Porto e detenzioni di armi, limiti e divieti

sentenza 16/12/10
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Abstract: È ampiamente discrezione il potere dell’Autorità di Pubblica Sicurezza di valutare, con il massimo rigore, qualsiasi circostanza che consigli l’adozione del provvedimento di divieto della detenzione di armi o, in genere, di revoca o di diniego di rinnovo della licenza di polizia in precedenza rilasciata.

L’Autorità di Pubblica Sicurezza gode di un potere ampiamente discrezionale per valutare, con il massimo rigore, qualsiasi circostanza che consigli l’adozione del provvedimento di divieto della detenzione di armi o, in genere, di revoca o di diniego di rinnovo (sostanzialmente equiparabile ad una revoca) della licenza di polizia in precedenza rilasciata in quanto la misura restrittiva persegue la finalità di prevenire la commissione di reati ed, in generale, di fatti lesivi della pubblica sicurezza, con la conseguenza che il detentore deve essere persona esente da mende o da indizi negativi, sicché nei suoi confronti deve esistere la sicura affidabilità circa il buon uso delle armi.

Al contempo, affinché siano rispettati i principi costituzionali di eguaglianza e le libertà fondamentali riconosciute dalla Costituzione, i requisiti attitudinali o di affidabilità dei richiedenti di licenze di pubblica sicurezza devono pur sempre essere desunti da condotte del soggetto interessato, anche diverse da quelle aventi rilievo penale ed accertate in sede penale, ma devono essere significative in rapporto al tipo di funzione o di attività da svolgere.

Ne deriva che il diniego di detenzione di armi e munizioni o di revoca della licenza è illegittimo qualora non emergano dal contenuto motivazionale le ragioni del mutamento di orientamento in relazione alle medesime condizioni soggettive ed oggettive che per il passato erano state ritenute idonee.

 

N. 27142/2010 REG.SEN.

N. 05584/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)


ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5584 del 2010, proposto da:
****************, rappresentato e difeso dall’Avv. ********************, presso lo studio del quale elettivamente domicilia in Napoli, al Corso *************, n. 121;

contro

l’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Napoli ed il Ministero dell’Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la cui Sede alla Via A. Diaz, n. 11, domiciliano per legge;

per l’annullamento

del decreto del 9.6.2010, prot. n. 1088/16B, notificato al ricorrente in data 5.7.2010, con il quale il quale il Dirigente dell’Area 1 Quater della Prefettura – Ufficio Territoriale di Governo di Napoli aveva rigettato l’istanza di rinnovo del decreto di approvazione di nomina a Guardia Giurata Particolare in favore del ricorrente e, per l’effetto, respinta la richiesta di rinnovo di porto d’armi a tassa ridotta. per l’annullamento

del decreto del 9.6.2010, prot. n. 1088/16B, notificato al ricorrente in data 5.7.2010, con il quale il quale il Dirigente dell’Area 1 Quater della Prefettura – Ufficio Territoriale di Governo di Napoli aveva rigettato l’istanza di rinnovo del decreto di approvazione di nomina a Guardia Giurata Particolare in favore del ricorrente e, per l’effetto, respinta la richiesta di rinnovo di porto d’armi a tassa ridotta.

 

VISTO il ricorso con i relativi allegati;

VISTI l’atto di costituzione in giudizio dell’intimata Amministrazione;

VISTI gli atti tutti della causa;

VISTO l’articolo l’art. 60 del D.L. vo 2 luglio 2010, n. 104 (“Attuazione dell’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo”);

VISTA la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato;

UDITA alla Camera di Consiglio del 2 dicembre 2010 la relazione del Cons. dr. ****************;

UDITI i difensori come da verbale;

RITENUTO in fatto e CONSIDERATO in diritto quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

1. Preliminarmente rileva il Collegio che sussistono i presupposti per l’emanazione di una decisione in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 del D.L. vo 2 luglio 2010, n. 104, in quanto il contraddittorio è integro, non si ravvisano ragioni per accertamenti istruttori ed i difensori presenti alla Camera di Consiglio del 2 dicembre 2010 sono stati interpellati in proposito e non hanno opposto alcuna obiezione; tanto perché, nel merito il ricorso – notificato il 21.9.2010 e depositato il 19.10.2010 – è manifestamente fondato.

