascendenti.

Ai figli legittimi sono equiparati i legittimati e gli adottivi.

A favore dei discendenti dei figli legittimi o naturali, i quali vengono alla successione in luogo di questi, la legge riserva gli stessi diritti che sono riservati ai figli legittimi o naturali.

 

 

Art. 537.
Riserva a favore dei figli legittimi e naturali.

Salvo quanto disposto dall’articolo 542, se il genitore lascia un figlio solo, legittimo o naturale, a questi è riservata la metà del patrimonio.

Se i figli sono più, è loro riservata la quota dei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli, legittimi e naturali.

I figli legittimi possono soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali che non vi si oppongano. Nel caso di opposizione decide il giudice, valutate le circostanze personali e patrimoniali.

 

Art. 537.
Riserva a favore dei figli legittimi e naturali.

Salvo quanto disposto dall’articolo 542, se il genitore lascia un figlio solo, legittimo o naturale, a questi è riservata la metà del patrimonio.

Se i figli sono più, è loro riservata la quota dei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli, legittimi e naturali.

I figli legittimi possono soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali che non vi si oppongano. Nel caso di opposizione decide il giudice, valutate le circostanze personali e patrimoniali.

 

Art. 538.
Riserva a favore degli ascendenti legittimi.

Se chi muore non lascia figli legittimi né naturali, ma ascendenti legittimi, a favore di questi è riservato un terzo del patrimonio, salvo quanto disposto dall’articolo 544.

In caso di pluralità di ascendenti, la riserva è ripartita tra i medesimi secondo i criteri previsti dall’articolo 569.

 

Art. 538.
Riserva a favore degli ascendenti legittimi.

Se chi muore non lascia figli legittimi né naturali, ma ascendenti legittimi, a favore di questi è riservato un terzo del patrimonio, salvo quanto disposto dall’articolo 544.

In caso di pluralità di ascendenti, la riserva è ripartita tra i medesimi secondo i criteri previsti dall’articolo 569.

 

Art. 542.
Concorso di coniuge e figli.

Se chi muore lascia, oltre al coniuge, un solo figlio, legittimo o naturale, a quest’ultimo è riservato un terzo del patrimonio ed un altro terzo spetta al coniuge.

Quando i figli, legittimi o naturali, sono più di uno, ad essi è complessivamente riservata la metà del patrimonio e al coniuge spetta un quarto del patrimonio del defunto. La divisione tra tutti i figli, legittimi e naturali, è effettuata in parti uguali.

Si applica il terzo comma dell’articolo 537.

 

Art. 542.
Concorso di coniuge e figli.

Se chi muore lascia, oltre al coniuge, un solo figlio, legittimo o naturale, a quest’ultimo è riservato un terzo del patrimonio ed un altro terzo spetta al coniuge.

Quando i figli, legittimi o naturali, sono più di uno, ad essi è complessivamente riservata la metà del patrimonio e al coniuge spetta un quarto del patrimonio del defunto. La divisione tra tutti i figli, legittimi e naturali, è effettuata in parti uguali.

Si applica il terzo comma dell’articolo 537.

 

Art. 544.
Concorso di ascendenti legittimi e coniuge.

Quando chi muore non lascia né figli legittimi né figli naturali, ma ascendenti legittimi e il coniuge, a quest’ultimo è riservata la metà del patrimonio, ed agli ascendenti un quarto.

In caso di pluralità di ascendenti, la quota di riserva ad essi attribuita ai sensi del precedente comma è ripartita tra i medesimi secondo i criteri previsti dall’articolo 569.

 

Art. 544.
Concorso di ascendenti legittimi e coniuge.

Quando chi muore non lascia figli legittimi né figli naturali, ma ascendenti legittimi e il coniuge, a quest’ultimo è riservata la metà del patrimonio, ed agli ascendenti un quarto.

In caso di pluralità di ascendenti, la quota di riserva ad essi attribuita ai sensi del precedente comma è ripartita tra i medesimi secondo i criteri previsti dall’articolo 569.

 

Art. 565.
Categorie dei successibili.

Nella successione legittima l’eredità si devolve al coniuge, ai discendenti legittimi e naturali, agli ascendenti legittimi, ai collaterali, agli altri parenti e allo Stato nell’ordine e secondo le regole stabilite nel presente titolo.

Art. 566.
Successione dei figli legittimi e naturali.

Al padre ed alla madre succedono i figli legittimi e naturali, in parti uguali.

Si applica il terzo comma dell’articolo 537.

 

Art. 565.
Categorie dei successibili.

Nella successione legittima l’eredità si devolve al coniuge, ai discendenti legittimi e naturali, agli ascendenti legittimi, ai collaterali, agli altri parenti e allo Stato nell’ordine e secondo le regole stabilite nel presente titolo.

Art. 566.
Successione dei figli legittimi e naturali.

Al padre ed alla madre succedono i figli legittimi e naturali, in parti uguali.

Si applica il terzo comma dell’articolo 537.

 

Art. 567.
Successione dei figli legittimati e adottivi.

Ai figli legittimi sono equiparati i legittimati e gli adottivi.

I figli adottivi sono estranei alla successione dei parenti dell’adottante.

 

 Art. 567.
Successione dei figli legittimati e adottivi.

Ai figli legittimi sono equiparati i legittimati e gli adottivi.

I figli adottivi sono estranei alla successione dei parenti dell’adottante.

 

Art. 573.
Successione dei figli naturali.

Le disposizioni relative alla successione dei figli naturali si applicano quando la filiazione è stata riconosciuta o giudizialmente dichiarata, salvo quanto è disposto dall’articolo 580.

 Art. 573.
Successione dei figli nati fuori del matrimonio.

Le disposizioni relative alla successione dei figli nati fuori del matrimonio si applicano quando la filiazione è stata riconosciuta o giudizialmente dichiarata, salvo quanto è disposto dall’articolo 580.

 

Art. 578.

 Successione dei genitori al figlio naturale.

 

Se il figlio naturale muore senza lasciar prole né coniuge, la sua eredità è devoluta a quello dei genitori che lo ha riconosciuto o del quale è stato dichiarato figlio.

Se è stato riconosciuto o dichiarato figlio di entrambi i genitori, l’eredità spetta per metà a ciascuno di essi.

Se uno solo dei genitori ha legittimato il figlio, l’altro è escluso dalla successione.

 

Art. 579.

 Concorso del coniuge e dei genitori.

 

Se al figlio naturale morto senza lasciar prole, né genitori, sopravvive il coniuge, l’eredità si devolve per intero al medesimo.

Se vi sono genitori, l’eredità è devoluta per due terzi al coniuge e per l’altro terzo ai genitori.

 

 

Art. 578.

 Successione dei genitori al figlio naturale.

 

Se il figlio naturale muore senza lasciar prole né coniuge, la sua eredità è devoluta a quello dei genitori che lo ha riconosciuto o del quale è stato dichiarato figlio.

Se è stato riconosciuto o dichiarato figlio di entrambi i genitori, l’eredità spetta per metà a ciascuno di essi.

