Pubblici concorsi e titoli equipollenti

sentenza 17/06/10
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Nei pubblici concorsi in caso di mancata specificazione di equipollenza e, pertanto, di univoca ed espressa volontà della P.A. di limitare l’accesso ai soli possessori dei titoli indicati nel bando, le previsioni del bando medesimo devono essere interpretate nel senso di consentire la partecipazione anche ai possessori di titoli equipollenti ex lege.

Ciò risponde peraltro al principio del “favor partecipationis”.

La parificazione dei titoli di studio disposta con norma di legge comporta che l’Amministrazione non possa escludere dall’ammissione al concorso il possessore di titolo dichiarato equipollente.

N. 03484/2010 REG.DEC.

N. 02786/1999 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)


ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 2786 del 1999, proposto da:
******************, rappresentato e difeso dall’avv. ***************, con domicilio eletto presso ***** .****** in Roma, via L. Mantegazza 26;

contro

Comune di Monteroni, rappresentato e difeso dall’avv. *****************, con domicilio eletto presso ***************** in Roma, via Giuseppe Pisanelli , 2; Pirrazzo Margherita, rappresentato e difeso dall’avv. ***********************, con domicilio eletto presso ***** .****** in Roma, via L. Mantegazza 26;

per la riforma

della sentenza del TAR PUGLIA – LECCE :SEZIONE II n. 00172/1999, resa tra le parti, concernente CONCORSO PUBBLICO A 1 POSTO DI FUNZIONARIO DI VIII LIVELLO.

 

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2010 il Cons. ************ e uditi per le parti gli avvocati *****, ******** e ***********************, su delega dell’avv. ***********************;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Il dr. ******************, con ricorso n. 10/99 r.g. proposto dinanzi al T.A.R. per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, chiedeva l’annullamento degli atti relativi al concorso pubblico, bandito dal Comune di Monteroni, per la copertura di un posto di funzionario responsabile del settore socio-culturale – ex VIII qualifica – nella cui graduatoria finale, formulata dalla Commissione esaminatrice, la dr.ssa Margherita Pirrazzo risultava collocata al primo posto con punti 20,30 ed il ricorrente al secondo con punti 16,645.

La Sezione II del T.A.R. di Lecce, con sentenza n. 172 dell’11 marzo 1999 respingeva il ricorso proposto dal dr. *********, compensando le spese e gli onorari di causa.

Avverso tale statuizione del T.A.R. salentino il dr. *********, con ricorso notificato in data 24 marzo 1999 proponeva appello, deducendone l’erroneità e l’ingiustizia e chiedendone la conseguente riforma, previa sospensione dell’efficacia.

Nell’ambito di tale giudizio si è costituita la dr.ssa Pirrazzo, con memoria di costituzione, contenente appello incidentale.

Nella camera di consiglio del 27 aprile 1999, con ordinanza n. 933/99, è stata respinta l’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata.

In vista dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie illustrative, insistendo per l’accoglimento delle conclusioni già rassegnate nei rispettivi scritti difensivi.

Con istanza depositata in data 22 gennaio 2010 la dr.ssa Pirrazzo, premesso che nelle more della definizione del giudizio di merito è stata assunta dal Comune di Lecce a far data dall’1 luglio 2000 e che non ha più interesse né a resistere all’appello principale né a coltivare l’appello incidentale, ha chiesto che venga dichiarata la sopravvenuta carenza di interesse.

La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 2 febbraio 2010.

DIRITTO

Il Collegio prende atto della dichiarazione dell’appellata, dr.ssa Pirrazzo, parte controinteressata vincitrice del concorso nonché in primo grado dinanzi al T.A.R., di non avere più interesse alla coltivazione dell’appello incidentale per essere stata assunta nelle more dal Comune di Lecce (mentre il concorso per cui si controverte è stato bandito dal Comune di Monteroni). Tuttavia, se ciò può essere considerato sufficiente ad attestare la sopravvenuta carenza di interesse all’appello incidentale, non è così per quanto attiene all’appello principale, proposto dal soccombente in primo grado, dr. *********, il quale chiede l’esclusione dell’appellata dr.ssa Pirrazzo, arrivata prima in graduatoria nel concorso in questione, bandito per un solo posto di funzionario responsabile del settore socio-culturale ed il proprio conseguente diritto ad essere dichiarato vincitore del concorso medesimo, in quanto collocato al secondo posto della graduatoria.

Non si può, infatti, disporre dell’interesse altrui e la sopravvenuta carenza di interesse all’appello principale potrebbe solo conseguire da una apposita dichiarazione della parte interessata.

