
Il Trattamento di Fine Servizio, noto anche come TFS, rappresenta una forma di retribuzione differita spettante a molti dipendenti pubblici. In origine il TFS si applicava a coloro che erano stati assunti prima del 2000 con il regime di diritto pubblico, come docenti, militari, poliziotti, carabinieri e vigili del fuoco. Successivamente, con la riforma del pubblico impiego, si è passati al Trattamento di Fine Rapporto (TFR) per i nuovi assunti. Molti lavoratori si trovano così in una situazione ibrida, nella quale alcuni periodi di servizio sono coperti dal TFS e altri dal TFR. A complicare la questione si aggiunge il problema del riscatto dei periodi pre-ruolo o privi di copertura contributiva specifica.
Il quadro normativo di riferimento ha le sue radici nel D.P.R. 1032/1973, che disciplina la Buonuscita, e in alcune leggi successive come la legge 335/1995 e il decreto legislativo 165/2001. Queste disposizioni hanno introdotto automatismi nella liquidazione del TFS, ma al contempo hanno conservato l’obbligo, per determinati periodi non coperti da contribuzione, di presentare una domanda di riscatto in costanza di servizio.
Da ciò deriva che, secondo la lettura restrittiva dell’INPS, chi non ha prodotto la domanda di riscatto durante il rapporto di lavoro rischia di vedersi negare la quota di TFS relativa ai servizi pre-ruolo. In questo contesto si collocano però alcuni principi giuridici di rilievo.
L’INPS stesso, nel suo portale ufficiale, indica che l’Indennità di Buonuscita è generalmente corrisposta in maniera automatica e che il dipendente non deve presentare una domanda specifica. Vi si legge, in particolare, che “l’Indennità di Buonuscita è corrisposta d’ufficio, pertanto il lavoratore non deve fare alcuna domanda per ottenere la prestazione” e che l’accredito delle somme spettanti viene disposto in modo automatico sui conti correnti indicati dall’interessato. Questa indicazione sembra in netto contrasto con le prassi dell’INPS che, in determinate situazioni, nega il riconoscimento del TFS per i periodi di pre-ruolo in mancanza di una specifica domanda di riscatto presentata in costanza di servizio.
Da un lato la norma scritta (articolo 24 del D.P.R. 1032/1973) pare subordinare l’inclusione di tali periodi alla domanda, dall’altro la logica previdenziale farebbe ritenere il TFS come un diritto maturato con il servizio effettivo.
Per gli Avvocati Angelica Parente e Domenico Bianculli del Foro di Roma, esperti in diritto previdenziale, la giurisprudenza di legittimità ha talvolta affermato il principio dell’automatismo delle prestazioni previdenziali, in base al quale l’assenza di una domanda formale non può privare il dipendente del diritto conseguito grazie al servizio prestato.

“Non è difficile trovare pronunce più ampie sulla natura retributiva e su aspetti come l’infrazionabilità del rapporto previdenziale o l’automatismo della prestazione in caso di omissione contributiva”, afferma l’Avv. Parente, che sottolinea come alcune pronunce della Cassazione abbiano ritenuto che l’omesso versamento dei contributi da parte dell’amministrazione non deve penalizzare il lavoratore e che i servizi prestati devono essere inclusi nel calcolo, ma rimane aperta la questione se e fino a che punto la mancanza di una domanda possa precludere il diritto al TFS.
“La difficoltà – continua l’Avvocato – emerge anche nel mondo della scuola, dove i docenti spesso passano da contratti di supplenza o pre-ruolo a un’assunzione in ruolo che può avvenire molti anni dopo l’inizio delle prime esperienze lavorative.”
La stessa situazione si ripropone per militari, Polizia di Stato e carabinieri che, in alcune fasi di carriera, possono aver prestato servizio in forme non coperte da contribuzione. Il problema si accentua quando l’amministrazione o l’INPS, dopo il pensionamento, eccepiscono il mancato deposito della domanda di riscatto, negando quindi la parte di Trattamento di Fine Servizio corrispondente ai servizi pregressi. Di contro, il lavoratore può invocare il carattere sostanziale del proprio diritto e appellarsi al fatto che i certificati di servizio siano stati prodotti e che, in molte comunicazioni ufficiali, l’INPS dichiari di pagare il TFS d’ufficio.
Avv. Domenico Bianculli: “La questione giuridica verte da un lato sulla rigidità della regola che esige la presentazione di una domanda durante il rapporto di lavoro, dall’altro sul principio di automaticità della prestazione previdenziale, che dovrebbe impedire la perdita di un diritto retributivo a causa di cavilli formali.”