Se uno solo dei genitori ha legittimato il figlio, l’altro è escluso dalla successione.

 

Art. 579.

 Concorso del coniuge e dei genitori.

 

Se al figlio naturale morto senza lasciar prole, né genitori, sopravvive il coniuge, l’eredità si devolve per intero al medesimo.

Se vi sono genitori, l’eredità è devoluta per due terzi al coniuge e per l’altro terzo ai genitori.

 

Art. 580.
Diritti dei figli naturali non riconoscibili.

 

 

Ai figli naturali aventi diritto al mantenimento, all’istruzione e alla educazione, a norma dell’articolo 279, spetta un assegno vitalizio pari all’ammontare della rendita della quota di eredità alla quale avrebbero diritto, se la filiazione fosse stata dichiarata o riconosciuta.

 

I figli naturali hanno diritto di ottenere su loro richiesta la capitalizzazione dell’assegno loro spettante a norma del comma precedente, in denaro, ovvero, a scelta degli eredi legittimi, in beni ereditari.

 

Art. 580.
Diritti dei figli nati fuori del matrimonio non riconoscibili.

 

Ai figli nati fuori del matrimonio aventi diritto al mantenimento, all’istruzione e alla educazione, a norma dell’articolo 279, spetta un assegno vitalizio pari all’ammontare della rendita della quota di eredità alla quale avrebbero diritto, se la filiazione fosse stata dichiarata o riconosciuta.

 

I figli nati fuori del matrimonio hanno diritto di ottenere su loro richiesta la capitalizzazione dell’assegno loro spettante a norma del comma precedente, in denaro, ovvero, a scelta degli eredi legittimi, in beni ereditari.

 

Art. 581.
Concorso del coniuge con i figli.

Quando con il coniuge concorrono figli legittimi o figli naturali, o figli legittimi e naturali, il coniuge ha diritto alla metà dell’eredità, se alla successione concorre un solo figlio, e ad un terzo negli altri casi.

Art. 582.
Concorso del coniuge con ascendenti legittimi, fratelli e sorelle.

Al coniuge sono devoluti i due terzi dell’eredità se egli concorre con ascendenti legittimi o con fratelli e sorelle anche se unilaterali, ovvero con gli uni e con gli altri. In quest’ultimo caso la parte residua è devoluta agli ascendenti, ai fratelli e alle sorelle, secondo le disposizioni dell’articolo 571, salvo in ogni caso agli ascendenti il diritto a un quarto dell’eredità.

Art. 583.
Successione del solo coniuge.

In mancanza di figli legittimi o naturali, di ascendenti, di fratelli o sorelle, al coniuge si devolve tutta l’eredità

Art. 581.
Concorso del coniuge con i figli.

Quando con il coniuge concorrono figli legittimi o figli naturali, o figli legittimi e naturali, il coniuge ha diritto alla metà dell’eredità, se alla successione concorre un solo figlio, e ad un terzo negli altri casi.

Art. 582.
Concorso del coniuge con ascendenti legittimi, fratelli e sorelle.

Al coniuge sono devoluti i due terzi dell’eredità se egli concorre con ascendenti legittimi o con fratelli e sorelle anche se unilaterali, ovvero con gli uni e con gli altri. In quest’ultimo caso la parte residua è devoluta agli ascendenti, ai fratelli e alle sorelle, secondo le disposizioni dell’articolo 571, salvo in ogni caso agli ascendenti il diritto a un quarto dell’eredità.

Art. 583.
Successione del solo coniuge.

In mancanza di figli legittimi o naturali, di ascendenti, di fratelli o sorelle, al coniuge si devolve tutta l’eredità.

 

Art. 594.
Assegno ai figli naturali non riconoscibili.
 

 

 

Gli eredi, i legatari e i donatari sono tenuti, in proporzione a quanto hanno ricevuto, a corrispondere ai figli naturali di cui all’articolo 279 un assegno vitalizio nei limiti stabiliti dall’articolo 580, se il genitore non ha disposto per donazione o testamento in favore dei figli medesimi. Se il genitore ha disposto in loro favore, essi possono rinunziare alla disposizione e chiedere l’assegno.

 

Art. 594.
Assegno ai figli nati fuori del matrimonio non riconoscibili.

Gli eredi, i legatari e i donatari sono tenuti, in proporzione a quanto hanno ricevuto, a corrispondere ai figli nati fuori del matrimonio di cui all’articolo 279 un assegno vitalizio nei limiti stabiliti dall’articolo 580, se il genitore non ha disposto per donazione o testamento in favore dei figli medesimi. Se il genitore ha disposto in loro favore, essi possono rinunziare alla disposizione e chiedere l’assegno.

 Art. 643.
Amministrazione in caso di eredi nascituri.

Le disposizioni dei due precedenti articoli si applicano anche nel caso in cui sia chiamato a succedere un non concepito, figlio di una determinata persona vivente. A questa spetta la rappresentanza del nascituro, per la tutela dei suoi diritti successori, anche quando l’amministratore dell’eredità è una persona diversa.

Se è chiamato un concepito, l’amministrazione spetta al padre e, in mancanza di questo, alla madre.

 

Art. 643.
Amministrazione in caso di eredi nascituri.

Le disposizioni dei due precedenti articoli si applicano anche nel caso in cui sia chiamato a succedere un non concepito, figlio di una determinata persona vivente. A questa spetta la rappresentanza del nascituro, per la tutela dei suoi diritti successori, anche quando l’amministratore dell’eredità è una persona diversa.

Se è chiamato un concepito, l’amministrazione spetta al padre e alla madre.

 

 

Art. 687.
Revocazione per sopravvenienza di figli.

Le disposizioni a titolo universale o particolare, fatte da chi al tempo del testamento non aveva o ignorava di aver figli o discendenti, sono revocate di diritto per l’esistenza o la sopravvenienza di un figlio o discendente legittimo del testatore, benché postumo, o legittimato o adottivo, ovvero per il riconoscimento di un figlio naturale.

 

 

 

 

 

 

 

La revocazione ha luogo anche se il figlio è stato concepito al tempo del testamento, e, trattandosi di figlio naturale legittimato, anche se è già stato riconosciuto dal testatore prima del testamento e soltanto in seguito legittimato.

 

La revocazione non ha invece luogo qualora il testatore abbia provveduto al caso che esistessero o sopravvenissero figli o discendenti da essi.

Se i figli o discendenti non vengono alla successione e non si fa luogo a rappresentazione, la disposizione ha il suo effetto.

 

 

Art. 687.
Revocazione per sopravvenienza di figli.

Le disposizioni a titolo universale o particolare, fatte da chi al tempo del testamento non aveva o ignorava di aver figli o discendenti, sono revocate di diritto per l’esistenza o la sopravvenienza di un figlio o discendente legittimo del testatore, benché postumo, o anche adottivo, ovvero per il riconoscimento di un figlio nato fuori del matrimonio

La revocazione ha luogo anche se il figlio è stato concepito al tempo del testamento, e, trattandosi di figlio naturale legittimato, anche se è già stato riconosciuto dal testatore prima del testamento e soltanto in seguito legittimato.

