Reati contro la P.A.: nuove misure

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Nuove misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici: in cosa consistono

In data 16 gennaio 2019 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, serie generale (n. 13), la legge n. 3 del 9 gennaio 2019 avente ad oggetto nuove misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonche’ in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici.

Orbene, vediamo in estrema sintesi le novità introdotte da questa normativa.

Va prima di tutto precisato che questa legge consta di un solo articolo a sua volta suddiviso in 30 commi.

Procedendo per gradi, il primo comma incide considerevolmente sul codice penale attraverso diverse modificazioni delle norme in esse previste specialmente per quanto riguarda la prescrizione e i reati in materia di corruzione.

Precisato ciò, dalla lettera a) alla lettera c) del primo comma sono contemplate le seguenti statuizioni normative: 1) “all’articolo 9, dopo il terzo comma e’ aggiunto il seguente: «Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, la richiesta del Ministro della giustizia o l’istanza o la querela della persona offesa non sono necessarie per i delitti previsti dagli articoli 320, 321 e 346-bis” [lett. a)]; 2) “all’articolo 10, dopo il secondo comma e’ aggiunto il seguente: «La richiesta del Ministro della giustizia o l’istanza o la querela della persona offesa non sono necessarie per i delitti previsti dagli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis»” [lett. b)]; 3) “l’articolo 32-quater e’ sostituito dal seguente: «Art. 32-quater (Casi nei quali alla condanna consegue l’incapacita’ di contrattare con la pubblica amministrazione). – Ogni condanna per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353, 355, 356, 416, 416-bis, 437, 452-bis, 452-quater, 452-sexies, 452-septies, 452-quaterdecies, 501, 501-bis, 640, secondo comma, numero 1, 640-bis e 644, commessi in danno o a vantaggio di un’attivita’ imprenditoriale o comunque in relazione ad essa, importa l’incapacita’ di contrattare con la pubblica amministrazione»” [lett. c)].

I reati commessi all’estero

Pertanto per effetto di questi precetti normativi: I) è ora previsto che quando si procede per gli illeciti penali di cui agli artt. 320, 321 e 346-bis c.p., non è più dovuta né la richiesta del Ministro della giustizia, nè l’istanza o la querela della persona offesa per i reati commessi nel territorio nel caso previsto dall’art. 8 c.p. (Delitto politico commesso all’estero) o in quelli preveduti dai commi secondo e terzo dell’art. 9 c.p. (Delitto comune del cittadino all’estero); II) è adesso disposto che la richiesta del Ministro della giustizia o l’istanza o la querela della persona offesa non sono necessarie per i delitti di concussione, corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, sia semplice che aggravato a norma dell’art. 319 bis c.p., corruzione in atti giudiziari, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio, anche se riguardano la posizione del corruttore, istigazione alla corruzione, peculato, concussione, induzione indebita dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri; III) la pena accessoria dell’incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione non è più prevista per i delitti di peculato, traffico di influenze illecite, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti mentre questa pena è ora stabilita per quello di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.

Per quanto invece attiene alla prescrizione, dalla lettera d) alla lettera f) (sempre del primo comma), è stato modificato questo istituto nella seguente maniera: I) “all’articolo 158, il primo comma e’ sostituito dal seguente: «Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui e’ cessata l’attivita’ del colpevole; per il reato permanente o continuato, dal giorno in cui e’ cessata la permanenza o la continuazione»” [lett. d)]; II) “all’articolo 159: 1) il secondo comma e’ sostituito dal seguente: «Il corso della prescrizione rimane altresi’ sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutivita’ della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilita’ del decreto di condanna»; 2) il terzo e il quarto comma sono abrogati” [lett. e)]; III) “all’articolo 160: 1) il primo comma e’ abrogato; 2) al secondo comma, la parola: «pure» e’ soppressa” [lett. f)].

Le cause di estinzione del reato

Va da sé pertanto che le novità introdotte in ordine a questa causa di estinzione del reato non sono sicuramente marginali in quanto, attraverso di esse, sono state poste in essere le seguenti modificazioni: I) viene previsto che, per il reato continuato, la prescrizione decorre dal giorno in cui e’ cessata la continuazione; II) se prima era stabilito che il corso della prescrizione rimane altresì sospeso nei seguenti casi:
1) dal termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo di giudizio, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi;

2) dal termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi, è ora sancito che il corso della prescrizione rimane altresì sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilità’ del decreto di condanna; III) per evidenti esigenze di coordinamento della modificata appena menzionata al punto II, non è più previsto, da una parte, che i periodi di sospensione di cui al secondo comma (nella precedente versione a quella desso vigente) siano computati ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere dopo che la sentenza del grado successivo ha prosciolto l’imputato ovvero ha annullato la sentenza di condanna nella parte relativa all’accertamento della responsabilità o ne ha dichiarato la nullità ai sensi dell’articolo 604, commi 1, 4 e 5-bis, del codice di procedura penale, dall’altra, che, se durante i termini di sospensione di cui al secondo comma (sempre nella precedente versione a quella desso vigente) si verifica un’ulteriore causa di sospensione di cui al primo comma, i termini siano prolungati per il periodo corrispondente; IV) lo stesso discorso svolto al punto III) rileva per l’abrogazione del primo comma dell’art. 160 c.p. atteso che detta norma stabiliva che il corso della prescrizione fosse interrotto dalla sentenza di condanna o dal decreto di condanna; V) è adesso disposto sic et simpliciter, senza nessun riferimento all’avverbio “pure”, che interrompono a prescrizione l’ordinanza che applica le misure cautelari personali e quella di convalida del fermo o dell’arresto, l’interrogatorio reso davanti al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria, su delega del pubblico ministero, o al giudice, l’invito a presentarsi al pubblico ministero per rendere l’interrogatorio, il provvedimento del giudice di fissazione dell’udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di archiviazione, la richiesta di rinvio a giudizio, il decreto di fissazione della udienza preliminare, l’ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, il decreto di fissazione della udienza per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena, la presentazione o la citazione per il giudizio direttissimo, il decreto che dispone il giudizio immediato, il decreto che dispone il giudizio e il decreto di citazione a giudizio.

Sempre in materia di prescrizione, va altresì chiarito che l’efficacia di queste disposizioni è stata rinviata al 1/01/2020 stante quanto previsto dal comma secondo dell’art. 1 (“Le disposizioni di cui al comma 1, lettere d), e) e f), entrano in vigore il 1° gennaio 2020”).

Posto ciò, proseguendo la disamina delle novità inserite da questa legge, sono state introdotte delle emende in materia di sospensione condizionale della pena e, precisamente, per un verso, la lettera g) la quale dispone che “all’articolo 165, quarto comma, dopo la parola: «320» e’ inserita la seguente: «, 321» e le parole: «di una somma equivalente al profitto del reato ovvero all’ammontare di quanto indebitamente percepito dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio, a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’amministrazione lesa dalla condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio, ovvero, nel caso di cui all’articolo 319-ter, in favore dell’amministrazione della giustizia,» sono sostituite dalle seguenti: «della somma determinata a titolo di riparazione pecuniaria ai sensi dell’articolo 322-quater,»”, per altro verso, la lettera h) la quale statuisce che “all’articolo 166, primo comma, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nondimeno, nel caso di condanna per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis, il giudice puo’ disporre che la sospensione non estenda i suoi effetti alle pene accessorie dell’interdizione dai pubblici uffici e dell’incapacita’ di contrattare con la pubblica amministrazione»”.

Pertanto, per quanto attiene questo beneficio di legge: a) anche per il corruttore è disposto che possa beneficiare della sospensione condizionale della pena solo alle condizioni previste dall’art. 165, c.4, c.p.; b) non è più previsto, sempre nei casi previsti dall’art. 165, c. 4, c.p., che la sospensione condizionale della pena sia subordinata al pagamento di una somma equivalente al profitto del reato ovvero all’ammontare di quanto indebitamente percepito dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio, a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’amministrazione lesa dalla condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio, ovvero, nel caso di cui all’articolo 319-ter, in favore dell’amministrazione della giustizia, essendo adesso stabilito che la somma dovuta è semplicemente determinata a titolo di riparazione pecuniaria ai sensi dell’articolo 322-quater c.p. (che esamineremo da qui a breve); c) è ora contemplato, per ciò che attiene agli effetti della sospensione condizionale della pena, che, nel caso di condanna per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis, il giudice puo’ disporre che la sospensione non estenda i suoi effetti alle pene accessorie dell’interdizione dai pubblici uffici e dell’incapacita’ di contrattare con la pubblica amministrazione e dunque, detta possibilità riguarda questi illeciti penali (e solo questi).

La riabilitazione

In materia di riabilitazione, la lettera i) dispone la previsione di un ulteriore comma in seno all’art. 179 c.p. così formulato: “La riabilitazione concessa a norma dei commi precedenti non produce effetti sulle pene accessorie perpetue. Decorso un termine non inferiore a sette anni dalla riabilitazione, la pena accessoria perpetua e’ dichiarata estinta, quando il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta”.

E’ dunque previsto che le pena accessorie senza durata determinata non vengono meno per effetto della riabilitazione salvo che sia decorsi sette anni dalla sua concessione e sempreché il condannato abbia dato (o forse meglio dire, continuato a dare) prove effettive e costanti di buona condotta.

Chiarito ciò, dalla lettera l) alla lettera t), invece, si registrano diverse novità per quanto attiene la normativa codicistica penale in materia di corruzione.

