In vigore dal 1° aprile la nuova legge sulla responsabilità del medico e dei professionisti sanitari ridisegnata dal Ddl Gelli-Bianco. La normativa da poco vigente, supera la precedente disciplina Balduzzi (l. 189/2012) e recepisce formalmente gli orientamenti giurisprudenziale che de facto si erano andati accumulando nel tempo, in merito all’interpretazione della lettera della legge allora da applicare.
Oltre alle numerose novità di cui è stato foriero il provvedimento, soprattutto in merito al ricorso che di qui in poi si farà alle c.d. regole di condotta, nonché in riferimento al futuro atteggiarsi della colpa medica, ora rilevante solo se grave, è necessario occuparsi anche le problematiche scaturenti dalla sua entrata in vigore.
Responsabilità medica, legge in vigore: cosa cambia?
La soluzione ci arriva direttamente dalla Corte di Cassazione, che ha recentemente approfittato, nella sentenza n. 16140/2017, dell’occasione offertagli da una causa pervenuta dinanzi al giudice di legittimità per dettare orientamenti utili anche per il futuro.
In particolare, bisogna capire come l’entrata in vigore del Ddl Gelli- Bianco inciderà sulle controversie ancora pendenti, come quella sulla quale si è appena pronunciata la Suprema Corte. In quel caso di specie, infatti, i giudici hanno dovuto annullare con rinvio la sentenza della Corte di Appello di riferimento, che dovrà dunque statuire nuovamente sulla questione.
Il tema è la responsabilità medica per omissione, dunque sarà necessario stabilite il nesso di causalità che intercorre tra la condotta omissiva impropria e l’evento lesivo verificatosi, alla luce di un ragionamento c.d. predittivo: il giudice di rinvio, cioè, dovrà motivare in maniera chiara e logica la sussistenza del nesso alla luce di quello che sarebbe accaduto se la condotta omissiva non fosse stata tenuta dal medico, alla luce dei criteri già enunciati in Cass. Sez. Unite n. 30328/2002 e IV Sezione n. 43786/2010.
Colpa da omissione: il ragionamento predittivo
In questi casi, il modello epistemologico da perseguire, è quello in virtù del quale “nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto”.
Ad ogni modo, a prescindere del caso di specie, è percepibile dalla lettura della sentenza la volontà di orientare non solo il giudice di rinvio, ma anche i futuri giudici dei casi inerenti la responsabilità medica, all’applicazione dell’attualmente vigente disciplina sulla responsabilità medica, che fa dell’aderenza alle linee guida e buone pratiche accreditate il criterio principale con cui valutare la sussistenza o meno della responsabilità stessa. Orientamento, tra l’altro, già avviato dall’art. 3, comma 1, della legge 8 novembre 2012, n. 189, e confermato dalle sentenze della Cassazione n. 11493 e 16237 del 2013. Già codesta disposizione, infatti, aveva provveduto alla parziale abolitio criminis delle fattispecie di cui agli artt. 589 e 590 c.p., limitando la responsabilità penale alla colpa grave, ed escludendola in caso di ottemperanza delle linee guida accreditate da parte del medico, anche in caso di colpa generica diversa dall’imperizia.
Processi pendenti: quale legge si applica?
La Corte specifica quindi che in virtù della legge 8 marzo 2017, n.24 recante Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, per i giudizi pendenti viene in rilievo l’art. 6: questo infatti introduce l’art. 590-sexies nel codice penale rubricato Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario, per cui “Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma. Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.
A ben vedere, nel caso dei processi pendenti, i giudici dovranno valutare se applicare la normativa previgente o quella appena entrata in vigore, sulla base delle peculiarità del caso concreto, individuando la legge ritenuta più favorevole, tra quelle succedutesi nel tempo, da applicare al caso di giudizio ai sensi dell’art. 2 comma 4 del c.p., secondo i criteri di irretroattività della modificazione sfavorevole o retroattività di quella favorevole.
Sabina Grossi
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