 

La revocazione non ha invece luogo qualora il testatore abbia provveduto al caso che esistessero o sopravvenissero figli o discendenti da essi.

Se i figli o discendenti non vengono alla successione e non si fa luogo a rappresentazione, la disposizione ha il suo effetto.

 

Art. 715.
Casi d’impedimento alla divisione
.

 

Se tra i chiamati alla successione vi è un concepito, la divisione non può aver luogo prima della nascita del medesimo.

Parimenti la divisione non può aver luogo durante la pendenza di un giudizio sulla legittimità o sulla filiazione naturale di colui che, in caso di esito favorevole del giudizio, sarebbe chiamato a succedere, né può aver luogo durante lo svolgimento della procedura amministrativa per l’ammissione del riconoscimento previsto dal quarto comma dell’art. 252 o per il riconoscimento dell’ente istituito erede.

 

omissis

Art. 715.
Casi d’impedimento alla divisione.

 

Se tra i chiamati alla successione vi è un concepito, la divisione non può aver luogo prima della nascita del medesimo.

Parimenti la divisione non può aver luogo durante la pendenza di un giudizio sulla filiazione di colui che, in caso di esito favorevole del giudizio, sarebbe chiamato a succedere, né può aver luogo durante lo svolgimento della procedura amministrativa per l’ammissione del riconoscimento previsto dal quarto comma dell’art. 252 o per il riconoscimento dell’ente istituito erede.

 

 

omissis

 

Art. 737.
Soggetti tenuti alla collazione.

I figli legittimi e naturali e i loro discendenti legittimi e naturali ed il coniuge che concorrono alla successione devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati.

 

 

La dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti della quota disponibile

 

 

Art. 737.
Soggetti tenuti alla collazione.

I figli legittimi e naturali e i loro discendenti legittimi e naturali ed il coniuge che concorrono alla successione devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati.

 

La dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti della quota disponibile

 

Art. 803.
Revocazione per sopravvenienza di figli.

 

Le donazioni, fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti legittimi al tempo della donazione, possono essere revocate per la sopravvenienza o l’esistenza di un figlio o discendente legittimo del donante. Possono inoltre essere revocate per il riconoscimento di un figlio naturale, fatto entro due anni dalla donazione, salvo che si provi che al tempo della donazione il donante aveva notizia dell’esistenza del figlio.

 

La revocazione può essere domandata anche se il figlio del donante era già concepito al tempo della donazione.

 

Art. 803.
Revocazione per sopravvenienza di figli.

 

Le donazioni fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti al tempo della donazione, possono essere revocate per la sopravvenienza o l’esistenza di un figlio o discendente del donante. Possono inoltre essere revocate per il riconoscimento di un figlio, salvo che si provi che al tempo della donazione il donante aveva notizia dell’esistenza del figlio.

 

La revocazione può essere domandata anche se il figlio del donante era già concepito al tempo della donazione.”

Art. 804.
Termine per l’azione.

 

L’azione di revocazione per sopravvenienza di figli deve essere proposta entro cinque anni dal giorno della nascita dell’ultimo figlio o discendente legittimo ovvero della notizia dell’esistenza del figlio o discendente, ovvero dell’avvenuto riconoscimento del figlio naturale.

 

 

Il donante non può proporre o proseguire l’azione dopo la morte del figlio o del discendente.

 

Art. 804.
Termine per l’azione.

 

L’azione di revocazione per sopravvenienza di figli deve essere proposta entro cinque anni dal giorno della nascita dell’ultimo figlio nato nel matrimonio o discendente legittimo ovvero della notizia dell’esistenza del figlio o discendente, ovvero dell’avvenuto riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio.

 

Il donante non può proporre o proseguire l’azione dopo la morte del figlio o del discendente.

 

 

LE MODIFICHE AL CODICE CIVILE -ALTRI LIBRI-

Lo stato della giustizia civile costituisce,

 

 

 

Vecchio testo

 

Nuovo testo

 

 Art. 1023.
Ambito della famiglia.

 

Nella famiglia si comprendono anche i figli nati dopo che è cominciato il diritto d’uso o d’abitazione, quantunque nel tempo in cui il diritto è sorto la persona non avesse contratto matrimonio. Si comprendono inoltre i figli adottivi, i figli naturali riconosciuti e gli affiliati, anche se l’adozione, il riconoscimento o l’affiliazione sono seguiti dopo che il diritto era già sorto. Si comprendono infine le persone che convivono con il titolare del diritto per prestare a lui o alla sua famiglia i loro servizi.

 

 

 Art. 1023.
Ambito della famiglia.

 

Nella famiglia si comprendono anche i figli nati dopo che è cominciato il diritto d’uso o d’abitazione, quantunque nel tempo in cui il diritto è sorto la persona non avesse contratto matrimonio. Si comprendono inoltre i figli adottivi e i figli riconosciuti, anche se l’adozione o il riconoscimento sono seguiti dopo che il diritto era già sorto. Si comprendono infine le persone che convivono con il titolare del diritto per prestare a lui o alla sua famiglia i loro servizi.

 

 

 

Art. 1916.
Diritto di surrogazione dell’assicuratore.

 

L’assicuratore che ha pagato l’indennità è surrogato, fino alla concorrenza dell’ammontare di essa, nei diritti dell’assicurato verso i terzi responsabili.

Salvo il caso di dolo, la surrogazione non ha luogo se il danno è causato dai figli, dagli affiliati, dagli ascendenti, da altri parenti o da affini dell’assicurato stabilmente con lui conviventi o da domestici.

 

L’assicurato è responsabile verso l’assicuratore del pregiudizio arrecato al diritto di surrogazione.

 

Le disposizioni di questo articolo si applicano anche alle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e contro le disgrazie accidentali.

 

Art. 2941.

Sospensione per rapporti tra le parti.

 

La prescrizione rimane sospesa:

1) tra i coniugi;

2) tra chi esercita la potestà di cui all’articolo 316 o i poteri a essa inerenti e le persone che vi sono sottoposte;

 

omissis

 

 

 

Art. 1916.
Diritto di surrogazione dell’assicuratore.

 

L’assicuratore che ha pagato l’indennità è surrogato, fino alla concorrenza dell’ammontare di essa, nei diritti dell’assicurato verso i terzi responsabili.

Salvo il caso di dolo, la surrogazione non ha luogo se il danno è causato dai figli, dagli affiliati, dagli ascendenti, da altri parenti o da affini dell’assicurato stabilmente con lui conviventi o da domestici.

 

L’assicurato è responsabile verso l’assicuratore del pregiudizio arrecato al diritto di surrogazione.

 

Le disposizioni di questo articolo si applicano anche alle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e contro le disgrazie accidentali.

 

Art. 2941.
Sospensione per rapporti tra le parti.