Incominciando dalla lettera l), che riguarda il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, è ivi stabilito che “all’articolo 316-ter, primo comma, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La pena e’ della reclusione da uno a quattro anni se il fatto e’ commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri»” e pertanto, viene introdotta un’aggravante speciale ad effetto comune se questo illecito penale è commesso da uno di questi soggetti purché ciò avvenga, come appena visto, con abuso della sua qualità o dei suoi poteri.

Per quanto attiene alle pene accessorie prevedute dall’art. 317 bis c.p., se prima era soltanto previsto che la “condanna per il reato di cui agli articoli 314 e 317, 319 e 319 ter importa l’interdizione perpetua dai pubblici uffici” (primo comma) e nondimeno, “se per circostanze attenuanti viene inflitta la reclusione per un tempo inferiore a tre anni, la condanna importa l’interdizione temporanea” (secondo comma), ora, per effetto di quanto disposto dalla lettera m), è ora stabilito quanto segue: la “condanna per i reati di cui agli articoli 314, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis importa l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’incapacita’ in perpetuo di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio. Nondimeno, se viene inflitta la reclusione per un tempo non superiore a due anni o se ricorre la circostanza attenuante prevista dall’articolo 323-bis, primo comma, la condanna importa l’interdizione e il divieto temporanei, per una durata non inferiore a cinque anni ne’ superiore a sette anni. Quando ricorre la circostanza attenuante prevista dall’articolo 323-bis, secondo comma, la condanna per i delitti ivi previsti importa le sanzioni accessorie di cui al primo comma del presente articolo per una durata non inferiore a un anno ne’ superiore a cinque anni”.

Orbene, evidenziato ciò, giova osservare che tali modifiche normative implicano le seguenti conseguenze: a) sono applicabili dette pene accessorie anche per i reati di cui agli articoli 318, 319-bis, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis c.p.; b) è ampliato il novero delle pene accessorie comminabili nel caso di specie includendo anche quella afferente l’incapacità’ in perpetuo di contrattare con la pubblica amministrazione salvo che si sia contrattato per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; c) se prima era contemplato che qualora venisse inflitta la reclusione per un tempo non superiore a due anni o se ricorresse la circostanza attenuante prevista dall’articolo 323-bis, primo comma, la condanna importava l’interdizione e il divieto temporanei, per una durata non inferiore a cinque anni ne’ superiore a sette anni, è adesso invece previsto che, se viene inflitta la reclusione per un tempo non superiore a due anni o se ricorre la circostanza attenuante prevista dall’articolo 323-bis, primo comma, la condanna importa l’interdizione e il divieto temporanei, per una durata non inferiore a cinque anni ne’ superiore a sette anni mentre, quando ricorre la circostanza attenuante prevista dall’articolo 323-bis, secondo comma, c.p., la condanna per i delitti ivi previsti importa le sanzioni accessorie di cui al primo comma del presente articolo per una durata non inferiore a un anno ne’ superiore a cinque anni.

A sua volta la lettera n) prevede un innalzamento della pena per il delitto di corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.) aumentandola da uno a sei anni a da tre a otto anni.

Invece, la successiva lettera o) dispone la modifica dell’art. 322 bis c.p. nei seguenti termini: “1) la rubrica e’ sostituita dalla seguente: «Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilita’, corruzione e istigazione alla corruzione di membri delle Corti internazionali o degli organi delle Comunita’ europee o di assemblee parlamentari internazionali o di organizzazioni internazionali e di funzionari delle Comunita’ europee e di Stati esteri»; 2) al primo comma, dopo il numero 5-bis) sono aggiunti i seguenti: «5-ter) alle persone che esercitano funzioni o attivita’ corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell’ambito di organizzazioni pubbliche internazionali; 5-quater) ai membri delle assemblee parlamentari internazionali o di un’organizzazione internazionale o sovranazionale e ai giudici e funzionari delle corti internazionali»; 3) al secondo comma, numero 2), le parole: «, qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali ovvero al fine di ottenere o di mantenere un’attivita’ economica o finanziaria» sono soppresse”.

Pertanto, oltre ad essere stata modificata la rubrica di questo articolo nel senso appena visto, va altresì precisato che, con questa modificazione dell’art. 322 bis c.p., da un lato, si amplia il novero dei soggetti per cui sono applicabili le disposizioni degli articoli 314, 316, da 317 a 320 e 322, terzo e quarto comma, estendendoli anche alle persone che esercitano funzioni o attivita’ corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell’ambito di organizzazioni pubbliche internazionali e ai membri delle assemblee parlamentari internazionali o di un’organizzazione internazionale o sovranazionale e ai giudici e funzionari delle corti internazionali, dall’altro, non è più previsto che le disposizioni degli articoli 319-quater, secondo comma, 321 e 322, primo e secondo comma, si applicano anche se il denaro o altra utilità è dato, offerto o promesso a persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di
un pubblico servizio nell’ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali, qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali ovvero al fine di ottenere o di mantenere un’attività economica finanziaria.

La lettera p), invece, introduce una norma con cui si regola la custodia giudiziale dei beni sequestrati vale a dire l’art. 322-ter.1 c.p. che così dispone: “I beni sequestrati nell’ambito dei procedimenti penali relativi ai delitti indicati all’articolo 322-ter, diversi dal denaro e dalle disponibilità finanziarie, possono essere affidati dall’autorità’ giudiziaria in custodia giudiziale agli organi della polizia giudiziaria che ne facciano richiesta per le proprie esigenze operative”.

Di conseguenza, per i beni sequestrati che costituiscono il profitto o il prezzo di reati di natura corruttiva, è ora prevista la possibilità, nella misura in cui non siano denaro o altre disponibilità finanziarie, che essi siano dati in custodia giudiziale da parte dell’autorità giudiziaria agli organi di p.g. qualora quest’ultimi ne facciano richiesta per loro esigenze operative.

Anche l’art. 322-quater c.p., ossia la norma deputata a regolare la riparazione pecuniaria, ha avuto delle modifiche.

La lettera p), invero, stabilisce quanto segue: “all’articolo 322-quater, dopo la parola: «320» e’ inserita la seguente: «, 321» e le parole: «di una somma pari all’ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’amministrazione cui il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio appartiene, ovvero, nel caso di cui all’articolo 319-ter, in favore dell’amministrazione della giustizia,» sono sostituite dalle seguenti: «di una somma equivalente al prezzo o al profitto del reato a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’amministrazione lesa dalla condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio,»”.

Tal che ne consegue che la riparazione prevista dall’art. 322-quater c.p. ricorre anche se venga condannato il corruttore mentre, se la determinazione di questa sorta di risarcimento era costituita dal pagamento di una somma pari all’ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’amministrazione cui il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio appartiene, ovvero, nel caso di cui all’articolo 319-ter, in favore dell’amministrazione della giustizia, adesso, viceversa, siffatto pagamento riguarda una somma equivalente al prezzo o al profitto del reato a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’amministrazione lesa dalla condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio.

Dal canto suo la lettera r) introduce delle cause di non punibilità attraverso la previsione di un’apposita disposizione legislativa, vale a dire l’art. 323-ter c.p., che così prevede: “Non e’ punibile chi ha commesso taluno dei fatti previsti dagli articoli 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322-bis, limitatamente ai delitti di corruzione e di induzione indebita ivi indicati, 353, 353-bis e 354 se, prima di avere notizia che nei suoi confronti sono svolte indagini in relazione a tali fatti e, comunque, entro quattro mesi dalla commissione del fatto, lo denuncia volontariamente e fornisce indicazioni utili e concrete per assicurare la prova del reato e per individuare gli altri responsabili. La non punibilita’ del denunciante e’ subordinata alla messa a disposizione dell’utilita’ dallo stesso percepita o, in caso di impossibilita’, di una somma di denaro di valore equivalente, ovvero all’indicazione di elementi utili e concreti per individuarne il beneficiario effettivo, entro il medesimo termine di cui al primo comma. La causa di non punibilita’ non si applica quando la denuncia di cui al primo comma e’ preordinata rispetto alla commissione del reato denunciato. La causa di non punibilita’ non si applica in favore dell’agente sotto copertura che ha agito in violazione delle disposizioni dell’articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146”.

Da ciò deriva che, affinché questa causa di non punibilità possa ricorrere, è necessario la sussistenza delle seguenti condizioni: a) sia commesso uno dei reati previsti dagli articoli 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322-bis c.p., limitatamente ai delitti di corruzione e di induzione indebita ivi indicati, 353, 353-bis e 354 c.p.; b) si denunci volontariamente e si forniscano indicazioni utili e concrete per assicurare la prova del reato e per individuare gli altri responsabili purché ciò avvenga prima che colui che invochi tale causa di non punibilità abbia avuto notizia che nei suoi confronti sono state svolte indagini in relazione a tali fatti e, comunque, entro quattro mesi dalla commissione del fatto; c) il denunciante metta a disposizione l’utilita’ dallo stesso percepita o, in caso di impossibilità, di una somma di denaro di valore equivalente, ovvero all’indicazione di elementi utili e concreti per individuarne il beneficiario effettivo, entro il medesimo termine di cui al primo comma ; d) la denuncia non deve essere preordinata rispetto alla commissione del reato denunciato; e) il denunciate non deve essere un’agente sotto copertura che ha agito in violazione delle disposizioni dell’articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146[1].

