Panoramica sulle norme che riguardano i rapporti tra i comproprietari ; Condomini privi di regolamento: che fare

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Nell’articolo si affrontano tre tematiche: il nodo dei palazzi che sono privi di regolamento, poi quello delle “multe” che è possibile infliggere ai trasgressori e infine quello della trascrizione, nei registri immobiliari, dei diritti e dei divieti che può stabilire un regolamento di tipo contrattuale.
 
Se non c’è regolamento
Il codice civile rende obbligatorio il regolamento condominiale, ma solo se i condomini sono più di dieci.  Qualunque sia il loro numero, però, è sempre possibile approvarne uno.
Se manca un regolamento che sia contrattuale (cioè accettato da tutti)  la vita condominiale è tutta disciplinata dagli articoli che vanno dal 1117 al 1139 del codice civile e dal 61 al 72 delle disposizioni di attuazione del codice civile. In tal caso ognuno di questi articoli va rispettato dalla comunità condominiale. Resta possibile approvare un regolamento a maggioranza in assemblea: tuttavia i su articoli non potranno fare eccezione a quelli previsti dal codice civile ed esso non potrà stabilire una spartizione in millesimi delle spese. O meglio, potrà anche farlo, ma provvisoriamente e “salvo conguaglio”, in attesa che la suddivisione definitiva sia accettata da tutti.
Fin qui legge e giurisprudenza: in pratica il regolamento contrattuale non è una scelta, ma una vera e propria necessità, perfino se i condomini sono pochissimi, perché altrimenti diviene impossibile prendere qualsiasi decisione in assemblea, se non all’unanimità: i millesimi andrebbero comunque determinati, quindi.
Ma come si può fare?  Il codice civile (o meglio le sue disposizioni d’attuazione, nell’articolo 68) ci sono di scarso aiuto. Vi si afferma che i millesimi vanno indicati nel regolamento, in misura proporzionale al valore di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano spettante in proprietà esclusiva ai singoli condomini . Tali quote non devono tener conto del valore della casa sul mercato dell’affitto né dei miglioramenti che vi sono stati apportati dai proprietari.
Quindi la suddivisione in millesimi andrebbe affidata a un tecnico, che ci sappia fare. Purtroppo però il suo lavoro può risultare inutile , se anche un solo dei proprietari non è d’accordo, perché si ritiene danneggiato. Infatti i millesimi vanno approvati all’unanimità in assemblea, altrimenti la decisione è nulla. Allora la strada da imboccare diviene a senso unico: occorre rivolgersi a un giudice perché nomini lui un perito: la decisione del giudice diviene quella valida. Salvo naturalmente la possibilità di ricorrere in Corte appello (la Cassazione, in casi come questi, non può intervenire, perché non è suo compito contestare giudizi di valore espressi dai tribunali).
Detto ciò, esiste una terza possibilità, oltre alla decisione comune e a quella del giudice: il dato di fatto. Ci spieghiamo: se i proprietari hanno pagato, di continuo e senza contestazioni formali, una certa quota di spese comuni per un lungo periodo di tempo, si supporrebbe che ci sia stata un’accettazione tacita da parte di tutti.  Quindi i millesimi sarebbero quelli che si sono consolidati nell’uso. In questo caso la legge parla di “facta concludentia”, espressione latina traducibile nella frase “sono i fatti che contano”. Si veda,  per esempio, la sentenza di Cassazione 19 febbraio 1999, n. 1408. Contro questa tesi milita però una parte della giurisprudenza, che afferma che comunque il regolamento di tipo contrattuale deve essere scritto. Se vi si dà ascolto, i “facta concludentia” assumerebbero solo il peso di una prova della situazione di fatto, che però può avere un grosso peso nel condizionare la decisione di un giudice sulle percentuali di spartizione delle spese da imporre.
 
Sanzioni ai trasgressori
Cosa rischia chi infrange un regolamento condominiale? C’è chi, anche tra i cosiddetti esperti, ha risposto: praticamente nulla. E si è richiamato a una sentenza della Corte di Cassazione (n. 948 del 26 gennaio 1995) che avrebbe annullato tutte le sanzioni all’infrazione del regolamento superiori alle.. 100 lire (5 centesimi di Euro). Cioè la"multa” massima stabilita dall’articolo 70 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile. Certo 100 lire erano una bella sommetta quando, nel 1942, fu approvato il Codice, ma che oggi non permettono di comprare nemmeno una caramella.
C’è del vero e del falso in questa interpretazione. Diciamolo subito, l’articolo 70 è una norma considerata"derogabile”: quindi è possibile farvi eccezione nel regolamento condominiale contrattuale, quello deciso da tutti. Viceversa la Cassazione ha chiarito che un regolamento assembleare (o interno) non può fare lo stesso.
Tant’è vero che la Cassazione aveva giudicato illegittima una sanzione (900 mila lire) che era stata inserita solo nel regolamento assembleare di un particolare condominio.
Morale: resta indubbio che un regolamento contrattuale, che non stabilisca delle sanzioni rischia di restare lettera morta. E sarebbe bene che queste non fossero generiche (per esempio, 50 euro a tutti quelli che lo infrangono), altrimenti si arriva all’assurdo che una colpa lievissima (come quella di aver fatto giocare una volta il bimbo in cortile) sia sanzionata nello stesso modo di una molto grave.
 