 

La prescrizione rimane sospesa:

1) tra i coniugi;

2) tra chi esercita la responsabilità genitoriale di cui all’articolo 316 o i poteri a essa inerenti e le persone che vi sono sottoposte;

 

omissis

 

 LE MODIFICHE ALLE DISPOSIZIONI DI ATTUAZIONE DEL CODICE CIVILE (R.D. 30marzo 1942 n.318)

 

 

Vecchio testo

 

Nuovo testo

 

 Art. 34.

Sulla domanda del figlio per ottenere il mantenimento, l’istruzione e l’educazione di cui all’articolo 279, primo comma, del codice provvede il tribunale per i minorenni.

 

Art. 34.

Sulla domanda del figlio per ottenere il mantenimento, l’istruzione e l’educazione di cui all’articolo 279, primo comma, del codice provvede il tribunale per i minorenni.

 

Art. 35.

Il riconoscimento di cui al secondo comma dell’articolo 251 del codice è autorizzato dal tribunale per i minorenni se il figlio da riconoscere è minore.

 

Sulla domanda di legittimazione, di adozione e di revoca della adozione di minore di età provvede il tribunale per i minorenni.

 

 

 

 

 Art. 35

Sulla domanda di adozione e di revoca della adozione di minore di età provvede il tribunale per i minorenni.

 

 

 

 

 

Art. 37-bis

I figli maggiorenni portatori di handicap grave previsti dall’articolo 337-septies, secondo comma, del codice civile, sono coloro i quali siano portatori di handicap ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

 

 

 Art. 38.

Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile. Per i procedimenti di cui all’articolo 333 resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni nell’ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell’articolo 316 del codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario.

 

 

 

 

 

Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti relativi ai minori per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria. Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.

 

Fermo restando quanto previsto per le azioni di stato, il tribunale competente provvede in ogni caso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, e i provvedimenti emessi sono immediatamente esecutivi, salvo che il giudice disponga diversamente. Quando il provvedimento è emesso dal tribunale per i minorenni, il reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello per i minorenni

 

 

Art. 38.

Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile. Per i procedimenti di cui all’articolo 333 resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni nell’ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell’articolo 316 del codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario. Sono, altresì, di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 251 e 317-bis del codice civile

 

 

Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti relativi ai minori per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria. Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.

 

Fermo restando quanto previsto per le azioni di stato, il tribunale competente provvede in ogni caso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, e i provvedimenti emessi sono immediatamente esecutivi, salvo che il giudice disponga diversamente. Quando il provvedimento è emesso dal tribunale per i minorenni, il reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello per i minorenni

 

 

 

 

 

 

 

Art. 38-bis

Quando la salvaguardia del minore è assicurata con idonei mezzi tecnici, quali l’uso di un vetro specchio unitamente ad impianto citofonico, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se già nominato, ed il pubblico ministero possono seguire l’ascolto del minore, in luogo diverso da quello in cui egli si trova, senza chiedere l’autorizzazione del giudice prevista dall’articolo 336-bis, secondo comma, del codice civile.

 

 

Art. 117

 

 

 

Art. 121

 

 

 

Art. 122

 

 

Art. 123

 

 

All’articolo 117 le parole: “figli naturali” sono sostituite dalle seguenti: “figli nati fuori del matrimonio”

 

All’articolo 121 la parola: “legittimo” è sostituita dalle seguenti: “nato nel matrimonio

 

 

All’articolo 122 la parola: “naturali” ovunque presente è sostituita dalle seguenti: “nati fuori del matrimonio

 

All’articolo 123 la parola: “naturali” e la parola: “adulterini” ovunque presenti sono sostituite dalle seguenti: “nati fuori del matrimonio”; al quinto comma la parola: “naturale” è soppressa

 

 

Art. 124.

La disposizione dell’articolo 286 del codice è applicabile anche per la legittimazione dei figli, i cui genitori sono morti prima dell’1 luglio 1939.

 

 

Art. 125.

La disposizione dell’articolo 287 del codice è applicabile anche ai casi in cui era ammessa, secondo le leggi anteriori, la celebrazione del matrimonio per procura.

 

 

Art. 124.

La disposizione dell’articolo 286 del codice è applicabile anche per la legittimazione dei figli, i cui genitori sono morti prima dell’1 luglio 1939.

 

 

Art. 125.

La disposizione dell’articolo 287 del codice è applicabile anche ai casi in cui era ammessa, secondo le leggi anteriori, la celebrazione del matrimonio per procura.

 

 

 

 

Art. 127-bis

I divieti contenuti nei numeri 6, 7, 8 e 9 dell’articolo 87 del codice civile sono applicabili all’affiliazione.

 

LE MODIFICHE AL CODICE PENALE

Si tratta di sole correzioni linguistiche.

 

Vecchio testo

Nuovo testo

 

 

Art. 19, comma I, n. 6

Art. 32, comma II,

Art. 34

Art. 98, comma II

Art. 111, comma II

Art. 112, comma III

Art. 146, comma II

Art. 147, comma III

Art. 564, comma IV

Art. 569

Art. 570, comma I

Art. 574, comma I

Art. 574-bis

Art. 583-bis

Art. 600-septies.2

Art. 609-nonie, comma I, n. 1

 

 

 

 

Le parole: “potestà dei genitori” sono sostituite dalle seguenti: “responsabilità genitoriale”.

 

 

 

 


Art. 540 comma I

 

Nel primo comma, la parola: “illegittima” è sostituita dalle seguenti: “fuori del matrimonio” e la parola: “legittima” è sostituita dalle seguenti: “nel matrimonio”; nel secondo comma, la parola: “illegittima” è sostituita dalle seguenti: “fuori del matrimonio”

 

 

 

Art. 568

 

Nella rubrica le parole: “fanciullo legittimo o naturale riconosciuto” sono sostituite dalla seguente: “figlio”; al primo comma le parole: “legittimo o naturale riconosciuto” sono sostituite dalle seguenti “nato nel matrimonio o riconosciuto”.

 

 

LE MODIFICHE AL CODICE DI PROCEDURA PENALE E AL CODICE DI PROCEDURA CIVILE

 

Vecchio testo

 

Nuovo testo

 

 

Art. 288 c.p.p.

 

 

 

 

All’articolo 288 del codice di procedura penale, nella rubrica e nel comma 1, le parole: “potestà dei genitori” sono sostituite dalle seguenti: “responsabilità genitoriale”.

 

 

 

Art. 706, comma IV, c.p.c.

Nel ricorso deve essere indicata l’esistenza di figli legittimi, legittimati o adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio

 

Art. 706, comma IV, c.p.c.

Nel ricorso deve essere indicata l’esistenza di figli di entrambi i coniugi.

 

 

 

Art. 709-ter c.p.c.

 

All’articolo 709-ter, primo comma, la parola: “potestà” è sostituita dalla seguente: “responsabilità”.


LE MODIFICHE ALLE LEGGI SPECIALI

 

Vecchio testo

 

Nuovo testo

 

 

Art. 3, Legge 21 novembre 1967, n. 1185)

 

 

 

 

Le parole: “patria potestà” sono sostituite dalle seguenti: “responsabilità genitoriale”; le parole: “potestà sul figlio” sono sostituite dalle seguenti: “responsabilità genitoriale sul figlio”.