Precisato ciò, proseguendo la disamina della normativo in commento, con la lettera s), è stato abrogato l’art. 346 c.p. (“Chiunque, millantando credito presso un pubblico ufficiale, o presso un pubblico impiegato che presti un pubblico servizio, riceve o fa dare o fa promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione verso il pubblico ufficiale o impiegato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 309 a euro 2.065.
La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 516 a euro 3.098, se il colpevole riceve o fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, col pretesto di dover comprare il favore di un pubblico ufficiale o impiegato, o di doverlo remunerare”) mentre, con la successiva lettera t), è stato modificato il delitto di traffico di influenze illecite nel seguente modo: “all’articolo 346-bis: 1) il primo comma e’ sostituito dal seguente: «Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319-ter e nei reati di corruzione di cui all’articolo 322-bis, sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, indebitamente fa dare o promettere, a se’ o ad altri, denaro o altra utilita’, come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, ovvero per remunerarlo in relazione all’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, e’ punito con la pena della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi»; 2) al secondo e al terzo comma, le parole: «altro vantaggio patrimoniale» sono sostituite dalle seguenti: «altra utilita’»; 3) al quarto comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o per remunerare il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio»”.

Pertanto, per quanto attiene questo secondo illecito penale, possono evidenziarsi le seguenti novità giuridiche: a) tra i reati che escludono la possibilità di contestare quello di traffico di influenze illecite, vi è adesso anche quello di cui all’art. 322 bis c.p. (Peculato, concussione, induzione indebita dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri); b) la condotta delittuosa può ora consistere nel vantare (e non più solo sfruttare) relazioni non solo esistenti (come era previsto prima) ma anche asserite pure con uno dei soggetti di cui all’articolo 322-bis c.p. (mentre invece in precedenza rilevavano solo un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio); c) l’oggetto di questo reato ora concerne anche il farsi dare o il promettere non solo il denaro (come contemplato in precedenza) come prezzo della propria mediazione illecita ma anche di altre utilità nei confronti anche qui, non solo un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio, ma ora uno dei soggetti di cui all’articolo 322-bis c.p. ovvero, in alternativa al prezzo per la propria di mediazione, di remunerare uno di questi non più in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio ma in relazione all’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri; c) la pena viene elevata da uno a tre anni a da un anno a quattro anni e sei mesi; d) il riferimento ad altro vantaggio patrimoniale, originariamente preveduto dall’art. 346 bis, c. 2 e c. 3, c.p., viene sostituito con quello di altra utilità; e) è prevista un ulteriore aggravante, speciale ad effetto comune, consistente nel commettere questo illecito penale per remunerare il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio.

Terminata la disamina delle modifiche apportate in materia di corruzione, va fatto presente come siano state modificate altre norme del codice penale, ossia: a) l’art. 646 c.p. atteso che la lettera u) del comma I prevede che “all’articolo 646, primo comma, le parole: «con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032» sono sostituite dalle seguenti: «con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 1.000 a euro 3.000»” e dunque è stata inasprita la pena di questo reato perlomeno alla luce della fattispecie criminosa preveduta dal primo comma di questo articolo (“Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 1.000 a euro 3.000”); b) l’art. 649 bis c.p. dato che la susseguente lettera v) stabilisce che “all’articolo 649-bis sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero se la persona offesa e’ incapace per eta’ o per infermità o se il danno arrecato alla persona offesa e’ di rilevante gravità»” e, di conseguenza, adesso, per i fatti perseguibili a querela preveduti dagli articoli 640, terzo comma, 640-ter, quarto comma, e per i fatti di cui all’articolo 646, secondo comma, o aggravati dalle circostanze di cui all’articolo 61, primo comma, numero 11, si procede d’ufficio non solo qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ma anche se, come appena esposto, la vittima è incapace per eta’ o per infermità o se il danno arrecato alla persona offesa e’ di rilevante gravità.

Posto ciò, premesso che il comma terzo dell’art. 1 stabilisce che è abrogato il comma 2 dell’articolo 6 del decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216, e dunque non vige più quella norma in base alla quale era stabilito che l’intercettazione di comunicazioni tra presenti nei luoghi indicati dall’articolo 614 del codice penale non puo’ essere eseguita mediante l’inserimento di un captatore informatico su dispositivo elettronico portatile quando non vi e’ motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l’attivita’ criminosa, il comma quarto, invece, prevede delle modifiche in materia di codice di procedura penale.

Orbene, vediamo in cosa consistono tali modificazioni.

Va prima di tutto fatto presente come il comma quarto norma queste modifiche dalla lettera a) alla lettera g).

La lettera a) dispone che “all’articolo 266, comma 2-bis, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, e per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata ai sensi dell’articolo 4»” e, dunque, è ora sancito che l’intercettazione di comunicazioni tra presenti, mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile, è sempre consentita, non solo nei procedimenti per i delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater c.p.p. ma anche in relazione a questi reati contro la p.a. con  le pene edittali ivi previste.

A sua volta la lettera b) del comma quarto statuisce che “all’articolo 267, comma 1, terzo periodo, dopo le parole: «all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater,» sono inserite le seguenti: «e per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata ai sensi dell’articolo 4,»” e, di conseguenza, il decreto che autorizza l’intercettazione tra presenti, mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile, deve indicare i luoghi e il tempo, anche indirettamente determinati, in relazione ai quali è consentita l’attivazione del microfono anche se si procede per questa tipologia di illeciti penali contro la p.a..

Dal canto suo, attraverso la lettera c), si introduce una nuova misura cautelare interdittiva, ossia quella prevista dal “nuovoart. 289 bis c.p.p. che così dispone: “1. Con il provvedimento che dispone il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, il giudice interdice temporaneamente all’imputato di concludere contratti con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio. Qualora si proceda per un delitto contro la pubblica amministrazione, la misura puo’ essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’articolo 287, comma 1”, c.p.p. (ossia la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo di tre anni).

Le lettere d) e f), invece, modificano la normativa inerente l’applicazione della pena su richiesta delle parti nel seguente modo: I) “all’articolo 444, dopo il comma 3 e’ aggiunto il seguente: «3-bis. Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317,318,319,319-ter, 319-quater, primo comma, 320,321,322,322-bis e 346-bis del codice penale, la parte, nel formulare la richiesta, puo’ subordinarne l’efficacia all’esenzione dalle pene accessorie previste dall’articolo 317-bis del codice penale ovvero all’estensione degli effetti della sospensione condizionale anche a tali pene accessorie. In questi casi il giudice, se ritiene di applicare le pene accessorie o ritiene che l’estensione della sospensione condizionale non possa essere concessa, rigetta la richiesta” [lettera d)]; II) “all’articolo 445: 1) al comma 1 e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nei casi previsti dal presente comma e’ fatta salva l’applicazione del comma 1-ter»; 2) dopo il comma 1-bis e’ inserito il seguente: «1-ter. Con la sentenza di applicazione della pena di cui all’articolo 444, comma 2, del presente codice per taluno dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317,318,319,319-ter, 319-quater, primo comma, 320,321,322,322-bis e 346-bis del codice penale, il giudice puo’ applicare le pene accessorie previste dall’articolo 317-bis del codice penale»” [lettera e)].

Tal che, operando in tal guisa, il legislatore, da una parte, prevede la possibilità che non vengano applicate le pene accessorie di cui all’art. 317 bis c.p., qualora, in ordine ai procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317,318,319,319-ter, 319-quater, primo comma, 320,321,322,322-bis e 346-bis del codice penale, la parte, nel formulare la richiesta, subordini l’efficacia all’esenzione dalle pene accessorie previste dall’articolo 317-bis del codice penale ovvero all’estensione degli effetti della sospensione condizionale anche a tali pene accessorie fermo restando che, in questi casi il giudice, se ritiene di applicare le pene accessorie o ritiene che l’estensione della sospensione condizionale non possa essere concessa, rigetta la richiesta, dall’altra, si stabilisce che, con la sentenza di applicazione della pena di cui all’articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale[2], per taluno dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317,318,319,319-ter, 319-quater, primo comma, 320,321,322,322-bis e 346-bis del codice penale, il giudice puo’ applicare le pene accessorie previste dall’articolo 317-bis del codice penale e dunque, pur essendo riconosciuto all’imputato e al pubblico ministero la possibilità di chiedere al giudice l’applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria, ciò non preclude a quest’ultimo di applicare le pene accessorie nei casi previsti dal “nuovo” art. 445, c. 1-ter, c.p.p..

Infine, altre due norme del c.p.p. hanno subito delle modifiche in ragione di questa legge e, precisamente, l’art. 578 bis c.p.p. stante il fatto che la lettera f) del comma quarto stabilisce che “all’articolo 578-bis, comma 1, dopo le parole: «e da altre disposizioni di legge» sono inserite le seguenti: «o la confisca prevista dall’articolo 322-ter del codice penale»”, e l’art. 683 c.p.p. atteso che la lettera g) dispone che “all’articolo 683, comma 1: 1) al primo periodo, dopo le parole: «quando la legge non dispone altrimenti» sono aggiunte le seguenti: «, e sull’estinzione della pena accessoria nel caso di cui all’articolo 179, settimo comma, del codice penale»; 2) al secondo periodo, dopo le parole: «sulla revoca» sono inserite le seguenti: «della riabilitazione»”.