2. Con il presente mezzo **************** – già in possesso del decreto di approvazione della nomina a Guardia Giurata Particolare, con annessa licenza di porto d’armi – ha impugnato, innanzi a questo Tribunale, il decreto in epigrafe con cui il Dirigente dell’Area 1 Quater della Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Napoli, visti gli artt. 11, 42, 43 e 138 del T.U.L.P.S. approvato con R.D. 18.6.1931, n. 773, nonché la legge n. 241/1990 e succ. modd. ed intt., aveva rigettato la richiesta di rinnovo del decreto di guardia giurata particolare inoltrata in data 7.10.2009 dal titolare dell’Istituto di vigilanza privata “Neapolis”, relativamente all’attività di guardia particolare giurata svolta del proprio dipendente ****************; in data 4.6.2010 il ricorrente – essendo stato licenziato dal datore di lavoro in data 26.5.2010 – ed in perfetta osservanza dell’obbligo di legge aveva restituito alla competente Amministrazione la licenza di porto d’armi ed, a seguito dell’avvenuto recesso del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, era stato inserito nella lista di mobilità ex lege n. 223/1991, la qual cosa implicando per il datore di lavoro l’obbligo della sua prioritaria riassunzione, volontà manifestata dall’Istituto di vigilanza privata “Neapolis” con lettera di intenti del 26.7.2010.

3. L’impugnato provvedimento trae fondamento dalle risultanze istruttorie dalle quali è emerso che “in data 5.3.2009 il ******** è stato condannato dal Giudice di Pace di Portici alla pena pecuniaria di euro 600,00 di multa, per i reati di cui agli artt. 81 c.p.v., 582, comma 2 e 612, comma 1, cod. pen.”, cui faceva seguito la nota dell’8.3.2010 con la quale la Questura di Napoli aveva comunicato che “l’interessato non conserva i requisiti per l’espletamento delle funzioni di guardia giurata particolare, in quanto la citata sentenza di primo grado attiene a reati ostativi al possesso del titolo di polizia”, nonché l’ulteriore nota del 21.5.2010 con la quale la medesima Questura, in relazione agli scritti difensivi prodotti dal ********, aveva confermato le valutazioni sfavorevoli formulate con la missiva dell’8.3.2010 di comunicazione di avvio procedimento.

4. Il ricorso è fondato e, come tale, merita accoglimento in relazione ai dedotti profili di violazione dell’art. 138 R.D. n. 773/1931 (seconda censura); violazione degli artt. 11 e 43 R.D. n. 773/1931 (terza censura) e di eccesso di potere per assenza di motivazione e difetto di istruttoria (quarta censura).

5. Sotto il primo profilo censurato, l’art. 138 del R.D. n. 773 del 1991, nel prescrivere i requisiti che deve possedere una Guardia Giurata Particolare perché il Prefetto possa approvarne la nomina, al punto 4), prevede che l’istante non abbia riportato condanne per delitto e, dalla mera lettura del testo normativo è agevole dedurre che tali requisiti devono essere presenti all’atto del rilascio della richiesta licenza, mentre, nel caso di specie, il ricorrente è già Guardia Giurata Particolare e l’istanza, a suo tempo presentata dal suo datore di lavoro, aveva ad oggetto il mero rinnovo della posseduta licenza, con la rilevante conseguenza che l’Amministrazione ha erroneamente emesso l’impugnato provvedimento richiamando una norma del tutto inconferente rispetto al caso di specie che, viceversa, doveva trarre la sua disciplina dal combinato disposto degli artt. 11 e 43 T.U.L.P.S.