 

 

Art. 4, comma IV

legge 1 dicembre 1970 n. 898 (L. Divorzio)

 

Nel ricorso deve essere indicata l’esistenza dei figli legittimi, legittimati o adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio.

 

 

Art. 4, comma VIII

legge 1 dicembre 1970 n. 898 (L. Divorzio)

 

Se la conciliazione non riesce, il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, qualora lo ritenga strettamente necessario anche in considerazione della loro età, i figli minori, dà, anche d’ufficio, con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza di comparizione e trattazione dinanzi a questo. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentito il ricorrente e il suo difensore. L’ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore. Si applica l’articolo 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.

 

 

Art. 6,

legge 1 dicembre 1970 n. 898 (L. Divorzio)

 

1. L’obbligo, ai sensi degli articoli 147 e 148 del codice civile, di mantenere, educare ed istruire i figli nati o adottati durante il matrimonio di cui sia stato pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili, permane anche nel caso di passaggio a nuove nozze di uno o di entrambi i genitori.

 

2. Il tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio dichiara a quale genitore i figli sono affidati e adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Ove il tribunale lo ritenga utile all’interesse dei minori, anche in relazione all’età degli stessi, può essere disposto l’affidamento congiunto o alternato.

 

3. In particolare il tribunale stabilisce la misura ed il modo con cui il genitore non affidatario deve contribuire al mantenimento, all’istruzione e all’educazione dei figli, nonché le modalità di esercizio dei suoi diritti nei rapporti con essi.

 

4. Il genitore cui sono affidati i figli, salva diversa disposizione del tribunale, ha l’esercizio esclusivo della potestà su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal tribunale. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non siano affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al tribunale quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.

 

5. Qualora il genitore affidatario non si attenga alle condizioni dettate, il tribunale valuterà detto comportamento al fine del cambio di affidamento.

 

6. L’abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età. In ogni caso ai fini dell’assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole. L’assegnazione, in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell’art. 1599 del codice civile.

 

7. Il tribunale dà inoltre disposizioni circa l’amministrazione dei beni dei figli e, nell’ipotesi in cui l’esercizio della potestà sia affidato ad entrambi i genitori, circa il concorso degli stessi al godimento dell’usufrutto legale.

 

8. In caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, il tribunale procede all’affidamento familiare di cui all’art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184.

 

9. Nell’emanare i provvedimenti relativi all’affidamento dei figli e al contributo per il loro mantenimento, il giudice deve tener conto dell’accordo fra le parti: i provvedimenti possono essere diversi rispetto alle domande delle parti o al loro accordo, ed emessi dopo l’assunzione di mezzi di prova dedotti dalle parti o disposti d’ufficio dal giudice, ivi compresa, qualora sia strettamente necessario anche in considerazione della loro età, l’audizione dei figli minori.

 

10. All’attuazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della prole provvede il giudice del merito, e, nel caso previsto dal comma 8, anche d’ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.

 

11. Nel fissare la misura dell’assegno di mantenimento relativo ai figli il tribunale determina anche un criterio di adeguamento automatico dello stesso, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria.

 

12. In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all’altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l’avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto.

 

 

 

Art. 12.

legge 1 dicembre 1970 n. 898 (L. Divorzio)

 

Le disposizioni del codice civile in tema di riconoscimento del figlio naturale si applicano, per quanto di ragione, anche nel caso di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

 

 

Art. 4,

legge 1 dicembre 1970 n. 898 (L. Divorzio)

 

Nel ricorso deve essere indicata l’esistenza di figli di entrambi i coniugi

 

 

 

Art. 4, comma VIII

legge 1 dicembre 1970 n. 898 (L. Divorzio)

 

Se la conciliazione non riesce, il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, disposto l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, dà, anche d’ufficio, con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza di comparizione e trattazione dinanzi a questo. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentito il ricorrente e il suo difensore. L’ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore. Si applica l’articolo 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.

 

Art. 6,

legge 1 dicembre 1970 n. 898 (L. Divorzio)

 

1. L’obbligo, ai sensi degli articoli 315-bis e 316-bis del codice civile, di mantenere, educare ed istruire i figli nati o adottati durante il matrimonio di cui sia stato pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili, permane anche nel caso di passaggio a nuove nozze di uno o di entrambi i genitori.

 

2. Il Tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio applica, riguardo ai figli, le disposizioni contenute nel capo II, del titolo IX, del libro primo, del codice civile.

 

 

 

 

3. In particolare il tribunale stabilisce la misura ed il modo con cui il genitore non affidatario deve contribuire al mantenimento, all’istruzione e all’educazione dei figli, nonché le modalità di esercizio dei suoi diritti nei rapporti con essi.

 

4. Il genitore cui sono affidati i figli, salva diversa disposizione del tribunale, ha l’esercizio esclusivo della potestà su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal tribunale. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non siano affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al tribunale quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.

 

5. Qualora il genitore affidatario non si attenga alle condizioni dettate, il tribunale valuterà detto comportamento al fine del cambio di affidamento.

 

6. L’abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età. In ogni caso ai fini dell’assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole. L’assegnazione, in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell’art. 1599 del codice civile.

 

7. Il tribunale dà inoltre disposizioni circa l’amministrazione dei beni dei figli e, nell’ipotesi in cui l’esercizio della responsabilità genitoriale sia affidato ad entrambi i genitori, circa il concorso degli stessi al godimento dell’usufrutto legale.

 

8. In caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, il tribunale procede all’affidamento familiare di cui all’art. 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184.

 

9. Nell’emanare i provvedimenti relativi all’affidamento dei figli e al contributo per il loro mantenimento, il giudice deve tener conto dell’accordo fra le parti: i provvedimenti possono essere diversi rispetto alle domande delle parti o al loro accordo, ed emessi dopo l’assunzione di mezzi di prova dedotti dalle parti o disposti d’ufficio dal giudice, ivi compresa, qualora sia strettamente necessario anche in considerazione della loro età, l’audizione dei figli minori.

 

10. All’attuazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della prole provvede il giudice del merito, e, nel caso previsto dal comma 8, anche d’ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.

 

11. Nel fissare la misura dell’assegno di mantenimento relativo ai figli il tribunale determina anche un criterio di adeguamento automatico dello stesso, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria.

 

12. In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all’altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l’avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto.

 

 

 

Art. 12.

legge 1 dicembre 1970 n. 898 (L. Divorzio)

 

Le disposizioni del codice civile in tema di riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio si applicano, per quanto di ragione, anche nel caso di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Legge 22 maggio 1978 n. 194

 

 

All’articolo 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194, la parola: “potestà” è sostituita dalle seguenti: “responsabilità genitoriale”.