Da ciò deriva che se, da un lato, adesso, anche quando è stata ordinata la confisca a norma dell’art. 322-ter c.p., il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione o per amnistia, decidono sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato, dall’altro, è ora previsto che il tribunale di sorveglianza provvede sull’estinzione della pena accessoria nel caso di cui all’articolo 179, settimo comma, del codice penale (che è stata già vista in precedenza) nonché è sancito espressamente che sempre questo tribunale giudichi sulla revoca della riabilitazione.

Conclusa l’analisi delle modifiche apportate al codice di procedura penale, giova osservare come il raggio di intervento di questa disciplina legislativa abbia interessato anche il codice civile.

Il comma 5 dell’art. 1, infatti, prevede l’abrogazione, da un lato, dell’art. 2635, c. 5, c.c., dall’altro, dell’art. 2635 bis, c. 3, c.c. e pertanto, non sono più in vigore questi precetti normativi i quali rispettivamente stabilivano quanto segue: 1) “Si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi” (e di conseguenza il delitto di corruzione tra privati non è mai più procedibile a querela della vittima); 2) “Si procede a querela della persona offesa” (e pertanto il delitto di istigazione alla corruzione tra privati è adesso procedibile d’ufficio).

Posto ciò, a loro volta i commi sesto e settimo dell’art. 1 apportano delle modifiche all’ordinamento penitenziario essendo ivi previsto, per un verso, che all’“articolo 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni: a) dopo le parole: «collaborino con la giustizia a norma dell’articolo 58-ter della presente legge» sono inserite le seguenti: «o a norma dell’articolo 323-bis, secondo comma, del codice penale»; b) dopo le parole: «mediante il compimento di atti di violenza, delitti di cui agli articoli» sono inserite le seguenti: «314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis,»” (c. 6), per altro verso, che all’“articolo 47, comma 12, primo periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354, dopo le parole: «effetto penale» sono aggiunte le seguenti: «, ad eccezione delle pene accessorie perpetue»” (c. 7).

Tal che ne discende che, per quanto riguarda il divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti, questo divieto viene ora meno anche quando i detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell’art. 323 bis del codice penale atteso che, come è noto, il secondo comma di questo articolo dispone che, per i “delitti previsti dagli articoli 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis, per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita da un terzo a due terzi” mentre al contempo vengono incluse le condizioni ostative per accedere a benefici penitenziari per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis; invece, per quel che concerne l’affidamento in prova al servizio sociale, è adesso disposto che l’esito positivo del periodo di prova estingue la pena detentiva ed ogni altro effetto penale ma non le pene accessorie perpetue.

Oltre alle modifiche normative sin qui menzionate, vanno registrate ulteriori emende normative previste da altre leggi.

A tal proposito rilevano: a) il comma ottavo dell’art. 1 il quale stabilisce che, all’“articolo 9, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146, la lettera a) e’ sostituita dalla seguente: «a) gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e, comunque, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti previsti dagli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353, 353-bis, 452-quaterdecies, 453, 454, 455, 460, 461, 473, 474, 629, 630, 644, 648-bis e 648-ter, nonche’ nel libro secondo, titolo XII, capo III, sezione I, del codice penale, ai delitti concernenti armi, munizioni, esplosivi, ai delitti previsti dall’articolo 12, commi 1, 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonche’ ai delitti previsti dal testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e dall’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, anche per interposta persona, danno rifugio o comunque prestano assistenza agli associati, acquistano, ricevono, sostituiscono od occultano denaro o altra utilita’, armi, documenti, sostanze stupefacenti o psicotrope, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto, prezzo o mezzo per commettere il reato o ne accettano l’offerta o la promessa o altrimenti ostacolano l’individuazione della loro provenienza o ne consentono l’impiego ovvero corrispondono denaro o altra utilita’ in esecuzione di un accordo illecito gia’ concluso da altri, promettono o danno denaro o altra utilita’ richiesti da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio o sollecitati come prezzo della mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o per remunerarlo o compiono attivita’ prodromiche e strumentali”; b) il comma nono il quale dispone che, al “decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 13, comma 2, le parole: «Le sanzioni interdittive» sono sostituite dalle seguenti: «Fermo restando quanto previsto dall’articolo 25, comma 5, le sanzioni interdittive»; b) all’articolo 25: 1) il comma 1 e’ sostituito dal seguente: «1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 318, 321, 322, commi primo e terzo, e 346-bis del codice penale, si applica la sanzione pecuniaria fino a duecento quote»; 2) il comma 5 e’ sostituito dal seguente: «5. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 2 e 3, si applicano le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a quattro anni e non superiore a sette anni, se il reato e’ stato commesso da uno dei soggetti di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), e per una durata non inferiore a due anni e non superiore a quattro, se il reato e’ stato commesso da uno dei soggetti di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b)»; 3) dopo il comma 5 e’ aggiunto il seguente: «5-bis. Se prima della sentenza di primo grado l’ente si e’ efficacemente adoperato per evitare che l’attivita’ delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione dei responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilita’ trasferite e ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione e l’attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi, le sanzioni interdittive hanno la durata stabilita dall’articolo 13, comma 2»; c) all’articolo 51: 1) al comma 1, le parole: «la meta’ del termine massimo indicato dall’articolo 13, comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «un anno»;  2) al comma 2, secondo periodo, le parole: «i due terzi del termine massimo indicato dall’articolo 13, comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «un anno e quattro mesi»”.

Orbene, è evidente che anche tali norme si pongono nell’ottica di contrastare il fenomeno della corruzione in quanto riguardanti, da un lato, l’attività di indagine volta a contrastare tali fatti delittuosi, dall’altro, la responsabilità di enti o di persone giuridiche ben potendo questa tipologia di illeciti penali essere commessi nell’interesse a vantaggio di tali soggetti.

Chiarito ciò, continuando la disamina di questa legge, il comma decimo dispone che il “Governo non rinnova, alla scadenza, le riserve apposte alla Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, ratificata ai sensi della legge 28 giugno 2012, n. 110, diverse da quelle aventi ad oggetto le condotte di corruzione passiva dei pubblici ufficiali stranieri e quelle di corruzione, sia attiva che passiva, dei membri delle assemblee pubbliche straniere, fatta eccezione per quelle degli Stati membri dell’Unione europea e delle assemblee parlamentari internazionali” mentre il successivo comma undicesimo statuisce quanto segue: “l’elargizione di contributi in denaro complessivamente superiori nell’anno a euro 500 per soggetto erogatore, o di prestazioni o altre forme di sostegno di valore equivalente per soggetto erogatore, a partiti o movimenti politici di cui all’articolo 18 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, nonche’ alle liste e ai candidati alla carica di sindaco partecipanti alle elezioni amministrative nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, s’intende prestato il consenso alla pubblicita’ dei dati da parte dei predetti soggetti erogatori. E’ fatto divieto ai partiti o movimenti politici di ricevere contributi, prestazioni gratuite o altre forme di sostegno a carattere patrimoniale, in qualsiasi modo erogati, ivi compresa la messa a disposizione con carattere di stabilita’ di servizi a titolo gratuito, da parte di persone fisiche o enti che si dichiarino contrari alla pubblicita’ dei relativi dati. Per i contributi, le prestazioni o altre forme di sostegno di cui al primo periodo sono annotati, entro il mese solare successivo a quello di percezione, in apposito registro custodito presso la sede legale del partito o movimento politico, l’identita’ dell’erogante, l’entita’ del contributo o il valore della prestazione o della diversa forma di sostegno e la data dell’erogazione. In caso di scioglimento anche di una sola Camera, il termine indicato al terzo periodo e’ ridotto a quindici giorni decorrenti dalla data dello scioglimento e in ogni caso l’annotazione deve essere eseguita entro il mese solare successivo a quello di percezione. Entro gli stessi termini di cui al terzo e al quarto periodo, i dati annotati devono risultare dal rendiconto di cui all’articolo 8 della legge 2 gennaio 1997, n. 2, ed essere pubblicati nel sito internet istituzionale del partito o movimento politico, ovvero nel sito internet della lista o del candidato di cui al primo periodo del presente comma, per un tempo non inferiore a cinque anni. Sono esenti dall’applicazione delle disposizioni del presente comma le attivita’ a contenuto non commerciale, professionale o di lavoro autonomo di sostegno volontario all’organizzazione e alle iniziative del partito o movimento politico, fermo restando per tutte le elargizioni l’obbligo di rilasciarne ricevuta, la cui matrice viene conservata, per finalità di computo della complessiva entità dei contributi riscossi dal partito o movimento politico”.

Si tratta, perlomeno in ordine a quanto statuito dal comma 11, di misure volte a garantire la trasparenza su come e in che modo partiti o movimenti politici acquisiscono le risorse economiche necessarie per l’esercizio delle loro attività.