Qualora poi fosse stata la parte appellata a proporre il ricorso di primo grado, la dichiarazione della medesima di non avere più interesse al ricorso di primo grado e agli effetti della sentenza favorevole comporterebbe l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata ex art. 34 L. n. 1034 del 1971. Ma così non è, perché nella specie non è la parte appellata che ha proposto il ricorso in primo grado, ma è colei contro la quale il ricorso è stato proposto. Né risulta che l’appellata, prima graduata, abbia mai rinunciato alla vittoria del concorso in questione e agli effetti giuridici da essa conseguenti, dal che potrebbe conseguire l’aspettativa del ricorrente, secondo graduato, ad essere assunto in virtù dello scorrimento della graduatoria, e, quindi, il suo probabile difetto di interesse all’impugnativa, ma ciò non risulta essere avvenuto.

Vi è poi l’interesse contrario dell’Amministrazione appellata, che si è costituita in giudizio per difendere la legittimità del proprio operato e che ha chiesto ed insistito per il rigetto dell’appello nel merito.

Occorre, pertanto, esaminare il merito dell’appello principale, vale a dire la fondatezza o meno delle censure con lo stesso proposte avverso la sentenza di primo grado.

L’appello principale è infondato.

Asserisce l’appellante che la dr.ssa Pirrazzo non avrebbe dovuto essere ammessa al concorso in quanto in possesso di laurea in scienza politiche, anziché di laurea in “materie letterarie o pedagogia o sociologia o filosofia o psicologia” così come previsto dal bando.

L’Amministrazione appellata resiste, affermando, invece, che non avrebbe potuto escludere la dr.ssa Pirrazzo dal concorso se non a costo di violare espressamente una norma imperativa di legge, peraltro dettata quasi in via esclusiva per regolare la partecipazione a procedure concorsuali.

La legge n. 1076/1971, infatti, dispone l’equipollenza della laurea in scienze politiche con quella in sociologia, quest’ultima citata espressamente nel bando di gara in via alternativa e non subordinata rispetto agli altri titoli di studio.

In proposito, infatti, il bando di gara ha previsto incontestabilmente tutta una serie di titoli in sequenza senza conferire a nessuno di questi carattere prevalente ed utilizzando proprio a tal fine la parola “o”.

In proposito, la giurisprudenza in maniera costante ed univoca ha sancito il principio secondo il quale in caso di mancata specificazione di equipollenza e, pertanto, di univoca ed espressa volontà della P.A. di limitare l’accesso ai soli titoli indicati, le previsioni del bando devono essere interpretate nel senso di consentire la partecipazione per i possessori di titoli equipollenti ex lege; tutto ciò anche in ossequio al principio del “favor partecipationis”.

La parificazione dei titoli di studio disposta con norma di legge comporta che l’Amministrazione non può escludere dall’ammissione al concorso il possessore di titolo dichiarato equipollente né il bando per cui è causa esclude i titoli di studio ivi non elencati.

Con riguardo ai motivi di appello aventi ad oggetto la valutazione del curriculum, titoli vari e titoli di servizio, l’appellante sostanzialmente censura l’operato dell’Amministrazione nella parte in cui la stessa non avrebbe congruamente motivato e valutato il curriculum del ricorrente ed i titoli denominati “vari” (al fine di distinguerli da quelli di “servizio”).

Anche tali doglianze sono destituite di fondamento.

Al riguardo la Commissione esaminatrice, nel determinare preventivamente i parametri di riferimento relativi all’attribuzione dei punteggi per il curriculum e per i titoli “vari” (cfr. verbale Commissione n. 2 del 12.3.1998), si è riportata integralmente al contenuto degli artt. 20 e 21 del regolamento comunale sui concorsi, ribadendo il limite di punteggio di 0.20 per il primo e di 0.50 per i secondi, così come predeterminato nel bando di concorso adottato con deliberazione G.M. n. 355 del 16.4.1997 (prodotta in atti).

All’esito della valutazione dei titoli prodotti, poi, la Commissione ha assegnato al dr. ********* il punteggio di 0.10 (su di un massimo di 0.20) per il curriculum, e di 0.70 (su di un massimo di 0.80) per i titoli “vari”.

Da una lettura non superficiale delle risultanze documentali risulta, in particolare, il dr. ********* ha allegato alla propria domanda di partecipazione n. 5 attestati di idoneità in pubblici concorsi.

Tali titoli sono stati valutati dalla P.A. nella misura di 0.10 per ognuno di essi, per un totale di 0.50, così come, peraltro, la stessa Commissione ha operato per gli altri candidati con simili titoli (cfr. specificamente scheda valutazione n. 71 del dr. Orlando *********).

Il residuo punteggio di 0.20, poi, è stato evidentemente assegnato dalla Commissione, pro quota e fino alla concorrenza, ai restanti titoli presentati dal ricorrente e consistenti in n. 4 certificati attestanti attività di collaborazione prestate dallo stesso a favore di varie PP.AA: (gli stessi che l’appellante adduce dover essere valutati come “titoli di servizio”).

