Regole di prevenzione e regole di precauzione -scheda di diritto-

Alessia Irimca 14/02/23
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Regole di prevenzione e regole di precauzione. La risarcibilità del danno in caso di rischio non scientificamente accertato.

Indice

1. La necessità di prevenire il verificarsi di determinati illeciti

L’introduzione di una norma giuridica scaturisce dalla necessità di prevenire il verificarsi di determinati illeciti; l’iter legislativo alla base di ogni legge è caratterizzato da valutazioni di opportunità suffragate da presunzioni a carattere generale, ovvero da ipotesi scientifiche. Può accadere, tuttavia, che tali basi manchino e che, al contempo, determinati beni giuridici richiedano un intervento tempestivo volto a prevenire il mero rischio di verificazione del danno. La straordinarietà della contingenza risiede nell’irreparabilità del danno che verrebbe a configurarsi qualora si verificasse l’evento. Ciò si estrinseca in maniera lapalissiana nella disciplina riservata alla tutela dell’ambiente, ove i principi di prevenzione e di precauzione trovano la loro massima esplicazione.

2. Il principio di prevenzione

Il principio di prevenzione stricto sensu, in realtà, riguarda i rischi già conosciuti e provati scientificamente e trova applicazione in diversi settori. Esso sottende la necessità di intervenire al fine di prevenire eventi di cui sussiste un’alta probabilità di verificazione: esempio paradigmatico ne è la regolamentazione delle distanze e delle costruzioni. La disciplina codicistica, integrata dai diversi piani regolatori, anticipa la tutela del vicino su plurimi piani. Da un lato, essa scongiura i rischi insiti nell’attività edilizia, dall’altro mira a tutelare valori di rango costituzionale come il diritto di proprietà e il  diritto alla riservatezza del vicino, diritti che, laddove le costruzioni fossero arbitrarie, rischierebbero di essere compromessi.

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3. Il principio di precauzione

Il principio di precauzione, invece, allude alla necessità di intervenire prima ancora che si configuri la mera messa in pericolo del bene tutelato.
Si tratta di un principio di matrice internazionale, fatto proprio dall’Unione Europea in ambito ambientale ed esteso poi a diverse materie. Esso presuppone l’adozione di misure e strumenti volti a contrastare il danno anche quando non esistono evidenze scientifiche che ne suppongano la manifestazione. La ratio del principio risiede nell’esigenza di salvaguardare un bene che, se leso, verrebbe affetto da un danno irreparabile, o comunque esorbitante, tanto che i costi da sostenere per la riparazione sarebbero sproporzionati – in peius – rispetto a quelli necessari per procedere alla sua salvaguardia.
Ulteriore applicazione del principio di precauzione emerge nella disciplina sul regime di responsabilità gravante su colui che esercita attività pericolose: ai sensi dell’art. 2050 c.c. chiunque cagioni un danno ad altri, se non prova di aver adottato tutte le misure necessarie a prevenirlo, risponde dei danni cagionati, anche se non attuali o prevedibili. La prevedibilità, dunque, non assume più carattere fondante la distinzione tra danno risarcibile e non risarcibile. Nelle materie permeate dal principio di precauzione diviene risarcibile qualsiasi danno che sia conseguenza diretta della violazione, anche se non prevedibile.

4. Il regime di responsabilità

Quanto finora osservato genera un regime di responsabilità particolarmente rigoroso in capo a colui che esercita determinate attività. Il soggetto responsabile della violazione di norme di precauzione, salvo eccezioni, risponde, secondo la giurisprudenza maggioritaria, a titolo di responsabilità oggettiva, ed è tenuto, oltre a risarcire il danno, a riparare o a ripristinare lo status quo ante. Quest’impostazione, tuttavia, non trova accoglimento in quell’impostazione ermeneutica che ravvisa nel risarcimento del danno una funzione meramente ripristinatoria. Soltanto se si ammette che al risarcimento del danno appartenga anche una funzione sanzionatoria o deterrente si può accettare l’idea di una responsabilità priva di imputabilità; nel nostro ordinamento, invece, al risarcimento del danno è riservata una funzione meramente ripristinatoria e ciò impedisce di pretendere qualunque risarcimento dal soggetto non rimproverabile.
Il contrasto, tuttavia, è stato risolto dal legislatore, il quale ha espressamente previsto un regime coerente al primo orientamento, ossia la responsabilità oggettiva come criterio generale e quella per dolo o colpa come sussidiaria.

5. Il danno risarcibile

Per quanto concerne l’ammontare del danno da risarcire, questo deve essere valutato caso per caso secondo i criteri di cui all’art. 1226 c.c. Non essendo il danno quantificabile nel suo preciso ammontare, spetta al giudice procedere ad una valutazione equitativa che abbia riguarda di tutte le peculiarità della vicenda sottesa.
A parere di un certo filone giurisprudenziale, in caso di violazione di norme di precauzione in materia ambientale, configurandosi una responsabilità di tipo oggettivo, il danno è da considerarsi in re ipsa.
In realtà, il regime della responsabilità non determina alcun mutamento della disciplina sulla risarcibilità, sicché è da preferibile quell’impianto interpretativo che rievoca i principi sottesi all’onere probatorio. Il danno da risarcire, sebbene non possa essere determinato nel suo preciso ammontare per cause obiettivamente impossibili, particolarmente onerose o per assenza di prove scientifiche, non esime la parte dall’onere di dimostrare non soltanto l‘an debeatur, ma anche ogni altro elemento utile ai fini della quantificazione del danno.

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Alessia Irimca

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