Ebbene, nella stessa ottica (ma non solo, come vedremo qui a breve) si pongono: I) il comma dodici essendo ivi stabilito che ai “partiti e ai movimenti politici e alle liste di cui al comma 11, primo periodo, e’ fatto divieto di ricevere contributi, prestazioni o altre forme di sostegno provenienti da governi o enti pubblici di Stati esteri e da persone giuridiche aventi sede in uno Stato estero non assoggettate a obblighi fiscali in Italia” (primo capoverso) nonché è “fatto divieto alle persone fisiche maggiorenni non iscritte nelle liste elettorali o private del diritto di voto di elargire contributi ai partiti o movimenti politici ovvero alle liste di cui al comma 11, primo periodo” (secondo capoverso); II) il comma tredici in cui è disposto che i “contributi ricevuti in violazione dei divieti di cui ai commi 11 e 12 o in assenza degli adempimenti previsti dal terzo, dal quarto e dal quinto periodo del comma 11 non sono ripetibili e sono versati alla cassa delle ammende, di cui all’articolo 4 della legge 9 maggio 1932, n. 547, entro dieci giorni dalla scadenza dei termini di cui ai predetti periodi del comma 112”; III) il comma quattordici in cui è stabilito che entro “il quattordicesimo giorno antecedente la data delle competizioni elettorali di qualunque genere, escluse quelle relative a comuni con meno di 15.000 abitanti, i partiti e i movimenti politici, nonche’ le liste di cui al comma 11, primo periodo, hanno l’obbligo di pubblicare nel proprio sito internet il curriculum vitae fornito dai loro candidati e il relativo certificato penale rilasciato dal casellario giudiziale non oltre novanta giorni prima della data fissata per la consultazione elettorale” (primo capoverso) e, se, ai “fini dell’ottemperanza agli obblighi di pubblicazione nel sito internet di cui al presente comma non e’ richiesto il consenso espresso degli interessati” (secondo capoverso) è enunciato al contempo che “nel caso in cui il certificato penale sia richiesto da coloro che intendono candidarsi alle elezioni di cui al presente comma, per le quali sono stati convocati i comizi elettorali, dichiarando contestualmente, sotto la propria responsabilità ai sensi dell’articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che la richiesta di tali certificati e’ finalizzata a rendere pubblici i dati ivi contenuti in occasione della propria candidatura, le imposte di bollo e ogni altra spesa, imposta e diritto dovuti ai pubblici uffici sono ridotti della metà” (terzo capoverso); IV) il comma quindicesimo in cui è sancito che in “apposita sezione, denominata «Elezioni trasparenti», del sito internet dell’ente cui si riferisce la consultazione elettorale, ovvero del Ministero dell’interno in caso di elezioni del Parlamento nazionale o dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, entro il settimo giorno antecedente la data della consultazione elettorale, per ciascuna lista o candidato ad essa collegato nonché per ciascun partito o movimento politico che presentino candidati alle elezioni di cui al comma 14 sono pubblicati in maniera facilmente accessibile il curriculum vitae e il certificato penale dei candidati rilasciato dal casellario giudiziale non oltre novanta giorni prima della data fissata per l’elezione, già pubblicati nel sito internet del partito o movimento politico ovvero della lista o del candidato con essa collegato di cui al comma 11, primo periodo, previamente comunicati agli enti di cui al presente periodo” (primo capoverso) e la “pubblicazione deve consentire all’elettore di accedere alle informazioni ivi riportate attraverso la ricerca per circoscrizione, collegio, partito e per cognome e nome del singolo candidato” (secondo capoverso) fermo restando che, con “decreto del Ministro dell’interno, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità tecniche di acquisizione dei dati su apposita piattaforma informatica” (terzo capoverso); V) il comma sedicesimo stabilisce che i “partiti e i movimenti politici trasmettono annualmente i rendiconti di cui all’articolo 8 della legge 2 gennaio 1997, n. 2[3], e i relativi allegati, corredati della certificazione e del giudizio del revisore legale, redatti ai sensi della normativa vigente, alla Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici, di cui all’articolo 9, comma 3, della legge 6 luglio 2012, n. 96[4]”; VI) il comma ventunesimo dispone che al “partito o al movimento politico che viola i divieti di cui ai commi 11, secondo periodo, e 12 del presente articolo la Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici, di cui all’articolo 9, comma 3, della legge 6 luglio 2012, n. 96[5], applica la sanzione amministrativa pecuniaria di importo non inferiore al triplo e non superiore al quintuplo del valore dei contributi, delle prestazioni o delle altre forme di sostegno a carattere patrimoniale ricevuti”; VII) il comma ventiduesimo stabilisce che al “partito o al movimento politico che viola gli obblighi previsti dai commi 11, terzo, quarto e quinto periodo, e 13 del presente articolo la Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici, di cui all’articolo 9, comma 3, della legge 6 luglio 2012, n. 96, applica la sanzione amministrativa pecuniaria di importo non inferiore al triplo e non superiore al quintuplo del valore dei contributi, delle prestazioni o delle altre forme di sostegno a carattere patrimoniale non annotati o non versati” (primo capoverso) e nei “casi di cui al periodo precedente, se gli obblighi sono adempiuti con un ritardo non superiore a trenta giorni, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di importo non inferiore alla meta’ e non superiore al doppio del valore dei contributi, delle prestazioni o delle altre forme di sostegno a carattere patrimoniale tardivamente annotati o versati” (secondo capoverso); VIII) il comma ventitreesimo statuisce che al “partito o al movimento politico che viola gli obblighi previsti dai commi 14 e 16 del presente articolo la Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici, di cui all’articolo 9, comma 3, della legge 6 luglio 2012, n. 96, applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 12.000 a euro 120.000”; IX) il comma ventiquattresimo prevede che ai “fini dell’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dai commi 21, 22 e 23 del presente articolo nonché ai fini della tutela giurisdizionale si applicano le disposizioni generali contenute nelle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, salvo quanto diversamente previsto dall’articolo 9 della legge 6 luglio 2012, n. 96” (primo capoverso) e fermo restando che non “si applicano gli articoli 16[6] e 26[7] della medesima legge n. 689 del 1981” (secondo capoverso); X) il comma venticinquesimo dispone che le “somme riscosse in applicazione delle sanzioni di cui ai commi 21, 22 e 23 del presente articolo sono versate alla cassa delle ammende, di cui all’articolo 4 della legge 9 maggio 1932, n. 547[8]”.

E’ evidente dunque che tutte queste norme, non solo garantiscono la trasparenza in ordine al modo attraverso il quale un partito o un movimento politico si finanzia, ma consentono anche di avere una corretta informazione sul curriculum vitae di ciascun politico, e ciò al fine di mettere in condizione l’elettore di scegliere chi votare anche sulla scorta del percorso professionale/lavorativo di ciascun candidato, oltre a prevedere apposite sanzioni nel caso in cui alcune delle norme sin qui enunciate siano violate.

Posto ciò, proseguendo la disamina degli articoli di questa legge, il comma 17 dell’art. 1 dispone quanto segue: “All’articolo 5 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 2-bis, le parole: «superiore alla somma di 5.000 euro l’anno» sono sostituite dalle seguenti: «superiore alla somma di 500 euro l’anno» ed e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I contributi ricevuti nei sei mesi precedenti le elezioni per il rinnovo del Parlamento, o comunque dopo lo scioglimento anticipato delle Camere, sono pubblicati entro i quindici giorni successivi al loro ricevimento»; b) al comma 3: 1) il primo periodo e’ soppresso; 2) al secondo periodo: 2.1) le parole: «Nei casi di cui al presente comma,» sono soppresse; 2.2) le parole: «delle erogazioni» sono sostituite dalle seguenti: «dei finanziamenti o dei contributi erogati in favore dei partiti politici iscritti nel registro di cui all’articolo 4»; 2.3) le parole: «euro 5.000» sono sostituite dalle seguenti: «euro 500»; 3) al terzo periodo, le parole: «entro tre mesi dalla percezione» sono sostituite dalle seguenti: «entro il mese solare successivo a quello di percezione»; 4) al quinto periodo, le parole: «sono pubblicati» sono sostituite dalle seguenti: «e’ pubblicato» e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «contestualmente alla sua trasmissione alla Presidenza della Camera»; 5) il settimo periodo e’ sostituito dal seguente: «Ai fini dell’ottemperanza agli obblighi di pubblicazione nei siti internet di cui al quarto e quinto periodo del presente comma non e’ richiesto il rilascio del consenso espresso degli interessati»; 6) l’ottavo periodo e’ soppresso”.

E dunque, tra le modifiche apportate da questo comma, può osservarsi tra queste il fatto che, da una parte, per i soggetti obbligati alle dichiarazioni patrimoniale e di reddito, ai sensi della legge 5 luglio 1982, n. 441, e successive modificazioni, devono corredare le stesse dichiarazioni con l’indicazione di quanto ricevuto, direttamente o a mezzo di comitati costituiti a loro sostegno, comunque denominati, a titolo di liberalita’ per ogni importo superiore alla somma di 500 euro l’anno e non più 5000 euro (come previsto prima) fermo restando che i contributi ricevuti nei sei mesi precedenti le elezioni per il rinnovo del Parlamento, o comunque dopo lo scioglimento anticipato delle Camere, sono pubblicati entro i quindici giorni successivi al loro ricevimento, dall’altra, non è più previsto che ai finanziamenti o ai contributi erogati in favore dei partiti politici iscritti nel registro di cui all’articolo 4 (ossia il registro dei partiti politici che possono accedere ai benefici previsti dal presente decreto), che non superino nell’anno l’importo di euro 100.000, effettuati con mezzi di pagamento diversi dal contante che consentano di garantire la tracciabilita’ dell’operazione e l’esatta identita’ dell’autore, non si applicano le disposizioni di cui al terzo comma dell’articolo 4 della legge 18 novembre 1981, n. 659, e successive modificazioni[9].