Trascrizione del regolamento contrattuale
Il regolamento contrattuale che è richiamato e inserito nei rogiti andrebbe trascritto presso i registri immobiliari, perché solo gli atti trascritti hanno validità anche rispetto a terzi, diversi dai condomini. Tuttavia, di per sé, non è trascrivibile, perché non è compreso tra i 14 atti che lo sono, precisati nell’articolo 2643 del Codice civile né tantomeno nei preliminari di contratto (art. 2645-bis). Si tratta di atti che, in sostanza, riguardano la costituzione, la modifica e il trasferimento di diritti cosiddetti"reali".
Il regolamento può in effetti contemplare limitazioni all’uso della proprietà esclusiva di ciascuno, o a quella collettiva, teoricamente trascrivibili, ma in genere riguarda semplici regole della vita in comune. Ne consegue che il regolamento, per essere in qualche modo trascritto, deve essere un"allegato" ai rogiti originali con cui il costruttore vende ai futuri condomini i loro appartamenti, o comunque ad altri atti di per sé trascrivibili (per esempio una convenzione contrattuale tra condomini).
Qualora l’assemblea modificasse un regolamento trascritto, La modifica deve essere per forza scritta (Cassazione, sentenza n. 943/99). I punti modificati devono essere anch’essi trascritti nei registri immobiliari. Per fare questa trascrizione occorre che le firme dei sottoscrittori vengano autenticate. Ne consegue, in pratica, che all’assemblea deve essere presente il notaio.
Secondo certe sentenze della Cassazione (per esempio, n. 2546/94).), non basterebbe nemmeno che nel primo rogito di acquisto sia fatta menzione dell’accettazione del regolamento di condominio allegato: talvolta occorre anche che siano espressamente richiamate le clausole del regolamento in cui si fa cenno alle limitazioni alle proprietà. Se il regolamento è trascritto in tal modo, i successivi acquirenti compreranno comunque una proprietà sottoposta a limitazioni e non sarà più indispensabile riaffermare nel rogito l’accettazione del regolamento condominiale (Cassazione, sentenza
Il regolamento contrattuale spesso contiene delle vere e proprie autolimitazioni al diritto di proprietà e di libertà e comporta vincoli all’uso delle proprietà singole e la creazione di servitù reciproche.
Contiene inoltre le norme per l’uso delle parti comuni, le norme per la ripartizione delle spese e quelle per la tutela del decoro dell’edificio. Statuisce anche le norme relative all’amministrazione condominiale.
 
Modifiche al regolamento trascritto
Resta una domanda fondamentale: in caso di modifiche del regolamento così trascritto, cosa occorre fare? L’unica soluzione resta quella di servirsi di una transazione di diritti o di una convenzione, di per sé trascrivibili, a cui la modifica del regolamento possa essere allegata. Se per esempio una modifica dei millesimi per errore materiale riguarda due soli condomini, che sono perfettamente d’accordo, si può trascrivere l’accordo sotto forma di transazione, che riguarderà dei diritti reali (i millesimi, cioè la quota di proprietà comune di ciascuno).  Se la modifica del regolamento riguarda invece tutti i condomini, occorrerà che l’atto da trascrivere sia firmato da tutti davanti al notaio. E’ il caso, per esempio, di una modifica dei millesimi di proprietà dovuta a uno dei proprietari che ha ampliato il suo appartamento includendo la soffitta. Oppure della costituzione di una servitù sul cortile da parte del carrozziere che ha il laboratorio al pian terreno o della vendita dei locali di portineria.
Quindi: o il notaio è presente in un assemblea condominiale in cui sono presenti tutti i condomini che dovranno sottoscrivere la convenzione o la transazione, oppure i condomini si recheranno alla spicciolata dal notaio stesso per firmare una procura ad uno di loro (o all’amministratore), perché concluda lui l’atto trascrivibile.
 
Autonomia dell’amministratore
Anche l’amministratore può stabilire delle regole (articoli 1130-1133 del codice civile). Egli infatti può emanare disposizioni che tutti gli abitanti di un immobile sono tenuti a ubbidire, per il miglior uso delle cose comuni.
I regolamenti condominiali, infatti, non vanno a disciplinare tutta la vita condominiale. Anzi, bisogna guardarsi da quelli che pretendono di regolare tutte le minuzie, costringendo i condomini a vivere in un lager anziché in un edificio: tra l’altro essi potrebbero essere illegittimi, perché si spingono ben oltre quello che è il loro scopo.
L’amministratore può colmare i vuoti sostituendoli con quel minimo d’ordine e di buon senso e con quella che il codice definisce come"la diligenza del buon padre di famiglia”.
 

Rezzonico Silvio

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