Una strategia difensiva potrebbe incentrarsi sull’argomento che il TFS costituisce una forma di salario differito e che, in base al principio di buona fede e correttezza, le omissioni amministrative non dovrebbero tradursi in un danno per il lavoratore. Si potrebbe anche sostenere che la stessa amministrazione sia incorsa in una condotta contraddittoria, poiché in alcuni casi non informa il dipendente dell’obbligo di presentare una domanda di riscatto e, in altri, pretende formalismi che vanno contro la logica dell’automatismo dichiarata nei documenti pubblicati sul sito dell’INPS.
In questo scenario, i soggetti che dovrebbero tutelare i diritti del dipendente pubblico (amministrazione e INPS) spesso appaiono in contraddizione. Da un lato la legge prevede che non sia sempre necessaria una domanda per il TFS e dall’altro si fa leva su una norma più risalente che fissa l’obbligo della domanda per i periodi pre-ruolo o non coperti da contribuzione. Emerge infine un problema di tempi, perché l’amministrazione talvolta segnala la carenza documentale solo a pensionamento avvenuto, quando il dipendente non è più in costanza di servizio e quindi non può correre ai ripari.
Per molti ricorsi, la soluzione passa attraverso il Giudice del Lavoro, che dovrà valutare se, in assenza di domanda, il diritto sostanziale al TFS per i periodi pre-ruolo possa essere ugualmente riconosciuto. Alcune sentenze sono state favorevoli al dipendente, basandosi sul principio di automaticità e sul fatto che la retribuzione differita è un diritto acquisito con la prestazione lavorativa.
Occorre concludere che la questione del riscatto del TFS per docenti, militari, carabinieri, polizia di stato e vigili del fuoco appare tuttora controversa. L’assenza di un orientamento uniforme rende necessario, per chi non ha presentato la domanda di riscatto in tempo, un approfondimento giuridico personalizzato e, in molti casi, un intervento giudiziale. È consigliabile verificare la propria posizione contributiva con cura e, soprattutto, monitorare i passaggi burocratici da parte dell’amministrazione.
Il TFS rimane un istituto complesso in cui si intrecciano vecchie norme, riforme del pubblico impiego e prassi interpretative dell’INPS, e in cui il lavoratore deve spesso far valere, anche in sede giudiziale, il principio di automaticità e la prevalenza del diritto sostanziale sulle formalità.
Per contattare gli Avvocati Angelica Parente e Domenico Bianculli:
Tel. 06-39754846
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Riscatto TFS non pagato – 5 Domande frequenti che ti potrebbero interessare
1. Ho già raggiunto l’età pensionabile ma non ho mai fatto domanda di riscatto pre-ruolo, posso ancora farlo?
Sei ancora in tempo a far valere il tuo diritto, perché la prescrizione per il Trattamento di Fine Servizio decorre in genere dalla data di cessazione del rapporto di lavoro e dura dieci anni, anche se l’INPS spesso nega la validità di domande tardive, il che rende opportuno un eventuale ricorso al Giudice del Lavoro.
2. È vero che dal 2000 il TFS viene pagato d’ufficio senza dover presentare domanda?
In parte sì, perché le norme successive al 2000 hanno introdotto una liquidazione più automatica, ma per i periodi pre-ruolo antecedenti a quella data l’INPS o l’amministrazione possono comunque esigere la prova di una domanda di riscatto, generando conflitti tra interpretazione sostanziale e formalistica.
3. Che differenza c’è tra TFS e Buonuscita per i dipendenti pubblici?
Sono sostanzialmente sinonimi: il termine “Buonuscita” è stato usato nella normativa pre-2000, mentre “Trattamento di Fine Servizio” è una denominazione giuridica più ampia, ma entrambi indicano la retribuzione differita che si matura alla fine del rapporto di lavoro.
4. Se non trovo nei fascicoli scolastici la mia domanda di riscatto, cosa posso fare?
È consigliabile richiedere formalmente all’amministrazione di cercare la documentazione negli archivi e, se non viene rinvenuta, valutare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che attesti la presentazione, nonché un eventuale ricorso al Giudice del Lavoro per far valere il diritto al TFS.
5. Posso perdere del tutto la mia parte di TFS per il servizio pre-ruolo?
Se l’amministrazione e l’INPS si oppongono per ragioni formali e non presenti ricorso, rischi di vedertela negata. Tuttavia, la giurisprudenza in alcuni casi ha riconosciuto il diritto al TFS anche in assenza di una domanda formale, in base al principio di automaticità delle prestazioni.
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