A sua volta il c.18 dispone che all’“articolo 4, terzo comma, della legge 18 novembre 1981, n. 659, la parola: «cinquemila» e’ sostituita dalla seguente: «tremila»” e, dunque, è ora disposto che nel caso di erogazione di finanziamenti o contributi ai soggetti indicati nell’art. 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195[10], e nel primo comma dell’art. 4 della legge n. 659/1991 (ossia: i membri del Parlamento nazionale, i membri italiani del Parlamento europeo, i consiglieri regionali, provinciali e comunali, i candidati alle predette cariche, i raggruppamenti interni dei partiti politici nonché  coloro che rivestono cariche di presidenza, di segreteria e di direzione politica e amministrativa a livello nazionale, regionale, provinciale e comunale nei partiti politici), per un importo che nell’anno superi  euro tremila (e non più cinquemila come previsto prima), sotto qualsiasi forma, compresa la messa a disposizione di servizi, il soggetto che li eroga ed il soggetto che li riceve sono tenuti a farne dichiarazione congiunta, sottoscrivendo un unico documento, depositato presso la Presidenza della Camera dei deputati ovvero a questa indirizzato con raccomandata con avviso di ricevimento.

Dal canto suo il comma 19 stabilisce che all’“articolo 7, primo comma, primo periodo, della legge 2 maggio 1974, n. 195, dopo le parole: «natura privatistica,» sono inserite le seguenti: «nonché delle cooperative sociali e dei consorzi disciplinati dalla legge 8 novembre 1991, n. 381,»” e pertanto sono ora vietati, a favore di partiti o loro articolazioni politico-organizzative e di gruppi parlamentari, i finanziamenti o i contributi, sotto qualsiasi forma e in qualsiasi modo erogati, non solo da parte di organi della pubblica amministrazione di enti pubblici, di società con partecipazione di capitale pubblico superiore al 20 per cento o di società controllate da queste ultime, ferma restando la loro natura privatistica, ma anche delle cooperative sociali e dei consorzi disciplinati dalla legge 8 novembre 1991, n. 381 ossia la disciplina delle cooperative sociali.

Il comma 20, invece, modifica l’articolo 5 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, sostituendo il comma 4 con il seguente: «4. Ai sensi e per gli effetti del presente articolo, sono equiparate ai partiti e movimenti politici le fondazioni, le associazioni e i comitati la composizione dei cui organi direttivi sia determinata in tutto o in parte da deliberazioni di partiti o movimenti politici ovvero i cui organi direttivi siano composti in tutto o in parte da membri di organi di partiti o movimenti politici ovvero persone che siano o siano state, nei dieci anni precedenti, membri del Parlamento nazionale o europeo o di assemblee elettive regionali o locali ovvero che ricoprano o abbiano ricoperto, nei dieci anni precedenti, incarichi di governo al livello nazionale, regionale o locale ovvero incarichi istituzionali per esservi state elette o nominate in virtu’ della loro appartenenza a partiti o movimenti politici, nonché le fondazioni e le associazioni che eroghino somme a titolo di liberalità o contribuiscano in misura pari o superiore a euro 5.000 l’anno al finanziamento di iniziative o servizi a titolo gratuito in favore di partiti, movimenti politici o loro articolazioni interne, di membri di organi di partiti o movimenti politici o di persone che ricoprono incarichi istituzionali».

Infine, i commi 26, 27, 28, 29 e 30 prevedono rispettivamente quanto segue: a) “A decorrere dalla data di scioglimento anche di una sola Camera, la Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici, di cui all’articolo 9, comma 3, della legge 6 luglio 2012, n. 96, siede in permanenza per la verifica dell’applicazione delle disposizioni introdotte dalla presente legge. A tal fine, con atto congiunto del Presidente del Senato della Repubblica e del Presidente della Camera dei deputati possono essere stabilite norme di organizzazione e modalità operative” (c. 26); b) “Il Governo e’ delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, un decreto legislativo recante un testo unico nel quale, con le sole modificazioni necessarie al coordinamento normativo, sono riunite le disposizioni di cui ai commi da 11 a 26 e le altre disposizioni legislative vigenti in materia di contributi ai candidati alle elezioni e ai partiti e ai movimenti politici, di rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e referendarie, nonché in materia di trasparenza, democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta a loro favore” (c. 27); c) “Ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui ai commi da 11 a 27 del presente articolo, le fondazioni, le associazioni e i comitati di cui all’articolo 5, comma 4, del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, come sostituito dal comma 20 del presente articolo, sono equiparati ai partiti e movimenti politici, a prescindere dall’iscrizione del partito o movimento politico cui sono collegati nel registro di cui all’articolo 4 del medesimo decreto-legge n. 149 del 2013” (c. 28); d) “Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” (c. 29); e) “Le amministrazioni competenti provvedono alle attivita’ previste dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente” (c. 30).

Chiarite le novità introdotte da questa legge, non resta dunque che vedere come tale normativa verrà concretamente applicata.

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NOTE

[1]Ai sensi del quale: “1. Fermo quanto disposto dall’articolo 51 del codice penale, non sono punibili: a) gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e, comunque, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti previsti dagli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353, 353-bis, 452-quaterdecies, 453, 454, 455, 460, 461, 473, 474, 629, 630, 644, 648-bis e 648-ter, nonche’ nel libro secondo, titolo XII, capo III, sezione I, del codice penale, ai delitti concernenti armi, munizioni, esplosivi, ai delitti previsti dall’articolo 12, commi 1, 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonche’ ai delitti previsti dal testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e dall’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, anche per interposta persona, danno rifugio o comunque prestano assistenza agli associati, acquistano, ricevono, sostituiscono od occultano denaro o altra utilita’, armi, documenti, sostanze stupefacenti o psicotrope, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto, prezzo o mezzo per commettere il reato o ne accettano l’offerta o la promessa o altrimenti ostacolano l’individuazione della loro provenienza o ne consentono l’impiego ovvero corrispondono denaro o altra utilita’ in esecuzione di un accordo illecito gia’ concluso da altri, promettono o danno denaro o altra utilita’ richiesti da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio o sollecitati come prezzo della mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o per remunerarlo o compiono attivita’ prodromiche e strumentali; b) gli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti agli organismi investigativi della Polizia di Stato e dell’Arma dei carabinieri specializzati nell’attività di contrasto al terrorismo e all’eversione e del Corpo della guardia di finanza competenti nelle attività di contrasto al finanziamento del terrorismo, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e, comunque, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti commessi con finalità di terrorismo o di eversione, anche per interposta persona, compiono le attività di cui alla lettera a). 1-bis. La causa di giustificazione di cui al comma 1 si applica agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria e agli ausiliari che operano sotto copertura quando le attivita’ sono condotte in attuazione di operazioni autorizzate e documentate ai sensi del presente articolo. La disposizione di cui al precedente periodo si applica anche alle interposte persone che compiono gli atti di cui al comma 1. 2. Negli stessi casi previsti dal comma 1, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono utilizzare documenti, identità o indicazioni di copertura, rilasciati dagli organismi competenti secondo le modalita’ stabilite dal decreto di cui al comma 5, anche per attivare o entrare in contatto con soggetti e siti nelle reti di comunicazione, informandone il pubblico ministero al più presto e comunque entro le quarantotto ore dall’inizio delle attività. 3. L’esecuzione delle operazioni di cui ai commi 1 e 2 e’ disposta dagli organi di vertice ovvero, per loro delega, dai rispettivi responsabili di livello almeno provinciale, secondo l’appartenenza del personale di polizia giudiziaria impiegato, d’intesa con la Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere per i delitti previsti dall’articolo 12, commi 1, 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni. L’esecuzione delle operazioni di cui ai commi 1 e 2 in relazione ai delitti previsti dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, di seguito denominate “attivita’ antidroga”, e’ specificatamente disposta dalla Direzione centrale per i servizi antidroga o, sempre d’intesa con questa, dagli organi di vertice ovvero, per loro delega, dai rispettivi responsabili di livello almeno provinciale, secondo l’appartenenza del personale di polizia giudiziaria impiegato. 4. L’organo che dispone l’esecuzione delle operazioni di cui ai commi 1 e 2 deve dare preventiva comunicazione all’autorita’ giudiziaria competente per le indagini. Dell’esecuzione delle attivita’ antidroga e’ data immediata e dettagliata comunicazione alla Direzione centrale per i servizi antidroga e al pubblico ministero competente per le indagini. Se necessario o se richiesto dal pubblico ministero e, per le attivita’ antidroga, anche dalla Direzione centrale per i servizi antidroga, e’ indicato il nominativo dell’ufficiale di polizia giudiziaria responsabile dell’operazione, nonche’ quelli degli eventuali ausiliari e interposte persone impiegati. Il pubblico ministero deve comunque essere informato senza ritardo, a cura del medesimo organo, nel corso dell’operazione, delle modalita’ e dei soggetti che vi partecipano, nonche’ dei risultati della stessa. 5. Per l’esecuzione delle operazioni di cui ai commi 1 e 2, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono avvalersi di agenti di polizia giudiziaria, di ausiliari e di interposte persone, ai quali si estende la causa di non punibilità prevista per i medesimi casi. Per l’esecuzione delle operazioni può essere autorizzata l’utilizzazione temporanea di beni mobili ed immobili, di documenti di copertura, l’attivazione di siti nelle reti, la realizzazione e la gestione di aree di comunicazione o scambio su reti o sistemi informatici, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della giustizia e con gli altri Ministri interessati. Con il medesimo decreto sono stabilite altresì le forme e le modalità per il coordinamento, anche in ambito internazionale, a fini informativi e operativi tra gli organismi investigativi. 6. Quando e’ necessario per acquisire rilevanti elementi probatori ovvero per l’individuazione o la cattura dei responsabili dei delitti previsti dal comma 1, per i delitti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, limitatamente ai casi previsti agli articoli 70, commi 4, 6 e 10, 73 e 74, gli ufficiali di polizia giudiziaria, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, e le autorita’ doganali, limitatamente ai citati articoli 70, commi 4, 6 e 10, 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e successive modificazioni, possono omettere o ritardare gli atti di propria competenza, dandone immediato avviso, anche oralmente, al pubblico ministero, che puo’ disporre diversamente, e trasmettendo allo stesso pubblico ministeromotivato rapporto entro le successive quarantotto ore. Per le attivita’ antidroga, il medesimo immediato avviso deve pervenire alla Direzione centrale per i servizi antidroga per il necessario coordinamento anche in ambito internazionale. 6-bis. Quando e’ necessario per acquisire rilevanti elementi probatori, ovvero per l’individuazione o la cattura dei responsabili dei delitti di cui all’articolo 630 del codice penale, il pubblico ministero puo’ richiedere che sia autorizzata la disposizione di beni, denaro o altra utilita’ per l’esecuzione di operazioni controllate per il pagamento del riscatto, indicandone le modalita’. Il giudice provvede con decreto motivato. 7. Per gli stessi motivi di cui al comma 6, il pubblico ministero può, con decreto motivato, ritardare l’esecuzione dei provvedimenti che applicano una misura cautelare, del fermo dell’indiziato di delitto, dell’ordine di esecuzione di pene detentive o del sequestro. Nei casi di urgenza, il ritardo dell’esecuzione dei predetti provvedimenti può essere disposto anche oralmente, ma il relativo decreto deve essere emesso entro le successive quarantotto ore. Il pubblico ministero impartisce alla polizia giudiziaria le disposizioni necessarie al controllo degli sviluppi dell’attività criminosa, comunicando i provvedimenti adottati all’autorità giudiziaria competente per il luogo in cui l’operazione deve concludersi ovvero attraverso il quale si prevede sia effettuato il transito in uscita dal territorio dello Stato ovvero in entrata nel territorio dello Stato delle cose che sono oggetto, prodotto, profitto o mezzo per commettere i delitti nonche’ delle sostanze stupefacenti o psicotrope e di quelle di cui all’articolo 70 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni. 8. Le comunicazioni di cui ai commi 4, 6 e 6-bis e i provvedimenti adottati dal pubblico ministero ai sensi del comma 7 sono senza ritardo trasmessi, a cura del medesimo pubblico ministero, al procuratore generale presso la corte d’appello. Per i delitti indicati all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, la comunicazione e’ trasmessa al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. 9. L’autorità giudiziaria può affidare il materiale o i beni sequestrati in custodia giudiziale, con facoltà d’uso, agli organi di polizia giudiziaria che ne facciano richiesta per l’impiego nelle attività di contrasto di cui al presente articolo ovvero per lo svolgimento dei compiti d’istituto. 9-bis. I beni informatici o telematici confiscati in quanto utilizzati per la commissione dei delitti di cui al libro II, titolo XII, capo III, sezione I, del codice penale sono assegnati agli organi di polizia giudiziaria che ne abbiano avuto l’uso ai sensi del comma 9. 10. Chiunque indebitamente rivela ovvero divulga i nomi degli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria che effettuano le operazioni di cui al presente articolo e’ punito, salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, con la reclusione da due a sei anni. 11. Sono abrogati: a) l’articolo 10 del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172, e successive modificazioni; b) l’articolo 12-quater del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356; c) l’articolo 12, comma 3-septies, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286; d) l’articolo 14, comma 4, della legge 3 agosto 1998, n. 269; e) l’articolo 4 del decreto-legge 18 ottobre 2001, n. 374, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2001, n. 438; f) l’articolo 10 della legge 11 agosto 2003, n. 228. f-bis) l’articolo 7 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni”.

