Pignoramento dopo Def 2017: beni immobili e prima casa

Redazione 18/04/17
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In questi giorni tutti dedicati alla manovrina fiscale, al famoso DEF 2017, sono tanti gli aspetti fiscali su cui ci si concentra, soprattutto in merito al famoso aumento IVA. Un’altra importante novità è quella inerente la lotta all’evasione fiscale che l’Agenzia delle Entrate ha dichiarato di voler continuare a condurre, anche attraverso la rottamazione bis, quella delle liti fiscali pendenti con Equitalia (scopri come aderire a questo link).

 

Pignoramento: tetto di 120mila euro, ma cumulativo

Nell’ambito di questa battaglia, l’ente di riscossione ha dichiarato di voler avvalersi di un nuovo strumento, introdotto appunto con la manovrina in questione. Si fa riferimento al nuovo metodo di calcolo del tetto minimo per il pignoramento degli immobili dei contribuenti debitori.

In particolare, il tetto è diventato cumulativo: ciò significa che se prima un immobile, per essere pignorabile dal Fisco, doveva avere singolarmente un valore superiore ai 120 mila euro, ad oggi, è sufficiente che l’insieme degli immobili posseduti dal contribuenti superi quel tetto da un punto di vista complessivo, cumulativamente.

Fortunatamente, è stata confermata l’impignorabilità dell’abitazione principale. Ciò è davvero rilevante, in considerazione di una recentissima sentenza di un Tribunale di merito, che ha fatto dell’inviolabilità del diritto alla casa il motivo di sospensione della procedura di esecuzione forzata.

 

Pignoramento: il caso di Lodi

Il Tribunale di Lodi, infatti, lo scorso 3 marzo, si è rifiutato di condannare definitivamente un ex imprenditore di 65 anni, non acconsentendo alla prosecuzione della vendita all’asta dell’abitazione dell’uomo. 

Come ad oggi molto frequente, a causa di mancati introiti e rigidi interessi bancari, l’uomo aveva visto fallire la propria impresa nel 2007, e di conseguenza maturati debiti maggiori delle sue disponibilità economiche.

La clausola di salvaguardia è stata individuata, dai legali dell’uomo insolvente, nella cosiddetta legge “salva suicidi”, la numero 3 del 2012: questa stabilisce che l’esecuzione non possa proseguire se l’insolvente è sovra-indebitato. In particolare, andrebbe contro il principio di solidarietà, sancito all’art. 2 della nostra Costituzione, il procedere dell’esecuzione forzata in maniera del tutto incurante della situazione economica disastrosa dei singoli. L’accanimento, infatti, non risolverà i problemi economici dei creditori, e chi ha delle pendenze deve poter continuare a disporre di un bene primario come la casa per trovare soluzioni che estinguano gradualmente il debito.

 

Ma che cos’è il sovraindebitamento?

Secondo la Legge n. 3/2012, con il termine sovraindebitamento si intende il caso in cui un soggetto è in una situazione di perdurante squilibrio tra i debiti che ha contratto e il patrimonio necessario per estinguerli e allo stesso tempo è irreversibilmente incapace di adempiere alle proprie obbligazioni. Tale situazione di sovraindebitamento può ricorrere per ogni tipo di debito che non si è in grado di saldare, incluse le cartelle di Equitalia. Il meccanismo introdotto dalla legge in questione consiste in una procedura in virtù della quale i privati cittadini e le piccole imprese non soggette al fallimento possono giungere ad un accordo agevolato con i creditori ed estinguere il debito, spesso con sostanziali sconti per i debitori.

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