Fatto
Dopo essersi sottoposto ad una visita specialistica otorino-laringoiatra un uomo adiva il Giudice di primo grado per vedersi riconoscere il diritto al risarcimento del danno patito, a suo dire, a causa del comportamento negligente tenuto dai medici della struttura sanitaria, chiamando in causa non solo quest’ultimi ma anche la stessa struttura.
L’uomo sosteneva di aver esortato i medici nel corso della visita specialistica di prendere visione dell’esame radiodiagnostico a cui egli si era precedentemente sottoposto, e che evidenziava la presenza di corpi estranei nel cranio e nelle orecchie. Nel corso della visita – a dire dell’uomo – i medici trascuravano di approfondire quanto emerso dalla radiografia mancando di rimuovere i corpi estranei, limitandosi a dichiarare che tale presenza non emergeva dagli esami effettuati.
Il Giudice di primo grado, dopo aver istruito la causa e respinto la richiesta di CTU, dichiarava la domanda di risarcimento danni proposta dal paziente non accoglibile.
Veniva così adita la Corte d’Appello che, sulle orme del Giudice di primo grado, rigettava la domanda attorea, basando il suo convincimento sul fatto che la risonanza magnetica, priva di referto, non poteva ritenersi documento idoneo a provare la domanda né tantomeno era in grado di provare la riferibilità dell’accertamento radiodiagnostico all’attore. Ciò detto la Corte d’Appello concludeva la sua disamina evidenziando che il paziente non aveva assolto l’onere di provare l’esistenza del nesso di causalità tra il pregiudizio subito e l’operato dei medici, e giudicava come esplorativa la richiesta di CTU.
Soccombente sia in primo che in secondo grado di giudizio, il paziente si rivolgeva al Giudice di Cassazione lamentando l’omesso esame da parte della Corte d’Appello del documento clinico decisivo ai fini del decidere, avendo la Corte ritenuto erroneamente inidoneo sul piano probatorio la risonanza magnetica che per il suo contenuto altamente tecnico richiedeva conoscenze che il giudice non possedeva. E proprio con riferimento a quest’ultimo aspetto il paziente lamentava la mancata disposizione da parte della Corte d’appello della consulenza tecnica.
La decisione della Corte di Cassazione
Gli Ermellini, esaminato il motivo di ricorso, nonché le difese proposte da parte convenuta, rigettavano il ricorso proposto dal paziente.
In particolare, con riguardo al lamentato omesso esame del documento clinico decisivo ai fini del decidere, i Giudici di Cassazione hanno rilevato che nessuna omissione poteva essere addebitata alla Corte d’Appello, in quanto il documento era stato esaminato da questa, e ritenuto inefficace sul piano probatorio a causa dell’assenza del referto clinico che corredava le lastre alla risonanza magnetica. La Suprema Corte ha, poi, meglio evidenziato come la Corte d’Appello nel decidere aveva ritenuto inesistente la prova del nesso di causalità tra i problemi di salute asseriti dal paziente e l’operato dei sanitari, concludendo correttamente per il rigetto della domanda risarcitoria. Il paziente non aveva dimostrato che l’asserito peggioramento del suo stato di salute era dipeso dal comportamento negligente dei medici, contrariamente al principio secondo cui è onere del paziente nelle cause di responsabilità medica, provare il danno alla salute di cui l’inadempimento del medico è causa o concausa. Conseguentemente il difetto di prova circa l’esistenza o l’aggravamento dei problemi di salute lamentati dal paziente, e ricollegabili alla presenza di corpi estranei nel cranio e nelle orecchie, ed il mancato tempestivo accertamento di tale situazione ad opera dei sanitari, rendeva priva di decisività la circostanza relativa all’omesso esame delle indicazioni ricavabili dalle lastre prodotte, in quanto il fatto omesso non avrebbe determinato un diverso esisto della controversia.
La Corte di Cassazione non ha potuto che apprezzare il ragionamento seguito dalla Corte d’Appello, che ha ricalcato i principi enunciati dalla Suprema Corte, secondo cui nel giudizio di risarcimento del danno conseguente ad attività medico chirurgica l’attore danneggiato ha l’onere di provare l’esistenza del contatto sociale con la struttura e l’insorgenza o aggravamento della patologia, gravando sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare il nesso di causalità tra l’aggravamento della patologia e l’azione o l’omissione dei sanitari tanto che solo laddove il danneggiato abbia assolto a tale onere spetta alla struttura sanitaria dimostrare l’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile provando che l’inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l’ordinaria diligenza.
Con riguardo alla negata ammissione della richiesta di CTU, la Corte di Cassazione ha, ancora una volta legittimato l’operato della Corte d’Appello, che ha, dunque, correttamente ritenuto superflua la consulenza tecnica in presenza di una situazione in cui non risultava provata una modificazione in senso peggiorativo dello stato di salute del paziente, richiamando il principio secondo cui in tema di risarcimento del danno è possibile assegnare alla consulenza tecnica d’ufficio funzione percipiente a condizione che essa verta su elementi già allegati dalla parte, ma che soltanto un tecnico sia in grado di accertare per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone.
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