[2]Secondo cui: “Se vi è il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta e non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129, il giudice, sulla base degli atti, se ritiene corrette la qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti, nonché congrua la pena indicata, ne dispone con sentenza l’applicazione enunciando nel dispositivo che vi è stata la richiesta delle parti. Se vi è costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda; l’imputato è tuttavia condannato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o parziale. Non si applica la disposizione dell’articolo 75, comma 3. Si applica l’articolo 537-bis” c.p.p..

[3]Ai sensi del quale: “2. Il rendiconto di esercizio, redatto secondo il modello di cui all’allegato A, deve essere corredato di una relazione del legale rappresentante o del tesoriere di cui al comma 1 sulla situazione economico-patrimoniale del partito o del movimento e sull’andamento della gestione nel suo complesso. Detta relazione deve essere redatta secondo il modello di cui all’allegato B. 3. Il rendiconto deve essere, altresì, corredato di una nota integrativa secondo il modello di cui all’allegato C. 4. Al rendiconto devono, inoltre, essere allegati i bilanci relativi alle imprese partecipate anche per tramite di società fiduciarie o per interposta persona, nonché, relativamente alle società editrici di giornali o periodici, ogni altra documentazione eventualmente prescritta dal Garante per la radiodiffusione e l’editoria. 5. Il rappresentante legale o il tesoriere di cui al comma 1 deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari. 6. Il rappresentante legale o il tesoriere deve altresì conservare ordinatamente, in originale o in copia, per almeno cinque anni, tutta la documentazione che abbia natura o comunque rilevanza amministrativa e contabile. 7. I libri contabili tenuti dai partiti e dai movimenti politici di cui al comma 1, prima di essere messi in uso, devono essere numerati progressivamente in ogni pagina e bollati in ogni foglio da un notaio. Il notaio deve dichiarare nell’ultima pagina del libro il numero dei fogli che lo compongono. 8. Il libro giornale deve indicare giorno per giorno le operazioni compiute. 9. L’inventario deve essere redatto al 31 dicembre di ogni anno, e deve contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e delle passività. L’inventario si chiude con il rendiconto e deve essere sottoscritto dal rappresentante legale o dal tesoriere del partito o movimento politico entro tre mesi dalla presentazione del rendiconto agli organi statutariamente competenti. 10. Tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di una ordinata contabilità, senza parti in bianco, interlinee e trasporti in margine. Non vi si possono fare abrasioni e, se è necessaria qualche cancellazione, questa deve eseguirsi in modo che le parole cancellate siano leggibili. 10-bis. Per le donazioni di qualsiasi importo e’ annotata l’identita’ dell’erogante. 11. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano a decorrere dal 1° gennaio 1997. Il primo rendiconto redatto a norma del presente articolo deve essere presentato in riferimento all’esercizio 1997. Il legale rappresentante o il tesoriere di cui al comma 1 è tenuto a pubblicare entro il 30 giugno di ogni anno, almeno su due quotidiani, di cui uno a diffusione nazionale, il rendiconto corredato da una sintesi della relazione sulla gestione e della nota integrativa. 12. Il rendiconto di esercizio, corredato della relazione sulla gestione, della nota integrativa, sottoscritti dal legale rappresentante o dal tesoriere del partito o del movimento politico, della relazione dei revisori dei conti, da essi sottoscritta, nonché delle copie dei quotidiani ove è avvenuta la pubblicazione, è trasmesso dal legale rappresentante o dal tesoriere del partito o del movimento politico, entro il 31 luglio di ogni anno, al Presidente della Camera dei deputati. 13. Il rendiconto di esercizio, la relazione sulla gestione e la nota integrativa sono comunque pubblicati, a cura dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati, in un supplemento speciale della Gazzetta Ufficiale”.

[4]Per cui: “E’ istituita la Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici, di seguito denominata «Commissione». La Commissione ha sede presso la Camera dei deputati, che provvede, in pari misura con il Senato della Repubblica, ad assicurarne l’operativita’ attraverso le necessarie dotazioni di personale di segreteria. Per lo svolgimento dei compiti ad essa affidati dalla legge la Commissione puo’ altresi’ avvalersi di cinque unita’ di personale, dipendenti della Corte dei conti, addette alle attivita’ di revisione, e di due unita’ di personale, dipendenti da altre amministrazioni pubbliche, esperte nell’attivita’ di controllo contabile. I dipendenti di cui al terzo periodo sono collocati fuori ruolo dalle amministrazioni di appartenenza e beneficiano del medesimo trattamento economico lordo annuo in godimento al momento dell’incarico, ivi incluse le indennita’ accessorie, corrisposto a carico delle amministrazioni di appartenenza. All’atto del collocamento fuori ruolo dei predetti dipendenti, e’ reso indisponibile per tutta la durata del collocamento fuori ruolo un numero di posti nella dotazione organica dell’amministrazione di appartenenza equivalente dal punto di vista finanziario. La Commissione e’ composta da cinque componenti, di cui uno designato dal Primo presidente della Corte di cassazione, uno designato dal Presidente del Consiglio di Stato e tre designati dal Presidente della Corte dei conti. Tutti i componenti sono scelti fra i magistrati dei rispettivi ordini giurisdizionali con qualifica non inferiore a quella di consigliere di cassazione o equiparata. La Commissione e’ nominata, sulla base delle designazioni effettuate ai sensi del presente comma, con atto congiunto dei Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Con il medesimo atto e’ individuato tra i componenti il Presidente della Commissione, che ne coordina i lavori. Ai componenti della Commissione non e’ corrisposto alcun compenso o indennita’ per l’attivita’ prestata ai sensi della presente legge. Per la durata dell’incarico, i componenti della Commissione sono collocati fuori ruolo dalle amministrazioni di appartenenza, secondo le disposizioni dell’articolo 1, commi 66 e 68, della legge 6 novembre 2012, n. 190. Il mandato dei componenti della Commissione e’ di quattro anni ed e’ rinnovabile una sola volta”.

