Dal 1° gennaio 2023 è obbligatorio depositare gli atti introduttivi del processo civile anche in Cassazione in modalità telematica. Una recente ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 13056/2025, del 16 maggio) ha ribadito le conseguenze di chi non rispetta questo obbligo: il ricorso diventa improcedibile. La decisione si inserisce nel solco tracciato dalla Riforma Cartabia, che ha reso sempre più centrale il Processo Civile Telematico (PCT) come modalità standard per comunicare con gli uffici giudiziari. Il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile, acquistabile su Shop Maggioli e su Amazon.
Indice
1. Una norma chiara: solo digitale, salvo eccezioni eccezionali
La regola che impone l’uso esclusivo del canale telematico per il deposito degli atti si trova nell’articolo 196-quater delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile. Introdotta dal D.lgs. 149/2022 e poi confermata con modifiche dalla legge n. 197/2022, la norma stabilisce che il deposito tramite PEC o portale giustizia è l’unica modalità consentita per atti e documenti prodotti da avvocati, pubblici ministeri o altri incaricati dell’autorità giudiziaria.
L’unica eccezione possibile è quella in cui un giudice autorizzi esplicitamente il deposito cartaceo, ma solo per motivi specifici. È una deroga molto rara e deve essere giustificata con un provvedimento formale. In caso di malfunzionamenti dei sistemi informatici, l’ufficio giudiziario deve comunicare pubblicamente eventuali autorizzazioni al deposito tradizionale. Altrimenti, tutto resta vincolato al formato digitale. Il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile, acquistabile su Shop Maggioli e su Amazon.
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2. Il caso: un ricorso cartaceo finito nel nulla
Nel caso esaminato dalla Cassazione, una professionista legale aveva presentato ricorso contro la decisione del Consiglio Nazionale Forense, che ne aveva disposto la cancellazione dall’Ordine degli Avvocati di Livorno. Tuttavia, l’avvocata aveva trasmesso l’atto in forma cartacea tramite posta, indirizzandolo all’ufficio protocollo della Corte.
La Suprema Corte, esaminando il ricorso, ha individuato vari motivi di inammissibilità, come la mancanza della procura alle liti e dell’atto impugnato. Tuttavia, ha considerato più rilevante la violazione dell’obbligo di deposito telematico, ritenendola una ragione sufficiente per dichiarare l’improcedibilità.
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3. Niente digitale, niente processo: la decisione delle Sezioni Unite della Cassazione
Le Sezioni Unite hanno ricordato che il deposito degli atti introduttivi in Cassazione deve avvenire esclusivamente per via telematica. In assenza di un ordine del giudice che consenta il deposito in forma cartacea – e nel caso in questione tale autorizzazione non esisteva – l’atto non può essere considerato valido ai fini della procedibilità.
La decisione si allinea a quanto già stabilito in precedenti pronunce del 2023 (come le sentenze n. 22074 e n. 33959), che hanno chiarito come l’utilizzo improprio della forma cartacea non sia una semplice irregolarità sanabile, ma comporti l’impossibilità di proseguire il giudizio. È quindi una questione formale ma decisiva, che segna il confine tra un ricorso ammissibile e uno destinato a essere respinto senza nemmeno entrare nel merito.
4. Una lezione per tutti gli operatori del diritto
La pronuncia si chiude con la dichiarazione di improcedibilità del ricorso, senza alcuna statuizione sulle spese, poiché il Consiglio Nazionale Forense non si era costituito in giudizio. Ma il messaggio della Corte è molto chiaro: l’era della carta è finita, anche in Cassazione.
Per tutti gli avvocati, questa ordinanza rappresenta un importante monito: rispettare le forme procedurali è essenziale, soprattutto quando si tratta di modalità di deposito. Ignorare l’obbligo telematico significa compromettere definitivamente la possibilità di far valere i propri diritti in giudizio.
La digitalizzazione non è più una semplice opzione: è ormai una condizione necessaria per accedere alla giustizia.
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