Quando è nulla la richiesta di consulenza tecnica preventiva?

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Tra le molte novità introdotte nel sistema processual-civilistico dal decreto legge c.d. “competitività” il legislatore ha istituito ex novo la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, la cui disciplina è contenuta nell’art. 696-bis c.p.c..

Nonostante sia inserito nel capo relativo ai procedimenti cautelari, l’istituto in parola è stato concepito come uno strumento alternativo di risoluzione delle controversie e non quindi come strumento di costituzione preventiva di mezzo di prova.

La relazione formata nel procedimento ex art. 696-bis c.p.c. non è assimilabile, quoad effectum, alla relazione di C.T.U., sia nel caso in cui sia stata espletata nel corso del giudizio sia nell’ambito del procedimento di accertamento tecnico preventivo ex art. 696 c.p.c..

L’espletamento di CTU preventiva può essere anche richiesto al di fuori del requisito dell’urgenza, cioè al di fuori del requisito del periculum in mora. Alla luce di quanto sopra occorre tuttavia subito rilevare che se dunque, come gran parte della dottrina ritiene, viene esclusa la natura e funzione cautelare dell’istituto, tale tipologia di CTU può essere anche chiesta avanti al Giudice di Pace, nell’ambito della sua competenza giurisdizionale (cfr. NARDO, Contributo allo studio della istruzione preventiva, Napoli, 2005 ).

L’attività determinativa-cognitiva del giudice sarà più sommaria in sede di esame del ricorso ex art. 696 bis c.p.c., ed invece maggiormente approfondita a seguito dell’instaurazione del contraddittorio tra le parti con fissazione dell’udienza ed esame delle difese del resistente. E’ possibile ritenere che, all’udienza fissata per l’instaurazione del contraddittorio, il Giudice debba accertare: a) se l’altra parte si sia costituita (perché in caso di contumacia della parte ovvero del terzo chiamato si pone il problema della effettiva utilità ed ammissibilità di un istituto che, in prima battuta, ha una funzione conciliativa; b) se l’altra parte o le altre parti mostrino una propensione conciliativa ovvero si oppongano fermamente all’espletamento della citata CTU ex art. 696 bis c.p.c.; c) se, almeno sommariamente, sussistano i presupposti e le condizioni dell’azione in riferimento all’instaurando giudizio di merito, poiché, in caso di mancata conciliazione e quindi di redazione della relazione tecnica, tale relazione tecnica medesima deve essere acquisita onde costituire eventuale mezzo di prova.

Secondo la dottrina l’intervento del consulente ex art. 696 bis avrebbe una “primaria funzione di tipo persuasivo” (cfr. PLENTEDA, La consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, in www.altalex.com ), funzione che dovrebbe articolare: 1) nello scoraggiare iniziative giudiziarie di segno diametralmente opposto rispetto a quanto accertabile ed accertando dal punto di vista tecnico; 2) nel fornire un orientamento valutativo delle questioni tecniche dibattute tra le parti, in modo da raccogliere il loro “consenso conciliativo”; 3) nella necessità che il consulente privilegi l’esigenza di prospettare alle parti una soluzione della questione tale da raccogliere il loro consenso.

Il Tribunale di Avellino, Seconda Sezione Civile,  in persona del Presidente delegato, dr. Giuseppe De Tullio, con l’ordinanza del 30.11.2016, si è pronunciato in tema di inammissibilità della consulenza tecnica preventiva.

Il Tribunale esamina appunto un ricorso prospettato, con lo speciale procedimento previsto dagli artt. 696 e 696 bis cod. proc. civ., in cui vengono sollevate questioni di varia natura, attinenti al rapporto bancario intercorso tra la ricorrente e la banca intimata, quali l’illecita capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito della cliente, delle commissioni di massimo scoperto e dei costi vivi; illecita applicazione di interessi ultralegali; l’applicazione di interessi eccedenti il limite di cui alla legge 108/1996; determinazione unilaterale delle condizioni del rapporto in pejus per la cliente ed altre ancora.

Il giudice osserva che la molteplicità e la complessità delle questioni proposte dalla ricorrente  impedisce lo svolgimento della consulenza tecnica preventiva, sia pure finalizzata alla composizione della lite; ed infatti, secondo il Tribunale la consulenza tecnica preventiva richiede la   chiara individuazione della domanda che sarà proposta nel successivo giudizio di merito ed un accertamento che non implichi la risoluzione di questioni di natura giuridica, che non può essere demandata al CTU, né allo stesso giudice, il quale, nel particolare procedimento previsto ex art. 696 c.p.c., non possiede alcun potere di natura decisoria delle questioni di merito.

Osserva ancora il Tribunale che gli artt. 696 e ss. c.p.c. non prevedono alcun provvedimento giurisdizionale destinato a statuire sulle domande ed eccezioni di natura sostanziale controverse tra le parti, né tanto meno conferiscono al giudice  mere attribuzioni di conduzione e sorveglianza della procedura di accertamento tecnico e del comportamento delle parti e del CTU, sotto il profilo della regolarità procedimentale e dell’osservanza del contraddittorio.

Per il giudice le numerose  contestazioni sollevate dalla ricorrente non sono “autosufficienti”, ma dovranno essere rapportate alla concreta formulazione della domanda che sarà da lei introdotta nella fase di merito, nei suoi elementi costitutivi (petitum e causa petendi) ed alla precisa prospettazione di essa parte istante in ordine a tali questioni, nonché anche alle difese che saranno interposte dalla controparte, elementi tutti non preventivamente conoscibili in questa sede di istruzione preventiva e sulla base dei quali, invece, il giudice dovrà “modellare” i quesiti da conferire al CTU.

Il Tribunale ha ravvisato un ulteriore profilo di inammissibilità del procedimento “costituito dalla richiesta istruttoria, avanzata dalla società ricorrente, di ordinare alla Banca il deposito di documentazione varia […] a norma dell’art. 210 c.p.c. e dell’art. 119 t.u.b.”, considerando tali richieste istruttorie “irrituali ed “esplorative”: irrituali, perché postulano un’attività decisoria sulla loro ammissibilità e rilevanza che il giudice, nella tipologia di procedimento esperito, non possiede; esplorative, perché non contengono l’indicazione specifica dei documenti richiesti, ma soltanto un’elencazione generica, cumulativa ed onnicompresiva”.

Sulla base di tali premesse la richiesta di consulenza tecnica preventiva è stata dichiarata inammissibile.

Sentenza collegata

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Avv. De Luca Maria Teresa

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