Alla domanda del ricorrente, poi, erano allegati ulteriormente soltanto un certificato rilasciato da scuola privata ed un’attestazione di iscrizione ad un elenco di esperti psicologi (che avviene su semplice domanda e non su indimostrati esami) che evidentemente non rientrano nei titoli “vari”, così come predeterminati tassativamente dall’art. 20 del regolamento comunale che cita espressamente sotto tale voce: pubblicazioni, specializzazioni, frequenza a corsi di perfezionamento ed idoneità a concorsi.

Con riguardo alla doglianza di affermata carente motivazione sulla valutazione del curriculum, poi, la Commissione ha attentamente valutato lo stesso e lo ha ritenuto meritevole di punteggio elevato molto prossimo al massimo consentito (0.10 punti assegnati su 0.20 consentiti).

In ogni caso, dall’esame di tutte le schede di valutazione, risulta che il ricorrente ha ottenuto per i titoli “vari” un punteggio di gran lunga superiore rispetto a tutti gli altri concorrenti e, per il curriculum, un punteggio molto elevato.

Il ricorrente ha ottenuto un punteggio per tali titoli che è inferiore al massimo, inderogabilmente previsto dal bando, di appena 0.20 (0.10 per il curriculum e 0.10 per i titoli “vari”).

Pertanto, anche a voler accedere per un attimo alle tesi di parte appellante, egli avrebbe potuto al più ottenere il massimo dei punteggi previsti dal bando e, così, un punteggio superiore di 0.20 a quello effettivamente acquisito; tutto ciò con il risultato di non poter in ogni caso colmare la differenza in graduatoria con la controinteressata che era pari a punti 3,665 e, quindi, di non poter superare la prova di resistenza.

Di qui la piena ed incontrovertibile assenza di interesse concreto correlato alla doglianza di carenza di motivazione fatta valere dall’appellante.

Con l’ultimo motivo di ricorso l’appellante deduce la pretesa illegittimità della mancata valutazione dei pretesi titoli di servizio presentati.

Anche sul punto, tuttavia, il T.A.R. salentino ha correttamente motivato sulla non valutabilità dei pretesi titoli alla luce dell’art. 19 del regolamento concorsi del Comune di Monteroni e, comunque, anche qui, sulla mancanza di interesse all’accoglimento dei motivo di ricorso in quanto inidoneo a colmare il divario di punteggio con l’odierna controinteressata.

E comunque quelli che l’odierno appellante riferisce di aver presentato quali titoli di servizio, tuttavia, sono certificazioni attestanti periodi di collaborazione in regime di convenzionamento con varie PP.AA. (peraltro gli stessi titoli che pretende non essere stati valutati come titoli “vari”).

Sul punto, la testuale dicitura dell’art. 19 del regolamento concorsi del Comune (prodotto in atti), espressamente richiamato nel bando e pertanto lex specialis della procedura, è di univoca e chiara interpretazione nel prendere in considerazione solo ed esclusivamente i periodi di servizio prestati alle dipendenze delle PP.AA. con inquadramento funzionale.

I rapporti di convenzionamento, la cui valutazione viene invocata dall’appellante, non possono essere assimilati con tali tipi di rapporto, atteso che gli stessi si sono svolti evidentemente secondo criteri di autonomia operativa e funzionale senza inquadramento alcuno e, pertanto, senza potersi rapportare alle mansioni e alle qualifiche funzionali previste per i pubblici dipendenti.

Con il ricorso di primo grado, poi, l’appellante non ha impugnato il bando di concorso o la norma regolamentare appena citata e richiamata espressamente nello stesso, con la conseguenza che evidentemente ogni doglianza sul punto è assolutamente preclusa e definitivamente non proponibile per l’ormai pacifica decorrenza dei termini di impugnabilità degli atti in questione.

E che la norma regolamentare sia assolutamente inequivocabile sul punto, emerge dal suo tenore letterale, nel quale si fa costante riferimento al concetto ed alla categoria giuridica della qualifica funzionale con citazione in chiusura della stessa addirittura degli accordi collettivi recepiti con ********* n. 347/83 e 268/87, nonché il servizio prestato in dipendenza del concorso ed il servizio prestato per concorsi riservati agli “interni”.

Alla luce delle suesposte considerazioni, pertanto, l’appello principale proposto dal dr. ********* deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata. L’appello incidentale proposto dalla dr.ssa Pirrazzo, invece, deve essere dichiarato improcedibile per (dichiarata) sopravvenuta carenza di interesse.

La complessità della vicenda giustifica l’integrale compensazione fra le parti delle spese ed onorari del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello principale e dichiara improcedibile l’appello incidentale.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 febbraio 2010 con l’intervento dei Signori:

***************, Presidente FF

**********, Consigliere

***************, Consigliere

Nicola Russo, ***********, Estensore

************, Consigliere

 

 

L’ESTENSORE     IL PRESIDENTE

 

Il Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/06/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione

sentenza

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