Revoca giudiziale dell’amministratore cessato: limiti di ammissibilità

La revoca giudiziale è inammissibile se l’amministratore è cessato dall’incarico: lo chiarisce la Cassazione con la sentenza n. 14039/2025.

Redazione 26/06/25
Allegati

La revoca giudiziale dell’amministratore di condominio rappresenta un rimedio straordinario, destinato a intervenire nei casi in cui l’assemblea non sia in grado di tutelare l’interesse collettivo a fronte di gravi irregolarità gestionali. Tuttavia, il suo ambito di applicazione è soggetto a precisi limiti temporali e funzionali, strettamente collegati alla permanenza in carica dell’amministratore. Con la sentenza n. 14039 del 26 maggio 2025, la Corte di Cassazione ha chiarito in quali circostanze tale azione diventi inammissibile per carenza di interesse, consolidando un orientamento rigoroso sul rapporto tra potere giudiziale e volontà assembleare. La pronuncia offre un’occasione per riflettere sui confini del potere sostitutivo del giudice nel contesto condominiale e sull’importanza di un uso responsabile e consapevole degli strumenti processuali previsti dal codice civile. ne ordinaria dalla manutenzione straordinaria? Per un approfondimento in materia condominiale, consigliamo la “Guida pratica al condominio dalla A alla Z”, con oltre 230 quesiti e soluzioni., disponibile sullo shop Maggioli e su Amazon. In materia, abbiamo anche organizzato il Master in diritto condominiale – Responsabilità dell’amministratore, gestione dei conflitti e casi pratici

Corte di Cassazione -sez. II civ.- sentenza n. 14039 del 26-05-2025

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Indice

1. Il contesto normativo e l’eccezionalità del rimedio giudiziale


L’art. 1129, comma 11, c.c., prevede la possibilità per l’assemblea o per ciascun condomino di adire l’autorità giudiziaria per ottenere la revoca dell’amministratore in presenza di gravi irregolarità. Si tratta di uno strumento eccezionale, attivabile solo quando l’amministratore è in carica, volto a garantire una tutela tempestiva e incisiva della corretta gestione condominiale. La revoca giudiziale si configura, infatti, come rimedio sostitutivo della volontà assembleare, attivabile in presenza di una situazione di urgenza che renda inadeguato l’intervento ordinario dell’assemblea.
In virtù dell’art. 1129, comma 10, decorso il termine di due anni dalla nomina, l’incarico dell’amministratore cessa automaticamente. Egli conserva solo poteri limitati per l’espletamento di attività urgenti, secondo quanto previsto dal comma 8 del medesimo articolo. In questo contesto normativo si inserisce la pronuncia della Cassazione n. 14039/2025, che definisce i confini di ammissibilità dell’azione giudiziale in caso di cessazione dell’incarico. Per un approfondimento in materia condominiale, consigliamo la “Guida pratica al condominio dalla A alla Z”, con oltre 230 quesiti e soluzioni., disponibile sullo shop Maggioli e su Amazon.

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2. Il caso concreto: revoca chiesta dopo le dimissioni dell’amministratore


Alcuni condomini avevano proposto ricorso per ottenere la revoca giudiziale dell’amministratore per presunte gravi irregolarità gestionali. Tuttavia, nel corso del procedimento, l’amministratore aveva rassegnato le dimissioni, successivamente ratificate dall’assemblea, che aveva nominato un nuovo incaricato. Nonostante la cessazione della materia del contendere, la Corte d’Appello aveva condannato il precedente amministratore al pagamento delle spese processuali, valorizzando il principio della soccombenza virtuale.
L’amministratore ha quindi proposto ricorso per cassazione, eccependo l’inammissibilità dell’azione per difetto di interesse giuridico, poiché il suo incarico era già venuto meno prima della decisione e la revoca, qualora accolta, non avrebbe avuto effetti pratici.

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3. Le valutazioni della Cassazione: il venir meno dell’interesse ad agire


La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha ritenuto fondata la censura. Secondo il Collegio, l’azione ex art. 1129, comma 11, c.c., è ammissibile solo se l’amministratore sia ancora formalmente in carica al momento della proposizione del ricorso. La cessazione dell’incarico per scadenza del termine o per dimissioni accettate determina la perdita dell’interesse processuale, requisito indefettibile per la proponibilità dell’azione.
Nel caso specifico, l’amministratore aveva cessato l’incarico il 18 febbraio 2020, mentre il procedimento era stato avviato il successivo 22 marzo. Essendo già venuto meno il vincolo contrattuale, l’eventuale pronuncia giudiziale di revoca non avrebbe potuto incidere su alcun rapporto giuridico esistente, rendendo l’azione inammissibile.
La Corte ha anche rilevato che, in regime di prorogatio, l’amministratore non dispone più dei poteri tipici della carica se non per la gestione dell’ordinario e degli affari urgenti. Pertanto, in tali casi i condomini possono alternativamente:

  • deliberare in assemblea la nomina di un nuovo amministratore;
  • chiedere al giudice la nomina giudiziale ex art. 1129, comma 1, c.c., in caso di inerzia;
  • agire in giudizio per il risarcimento del danno in caso di irregolarità pregresse.

4. Il principio di diritto e le conseguenze processuali


La sentenza in esame ha enunciato il seguente principio di diritto:
“È inammissibile, per carenza di interesse, la domanda dell’assemblea o del singolo condomino, ex art. 1129, comma 11, c.c., diretta ad ottenere la revoca dell’amministratore cessato dall’incarico per la decorrenza di due anni dalla nomina, essendo questi tenuto, ai sensi del comma 8 del medesimo articolo, soltanto ad eseguire le attività urgenti per evitare pregiudizi agli interessi comuni, senza diritto ad ulteriori compensi.”
La Suprema Corte ha pertanto cassato l’ordinanza impugnata e deciso nel merito, annullando la condanna alle spese pronunciata dalla Corte d’Appello. Considerata la novità e l’assenza di un orientamento consolidato in materia, ha disposto la compensazione integrale delle spese processuali.

5. Considerazioni conclusive


La decisione della Cassazione n. 14039/2025 contribuisce a delimitare in modo rigoroso l’ambito applicativo della revoca giudiziale dell’amministratore, affermando il principio secondo cui l’interesse a proporre l’azione sussiste esclusivamente finché l’amministratore è formalmente in carica. La sentenza rafforza l’idea di una gestione condominiale in cui la giurisdizione interviene solo in casi eccezionali e ben delimitati, salvaguardando il principio di autonomia dell’assemblea e scoraggiando il contenzioso strumentale.

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