Infatti, se il possesso dei requisiti costituisce il requisito legale per la “nomina” di una Guardia Giurata da parte della competente Autorità, che è chiamata alla verifica puntuale della loro sussistenza senza discrezionalità alcuna, nel diverso caso di “rinnovo” di un titolo di polizia già posseduto – secondo il testuale dato della norma di cui all’art. 11 R.D. n. 773/1931 – l’Autorità competente, con un’attività amministrativa di tipo discrezionale (“può” adottare), il diverso grado di trattamento in relazione a situazioni che appaiono sostanzialmente identiche, trova la sua ratio nella circostanza che, nell’ipotesi di “rinnovo” e diversamente dal caso di prima “nomina”, l’Autorità competente, nel valutare l’inidoneità del soggetto all’uso delle armi, ha a sua disposizione un periodo pregresso da valutare coincidente con il servizio prestato.

A tale ultimo riguardo gli artt. 11 e 43 del R.D. n. 773/1931 prevedono due tipologie di fattispecie per l’adozione del diniego di licenza di porto d’armi (ed, in genere, riferibile a qualsiasi autorizzazione di pubblica sicurezza), obbligatoria, nelle ipotesi di cui all’art. 11, comma 1, sub 1 e facoltativa, e, quindi, espressione di attività discrezionale (qual è nel caso del ricorrente), nelle ipotesi di cui al comma 2 del medesimo art. 11; pertanto l’Amministrazione Prefettizia, in relazione alla richiesta di rinnovo di una licenza di P.S., deve esplicitare uno sforzo motivazionale maggiore dimostrando, in concreto, la sua inidoneità al mantenimento del titolo ed, in particolare, deve svolgere un accertamento tassativo e concreto della mancanza dei requisiti, giungendo per tal via a dimostrare un possibile abuso del titolo di pubblica sicurezza da parte del detentore.

6. Nel caso del ricorrente la ragione ostativa al rilascio della licenza è fondata in via principale sull’accertamento della penale responsabilità – peraltro contenuto in sentenza non ancora passata in giudicato, stante la pendenza di gravame – in quanto condannato alla pena pecuniaria (e non detentiva come previsto dall’art. 43 del T.U.L.P.S.); in particolare con la sentenza del giudice di Pace di Portici n. 21/09 il ******** è stato assolto per il reato di cui all’art. 594 cod. pen. perché “il fatto non sussiste” e, dichiarato responsabile dei reati di cui agli artt. 582, comma 2 e 612, comma 1, (minacce e lesioni personali), previa concessione delle attenuanti generiche e la continuazione fra i reati contestati, condannato alla pena di euro 600,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

7. Al riguardo la difesa dell’Amministrazione resistente asserisce che l’istanza di rinnovo è stata respinta per la perdita dei requisiti di buona condotta cui all’art. 11 e 138 T.U.L.P.S., avendo riportato condanna per delitto (a nulla rilevando la pendenza di appello) ed in ragione dell’avvenuta cessazione del rapporto di lavoro, esprimendo altresì la generica esigenza di far prevalere l’interesse pubblico alla sicurezza della collettività rispetto a quello del privato al rilascio o al mantenimento licenze di polizia.

Tuttavia, sotto il primo profilo, nell’impugnato provvedimento l’Amministrazione, senza un’adeguata motivazione, offre un’interpretazione restrittiva dell’art. 11 del T.U.L.P.S., rispetto al principio costituzionale di presunzione di innocenza (Cfr art. 27 Cost.) lasciando del tutto indimostrata l’inidoneità del richiedente al rinnovo del titolo di polizia, stante l’assenza di ogni indizio circa il venir meno del requisito della buona condotta ed il “presunto” abuso del predetto titolo da parte del detentore.

8. Ne deriva la fondatezza anche della quarta censura nella quale parte ricorrente lamenta che l’Amministrazione ha del tutto omesso un’autonoma ed approfondita analisi del fatto oggetto di contestazione penale, non rinvenendosi, nella parte motivazionale del medesimo, alcun riferimento circa le concrete modalità di svolgimento dell’accadimento, né in merito alle circostanze in cui si sarebbero svolti i fatti ed alla gravità delle conseguenze che ne sarebbero derivate con la conseguenza che diviene imperscrutabile il percorso logico-motivazionale seguito per giungere alla conclusione dell’inadeguatezza dell’interessato all’espletamento della funzione di Guardia Giurata Particolare.