[5]In virtù del quale: “E’ istituita la Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici, di seguito denominata «Commissione». La Commissione ha sede presso la Camera dei deputati, che provvede, in pari misura con il Senato della Repubblica, ad assicurarne l’operativita’ attraverso le necessarie dotazioni di personale di segreteria. Per lo svolgimento dei compiti ad essa affidati dalla legge la Commissione puo’ altresi’ avvalersi di cinque unita’ di personale, dipendenti della Corte dei conti, addette alle attivita’ di revisione, e di due unita’ di personale, dipendenti da altre amministrazioni pubbliche, esperte nell’attivita’ di controllo contabile. I dipendenti di cui al terzo periodo sono collocati fuori ruolo dalle amministrazioni di appartenenza e beneficiano del medesimo trattamento economico lordo annuo in godimento al momento dell’incarico, ivi incluse le indennita’ accessorie, corrisposto a carico delle amministrazioni di appartenenza. All’atto del collocamento fuori ruolo dei predetti dipendenti, e’ reso indisponibile per tutta la durata del collocamento fuori ruolo un numero di posti nella dotazione organica dell’amministrazione di appartenenza equivalente dal punto di vista finanziario. La Commissione e’ composta da cinque componenti, di cui uno designato dal Primo presidente della Corte di cassazione, uno designato dal Presidente del Consiglio di Stato e tre designati dal Presidente della Corte dei conti. Tutti i componenti sono scelti fra i magistrati dei rispettivi ordini giurisdizionali con qualifica non inferiore a quella di consigliere di cassazione o equiparata. La Commissione e’ nominata, sulla base delle designazioni effettuate ai sensi del presente comma, con atto congiunto dei Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Con il medesimo atto e’ individuato tra i componenti il Presidente della Commissione, che ne coordina i lavori. Ai componenti della Commissione non e’ corrisposto alcun compenso o indennita’ per l’attivita’ prestata ai sensi della presente legge. Per la durata dell’incarico, i componenti della Commissione sono collocati fuori ruolo dalle amministrazioni di appartenenza, secondo le disposizioni dell’articolo 1, commi 66 e 68, della legge 6 novembre 2012, n. 190. Il mandato dei componenti della Commissione e’ di quattro anni ed e’ rinnovabile una sola volta”.

[6]Secondo cui: “E’ ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione. Per le violazioni ai regolamenti ed alle ordinanze comunali e provinciali, la Giunta comunale o provinciale, all’interno del limite edittale minimo e massimo della sanzione prevista, può stabilire un diverso importo del pagamento in misura ridotta, in deroga alle disposizioni del primo comma. Il pagamento in misura ridotta è ammesso anche nei casi in cui le norme antecedenti all’entrata in vigore della presente legge non consentivano l’oblazione”.

[7]Per il quale: “L’autorità giudiziaria o amministrativa che ha applicato la sanzione pecuniaria può disporre, su richiesta dell’interessato che si trovi in condizioni economiche disagiate, che la sanzione medesima venga pagata in rate mensili da tre a trenta; ciascuna rata non può essere inferiore a euro 15. In ogni momento il debito può essere estinto mediante un unico pagamento. Decorso inutilmente, anche per una sola rata, il termine fissato dall’autorità giudiziaria o amministrativa, l’obbligato è tenuto al pagamento del residuo ammontare della sanzione in un’unica soluzione”.

[8]Per cui: “1. Presso il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia e’ istituita la cassa delle ammende, ente dotato di personalità giuridica. 2. La cassa delle ammende finanzia programmi di reinserimento in favore di detenuti ed internati, programmi di assistenza ai medesimi ed alle loro famiglie e progetti di edilizia penitenziaria finalizzati al miglioramento delle condizioni carcerarie. 3. Organi della cassa delle ammende sono: il presidente, il consiglio di amministrazione, il segretario e il collegio dei revisori dei conti. Al presidente, al segretario ed ai componenti degli altri organi sono corrisposti gettoni di presenza, il cui ammontare e’ stabilito con decreto emanato dal Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili presso l’ente. 4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, e’ adottato lo statuto della cassa delle ammende per specificare le finalità dell’ente indicate nel comma 2, nonché disciplinare l’amministrazione, la contabilità, la composizione degli organi e le modalità di funzionamento dell’ente. Alla data di entrata in vigore dello statuto cessano di avere efficacia gli articoli da 121 a 130 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230. 5. Nell’espletamento delle sue funzioni la cassa delle ammende puo’ utilizzare personale, locali, attrezzature e mezzi dell’amministrazione penitenziaria, nell’ambito delle risorse umane e strumentali disponibili a tale scopo presso la medesima amministrazione. 6. Il bilancio di previsione ed il conto consuntivo sono redatti secondo i principi contenuti nella legge 31 dicembre 2009, n. 196, ed approvati dal Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Il bilancio di previsione ed il conto consuntivo sono trasmessi dal Ministro della giustizia alle Commissioni parlamentari competenti per materia, rispettivamente entro il termine di presentazione del disegno di legge di bilancio e del disegno di legge del rendiconto. Il conto consuntivo e’ trasmesso anche alla Corte dei conti”.

[9]Alla stregua del quale: “I divieti previsti dall’art. 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, sono estesi ai finanziamenti ed ai contributi in qualsiasi forma o modo erogati, anche indirettamente, ai membri del Parlamento nazionale, ai membri italiani del Parlamento europeo, ai consiglieri regionali, provinciali e comunali, ai candidati alle predette cariche, ai raggruppamenti interni dei partiti politici nonché a coloro che rivestono cariche di presidenza, di segreteria e di direzione politica e amministrativa a livello nazionale, regionale, provinciale e comunale nei partiti politici. Nel caso di contributi erogati a favore di partiti o loro articolazioni politico-organizzative e di gruppi parlamentari in violazione, accertata con sentenza passata in giudicato, dei divieti previsti dall’art. 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, l’importo del contributo statale di cui all’art. 3 della stessa legge è decurtato in misura pari al doppio delle somme illegittimamente percepite. Nel caso di erogazione di finanziamenti o contributi ai soggetti indicati nell’art. 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e nel primo comma del presente articolo, per un importo che nell’anno superi   euro tremila , sotto qualsiasi forma, compresa la messa a disposizione di servizi, il soggetto che li eroga ed il soggetto che li riceve sono tenuti a farne dichiarazione congiunta, sottoscrivendo un unico documento, depositato presso la Presidenza della Camera dei deputati ovvero a questa indirizzato con raccomandata con avviso di ricevimento. Detti finanziamenti o contributi o servizi, per quanto riguarda la campagna elettorale, possono anche essere dichiarati a mezzo di autocertificazione dei candidati. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano per tutti i finanziamenti direttamente concessi da istituti di credito o da aziende bancarie, alle condizioni fissate dagli accordi interbancari. Nell’ipotesi di contributi o finanziamenti di provenienza estera l’obbligo della dichiarazione è posto a carico del solo soggetto che li percepisce. L’obbligo di cui al terzo e quarto comma deve essere adempiuto entro tre mesi dalla percezione del contributo o finanziamento. Nel caso di contributi o finanziamenti erogati dallo stesso soggetto, che soltanto nella loro somma annuale superino l’ammontare predetto, l’obbligo deve essere adempiuto entro il mese di marzo dell’anno successivo. Chiunque non adempie gli obblighi di cui al terzo, quarto e quinto comma ovvero dichiara somme o valori inferiori al vero è punito con la multa da due a sei volte l’ammontare non dichiarato e con la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici prevista dal terzo comma dell’art. 28 del codice penale. L’art. 8 della legge 2 maggio 1974, n. 195, è abrogato”.

[10]Ai sensi del quale: “Sono vietati i finanziamenti o i contributi, sotto qualsiasi forma e in qualsiasi modo erogati, da parte di organi della pubblica amministrazione, di enti pubblici, di società con partecipazione di capitale pubblico superiore al 20 per cento o di società controllate da queste ultime, ferma restando la loro natura privatistica, a favore di partiti o loro articolazioni politico-organizzative e di gruppi parlamentari. Sono vietati altresì i finanziamenti o i contributi sotto qualsiasi forma, diretta o indiretta, da parte di società non comprese tra quelle previste nel comma precedente in favore di partiti o loro articolazioni politico-organizzative o gruppi parlamentari, salvo che tali finanziamenti o contributi siano stati deliberati dall’organo sociale competente e regolarmente iscritti in bilancio e sempre che non siano comunque vietati dalla legge. Chiunque corrisponde o riceve contributi in violazione dei divieti previsti nei commi precedenti, ovvero, trattandosi delle società di cui al secondo comma, senza che sia intervenuta la deliberazione dell’organo societario o senza che il contributo o il finanziamento siano stati regolarmente iscritti nel bilancio della società stessa, è punito, per ciò solo, con la reclusione da 6 mesi a 4 anni e con la multa fino al triplo delle somme versate in violazione della presente legge”.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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