 

 

 

 

 

Legge 4 maggio 1983 n. 184

Art. 4

Art. 5

Art. 9, comma V

Art. 10, comma III

Art. 19, comma I

Art. 28 comma IV

Art. 46, comma II

Art. 48 comma I

Art. 50

Art. 62

Art. 71 comma I

 

 

 

 

 

 

 

Le parole: “potestà dei genitori” e la parola: “potestà” sono sostituite dalle seguenti: “responsabilità genitoriale”

 

Art. 6 comma VI

Legge 4 maggio 1983 n. 184

Non è  preclusa  l’adozione  quando il limite massimo di età degli  adottanti  sia  superato  da  uno  solo  di essi in misura non superiore  a  dieci  anni, ovvero quando essi siano genitori di figli naturali  o  adottivi dei quali almeno uno sia in età minore, ovvero quando  l’adozione riguardi un fratello o una sorella del minore già agli stessi adottato

 

 

Art. 8

Legge 4 maggio 1983 n. 184

Sono dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni  del  distretto  nel  quale si trovano, i minori di cui sia accertata  la  situazione  di  abbandono  perché’ privi di assistenza morale  e  materiale  da  parte  dei  genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché’ la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio.

 

  2.  La  situazione  di  abbandono sussiste, sempre che ricorrano le condizioni di cui al comma 1, anche quando i minori si trovino presso istituti  di  assistenza  pubblici  o  privati  o  comunità  di tipo familiare ovvero siano in affidamento familiare.

 

  3. Non sussiste causa di forza maggiore quando i soggetti di cui al comma  1  rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi sociali locali e tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice.

 

 

 

  4.  Il procedimento di adottabilità deve svolgersi fin dall’inizio con  l’assistenza  legale  del  minore  e  dei genitori o degli altri parenti, di cui al comma 2 dell’articolo 10

 

 

 

Art. 6 comma VI

Legge 4 maggio 1983 n. 184

Non è preclusa  l’adozione  quando il limite massimo di età degli  adottanti  sia  superato  da  uno  solo  di essi in misura non superiore  a  dieci  anni, ovvero quando essi siano genitori di figli anche  adottivi dei quali almeno uno sia in età minore, ovvero quando  l’adozione riguardi un fratello o una sorella del minore già agli stessi adottato

 

 

Art. 8 comma III

Legge 4 maggio 1983 n. 184

Sono dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni  del  distretto  nel  quale si trovano, i minori di cui sia accertata  la  situazione  di  abbandono  perché’ privi di assistenza morale  e  materiale  da  parte  dei  genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché’ la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio.

 

  2.  La  situazione  di  abbandono sussiste, sempre che ricorrano le condizioni di cui al comma 1, anche quando i minori si trovino presso istituti  di  assistenza  pubblici  o  privati  o  comunità  di tipo familiare ovvero siano in affidamento familiare.

 

  3. Non sussiste causa di forza maggiore quando i soggetti di cui al comma  1  rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi sociali locali anche all’esito della segnalazione di cui all’articolo 79-bis, e tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice.

 

  4.  Il procedimento di adottabilità deve svolgersi fin dall’inizio con  l’assistenza  legale  del  minore  e  dei genitori o degli altri parenti, di cui al comma 2 dell’articolo 10

 

 

Art. 11

Legge 4 maggio 1983 n. 184

 

Quando dalle indagini previste nell’articolo  precedente  risultano deceduti i genitori del minore  e  non  risultano  esistenti  parenti

entro il quarto grado ((che abbiano  rapporti  significativi  con  il minore)), il tribunale per i minorenni provvede a dichiarare lo stato di adottabilita’, salvo che esistano istanze  di  adozione  ai  sensi dell’articolo 44. In tal caso il tribunale  per  i  minorenni  decide nell’esclusivo interesse del minore.

 

  Nel caso in cui non risulti l’esistenza di  genitori  naturali  che abbiano riconosciuto il minore o la cui paternita’ o  maternita’  sia stata dichiarata giudizialmente, il tribunale per i minorenni,  senza eseguire  ulteriori  accertamenti,   provvede   immediatamente   alla dichiarazione dello stato di adottabilita’ a  meno  che  non  vi  sia richiesta di sospensione della procedura da parte di chi,  affermando di essere uno dei genitori naturali, chiede termine per provvedere al  riconoscimento. La sospensione puo’ essere disposta dal tribunale per un periodo massimo di due mesi sempreche’ nel frattempo il minore sia assistito dal genitore naturale o dai parenti fino al quarto grado  o

in altro modo conveniente, permanendo comunque  un  rapporto  con  il genitore naturale.

 

  Nel caso di non riconoscibilita’ per difetto di eta’ del  genitore, la procedura e’ rinviata  anche  d’ufficio  sino  al  compimento  del sedicesimo anno di eta’ del genitore naturale, purche’ sussistano  le condizioni  menzionate  nel  comma  precedente.  Al  compimento   del sedicesimo anno, il genitore puo’ chiedere ulteriore sospensione  per altri due mesi.

 

 

 

 

 

 

 

  Ove il tribunale sospenda o rinvii la procedura ai sensi dei  commi precedenti, nomina al minore, se necessario, un tutore provvisorio.

 

 Se entro detti termini viene  effettuato  il  riconoscimento,  deve dichiararsi chiusa la procedura, ove non sussista abbandono morale  e materiale. Se trascorrono i termini senza che sia stato effettuato il riconoscimento, si provvede senza altra formalita’ di procedura  alla pronuncia dello stato di adottabilita’.

 

Il tribunale, in ogni caso,  anche  a  mezzo  dei  servizi  locali, informa entrambi i presunti genitori, se possibile, o comunque quello reperibile, che si possono avvalere delle facolta’ di cui al  secondo e terzo comma.

 

  Intervenuta la  dichiarazione  di  adottabilità  e l’affidamento preadottivo, il riconoscimento e’ privo di efficacia. Il giudizio per la dichiarazione giudiziale di paternita’ o maternita’ e’ sospeso  di diritto e si estingue ove segua la  pronuncia  di  adozione  divenuta definitiva.

 

 

 

 

 

Art. 15, comma 1,

Legge 4 maggio 1983 n. 184

1.  A  conclusione delle indagini e degli accertamenti previsti dagli  articoli precedenti, ove risulti la situazione di abbandono di cui   all’articolo  8,  lo  stato  di  adottabilita’  del  minore  e’ dichiarato dal tribunale per i minorenni quando:

    a) i genitori ed i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 non si sono presentati senza giustificato motivo;

    b)  l’audizione dei soggetti di cui alla lettera a) ha dimostrato il  persistere  della  mancanza di assistenza morale e materiale e la non disponibilita’ ad ovviarvi;

    c)  le  prescrizioni  impartite  ai  sensi  dell’articolo 12 sono rimaste inadempiute per responsabilita’ dei genitori.