In proposito si è ritenuto in giurisprudenza che << l’Autorità di Pubblica Sicurezza ha un potere ampiamente discrezionale per valutare con il massimo rigore qualsiasi circostanza che consigli l’adozione del provvedimento di divieto della detenzione di armi o, in genere, di revoca o (come nel caso del ricorrente) di diniego di rinnovo (sostanzialmente equiparabile ad una revoca) della licenza di polizia in precedenza rilasciata in quanto la misura restrittiva persegue la finalità di prevenire la commissione di reati ed, in generale, di fatti lesivi della pubblica sicurezza, con la conseguenza che il detentore deve essere persona esente da mende o da indizi negativi, sicché nei suoi confronti deve esistere la sicura affidabilità circa il buon uso delle armi >> (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 1.2.2006, n. 749; T.A.R. Umbria 12.5.2005, n. 276; C, di S., sez. IV, 30.4.1999, n. 748, 19.12.1997, n. 1440) .

Tuttavia la Sezione aveva in precedenza anche rilevato che: << Perché siano rispettati i principi costituzionali di eguaglianza e le libertà fondamentali riconosciute dalla Costituzione, i requisiti attitudinali o di affidabilità dei richiedenti di licenze di pubblica sicurezza devono pur sempre essere desunti da condotte del soggetto interessato, anche diverse da quelle aventi rilievo penale ed accertate in sede penale, ma devono essere significative in rapporto al tipo di funzione o di attività da svolgere >>, ed, inoltre, considerato che: << il diniego di detenzione di armi e munizioni o di revoca della licenza è illegittimo qualora non emergano dal contenuto motivazionale le ragioni del mutamento di orientamento in relazione alle medesime condizioni soggettive ed oggettive che per il passato erano state ritenute idonee (T.A.R. Campania, Napoli, V, 26.4.2007; T.A.R. Piemonte, 23.1.2003, n. 106) >>.

9. Né, sotto l’ulteriore argomento addotto, l’Amministrazione può giustificare il diniego di rinnovo con l’avvenuta cessazione del rapporto di lavoro che legava il ricorrente alla “Neapolis” perchè, a meno di non confondere la causa con l’effetto, e nonostante nell’impugnato decreto si richiami la nota del 7.6.2010 con la quale il titolare dell’Istituto di vigilanza ha segnalato che il ******** non fa più parte dell’organico a seguito di fine del rapporto (anche se nella lettera di licenziamento si fa riferimento ad una esigenza di riduzione degli organici) è vero proprio il contrario in quanto il ******** è stato licenziato (e messo nella lista di mobilità) proprio per la perdita della qualifica di ******, salvo il datore con dichiarazione di intenti del 26.7.2010 a dichiarare la propria disponibilità a riassumerlo.

10. Nel caso del ricorrente, deve ritenersi che, sulla base di un’istruttoria non sorretta da idonei elementi di valutazione, l’Amministrazione Prefettizia non ha fornito la prova della sussistenza di significativi indici di cattiva condotta e di inaffidabilità quanto al mantenimento della qualifica di ******, con la conseguenza che l’impugnato provvedimento di diniego di rinnovo (per quanto anzidetto equiparabile ad una revoca) del decreto di approvazione della nomina a ****** difetta di congrua ed adeguata motivazione.

11. Tanto basta per ritenere che il ricorso debba essere accolto con il conseguente annullamento del provvedimento con lo stesso impugnato e con salvezza per quelli ulteriori.

12. Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare fra le parti le spese giudiziali.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Quinta Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il decreto n. 2002/DIV P.A.S./CAT. 2° – 0211609/5° SEZ. ****, con obbligo di approfondito riesame della vicenda.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

****************, Presidente FF, Estensore

*****************, Consigliere

************, Primo Referendario

IL PRESIDENTE

 

ESTENSORE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/12/2010

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

sentenza

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