Reati permanenti: discrimine tra concorso di persone e favoreggiamento

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 14961 del 27 marzo 2024, ha fornito chiarimenti in merito al discrimine tra concorso di persone e favoreggiamento nei reati permanenti.

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Corte di Cassazione – Sez. III Pen. – Sent. n. 14961 del 27/03/2024

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Indice

1. I fatti

La Corte di appello di Cagliari, in parziale riforma della decisione emessa dal Tribunale di Cagliari, ha assolto l’imputato in relazione al reato di cessione di sostanza stupefacente per non aver commesso il fatto, rideterminando in quattro mesi di reclusione la pena inflitta per il delitto di concorso nella coltivazione e nella detenzione di tali sostanze, nel resto confermando la pronuncia impugnata.
L’imputato ha, dunque, proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi.
Con il primo, denunciava la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 110, 378 cod. pen., 73, comma 5, d.P.R., n. 309/1990. Nello specifico, ad avviso della difesa, la sentenza impugnata non solo avrebbe operato una valutazione “atomistica” della condotta tenuta dall’imputato, ma nemmeno avrebbe motivato in relazione all’elemento soggettivo che, secondo un orientamento giurisprudenziale puntualmente indicato, rappresenta il discrimine tra il concorso nel delitto di detenzione e coltivazione di sostanze stupefacenti e il delitto di favoreggiamento personale.
Inoltre, la Corte avrebbe individuato, quale elemento a sostegno dell’ipotesi accusatoria, la presenza del coimputato, fratello dell’imputato.
Con il secondo motivo, si denunciava la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 99 cod. pen.: in particolare, la Corte di merito ha ritenuto la recidiva con una mtivazione apparente, unicamente valorizzando i precedenti penali, ma senza valutarne la natura e il tempo di commissione.
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2. Discrimine tra concorso e favoreggiamento nei reati permanenti: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, nell’analizzare il ricorso, osserva che, sebbene sia vero che un orientamento giurisprudenziale, in tema di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, abbia sancito il discrimine tra la condotta costituente contributo concorsuale e la condotta integrante l’autonomo reato di favoreggiamento, questo non appare meritevole di condivisione.
Al contrario, la Suprema Corte riprende un orientamento (peraltro avallato dalle Sezioni Unite), secondo cui “il reato di favoreggiamento non è configurabile, con riferimento alla illecita detenzione di sostanze stupefacenti, in costanza di detta detenzione, perché, nei reati permanenti, qualunque agevolazione del colpevole, posta in essere prima che la condotta di questi sia cessata, si risolve – salvo che non sia diversamente previsto – in un concorso nel reato, quanto meno a carattere morale“.
Decisivo, ad avviso della Corte, appare il rilievo che, per espressa previsione dell’art. 378 cod. pen., il reato di favoreggiamento è configurabile soltanto con un’azione realizzata “dopo che fu commesso un delitto“, non “durante”, ovvero nel corso della permanenza dello stesso: di conseguenza, nell’ipotesi di concorso di persone in un reato permanente, ogni condotta causale tenuta dopo la consumazione e fino alla cessazione della permanenza integra non già il delitto di favoreggiamento personale, bensì un concorso nel reato ex art. 110 cod. pen.
Per ciò che concerne il secondo motivo, la Cassazione riprende un ulteriore principio di diritto secondo cui “in presenza di contestazione della recidiva a norma di uno dei primi quattro commi dell’art. 99 cod. pen., è compito del giudice quello di verificare, in concreto, se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali“. Perciò ha dichiarato infondato questo motivo.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione ha sottolineato come, in relazione al discrimine tra concorso e favoreggiamento, i giudici di merito, con doppia valutazione conforme, hanno fatto corretta applicazione del principio ora evocato, avendo accertato una situazione di codetenzione nella sostanza stupefacente e di concorso nella coltivazione, desunta, in maniera non implausibile sul piano logico, da serie di elementi puntualmente indicati, quali: la presenza dell’imputato con il fratello all’interno dell’abitazione all’atto dell’arrivo degli operanti; lo stato di forte agitazione in tale contesto; le infiorescenze contenute in una busta di carta e nascoste nel retro di un cassetto; il bilancino; la coltivazione di tre piantine di cannabis nel cortile interno, etc.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Riccardo Polito

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