RSA e rappresentatività sindacale: la Consulta amplia i diritti

La Corte Costituzionale apre alle RSA dei sindacati comparativamente più rappresentativi, ampliando la tutela della libertà sindacale.

Redazione 07/11/25
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Con la sentenza n. 156 del 30 ottobre 2025, la Corte Costituzionale torna a pronunciarsi sull’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori, ridefinendo – ancora una volta – i confini del diritto di costituire rappresentanze sindacali aziendali (RSA). A dodici anni dalla storica pronuncia n. 231/2013, il Giudice delle leggi compie un ulteriore passo verso l’inclusione, riconoscendo la legittimazione anche alle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, indipendentemente dalla loro partecipazione alle trattative o dalla sottoscrizione del contratto collettivo applicato in azienda. Per approfondimenti sul nuovo diritto del lavoro, abbiamo organizzato il corso di formazione Corso avanzato di diritto del lavoro -Il lavoro che cambia: gestire conflitti, contratti e trasformazioni.

Corte Costituzionale – sentenza n. 156 del 30-10-2025

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Indice

1. Il contesto normativo e giurisprudenziale: un equilibrio difficile tra libertà e selettività


L’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori, nella formulazione originaria del 1970, prevedeva che il diritto di costituire RSA spettasse alle organizzazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nonché ai sindacati firmatari di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva.
Il referendum abrogativo del 1995 ha modificato profondamente questo assetto, limitando la legittimazione ai soli sindacati firmatari o partecipanti alla negoziazione del contratto collettivo applicato in azienda. Tale soluzione, come noto, ha generato negli anni effetti distorsivi: l’esclusione di sigle rappresentative ma “non invitate” al tavolo negoziale, con un conseguente squilibrio tra libertà sindacale (art. 39 Cost.) e logiche di selezione contrattuale.
Già nel 2013 la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 231, aveva corretto parzialmente la rotta, dichiarando l’illegittimità dell’art. 19 nella parte in cui escludeva i sindacati che, pur non firmatari, avessero partecipato effettivamente alle trattative. Tuttavia, quella pronuncia lasciava ancora fuori un’ampia area del pluralismo sindacale, costituita dalle organizzazioni dotate di significativa rappresentatività nazionale ma estranee al processo negoziale aziendale.

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    2. La vicenda concreta: il caso ORSA contro SETA S.p.A.


    La questione oggetto della sentenza n. 156/2025 trae origine dal ricorso proposto da ORSA Trasporti Autoferro TPL contro la società SETA S.p.A., gestore del trasporto pubblico locale in Emilia-Romagna. L’organizzazione sindacale lamentava di essere stata esclusa dalla possibilità di costituire una RSA presso l’unità produttiva di Modena, pur rappresentando circa il 10% della forza lavoro complessiva e oltre il 20% dei lavoratori iscritti a un sindacato.
    La società, richiamandosi al tenore letterale dell’art. 19 e alla giurisprudenza vigente, aveva negato tale diritto, ritenendo legittimati soltanto i sindacati firmatari o partecipanti alla contrattazione collettiva applicata.
    Il Tribunale di Modena, investito della controversia, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, denunciando un’irragionevole disparità di trattamento (art. 3 Cost.) e la violazione della libertà sindacale (art. 39 Cost.). In particolare, il giudice rimettente ha osservato che la norma, nella sua applicazione concreta, consente al datore di lavoro di determinare indirettamente i propri interlocutori sindacali, escludendo organizzazioni rappresentative ma “non gradite”.

    3. La motivazione della Consulta: rappresentatività effettiva come parametro costituzionale


    Accogliendo la questione, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 19, primo comma, della legge n. 300/1970, nella parte in cui non consente la costituzione di RSA anche alle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
    La Corte, attraverso una motivazione ampia e articolata, ha ripercorso l’evoluzione normativa dell’articolo e le ricadute del referendum del 1995, sottolineando come il sistema attuale si fondi su criteri esclusivamente negoziali. Tali criteri, pur funzionali a selezionare i soggetti realmente attivi nella contrattazione, rischiano di degenerare in strumenti di esclusione, conferendo al datore un potere di condizionamento incompatibile con la libertà sindacale garantita dalla Costituzione.
    Richiamando il principio già espresso nella sentenza n. 231/2013, la Consulta ribadisce che la selezione deve fondarsi su elementi oggettivi di rappresentatività e non sulla mera disponibilità alla firma o alla partecipazione alla trattativa. In mancanza di un sistema legale di misurazione nel settore privato – come invece previsto per il pubblico impiego dal D.Lgs. n. 165/2001 – la Corte individua nella rappresentatività comparativa a livello nazionale un parametro transitorio, idoneo a garantire equilibrio e trasparenza.
    La decisione, tuttavia, non chiude il dibattito: la Corte invita esplicitamente il legislatore a intervenire con una riforma organica dell’art. 19, volta a introdurre un meccanismo certo e verificabile di certificazione della rappresentatività sindacale, al fine di garantire un sistema coerente con il pluralismo e la libertà di associazione.

    4. Le conseguenze sistemiche e applicative della decisione


    Con la pronuncia n. 156/2025, la Corte amplia in modo significativo la platea dei soggetti legittimati a costituire RSA. D’ora in avanti, anche i sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale – e dunque dotati di un radicamento effettivo nel panorama sindacale italiano – potranno istituire rappresentanze aziendali, anche in assenza di partecipazione alla contrattazione collettiva.
    Ciò comporta un rafforzamento della libertà sindacale e una limitazione del potere selettivo del datore di lavoro, ma apre anche nuovi interrogativi: come determinare, in concreto, la “comparatività” della rappresentatività? Quali soglie e criteri oggettivi potranno essere adottati? In assenza di una legge di attuazione, spetterà ai giudici del lavoro operare una valutazione caso per caso, tenendo conto dei dati associativi e della diffusione territoriale delle organizzazioni.

    5. Conclusioni: verso un nuovo equilibrio della rappresentanza sindacale


    La sentenza n. 156/2025 segna un passaggio decisivo nell’evoluzione del diritto sindacale italiano. Essa conferma la progressiva transizione da un modello negoziale e chiuso a un modello rappresentativo e pluralista, in cui il criterio dell’effettiva consistenza associativa prevale sulla logica del tavolo contrattuale.
    La Consulta ribadisce così che la libertà sindacale non può essere condizionata da dinamiche di contrattazione, ma deve fondarsi su parametri oggettivi di rappresentatività, tali da garantire a tutti i lavoratori una tutela effettiva e pluralistica. In attesa di un intervento legislativo organico, la decisione costituisce un nuovo punto di equilibrio tra le esigenze dell’autonomia collettiva e la piena attuazione dei principi costituzionali di uguaglianza e libertà sindacale.

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