 

 

Art. 11

Legge 4 maggio 1983 n. 184

 

Quando dalle indagini previste nell’articolo  precedente  risultano deceduti i genitori del minore  e  non  risultano  esistenti  parenti

entro il quarto grado ((che abbiano  rapporti  significativi  con  il minore)), il tribunale per i minorenni provvede a dichiarare lo stato di adottabilita’, salvo che esistano istanze  di  adozione  ai  sensi dell’articolo 44. In tal caso il tribunale  per  i  minorenni  decide nell’esclusivo interesse del minore.

 

  Nel caso in cui non risulti l’esistenza di  genitori  naturali  che abbiano riconosciuto il minore o la cui paternita’ o  maternita’  sia stata dichiarata giudizialmente, il tribunale per i minorenni,  senza eseguire  ulteriori  accertamenti,   provvede   immediatamente   alla dichiarazione dello stato di adottabilita’ a  meno  che  non  vi  sia richiesta di sospensione della procedura da parte di chi,  affermando di essere uno dei genitori naturali, chiede termine per provvedere al  riconoscimento. La sospensione puo’ essere disposta dal tribunale per un periodo massimo di due mesi sempreche’ nel frattempo il minore sia assistito dal genitore naturale o dai parenti fino al quarto grado  o

in altro modo conveniente, permanendo comunque  un  rapporto  con  il genitore naturale.

 

  Nel caso di non riconoscibilita’ per difetto di eta’ del  genitore, la procedura e’ rinviata  anche  d’ufficio  sino  al  compimento  del sedicesimo anno di eta’ del genitore naturale, purche’ sussistano  le condizioni  menzionate  nel  comma  precedente.  Al  compimento   del sedicesimo anno, il genitore puo’ chiedere ulteriore sospensione  per altri due mesi.  Il genitore autorizzato al riconoscimento prima del compimento del sedicesimo anno ai sensi dell’articolo 250, quinto comma, del codice civile, può chiedere ulteriore sospensione per altri due mesi dopo l’autorizzazione.

 

  Ove il tribunale sospenda o rinvii la procedura ai sensi dei  commi precedenti, nomina al minore, se necessario, un tutore provvisorio.

 

 Se entro detti termini viene  effettuato  il  riconoscimento,  deve dichiararsi chiusa la procedura, ove non sussista abbandono morale  e materiale. Se trascorrono i termini senza che sia stato effettuato il riconoscimento, si provvede senza altra formalita’ di procedura  alla pronuncia dello stato di adottabilita’.

 

Il tribunale, in ogni caso,  anche  a  mezzo  dei  servizi  locali, informa entrambi i presunti genitori, se possibile, o comunque quello reperibile, che si possono avvalere delle facolta’ di cui al  secondo e terzo comma.

 

  Intervenuta la  dichiarazione  di  adottabilità  e l’affidamento preadottivo, il riconoscimento e’ privo di efficacia. Il giudizio per la dichiarazione giudiziale di paternita’ o maternita’ e’ sospeso  di diritto e si estingue ove segua la  pronuncia  di  adozione  divenuta definitiva.

 

 

 

 

 

Art. 15, comma 1,

Legge 4 maggio 1983 n. 184

1.  A  conclusione delle indagini e degli accertamenti previsti dagli  articoli precedenti, ove risulti la situazione di abbandono di cui   all’articolo  8,  lo  stato  di  adottabilita’  del  minore  e’ dichiarato dal tribunale per i minorenni quando:

    a) i genitori ed i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 non si sono presentati senza giustificato motivo;

    b)  l’audizione dei soggetti di cui alla lettera a) ha dimostrato il  persistere  della  mancanza di assistenza morale e materiale e la non disponibilita’ ad ovviarvi;

    c)  le prescrizioni impartite ai sensi dell’articolo 12 sono rimaste inadempiute per responsabilità dei genitori ovvero è provata l’irrecuperabilità delle capacità genitoriali dei genitori in un tempo ragionevole.

 

 

 

Legge 4 maggio 1983 n. 184

 

Art. 79-BIS

 

Il giudice segnala ai comuni le situazioni di indigenza di nuclei familiari che richiedono interventi di sostegno per consentire al minore di essere educato nell’ambito della propria famiglia.

 

 

Legge 4 maggio 1983 n. 184

 

Art. 25

 

 

 

Art. 27

 

 

Art. 32

 

 

 

Art. 36

 

 

 

Art. 37

 

 

Art. 44

 

Art. 74

 

 

 

 

 

All’art.25, comma 2, le parole: “legittimi o legittimati” sono soppresse e la parola: “quattordici” è sostituita dalla seguente: “dodici”;

 

All’art 27, comma 1, la parola: “legittimo” è sostituita dalle seguenti: “nato nel matrimonio”;

 

All’art. 32 comma 2, lettera b), la parola: “legittimo” è sostituita dalle seguenti: “nato nel matrimonio” e la parola: “naturali” è sostituita dalla seguente: “biologici”;

 

All’art. 36, comma 2, lettera a), la parola: “naturali” è sostituita dalla seguente: “biologici” e la parola: “legittimo” è sostituita dalle seguenti: “nato nel matrimonio”;

 

All’Art. 37, comma 2, la parola: “naturali” è sostituita dalla seguente: “biologici”;

 

All’art. 44, comma 2, la parola: “legittimi” è soppressa

 

All’art. 74 la parola: “naturale” è sostituita dalle seguenti: “nato fuori del matrimonio”

 

 

Legge 31 maggio 1995 n. 218

 

Art. 33

 Filiazione

 

1. Lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita.

 

 

 

 

2. E’ legittimo il figlio considerato tale dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori e cittadino al momento della nascita del figlio.

 

 

 

 

 

3. La legge nazionale del figlio al momento della nascita regola i presupposti e gli effetti dell’accertamento e della contestazione dello stato di figlio. Lo stato di figlio legittimo, acquisito in base alla legge nazionale di uno dei genitori, non può essere contestato che alla stregua di tale legge.

 

Legge 31 maggio 1995 n. 218

 

Art. 33

 Filiazione

 

1. Lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio o, se più favorevole, dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori è cittadino, al momento della nascita.

 

2. La legge individuata ai sensi del comma 1 regola i presupposti e gli effetti dell’accertamento e della contestazione dello stato di figlio; qualora la legge così individuata non permetta l’accertamento o la contestazione dello stato di figlio si applica la legge italiana.

 

3. Lo stato di figlio, acquisito in base alla legge nazionale di uno dei genitori, non può essere contestato che alla stregua di tale legge; se tale legge non consente la contestazione si applica la legge italiana.

 

 

4. Sono di applicazione necessaria le norme del diritto italiano che sanciscono l’unicità dello stato di figlio.

 

 

Legge 31 maggio 1995 n. 218

 

Art. 35

 Riconoscimento di figlio naturale

 

1. Le condizioni per il riconoscimento del figlio naturale sono regolate dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita o, se più favorevole, dalla legge nazionale del soggetto che fa il riconoscimento, nel momento in cui questo avviene.

 

 

 

2. La capacità del genitore di fare il riconoscimento è regolata dalla sua legge nazionale.

 

3. La forma del riconoscimento è regolata dalla legge dello Stato in cui esso e fatto o da quella che ne disciplina la sostanza.

 

 

Legge 31 maggio 1995 n. 218

 

Art. 35

 Riconoscimento di figlio naturale

 

1. Le condizioni per il riconoscimento del figlio sono regolate dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita, o se più favorevole, dalla legge nazionale del soggetto che fa il riconoscimento, nel momento in cui questo avviene; se tali leggi non prevedono il riconoscimento si applica la legge italiana.

 

2. La capacità del genitore di fare il riconoscimento è regolata dalla sua legge nazionale.

 

3. La forma del riconoscimento è regolata dalla legge dello Stato in cui esso e fatto o da quella che ne disciplina la sostanza.

 

 

Legge 31 maggio 1995 n. 218

 

Art. 36

 Rapporti tra genitori e figli

 

I rapporti personali e patrimoniali tra genitori e figli, compresa la potestà dei genitori, sono regolati dalla legge nazionale del figlio.

 

 

Legge 31 maggio 1995 n. 218

 

Art. 36

 Rapporti tra genitori e figli

 

I rapporti personali e patrimoniali tra genitori e figli, compresa la responsabilità genitoriale, sono regolati dalla legge nazionale del figlio.

 

 

Legge 31 maggio 1995 n. 218

 

Art. 34

 Legittimazione

1. La legittimazione per susseguente matrimonio è regolata dalla legge nazionale del figlio nel momento in cui essa avviene o dalla legge nazionale di uno dei genitori nel medesimo momento.

2 Negli altri casi, la legittimazione è regolata dalla legge dello Stato di cui e cittadino, al momento della domanda, il genitore nei cui confronti il figlio viene legittimato. Per la legittimazione destinata ad avere effetto dopo la morte del genitore legittimante, si tiene conto della sua cittadinanza al momento della morte.

 

Legge 31 maggio 1995 n. 218

 

Art. 34

 Legittimazione

1. La legittimazione per susseguente matrimonio è regolata dalla legge nazionale del figlio nel momento in cui essa avviene o dalla legge nazionale di uno dei genitori nel medesimo momento.

2 Negli altri casi, la legittimazione è regolata dalla legge dello Stato di cui e cittadino, al momento della domanda, il genitore nei cui confronti il figlio viene legittimato. Per la legittimazione destinata ad avere effetto dopo la morte del genitore legittimante, si tiene conto della sua cittadinanza al momento della morte.

 

 

 

 

 

 

Legge 31 maggio 1995 n. 218

Art. 36-bis

Nonostante il richiamo ad altra legge, si applicano in ogni caso le norme del diritto italiano che:

a) attribuiscono ad entrambi i genitori la responsabilità genitoriale;

b) stabiliscono il dovere di entrambi i genitori di provvedere al mantenimento del figlio;

c) attribuiscono al giudice il potere di adottare provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale in presenza di condotte pregiudizievoli per il figlio.

 

 

 

 

Legge 31 maggio 1995 n. 218

Art. 38

 

 

 

All’articolo 38, primo comma, la parola: “legittimo” è soppressa.

 

 

Legge 19 febbraio 2004 n. 40

Art. 8

 

All’articolo 8 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, la parola: “legittimi” è sostituita dalle seguenti: “nati nel matrimonio”.

LE MODIFICHE ALLE DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

 

Oggetto

 

Disposizione

 

 

 

 

 

Successioni:

azioni di petizione dell’eredità

 

 

 1. Fermi gli effetti del giudicato formatosi prima dell’entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219, sono legittimati a proporre azioni di petizione di eredità, ai sensi dell’articolo 533 del codice civile, coloro che, in applicazione dell’articolo 74 dello stesso codice, come modificato dalla medesima legge, hanno titolo a chiedere il riconoscimento della qualità di erede.

 

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche nei confronti dei discendenti dei figli nati fuori del matrimonio morti prima dell’entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219.

 

3. Fermi gli effetti del giudicato formatosi prima dell’entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219, nei giudizi promossi ai sensi dell’articolo 533 del codice civile, pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, si applicano l’articolo 74 del codice civile, come modificato dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219, e le disposizioni del libro secondo del codice civile, come modificate dal presente decreto legislativo.

 

 

 

 

azioni di disconoscimento di paternità, di reclamo e di contestazione dello stato di figlio; riconoscimento

 

 

4. Fermi gli effetti del giudicato formatosi prima dell’entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219, le disposizioni del codice civile, come modificate dal presente decreto legislativo, si applicano alle azioni di disconoscimento di paternità, di reclamo e di contestazione dello stato di figlio, relative ai figli nati prima dell’entrata in vigore del medesimo decreto legislativo.

 

5. Fermi gli effetti del giudicato formatosi prima dell’entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219, le disposizioni del codice civile relative al riconoscimento dei figli, come modificate dalla medesima legge, si applicano anche ai figli nati o concepiti anteriormente all’entrata in vigore della stessa.

 

6. Fermi gli effetti del giudicato formatosi prima dell’entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219, i termini per proporre l’azione di disconoscimento di paternità, previsti dal quarto comma dell’articolo 244 del codice civile, decorrono dal giorno dell’entrata in vigore del presente decreto legislativo.

 

7. Fermi gli effetti del giudicato formatosi prima dell’entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219, nel caso di riconoscimento di figlio annotato sull’atto di nascita prima dell’entrata in vigore del presente decreto legislativo, i termini per proporre l’azione di impugnazione, previsti dall’articolo 263 del codice civile, decorrono dal giorno dell’entrata in vigore del medesimo decreto legislativo.

 

8. Restano validi e non possono essere modificati gli atti dello stato civile già formati secondo le disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219.

 

 

 

 

Sostituzione di Termini

 

1. La parola: “potestà” riferita alla potestà genitoriale, le parole: “potestà genitoriale”, ovunque presenti, in tutta la legislazione vigente, sono sostituite dalle seguenti: “responsabilità genitoriale”.

 

2. Le parole: “figli legittimi” o le parole: “figlio legittimo”, ovunque presenti, in tutta la legislazione vigente sono sostituite dalle seguenti: “figli nati nel matrimonio” o dalle seguenti: “figlio nato nel matrimonio”.

 

3. Le parole: “figli naturali” o le parole: “figlio naturale”, ovvero “figli adulterini” o “figlio adulterino” ove presenti, in tutta la legislazione vigente sono sostituite dalle seguenti: “figli nati fuori del matrimonio” o dalle seguenti: “figlio nato fuori del matrimonio”.

 

4. Le parole: “figli legittimati”, “figlio legittimato”, “legittimato”, “legittimati” ovunque presenti in tutta la legislazione vigente, sono soppresse.

 

 

Abrogazioni

 

A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le seguenti disposizioni:

a) gli articoli 155-bis, 155-ter, 155-quater, 155-quinquies, 155-sexies, 233, 235, 242, 243, 261, 578 e 579 del codice civile;

b) gli artt. 34, 124 e 125 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 318;

c) l’articolo 34 della legge 31 maggio 1995, n. 218.

 

Giuseppe Buffone

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